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Delta del Po in bici. I lidi ferraresi e Gabicce
Nuova formula di viaggio: pedalare al mattino, riposare al pomeriggio. Come riposare? Semplice, sdraiato in riva al mare e di tanto in tanto, quando il sole comincia a scottare, un tuffo, un'immersione nella fresca acqua per offrire refrigerio al corpo che torna a rilassarsi al sole. La brezza marina all'inizio mi fa rabbrividire, ma pian piano la reazione provoca un sublime piacere e induce alla sonnolenza che accolgo ad occhi chiusi.
In questo articolo
Due giorni tra sterrati e argini
Parto alle sei e dieci dirigo a Oriago, a Piazza Vecchia di Gambarare e sosto in pasticceria per la colazione. A Porto Menai imbocco l'argine del taglio del Novissimo, sterrato all'inizio, in seguito asfalto. Dedicato a pedoni e ciclisti, costeggia la SS 309 fino a Lova dove diventa impraticabile per fondo dissestato ed erba alta. Mi sposto a ovest verso l'argine del Brenta, taglio per via della Pesca raggiungendo il percorso ciclable che Da Rosara conduce al ponte di Codevigo, lo attraverso per seguire l'argine destro del Brenta, sterrato fino a Santa Margherita. Continuo sempre sull'argine, ora asfaltato. Al manufatto dell'interclusione cambio argine, passo all'argine sinistro del Bacchiglione asfaltato e arrivo alla confluenza dei due fiumi dove attraverso il corso d'acqua per inserirmi sulla SP7, affacciandomi alla laguna nei pressi di Chioggia.
Il traffico automobilistico è intenso e fastidioso con il conseguente frastuono. Due svincoli, direzione Ravenna, un ponte e subito a destra in via Canal di valle per ritornare alla tranquillità, apprezzando la quiete di questa bella strada semi deserta lungo il canale. Alle nove sosto a Cavanella d'Adige per una bibita. Torno, per poche centinaia di metri, sulla statale per attraversare l'Adige e poi rientro all'interno immerso nella campagna.
Fino al Po di Levante, seguo il suo andare sull'argine sterrato, parecchi piccoli leprotti sfuggono al mio passaggio intrufolandosi nella vegetazione, uno di loro cerca scampo correndo innanzi a me per parecchie centinaia di metri a una velocità superiore ai 30 km/h… incredibile. Attraverso il fiume sul ponte della statale, lo risalgo per poche centinaia di metri e a sinistra via Pirandello mi inoltra nella campagna. In mezzo ad un campo coltivato una chiesa abbandonata richiama la mia attenzione e mi invita documentare questo curioso contesto. Oltrepasso la sbarra che chiude l'accesso alla proprietà e visito il rudere ormai abitato da colombi. Infissi inesistenti, macerie all'interno, una breccia sull'abside, una buona parte della parete esterna del campanile manca e come ripeto tutto intorno coltivazione germogliante. Scopro a Donada la presenza del parco delle Dune Fossili che mi riprometto di visitare al ritorno.
A Porto Viro, in fondo al paese, l'argine del Po di Venezia che mi appresto a seguire. Seconda sosta alle 10 00 a Ca' Venier al bar “Dai Valligiani” per un succulento panino con crudo molto salato che esalta il piacere della birra, momenti di impareggiabile soddisfazione del gusto. Alcuni edifici abbandonati e trascurati, sebbene siano in zona centrale… rendono l'idea dello spopolamento. Per attraversare il Po di Venezia, sfrutto la scaletta di servizio interdetta al pubblico, per accedere al ponte sovrastante l'argine e superare l'ostacolo idrico, una ciclabile protetta affianca la carreggiata e mi permette di raggiungere la scaletta per scendere sull'argine opposto. Poco prima di Scardovari lascio l'argine e scendo sulla strada.
Alle 12:30 sono a Bonelli da Renata, il mio ricovero. Faccio il bucato, la doccia e pranzo. Nel primo pomeriggio, attraverso il canale su un ponte di barche dove una striscia di terra si allunga da nord a sud formando uno stretto isolotto: è la spiaggia di Barricata che mi accoglie per il riposo pomeridiano. Un'ampia fascia di basse dune selvagge frequentate dalla flora e fauna locale, soprattutto volatili, degrada verso il mare per diventare spiaggia.
Come è nel mio essere desidero l'isolamento e la solitudine, quindi pedalo lungo la battigia, lasciandomi alle spalle due aree attrezzate, per trovare un tratto poco frequentato, mi apposto con la testa all'ombra delle tamerici e mi abbandono al rilassamento, alternando al riposo e il refrigerio nell'acqua del mare. A pomeriggio inoltrato il luogo si spopola, indugio ancora e sulla via del ritorno opto per una breve pausa al chiosco per una bibita fresca. Riattraverso il ponte e mi soffermo a osservare le case galleggianti lungo la riva del canale, variopinte e adornate da una fioritura coloratissima rallegrano e rendono vivace il folclore locale. Prima di ritirarmi esploro la spiaggia delle Conchiglie più a sud, situata alla fine della Sacca Scardovari, dove ammiro i raggi del sole al tramonto trafiggere le nubi, formare suggestive sagome che invitano la fantasia a immaginare mostruose creature mitologiche.
Speravo di partire presto questa mattina, ma prima delle otto nessun cenno di vita in albergo… attendo e passeggio, dopo aver assicurato il bagaglio alla bici. Maurizio arriva con le brioches qualche minuto dopo le otto. Il tempo di fare colazione, saldare il conto e son già le nove, pazienza: pedalo con il sole alto e il caldo si fa sentire. Stessa strada a ritroso, visito il parco delle Dune Fossili a Donada, mi intrattengo con il custode ex guardia forestale. Il luogo assomiglia molto alla pineta di Eraclea lato ovest, la parte ancora selvaggia.
A Santa Margherita presso la Trattoria da Toni mi concedo la sosta pranzo. A Codevigo vario il percorso dell'andata e proseguo lungo il Brenta fino a Strà da dove seguo il naviglio Brenta fino a Oriago… ormai sono a casa. Mi piace l'esperimento di questa formula di viaggio. Ho trovato una valida motivazione per accorciare le tappe e ben trascorrere il rimanente tempo della giornata. Tanto è stata piacevole l'esperienza che a distanza di una settimana esatta, sempre di martedì, parto per prolungare a quattro giorni la durata dell'uscita.
La brezza dell'Adriatico
Alle cinque i primi colpi di pedale, angosciato dalle previsioni meteo che minacciano pioggia. A levante i bagliori dell'alba compaiono in un cielo sereno, nella direzione opposta tutt'altra immagine: una coltre plumbea fa immaginare il peggio, un forte vento di bora soffia tremendamente e quando me lo trovo di fronte la velocità si riduce a dodici chilometri orari, tuttavia riesco a mantenere gli orari della tabella di marcia. Porto Viro: ore nove, dopo quattro ore di marcia e un'ottantina di chilometri mi concedo un panino e una birra consumati nella piazzetta antistante il panificio, in compagnia di un gattino invadente. La minaccia meteo è scomparsa e splende il sole, qualche timida nuvola bianca è in dissolvenza, il corpo ringrazia per la fornitura calorica e lo spirito si rallegra. La gaia pedalata incontra in successione: Taglio di Po, Rivà, Bosco Mesola per arrivare a Volano, all'hotel Rurale Canneviè. Un grande cancello di legno si apre in un parco dimorato prevalentemente da alti pini marittimi. A sinistra un ponticello in legno conduce a un fabbricato che funge da bar situato in mezzo a un laghetto, a destra il vialetto in terra battuta porta al parcheggio e dritto davanti a me il sentiero, sul tappeto erboso, per raggiungere la struttura principale comprendente il ristorante e l'albergo. Mi sorprende quest'oasi - si la ritengo un oasi - nel nulla si può dire, la strada la divide dalla riva del ramo del Po di Volano, in mezzo all'area lagunare del Delta, circondata da estesa campagna, a tre chilometri dal Lido di Volano. Espletate le formalità vengo accompagnato dalla signora alla mia stanza e vengo informato che il ristorante il martedì è chiuso ma, se mi accontento, provvedono per la cena: «Molto bene accetto l'offerta, grazie» accordandomi sull'orario. Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando, dopo aver fatto il bucato e la doccia, inforco la bici per raggiungere la spiaggia. Una breve perlustrazione prima di pranzare al Bagno Jamaica. Dopo il pranzo esploro la spiaggia e la pineta, scopro delle costruzioni con legname portato dal mare, opere d'arte che riproducono giraffe, struzzi, un capriolo che salta una staccionata frangiflutti, un marinaio che rema in mezzo all'acqua, mi soffermo, fotografo, ammiro con entusiasmo l'ingegno e la fantasia dell'artista Enrico Menegatti.
Meno entusiasmo quando scopro di aver perso il contachilometri, ritorno sui miei passi più volte, avanti indietro nella vana ricerca tra la sabbia, alla fine desisto e mi stendo al sole, irritato e dispiaciuto. Dissipo l'amarezza della perdita la sera con il piatto di pasta condita con un sugo di pesce, cotta al momento dal proprietario, e un calice di rosso. Dopo cena una passeggiata lungo il sentiero natura che, grazie ai vari ponticelli, si inoltra nella laguna circostante, tinteggiata di rosa dal sole al tramonto. Attimi di estasi mentre consumo la colazione in quest'area verde immersa nel silenzio, irradiata dai primi raggi solari che, ancora sopraffatti dal clima notturno, esitano ad aumentare la temperatura. Lascio questo paradiso ostinandomi ancora alla ricerca del contachilometri, dedico ulteriore tempo invano. Continuo lungo la selvaggia spiaggia, oltre gli insediamenti balneari, lasciando alla mia destra la pineta, percorrendo il sentiero sul terrapieno, sopra i massi a difesa delle mareggiate, che si estende lungo la costa. Incontro altre opere d'arte: questa è la volta dei dinosauri di notevoli dimensioni, nei pressi di Lido delle Nazioni.
Lascio la pineta e la zona selvaggia per la ciclabile che attraversa la località, supero il canale di Porto Garibaldi usufruendo del ponte della statale anziché del traghetto. Alla fine di Lido di Spina sono obbligato a prendere la SS 309 per sette chilometri che divoro velocemente. Al km 14 imbocco a sinistra via Della Cooperazione per riportarmi lungo il mare, seguono Casalborsetti, Marina Romea, Porto Corsini e poi il traghetto per Marina di Ravenna, Lido Adriano e su ciclabile Lido di Dante dove pranzo al Lidò. Tra boschi, campagna, fiumi, barene, laguna, ponticelli, su un percorso vario e divertente conquisto la meta: Lido di Classe! Hotel Astor. Rituale doccia, bucato e a metà pomeriggio sono in spiaggia. Alterno bagni di sole a bagni in acqua, recupero, visto che il giorno prima le condizioni del mare dissuadevano a causa dell'eccessiva agitazione e sporcizia. Dopo cena, in loco, affronto una lunga passeggiata al mare. Gli ultimi bagliori di un tramonto infuocato, le stelle in cielo e la melodica risacca accompagnano i miei passi a piedi nudi nell'umida sabbia.
La riviera romagnola in bici
Rinuncio alla colazione in hotel per anticipare la partenza. Sono il primo avventore di un bar a Lido di Savio, alle sette già “colazionato” entro in Milano Marittima, l'aria è fresca e le strade quasi deserte, qualche mattiniero e addetti alla nettezza urbana, il resto del popolo ancora dorme. Il traghetto di Cervia entra in servizio più tardi: ne approfitto per un breve giro per oltrepassare il canale, un bel tratto di ciclabile lungomare seguito dalla fitta pineta di Pinarella attraversata continuamente dagli accessi alla spiaggia. Dedico dieci minuti ad assicurare il portapacchi che da un po' si lamenta. Grandi lavori sul fondo stradale nella via centrale delle varie località creano disagi alla circolazione, anche pedonale, prima di giungere al folcloristico e caratteristico porto canale di Cesenatico. Le coloratissime vele spiegate al vento delle imbarcazioni ormeggiate arricchiscono festosamente il panorama. La mia strada continua lungo il mare attraverso il fiume Rubicone sul ponte ciclopedonale con il busto bronzeo di Giulio Cesare con incisa la famosa frase attribuitagli quando oltrepassò il fiume, Il dado è tratto.
Le località si susseguono ininterrottamente senza confine delineato, passo dall'una all'altra senza accorgermene: Rimini, Riccione, Misano, tanto per citare le più note, si aggiungono chilometri, il tempo passa e i bagnanti si riversano in strada. Arrivo a Cattolica dove girovago per il centro e percorro la passerella in legno che aggira il bacino del porto e delimita la poca spiaggia libera mentre un incredibile schieramento di ombrelloni occupa l'ampia area di arenile. È qui che Il fiume Tavollo sfocia e fa da confine tra Emilia Romagna e Marche, è qui che il promontorio di Gabicce interrompe il litorale. Al di là del fiume, Gabicce Mare e il mio alloggio: Hotel Romantico. Mi sistemo e pranzo velocemente, la baia di Fiorenzuola di Focara mi attende. Con entusiasmo affronto l'ascesa al valico della Siligata, sosto allo Snack Bar Claudia per gustarmi una birra - sosta di rito quando transito di qua.
Due pedalate in discesa per imboccare la strada del monte San Bartolo che mi riporta in quota a Fiorenzuola dov,e tra le case una stretta strada - bisogna sapere che c'è - conduce alla ripidissima discesa per raggiungere il mare, interdetta alle auto e in teoria anche a cicli e pedoni, un cancello ne chiude il passaggio ma c'è un piccolo pertugio che però supero con difficoltà.
Chiedo a delle persone che stanno andando: «Buongiorno… si può andare?». «Ci vanno tutti», mi rispondono.
Proseguo e i tornanti vicinissimi uno all'altro in breve mi portano in un luogo fantastico, una meraviglia, una spiaggia di circa un chilometro larga al massimo trenta metri delimitata dal monte che scende a picco, priva di attrezzature, poco frequentata per la difficoltà nel raggiungerla. Vi trovo un furgone bar, una fontanella, la doccia, i bagni e il servizio di salvataggio. Mi sono spostato al margine dal lato meno frequentato per trovarmi in solitudine a godere di questo paradiso dall'acqua azzurra… deliziosa. Trascorre il pomeriggio: la giovane coppia toglie l'ancora, accende i motori e la loro imbarcazione si allontana; i bagnanti lentamente, chi prima chi dopo, raccolgono le loro cose e si avviano verso casa. È ora anche per me, purtroppo devo andare anche se fermarsi in questo angolo selvaggio sarebbe molto bello. La salita si presenta con delle rampe impossibili. Tento in sella, ce la faccio: pedalo, mantengo l'equilibrio, supero una giovane mamma, a piedi, con la figlioletta: «Ma come fa … come fa?» dice vedendomi salire. Suona il telefono, mi fermo per rispondere, nel frattempo le due mi superano. Le raggiungo quasi alla fine: «Dai, dai dobbiamo arrivare prima di lui», dice la mamma alla bimba allungando il passo, inutile le sorpasso, la donna meravigliata e stupita dice:«Ha anche più anni di me… come fa?». «Molti più di te… quasi il doppio» così dicendo saluto.
Ripasso il pertugio, trascuro di visitare il centro del borgo e prendo la strada panoramica, molto bella, sinuosa ondulata attraversa il parco naturale del Monte San Bartolo, in certi tratti immersa nel bosco e, quando la vegetazione scarseggia, appare il mare. Incrocio molti ciclisti perché questo tipo di strada si presta a tutte le declinazioni ciclistiche, soddisfa in tutti i sensi. Oggi l'ho fatta lunga perchè sono già le 20:00, giornata intensa e movimentata.
Su consiglio del portiere dell'hotel ceno al ristorante pizzeria Dolce Vita però mi pento di aver scelto la pizza, perché le portare di pesce sono invitanti a vederle, ancora di più il profumo emanato… dovrò tornare, lo dico anche al proprietario complimentandomi. Un saluto al porto e senza fretta mi avvio verso Pesaro per rientrare a casa in treno. Percorro la statale, transito per il Valico della Siligata senza sosta, mi diverto nella discesa sulla larga strada, entro in città e seguendo la ciclabile arrivo al mare, scelgo un chiosco sulla spiaggia, ordino una birra, mi abbandono all'ozio nell'attesa del momento di prendere la “diligenza”. Vagano i pensieri sui giorni trascorsi, su come va questa formula di viaggio... Bene va bene! Sono contento e soddisfatto, lascio scorrere la strada sotto le ruote; incurante del suo trascorrere, lascio il tempo andare, anche quello speso alla ricerca del contachilometri, indugio senza ansia… vivo la libertà del solitario, solo, sono solo con le mie necessità, condizionato unicamente dalle mie decisioni. In questo momento guardo la birra, la spiaggia, i bagnanti, accolgo il calore del sole... bevo e vado in stazione.
Romeo ha percorso altri itinerari cicloturistici in Italia come il giro del Veneto in bici e il Cammino di Nestore.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico