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Con il VTTE verso il West | 5° tappa Tutte le strade portano a Rivoli
Scritto da Girumin
Torno verso sud, oggi la meta è Rivoli. Vado a trovare Luigi, un amico con il quale abbiamo scritto un paio di libretti di tecniche scout.
Ha appena pubblicato un romanzo “The Estinguisher” in cui racconta la storia di mangiatori di carne di animali in via di estinzione. Prima di partire non avevo le idee chiare, non sapevo con precisione se seguire il percorso della Francigena verso Aosta oppure il percorso verso Santiago che passa in Val Susa. Nel dubbio ho portato una carta verso Aosta e una verso la Val Susa. Non ho però considerato la possibilità di passare sopra Torino, così non ho una carta che mi dica come muovermi oggi.
Tutte le strade portano a Rivoli
Metto insieme le due carte, ma mi manca un pezzo che le unisca. Poco male, userò il sistema tradizionale, un po’ vado a occhio, un po’ chiedo in giro. Per il primo principio dell’equità delle strade se è vero che tutte le strade portano a Roma portano anche a Rivoli.
Carico la bici, saluto Alberto e mi metto in strada. I primi metri di discesa mi fanno ricordare che devo cambiare i pattini dei freni.
I pattini rossi sono coreografici, belli e simpatici, ma non frenano più un bel niente. Avrei potuto cambiarli ieri pomeriggio, ma una volta arrivato non ci ho più pensato. Al momento non ne ho voglia, rimando a più tardi. Supero l’incrocio e m’immetto in una lunga discesa. La bici prende velocità, so che la posso controllare e so che non devo sforzare troppo i freni. Niente da fare, non riesco a tenere la velocità giusta, tiro le leve, ma la bici non rallenta quanto vorrei. Tiro con forza, metto i piedi a terra e mi aggancio con una mano al palo della luce.
Non ho corso grossi rischi, ma ora è meglio scendere e camminare. Scendo dalla bici e cammino fino alla pianura, sono poche decine di metri.
Non posso rimandare, devo cambiare i pattini dei freni, devo accettare il fatto che si sono consumati, anche se non hanno fatto più di duecento chilometri. Sono morbidi, ma forse troppo morbidi… Ho portato con me i vecchi pattini, quelli neri, rimonterò quelli. Trovo uno spazio al margine del bosco, appoggio il VTTE a terra e tolgo gli attrezzi dalle borse. Il ciclista VTTE deve avere con sé una buona scorta di attrezzi e pezzi di ricambio, purtroppo il VTTE non è studiato per essere smontato con una sola brugola… Tolgo i pattini del freno davanti, li cambio con quelli neri. Cambio un pattino del freno dietro, avvito il bullone, giro la vite e continua a girare, giro e rigiro e lei non si blocca. Guardo bene il pattino e vedo che manca il dado. Controllo nel sacchetto per vedere se trovo il dado, svuoto il sacchetto e cerco con cura. Niente, il dado non c’è, chissà dove è andato a finire.
Cosa faccio? Non posso certo lasciare i pattini rossi che ormai valgono ben poco. I freni posteriori sono più importanti, decido quindi di mettere due pattini neri sul freno posteriore e mettere sulla ruota davanti un pattino nero e uno rosso. Smonto e rimonto fino a ottenere la combinazione ibrida, regolo le distanze a parto. Ora va meglio, io freno e la bici si ferma, non ho risolto i difetti fisiologici dei freni a bacchetta, ma la possibilità di frenare mi rilassa moltissimo, ora sono più tranquillo. Pedalo fra i paesi e mi avvicino a Torino, più ci si avvicina alle grandi città più la situazione si complica, non sai mai dove sei, non sai mai dove stai arrivando, sei su una strada e credi di essere su un’altra. Mi fermo spesso a fare il punto delle situazione.
Ecco, un ciclista. Entro e chiedo dei pattini per freni a bacchetta. Quelli rossi li avevo pagati cinque euro, quelli neri qui costano otto euro, mi sembra ci sia una bella differenza, ma io ne ho bisogno e non posso lamentarmi del prezzo.
Di paese in paese per evitare Torino con il VTTE
Chiedo indicazioni per andare Rivoli, mi risponde che devo passare da Chivasso e poi attraversare la città. Chiedo se ci sono alternative, mi viene detto di no. Poco male, io le mie idee sulle alternative alla città le ho già valutate, passerò a Nord di Torino. Anche se il ciclista dice che bisogna passare da Torino io ne starò fuori, non mi attira l’idea di attraversare la città, magari lo farò nei prossimi giorni, ma oggi no. Affrontare la città con il VTTE è una bella sfida, forse lo farò nei prossimi giorni.
Passo da un paese all’altro, cerco di seguire i cartelli, ma non è sempre facile. Tu trovi l’indicazione giusta all’incrocio, la segui e all’incrocio successivo non sai più dove andare. A me però non interessa la precisione, non m’interessa arrivare più lontano possibile nel più breve tempo possibile.
Non ho misurato i chilometri percorsi, non ho un contachilometri, non ho un GPS. Posso solo fare un calcolo approssimativo sulla carta conteggiando due chilometri per ogni centimetro. All’incrocio il cartello dice che fra 350 metri è vietato il transito delle bici, vuol dire che c’è una deviazione, ed è proprio quella che interessa a me. Vado e vedo sulla destra la pista ciclabile, forse va dove voglio io. Torno indietro e la seguo, pedalo un po’ vado sul ponte e mi trovo al di là del fiume. Un cartello dice che la mia meta è a due chilometri, lo seguo. La pista asfaltata finisce dopo qualche decina di metri incrociandosi con un'altra strada, non vedo altri cartelli, ma al di là della strada ce n’è un’altra che mi sembra ovvio essere la continuazione della pista ciclabile. Ci vado. Non sono molto convinto però il cartello diceva di venire di qua, questa strada è pulita, è in buono stato: mi fido. Un chilometro e mezzo e incontro un signore che innaffia l’orto: «Avanti a sinistra, passa sotto la stanga e va avanti ancora».
Mi sembra ovvio che la pista ciclabile non c’è, sto facendo un lungo giro che mi porta indietro. Chiedo a un altro signore poco più avanti. Mi dice che ho allungato di qualche chilometro. Pedalo e arrivo all’incrocio lasciato un quarto d’ora prima. Arrivo a Venaria, all’ingresso del parco de la Mandria.
Avviso Luigi del mio arrivo, vedo un cartello che indica la pista ciclabile verso Rivoli: 25,6 chilometri. Ottimo!!! Meglio di così!?! Una pista ciclabile che porta proprio dove devo andare io, molto bene!!! Entro nel parco a chiedo all’ingresso: «Il cartello c’è, ma la pista ciclabile no!». Che burloni… il primo cartello mi ha mandato verso il nulla, il secondo verso una pista che non c’è… «Vai avanti diritto per di qua, costeggi sempre il muro, esci poi dal cancello e giri a sinistra. Sono circa tre chilometri.». Seguo lo sterrato lungo il muro, non mi posso certo sbagliare, arrivo al cancello e mi viene un dubbio, la strada prosegue, io la devo seguire oppure devo uscire da questo cancello??? Vado oltre per esplorare, la strada porta solo ai servizi igienici, allora devo tornare indietro… Esco, vedo due strade, chiedo indicazioni e riparto. Pedalo lungo il muro. Ma… se prima avevo il muro a sinistra e ora ce l’ho a destra… sono all’esterno di un recinto oppure dall’altro lato dello stesso muro??? È un bel dubbio, ma non ho alternative… Il dubbio resta, ma dopo qualche centinaio di metri la strada gira a destra e si allontana dal muro. Arrivo al paese dopo, oramai sono nell’hinterland e nel traffico dell’ora di punta. Arrivo ad Alpignano dove la strada punta verso ovest nell’ora del tramonto. Il sole è all’orizzonte e io non riesco neppure a leggere i cartelli, arrivo all’incrocio giusto e giungo a Rivoli, anche oggi sono arrivato. Il viaggio vicino a casa può anche essere l’occasione per incontrare degli amici.
Ieri sono passato da Alberto e oggi da Luigi.
Il viaggio in bici di Girumin continua... ma se non avete letto le scorse tappe, fate un salto indietro alla quarta!!!
Per maggiore chiarezza nella lettura del testo, qui di seguito la "traduzione" dei due mezzi di trasporto usati in vari viaggi da Girumin: VTTE ossia Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e GOAT ossia Graziella Operativa Alternativa Tattica!
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico