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Alpe Adria Winter, in bicicletta sulla ciclabile innevata!
Scritto da Alessandro67
Inizio di motto, movimento schizofrenico verso una meta, verso quell’estate o quantomeno quella benedetta primavera. Compulsivo gesto di un sforzo, come a caricare la siringa di adrenalina e cacciarla nella pancia pensando alla neve, al freddo, alla pioggia che frena, che arresta, che spinge indietro a sberle e insiste mordace in direzione nord. Bici che scalpita, gamba fresca, poco avvezza a chilometri, ruote nuove su un percorso già fatto emulando lo yeti in cerca di un traguardo, di una foto bellissima con le dita ghiacciate, con il cuore che pulsa e il fiato che fuma da una galleria ad un ponte, da Resiutta a Tarvisio. Via, si parte, in treno al mattino con la bici fedele a rubare il respiro alla foresta e un panorama al paesaggio.
Mercoledì 12 febbraio: Alpe-Adria Winter!!!
Day Hospital per bici
Un viaggio controcorrente sulla ciclabile Alpe Adria, cercando un senso compiuto da dare a un idea che attinge in contesti diversi. Freddo e bicicletta non vanno d’accordo e lo dimostra il fatto che in estate vi è un esplosione di neofiti ed esperti che innescano sprint e volate con livree a tinte lucide, mentre con i rigori dell’inverno il letargo sposta gli interessi verso attività indoor. E così preparo dal mio canto una lenta rincorsa a quello che sarà il viaggio in bici estivo assettando il mezzo in anticipo, provandolo in uscite estemporanee.
Avrei voluto fare questo viaggio un sabato ma all’approssimarsi della data si annaspava in frequentissimi diluvi e, passando tra le pagine della rete che diagnosticavano la bassa pressione del sistema meteo, montava la decisione di non sprecare un'uscita per fermarmi dietro i vetri appannati di una stazione aspettando che il peggio passi. Ho dovuto rimandare anche se poi, quel sabato, si era dimostrato favorevole illuminando con un sole tiepido la delusione per la scelta operata. Così impiego parte della domenica pomeriggio per lavare la bicicletta, per pulire e ingrassare tutta la trasmissione e sostituire il pneumatico posteriore usurato.
Mi accorgo che l’asse della ruota tentenna e che dopo averla montata ha un gioco eccessivo. La sera della domenica, le previsioni indicano in mercoledì il giorno adatto all’ uscita. A dire il vero il sabato successivo sarebbe stato più favorevole ancora, considerando che non avrei sprecato un giorno di ferie, ma cade il compleanno di colei che non pedala, mia compagna del post bicicletta e se non volevo trovarmi sfidanzato era meglio non pensarci nemmeno. Quindi mi organizzo per lunedi: richiesta ferie e passaggio alla bike clinic dove il primario di cuscinettologia diagnostica un usura ai coni che racchiudono le rulliere sull’asse e consiglia ricovero immediato per un intervento a mozzo aperto da fare in day-hospital.
Convengo con il luminare che la scelta è obbligata, rassicuro la piccolina prima di andare e torno a casa a piedi. Preparo la borsa, metto dentro un set a strati che mi consenta di pedalare dal bagnato al soleggiato e con temperature fino a -5, tre tipi di guanti, doppie soprascarpe e addirittura un paio di ghiaccini da scarpa semmai dovessi spingere con ghiaccio. Martedi ritiro la bicicletta dal meccanico che mi mostra lo stato dei due coni, smangiucchiati da un rotolare infinito con pesi biblici. La porto in cantina e monto la borsa posteriore, salgo e con colei che non pedala , passo una serata rilassante prima della levataccia alle cinque del mattino del mercoledì di partenza.
Ciclabile Alpe Adria Winter
Il treno diretto alla stazione Carnia parte alle 6 e 20 del mattino e voglio arrivarci senza fare corse frenetiche. Quindi quando suona la sveglia mi infilo nella doccia, poi preparo un tè, lo verso in un thermos da portare sulla pista ciclabile e inizio a vestirmi. Fuori piove, quindi i primi sei chilometri saranno di slalom tra le pozzanghere dell’asfalto disastrato di Trieste. Scendo in cantina dopo averla salutata e rassicurata sul mio stare sempre e comunque attento e finalmente mi avvio verso la stazione. Entro tra le porte scorrevoli per cercare sui display l'indicazione del binario di partenza del treno e siccome giro con la testa per aria, pesto una cacca di cane che simpaticamente si infila sulla tacchetta che aggancia il pedale.
Segue lavaggio e considerazione sul detto che recita come pestare una cacca porti fortuna, simile a quello che indica come fortunato il ciclista bagnato. Spero sia vero…! Parto in orario su un convoglio moderno, comodo e silenzioso, il tempo volge al bello, la pianura friulana è allagata ovunque e i monti all’orizzonte sono imbiancati di neve. Arrivo puntuale alla stazione Carnia, cerco una bottega aperta e faccio rifornimento di bibite e biscotti.
Prendo anche una bottiglia di te perché il thermos l’ho dimenticato in cucina .
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Fa freddo, ma pedalare mi scalda e cerco di tenere la temperatura sotto controllo perché non voglio sudare con il rischio di bagnarmi la maglia, cerco di fermarmi il meno possibile, anche quando scatto delle foto, per non scendere sotto temperatura e ghiacciare mani e piedi. Ho un vento leggero contro che si unisce alla salita costante ma il paesaggio vale tutte le difficoltà. Il fiume Fella è gonfio, turchese e scrosciante ad ogni ansa, ad ogni salto.
Le cime dei monti sono maestosi fantasmi di un biancore abbagliante che si stagliano nel cielo azzurro terso, ogni parete di roccia gronda acqua che a tratti si riunisce a formare cascate che terminano in cataratte verso il fiume, quel fiume che mi accompagnerà per tutto il percorso.
Vado a 17 km/h, con costanza, senza forzare, trovo un buon ritmo e dopo una decina di chilometri sono a Resiutta per una pausa caffè a caccia di informazioni sulla ciclabile Alpe Adria che ha li davanti la porta della partenza. Un signore mi racconta che la pista è sgombra fino a Chiusaforte, ma che da Dogna in poi ci sono quaranta centimetri di neve fresca sulla pista e nessuno si sogna di spalarla.
Mi sconsiglia di avventurarmi, ma faccio orecchie da mercante perché voglio provarci e se proprio si dovesse scivolare avrei tentato di mettere la corda elastica attorno ai pneumatici per aumentare il grip. La pista ciclabile all’inizio è pulita, ogni tanto c’è una macchia di neve dove non batte il sole, provo un passaggio sullo sporco e, anche se un po' scivola, è fattibile e non eccessivamente pericoloso. È una successione meravigliosa di ponti e gallerie, di neve sempre più presente, passo accanto a cascate impetuose e osservo come la natura già prepari un ingresso alla primavera con i bucaneve timidamente sbocciati nei fossi più esposti. Dopo Chiusaforte, lo spessore di neve sulla ciclabile Alpe Adria inizia ad essere costantemente sui dieci centimetri, la ruota davanti si blocca continuamente, quella dietro sgomma, la media precipita e quando lo spessore arriva a venti mi blocco del tutto. Inoltre spingendo nella neve, le scarpe si bagnano e avverto il rivolo gelido che si infila sotto la pianta del piede. La bicicletta si blocca di colpo e nello sganciare prendo un colpo al ginocchio destro. Con grande disappunto decido di tornare indietro per lanciarmi sulla statale all’inseguimento del traguardo di Tarvisio. Una decisione a senso unico, che non ha alternative.
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Ritorno sulla strada
La strada non è molto trafficata, in giro è pieno di neve e si pedala bene, ogni tanto scatto foto e inizio a fare conti di media perché il treno del ritorno parte da Tarvisio Bosco Verde alle 15 e 55 e sono già le dodici. La salita è tosta, costante e lunghissima. Arrivo a Pontebba molto stanco, con i piedi ghiacciati e il sedere usurato, è l’una quando vedo una tabella che indica che mancano 17 chilometri alla meta, quindi decido di concedermi una sosta a San Leopoldo, in un ristorante, per mangiare qualcosa. Nel locale c’è una bella stufa a gas che sembra fatta apposta per asciugare calze bagnate, chiedo che cosa hanno da mangiare e l’oste mi dice che non hanno nulla perché la cucina è chiusa, nemmeno delle brioches. Fantastico!
Comunque va nel retro per cercare se hanno qualcosa da offrire e mi propone una fetta di torta alle noci e un bicchiere di latte caldo. Andata!
Mi accomodo e smonto le scarpe dai ciocchi di legno che ho al posto dei piedi, stendo il corredo ad asciugare e per non patire altro freddo ai piedi gli infilo i guanti mentre mangio golosamente la mia merenda. Mezzora di relax e sono come nuovo, mi rivesto e parto verso Tarvisio tra due ali di neve alta un metro. Il sole abbaglia e scalda tanto da dovermi levare la giacca per continuare a pedalare con il giacchino.
Un tratto di salita impegnativo mette a dura prova la resistenza, una galleria di 835 metri mi inghiottisce senza volermi partorire, ma il tutto offre un palcoscenico unico e mi esibisco in una volata nella discesa che porta nel centro di Tarvisio dove tutti lavorano alacremente per tornare alla normalità dopo le nevicate abbondanti dei giorni precedenti che l’hanno paralizzata.
Camion e benne a liberare le vie dalla neve che viene buttata giù dai tetti troppo carichi. Bosco Verde si trova un miglio fuori dal centro, una stazione enorme, senza senso, che ha arredi di marmo e vetrate infinite, il riscaldamento a palla per accogliere sette passeggeri che arrivano con il treno che prenderò per il ritorno assieme ad un ragazzo. Sono in stazione alle 15, mi godo un po’ di relax , prendo un caffè al distributore automatico e stampo il biglietto all’erogatore di Trenitalia.
Il convoglio che prendo era già vecchio ai tempi di Mussolini, ha i fianchi fioriti di ruggine e un curioso sistema di riadattamento alla livrea che non contempla vernici, ma fogli adesivi dove necessita un tocco di nuovo, ha una rampa per salire sul corridoio di quattro scalini alti trenta e larghi dieci centimetri e questo “agevola” la salita con la bicicletta. Il posto sul sedile è scomodo e lo spazio per le gambe ristretto, ma sono stanco e subito dopo aver esibito il biglietto, piombo in un sonno profondo abbracciato al mio borsello. Mi sveglio nei pressi di Monfalcone, faccio una telefonata per avvertire che tutto è andato bene e in un battibaleno mi ritrovo a casa, seduto sul divano mentre nella lavatrice girano gli indumenti che si erano infangati di sale e polverino tirati su dalle ruote. Un bel giro, diverso dalla tirata tranquilla sulla costiera. E intanto cogito di partire ancora, e ancora, e ancora.
Se volete leggere altre avventure in bicicletta di Alessandro date un'occhiata alla sua Trieste-Bologna in 23 ore e alla sua Alpe Adria fra i motociclisti! Buona lettura!
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Alessandro67
Sono Alessandro Vitale e abito a Trieste . Coltivo la passione dei viaggi con la bicicletta perché mi hanno dato un serie di soddisfazioni sempre più complete, mi fanno vivere la natura poliedrica del pianeta a una velocità visivamente sostenibile.
Sono fidanzato da quasi cinque anni con una Cube Trekking e non abbiamo mai litigato, siamo in perfetta sintonia. Pensiamo di non mettere al modo figli, perché siamo profondamente egoisti e comunque lei non potrebbe averne.
Il viaggio più bello? Quello che devo ancora fare .
Il posto più lontano che ho raggiunto è stato il Marocco, toccata e fuga.
Il più bello, le gole di Vintgar in Slovenia.
Il più caro la Svizzera.
Il più economico la Sicilia.
Il prossimo? Forse il raduno Harley a Velden...vedremo.
Ho un' altra donna oltre la Cube e ogni tanto mi vorrebbe con se...non pedala...che dolore...
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Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico