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Con il VTTE verso il West | 2° tappa oltre il fiume Po
Scritto da Girumin
Si comincia presto stamattina, si comincia bene. Ti chiamano da casa: «I termosifoni sono caldi, si è acceso il riscaldamento».
Non è possibile… No, non è possibile. Ho già da pensare al VTTE che sembra stia insieme per miracolo, l’altro ieri si è guastata la lavatrice, oggi che sono fuori casa la caldaia sbaglia stagione e si mette a scaldare i caloriferi.
Domani??? Domani è un altro giorno e si vedrà…
Pedalando oltre il grande Po
Il temporale della notte ha rinfrescato l’aria, spero solo che non abbia riempito le strade di pozzanghere.
La Goat è studiata per passare anche dentro le pozzanghere fino a una spanna di profondità, ma il VTTE non se lo può permettere, le borse del carrello sono a pochi centimetri da terra e si sono già abrase in fase di collaudo quando le ho riempite di batterie al piombo.
Ovviamente ti girano le scatole se le borse nuove si bucano dopo poche centinaia di metri, ma non mi dispero, prima o poi sarebbe successo, se necessario le riempirò di toppe. Se voglio che il baricentro sia più basso possibile devo accettare questo rischio.
Esco da Orio Litta e vado verso l’argine maestro. Orio Litta è una tappa interessante della Via Francigena, forse l’ho già detto altre volte, sicuramente l’ho già detto altre volte. Forse l’ho già detto ieri, ma non ho il tempo di rileggere qualche ho scritto ieri, non rileggo neppure quello che sto scrivendo in questo instante. Non fate caso agli errori, grazie!
Orio Litta è un luogo che forse merita maggiore considerazione… Perché?!? I pellegrini che partivano dall’Inghilterra incontravano tre grandi ostacoli, la manica, le Alpi e il fiume Po. Il fiume veniva attraversato a Corte Sant’Andrea, vicino a Orio Litta. Il perché venisse attraversato proprio lì è oggetto di studi che devo approfondire, ho chiesto un po’ in giro, ma non ho ancora le idee ben chiare, forse un giorno le chiarirò e quel giorno scriverò un trattato sul perché passavano di lì, prima però devo consultare qualche storico e qualche geologo, per cui storici e geologici della bassa lodigiana cominciate a pensarci perché io prima o poi verrò a tampinarvi.
Oltre a questo fatto molto importante, forse per via di questo fatto molto importante. In questa zona possiamo forse dire che si incontrano terra e acqua. No, non è una grande affermazione questa, provo a capirmi meglio: qui si incontrano vie d’acqua e vie di terra, forse così è più chiaro.
Il grande fiume un tempo era vissuto diversamente da adesso, nella zona fra Pavia e Cremona c’erano imbarchi: a Pavia, a Piacenza, alla foce del Lambro che non era dove si trova adesso, ma un po’ più a valle, a Cremona... Qui si incontravano, via acqua, diverse grandi città del Nord Italia. Il fiume era al centro dell’attenzione.
Oltre alla Via Francigena di qua passa la strada sull’argine maestro che potrebbe svilupparsi come ciclovia del Po, in realtà è già la ciclovia del Po, anche se non sono in molti a percorrerla. Bisogna dire però che queste poche centinaia di chilometri non son molte in confronto al percorso totale che va da Cadice ad Atene…
Inoltre Orio Lita si potrebbe raggiungere da Milano seguendo il Canale Muzza e qualche strada secondaria, ma questo è un itinerario ancora un pochettino complesso, magari prima o poi lo studierò meglio…
Parto da Orio Litta e vado verso il West, passo fra le case, imbocco la stradina e raggiungo l’argine, risalgo il Lambro verso la strada principale. Il Lambro così odiato e bistrattato in questo tratto non è poi così male, non sembra neppure essere il fiume di cui tutti parlano. Incontro alcune chiaviche, che non sono della parolacce, ma chiuse che vengono usate per regolare l’acqua, non mi addentro nei dettagli perché ieri abbiamo parlato tanto di meccanica e oggi non è il caso di buttarsi sull’idraulica. È un buon giorno per pedalare, è un buon giorno di settembre. Non fa freddo, e non fa caldo, anche perché sono le otto del mattino… La luce è buona e forse un fotografo che sa fare le foto la apprezzerebbe. Io non le so fare per cui mi va sempre bene tutto, gioia dell’ignoranza! Passo sul ponte e supero il Lambro, vado verso l’argine maestro dopo Lambrinia. Non sono molto entusiasta perché lo scorso anno ci sono passato con la Goat e non ho goduto pienamente di quella bella ghiaia nuova e lucente. Quella ghiaia dalle dimensioni giuste, non troppo fine, non tropo grande. Quelle dimensioni giuste per far sprofondare le ruote, per insabbiarle, per costringerti a pedalare come se stessi trainando una portaerei. Quella ghiaia che non ti fa certo annoiare, che ti stimola ad andare avanti… a piedi.
Comunque… Stavolta va meglio, probabilmente con il tempo la ghiaia si è un po’ infossata nella terra, probabilmente è stata calpestata e ora è più accettabile il passaggio e più umano lo sforzo.
Riflessioni lungo l'Argine
Vado e pedalo, il pedale sinistro comincia a dare dei problemi, ma la cosa non mi sorprende. Seguo sempre l’argine, qualcuno si annoia lungo l’argine, ma a me piace. Comincio a pensare a cosa si potrebbe fare per renderlo più interessante. Prima di tutto chi fa un lungo viaggio in bici o a piedi spera di trovare posti per la notte comodi e a prezzo accettabile, ma questo è ovvio e lo sanno tutti.
Poi magari qualche punto di ristoro, ma a me non interessano molto. Cos’altro si potrebbe fare? Si potrebbe mettere un po’ d’ombra.
Lungo l’argine non ci sono alberi, forse perché l’erba viene tagliata frequentemente per tenere gli argini puliti. Forse si potrebbero piantumare degli alberi, magari ci hanno già pensato e hanno stabilito di non farlo per buoni motivi che io non conosco. Io qualche pianta ce la metterei. Pensate ai filari di cipressi della Toscana, qui si potrebbero far chilometri di filarie cambierebbero il paesaggio. Che piante mettere?
I pioppi sono utili e crescono in fretta, vengono già coltivati lungo il fiume e magari potrebbero gestirli agricoltori che già lo fanno nelle terre adiacenti, ma forse non si può fare per motivi che non conosco.
Si potrebbero mettere delle piante da frutta, così la gente si arrampicherebbe spaccherebbe i rami e si farebbe del male… No, forse è meglio di no.
Si potrebbe mettere della Robinia che cresce velocemente e invade ogni cosa. Però poi i rami pieni di spine bucherebbero gomme a volontà, sarebbero contenti i venditori di camere d’aria, ma non i ciclisti che passano.
Ci sono: i Gelsi! Sì, direi che dei bei filari di Gelsi andrebbero proprio bene. Già vengono usati i Gelsi per i filari, non chiedetemi dove perché non lo so, e non sono neppure che sia vero, ma ne ho la forte sensazione. I Gelsi fanno ottime more e in Maggio/Giugno un sacco di gente verrebbe a raccoglierle. Ecco fatto! Un’ottima idea per incrementare il turismo sull’argine.
Finite le mie elucubrazioni riprendiamo il diario di viaggio. Il percorso prosegue sull’argine che però, a un certo punto, sparisce. Non so bene dove, ma sparisce. Arrivo a sud di Belgioioso, qui la mia preoccupazione è di trovare il giusto passaggio per entrare in Pavia, una volta mi sono trovato con la Goat in tangenziale con il traffico dei pendolari e vorrei evitare l’esperienza. Non ho ancora guardato la carta e non credo che oggi lo farò, penso che andrò a memoria e chiederò a chi incontrerò lungo la strada. Vado fra paesi e strade secondarie. Non ho ancora incontrato un pellegrino, ma ecco davanti a me uno zaino che si muove, mi avvicino: «A Roma è chiuso, bisogna tornare indietro!»
Mi guarda con aria strana. «Roma it’s closed!» «Hoooo… I’ve to come back?»
Vedo che ha capito subito, mi fermo a chiacchierare con lei, è una ragazza tedesca partita da Losanna per andare verso Roma. Mi dice dove si è fermata e le do qualche indicazione per i prossimi giorni di cammino. Lei è praticamente arrivata al suo posto tappa giornaliero mentre io non sono neppure a metà. Riprendo la via, poco prima di Pavia un ragazzo sta uscendo di casa per buttare i rifiuti, mi da le indicazioni per entrare a Pavia con la pista ciclabile. Fra le modalità studiate per chieder indicazioni non ho mai considerato l’appostamento per beccare chi esce di casa per gettare la spazzatura, eppure pensandoci bene più di una volta ho ricevuto indicazioni utili da qualcuno con la pattumiera in mano, vuota o piena che fosse.
È un tema che andrebbe approfondito. Arrivo a Pavia, appoggio il VTTE alla balaustra del Ticino, cade la bici e si storta il manubrio, cosa che non dovrebbe accadere ad una bici con i freni a bacchetta, ma succede… Riparto, passo lungo il ponte e risalgo la riva destra del Ticino lungo il suo argine maestro. La carta non la guardo, così passo per strade mai viste, vedo però le indicazioni della Francigena, provo a seguirle, ma io vado al contrario per cui non è facile, e infatti non ci riesco. Lento lento e piano piano arrivo a Mortara dove mi accoglie l’ostello di Sant’Albino.
Domani il mio viaggio proseguirà verso Ovest, non so ancora dove mi fermerò, ora devo mettermi a studiare il percorso, credo proprio che da domani terrò la carta a portata di mano.
Vi siete persi il turbolento pre-partenza del viaggio in bici di Girumin e la prima tappa fino alla Via Francigena? Niente paura, siete ancora in tempo per mettervi in carreggiata!
Per maggiore chiarezza nella lettura del testo, qui di seguito la "traduzione" dei due mezzi di trasporto usati in vari viaggi da Girumin: VTTE ossia Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e GOAT ossia Graziella Operativa Alternativa Tattica!
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico