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Salita al Sasso Piatto in combinata: bicicletta – sci con partenza da Appiano

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Le Dolomiti di inverno non possono che ispirare la voglia di immergersi nel modo più completo e totale possibile in un ambiente fiabesco fatto di boschi incantati e di pareti dorate e verticali sulle quali la neve ha disegnato in modo sapiente una miriade di ricami quasi inestricabile.
L'idea di attraversare in piena libertà queste nostre meravigliose montagne facendo affidamento unicamente sulle mie forze, ovvero senza ricorrere all’uso dell’automobile, per arrivare su una delle cime delle Dolomiti partendo direttamente dalla porta del mio appartamento ad Appiano mi girava in testa già da parecchie settimane. Il progetto aveva preso forma sulle cartine geografiche dove avevo cominciato a valutare distanze, dislivelli, tempi di percorrenza; la salita che avevo in mente è una classica sci alpinistica nel cuore delle Dolomiti: il Sasso Piatto (2965 m) che, con la sua pala finale alta quasi cinquecento metri, inclinata a circa 30° - 35°, promette anche una divertente discesa.
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Idea di avventura

Le Dolomiti di inverno non possono che ispirare la voglia di immergersi nel modo più completo e totale possibile in un ambiente fiabesco fatto di boschi incantati e di pareti dorate e verticali sulle quali la neve ha disegnato in modo sapiente una miriade di ricami quasi inestricabile.

L'idea di attraversare in piena libertà queste nostre meravigliose montagne facendo affidamento unicamente sulle mie forze, ovvero senza ricorrere all’uso dell’automobile, per arrivare su una delle cime delle Dolomiti partendo direttamente dalla porta del mio appartamento ad Appiano mi girava in testa già da parecchie settimane.

Il progetto aveva preso forma sulle cartine geografiche dove avevo cominciato a valutare distanze, dislivelli, tempi di percorrenza; la salita che avevo in mente è una classica sci alpinistica nel cuore delle Dolomiti: il Sasso Piatto (2965 m) che, con la sua pala finale alta quasi cinquecento metri, inclinata a circa 30° - 35°, promette anche una divertente discesa.

Con l’arrivo della primavera finalmente le condizioni della neve hanno reso sicuro il pendio finale ed è giunto il momento di passare all’azione. Devo dire, ad onor del vero, che quando arriva l’occasione propizia, con le previsioni meteorologiche favorevoli, il piano ben delineato nella mia mente e tutto sembra dire: “Vai!”, la sera prima della partenza vengo quasi sempre preso da un senso di pigrizia e di stanchezza apparenti che mi suggeriscono di non mettere la sveglia alle tre del mattino, che sotto le coperte si sta bene, che arrivato il fine settimana finalmente potrei dormire un po' di più…

Quel venerdì pomeriggio di fine marzo, seriamente intenzionato a partire la mattina successiva, già in ufficio avevo cominciato a ripensare mentalmente tutto il percorso per convincermi che era giunto il momento di mettere in pratica il mio progetto; questo esercizio lo faccio tutte le volte che mi propongo di affrontare un’uscita un po' più impegnativa del solito per raccogliere tutte le energie, concentrarmi e convincermi che ce la potrò fare.

Sceso verso le 17 nel parcheggio delle biciclette dell’azienda dove lavoro trovo la sorpresa: la gomma anteriore completamente a terra! Con santa pazienza mi accingo a cambiare la camera d’aria e dopo una mezz’ora (confesso che è la prima volta che mi capita di dover cambiare la camera d’aria alla mia bicicletta) mi avvio verso casa. Faccio ancora in tempo ad acquistare una nuova camera d’aria di scorta e poi, arrivato a casa ad Appiano mi metto all’opera per legare gli sci già corredati dalle pelli di foca alla canna della bicicletta. La padrona di casa mi scopre mentre effettuo queste manovre e, colta dallo stupore, vuole immortalarmi a fianco del mio velocipede con sci al seguito!

Preparo le borse con gli scarponi da sci, la pala, la sonda l’ARTVA, vestiti vari, un po' di cibo e le borracce, faccio il pieno di carboidrati divorando un bel piatto di pasta in bianco e vado a letto presto dopo aver puntato la sveglia alle 3 del mattino.

 

In bicicletta verso il Sasso Piatto?

 
Il trillo della sveglia mi intontisce, ma mi sforzo di alzarmi quasi subito, mi preparo la colazione e poi scendo per partire. Arrivato in garage: sorpresa!! La gomma cambiata il giorno prima è di nuovo a terra!!
ciclo-sci-alpinismo-sasso-piatto
Conclusione: primo, non sono capace a cambiare la camera d’aria senza fare danni, secondo non sento di mettermi, quasi alle quattro del mattino, a cambiare di nuovo la gomma con il rischio di avere problemi durante il viaggio e quindi decido di rimandare l’impresa al giorno seguente.
Deluso ed arrabbiato torno a letto, ma non riesco più a prendere sonno: mi rigiro nel letto fino al mattino. Quando il sole è già alto porto la bicicletta corredata di sci dal meccanico sotto casa per far sostituire la camera d’aria con l’intento di riprovarci.
Purtroppo la levataccia e la tensione accumulata e non scaricata scatenano nel pomeriggio uno dei miei attacchi di emicrania che mi costringe a desistere definitivamente dal mettere in atto il mio progetto. L'idea però mi assilla per tutta la settimana: ormai devo almeno provarci, prima che la stagione renda impraticabile il pendio finale del Sasso Piatto.
 

Il fine settimana successivo, la prima di aprile, le previsioni meteorologiche non sono perfette, soprattutto per il sabato e opto per riprovarci nella giornata di domenica. Per evitare di accumulare troppa tensione, sabato mattina, forse rischiando di stancarmi troppo, decido comunque di non stare fermo e parto per una sgambata: il giro ad anello Appiano - Passo della Mendola - Fondo -  Passo delle Palade - Appiano; alla fine, in circa quattro ore e dieci minuti, percorro i quasi 90 km del giro con 1700 m di dislivello in salita e rientro per l’ora di pranzo. Il pomeriggio lo dedicherò a preparare la bicicletta ed i bagagli, ripetendo il rituale della settimana precedente.

 

Appiano - Saltria in bicicletta

 
Alle tre e un quarto del mattino suona ancora la sveglia per la levataccia; faccio di nuovo il pieno di calorie e di liquidi e scendo in garage cercando di non fare troppo rumore. Fuori la notte avvolge la vallata dell’Adige con il suo manto di tenebre. Qualche stella sbiadita per la foschia luccica nella volta scura, tutto è silenzio. La mia bicicletta appare in perfetto ordine con gli sci legati lungo la canna; aggancio le pesanti borse laterali con l’attrezzatura da scialpinismo e con lo zaino in spalle mi avvio per la discesa lungo la pista ciclabile che da Appiano porta a Bolzano quando sono circa le quattro. Il bosco che mi circonda è ancora addormentato, le fronde scure si illuminano brevemente al passaggio del faro della mia bicicletta per poi immergersi di nuovo nelle tenebre alle mie spalle. L'aria è fresca ma non fa freddo.ciclo-sci-alpinismo-sasso-piatto2

Dopo i primi sette chilometri di discesa svolto a sinistra ed inizio a percorrere il tratto in falso piano che attraversa la città di Bolzano; mi rendo subito conto di quanto sia pesante la bicicletta ed il pensiero non può che andare subito alle ripide rampe che mi aspettano. La città è pressoché deserta: incontro solo un paio di persone a spasso con il cane nei viali lungo l’Isarco illuminati dai lampioni e qualche gruppo di ragazzi che rientra a casa dopo una serata finita alle ore piccole passata tra amici. Faccio una brevissima sosta di fronte al campo sportivo per togliere le maniche alla corazza antivento: con la fatica il caldo comincia a farsi sentire. Cerco in ogni caso di non forzare l’andatura e mi accontento di procedere intorno ai 20 km/h.

Superato il centro urbano, la valle dell’Isarco appare completamente avvolta nell’oscurità; solamente lo scintillio dell’acqua illuminata dal chiarore di qualche stella ed il suo fruscio accompagnano il ritmo cadenzato delle mie pedalate e del mio respiro. Questo tratto della pista ciclabile lungo il fiume Isarco lo conosco ormai a memoria per averlo già percorso numerose volte in precedenza; non ho quindi nessuna difficoltà ad individuare le due o tre svolte in mezzo alle case in corrispondenza di Ponte Isarco.

Alle cinque e mezza circa giungo a Campodazzo dove mi concedo una breve pausa prima di affrontare la ripidissima rampa che in circa cinque o sei chilometri porta alle porte di Siusi con un dislivello di circa 700 m. Attraverso il ponte di legno coperto sospeso sul fiume, ingrano la prima ed inizio la salita che comincia in modo davvero duro; con il peso che sono costretto a trascinarmi è come se ci fosse qualcuno intento a frenare la mia bicicletta.

I pedali sono durissimi da spingere, cerco di mantenere la concentrazione evitando di pensare a quanto manca alla fine della rampa. La stradina si srotola tra vigneti sospesi sulla valle ed alcuni masi che intravedo appena alla fioca luce del faro. Tornante dopo tornante in breve guadagno quota ed il serpente nero che costituisce l’autostrada del Brennero con le luci striscianti delle automobili appare sempre più infossato sul fondo della tortuosa vallata. Supero una prima balza e, all’uscita da una curva sulla destra, intravedo la sagoma scura ed inconfondibile dello Sciliar con la Punta Santner che si staglia sulla sinistra; sta cominciando a fare chiaro e le chiazze di neve attaccate alle sue pareti verticali iniziano ad emanare una fioca luce azzurrina.

Poco prima delle sette faccio il mio ingresso a Siusi, dove mi fermo a fotografare la chiesetta alle prime luci dell’alba; ho in mente un bar dove qualche mese fa, durante la traversata del Passo Pinei, Passo Sella e Passo di Costalunga in invernale, mi ero fermato a bere un tè caldo. Mi auguro che sia aperto, ma le mie speranze vengono ben presto deluse: la stagione sciistica è ormai quasi terminata e gli albergatori si concedono in questo periodo qualche settimana di riposo. Non mi resta che proseguire verso l’Alpe di Siusi: da qui in avanti la strada è per me completamente nuova: so solo che dal bivio sulla destra poco sopra Siusi, mi aspettano nove chilometri e mezzo di salita per passare dai circa 1000 m di Siusi ai 1900 m di Compatsch.

Il paesaggio si colora di un tenue colore rosato tipico di un’alba caratterizzata da qualche velatura di nuvole e foschia in cielo, ma le morbide curve dei prati appena liberati dal peso della neve che li ha ricoperti per tutto l’inverno insieme allo stagliarsi netto delle pareti verticali dello Sciliar ancora imbiancate, al quale fa un timido eco l’ago appuntito del piccolo campanile, riempiono di poesia il mio animo mentre affronto l'ultima ripida rampa in sella alla mia bicicletta. Superata una piccola borgata, la strada si inoltra in un fitto bosco di conifere alla base delle quali si ammucchia la neve ormai vecchia di qualche settimana. Le prime automobili cariche di sciatori dirette all’Alpe di Siusi mi sorpassano e dietro i loro finestrini scorgo gli sguardi assonnati ma stupiti nel vedere uno stravagante ciclista con gli sci al seguito, tra me e me mi diverto ad immaginare i loro pensieri…

Esaurita la lunga serie di tornanti e giunto ormai al margine superiore del bosco intravedo la fine della salita; affronto le ultime curve e finalmente raggiungo Compatsch, il punto più alto della strada che attraversa l’Alpe di Siusi, da dove le inconfondibili sagome del Sasso Lungo e del Sasso Piatto si stagliano all’orizzonte controluce. A lato della strada un metro di neve fa mostra di sé e incornicia il mio procedere in discesa verso Saltria, dove lascerò la mia bicicletta legata ad un palo per affrontare la salita alla vetta del Sasso Piatto con gli sci ai piedi.

 

Dalle due ruote agli sci

 

Alle otto e mezza del mattino, dopo un ripido tratto in discesa che dovrò riaffrontare in salita al ritorno, raggiungo l’hotel Saltria a 1733 m di quota e mi accingo a cambiarmi sotto gli sguardi stupiti degli ultimi sciatori della stagione che aspettano l’apertura della seggiovia Florian. Alle nove e un quarto mi metto in moto ed inizio a risalire la pista del Florian. Il Sasso Piatto è sempre più protagonista alla mia sinistra ed il pendio finale, man mano che risalgo in direzione sud verso i Denti di Terra Rossa, mi si presenta in tutta la sua maestosità. Sulla destra, in direzione ovest, in lontananza e poco più alto di me, lo Sciliar mostra il suo versante est con la guglia della Punta Santner che si staglia all’orizzonte. Dopo circa un’ora lascio la pista del Florian e svolto verso est in direzione del rifugio Sasso Piatto, che sorge alla base del pendio dell’omonimo monte a circa 2300 m di quota. Scorgo in lontananza numerosi scialpinisti che mi precedono sul pendio zigzagando lungo la visibile traccia di salita verso la vetta. La neve è discreta e sembra tenere, anche grazie alla temperatura che è di qualche grado sotto lo zero. Il cielo purtroppo è sempre più lattiginoso, ma nonostante questo, il panorama a 360° si fa sempre più affascinante. Tra le nuvole si scorge in lontananza anche l’inconfondibile sagoma della Marmolada, con lo scivolo nord glaciale sorretto dal maestoso sperone che sostiene la bastionata della parete sud.

Panoramica della Vetta del Sasso Piatto (2965 m)

Al termine di numerose inversioni affronto l’ultimo traverso che conduce alla vetta invernale del Sasso Piatto costeggiando la cresta affacciata sullo strapiombo che separa la mia montagna dal Sasso Lungo e dalle Cinque Dita. L’ambiente dolomitico mi appare in tutta la sua maestosità circondato da sbuffi di nuvole che minacciano neve; la verticalità è padrona assoluta dell’anfiteatro che si apre ai miei piedi in direzione est.

A mezzogiorno e mezza, dopo circa otto ore e mezza di viaggio, raggiungo la croce di vetta a 2935 m di quota avendo fatto uso unicamente delle mie forze: sono estremamente soddisfatto e il sentimento che prevale in me è quello di essere stato leale con la montagna fino in fondo. Ho avuto la possibilità di misurarne le vere dimensioni, di confrontarmi con essa e con me stesso senza trucchi, in un gesto armonico e puro, che si è dipanato dalle sue pendici fino alla vetta. Dopo le foto di rito, rimasto solo sulla vetta, rimuovo le pelli dagli sci e mi lancio nella divertente discesa fino a raggiungere nuovamente la mia bicicletta alle due e mezza del pomeriggio circa. Durante le operazioni di sistemazione degli sci lungo la canna, un uomo in attesa della navetta, incuriosito da tutta la mia mercanzia sparsa sul piazzale, si avvicina timidamente per chiedermi che tipo di sport sia il mio, gli rispondo candidamente: ciclo-sci-alpinismo! Alle tre sono pronto per affrontare l’ultima vera fatica: la risalita da Saltria verso Compatsch, per poi lanciarmi nella discesa fino a Bolzano; infine la solita salitina che conduce ad Appiano mi riporta a casa dove giungo alle sei del pomeriggio.
 
 
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edomar2611

Ciao, sono Edoardo Martelli, nato a Torino nel novembre del 1968. Dal 2013 mi sono trasferito in Sud Tirolo per lavoro. La passione per la montagna e per la natura è nata in me fin dall'infanzia grazie all'esempio dei miei genitori. Nel corso degli anni ho praticato motlo escursionismo, sci ed alpinismo, ma la svolta decisiva è avvenuta nel 2006, quando con un amico, decidemmo di provare la salita al Kilimanjaro in Africa. Da quell'estate si è accesa in me una scintilla che mi ha portato a salire montagne sempre più alte nelle catene delle Ande, del Pamir e del Tien Shan, fino a raggiungere la vetta del Korjenevskaya Peak (7105 m) in Tajikistan. Nel 2011 ho ricomprato dopo circa 35 anni una bicicletta per recarmi in ufficio, e da quall'anno non ho più smesso di pedalare!