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Tour in bicicletta nel Parco del Mercantour 1° parte
Scritto da edomar2611
Da poco più di sei mesi la bicicletta è entrata a far parte della mia preparazione atletica in vista del mio primo tentativo di salita ad una delle montagne più alte del pianeta: il Cho Oyu, alto 8201 m. Ogni giorno salgo in sella per recarmi al lavoro percorrendo in tutto circa 30 km, e questa abitudine, oltre ad avermi regalato molta resistenza in più, ha cominciato a farmi scoprire una nuova dimensione “dell’essere in viaggio”...
L'idea
Dapprima piccoli tour intorno alla mia città natale, Torino, mi hanno permesso di “farmi le gambe” e di assaporare la poesia della libertà del viaggio in bicicletta, con il vento sul viso mentre la strada si snoda sotto le ruote sospinte esclusivamente dalla forza delle gambe; poi progetti sempre più ambiziosi, arditi ed avventurosi, tra i quali mi piace ricordare la traversata in invernale del Colle del Sestriere con partenza da Torino (200 km con circa 2000 m di dislivello in salita), la salita in “combinata” bicicletta/ciaspole al Monte Thabor – 3178 m in Valle Stretta sempre con partenza da Torino.
Infine l’idea di affrontare un vero e proprio viaggio in bicicletta ha cominciato a farsi spazio nella mia mente sempre in cerca di nuovi progetti da realizzare. L’acquisto delle borse da viaggio ha eliminato anche l’ultimo piccolo ostacolo pratico al poter partire e ha messo le ali alle mie gambe.
Quale occasione migliore, quella di sfruttare i giorni di vacanza che l’azienda per la quale lavoro ci chiede di fare per cercare di raddrizzare il bilancio sempre più incerto a causa della crisi, per mettere in pratica il mio progetto! Gli studi sulle carte geografiche cominciano a susseguirsi frenetici nell’area fascinosa e selvaggia del Parco del Mercantour, nella Francia sud occidentale, una fascia montuosa a ridosso delle Alpi Marittime e della Costa Azzurra. L’idea è sempre quella di partire da casa per dare un senso di completezza ed autonomia maggiori alla piccola avventura; il problema maggiore è costituito dalla neve a bassa quota, assente per la maggior parte della stagione e caduta abbondante nelle ultime settimane, che non permette l’apertura di molti passi alpini che danno accesso alla zona di mio interesse.
Meta del viaggio è il piccolo monolocale che i genitori di mia moglie ci mettono a disposizione a Mentone, la prima ridente cittadina della Costa Azzurra arrivando da Ventimiglia, e dove si riunirà la famiglia; esso costituisce un ottimo punto d’appoggio in caso di disavventure meteorologiche e non.
La prima idea che mi salta in mente per evitare la trafficata strada del Col di Tenda è quella di raggiungere il territorio francese attraverso il Colle della Lombarda (2350 m), passare per Isola 2000 per poi scendere ad Isola, percorrere verso sud la strada che conduce al Col de S. Martin ed infine attraversare il Col de Turini, reso famoso dai passaggi del Rally di Monte Carlo, per raggiungere Sospel. Da lì il gioco sarebbe quasi fatto: una breve salita al tunnel de Castiglion e poi solo discesa fino a Menton. 270 km da percorrere in due giorni con un discreto dislivello in salita!
Una bella danza di tornanti in mezzo a paesaggi che immagino selvaggi ed isolati, solcati solo dallo stretto nastro d’asfalto che si srotola sotto le ruote della mia bicicletta. La consultazione dei siti francesi che riportano in tempo reale lo stato di apertura dei passi alpini spegne subito i miei sogni originari e mi costringe a ripiegare sul Col di Tenda, l’unico che sembra essere percorribile. Mi rassegno quindi a percorrere, almeno in parte, la strada che porta i vacanzieri italiani della domenica con le loro auto ed i loro camper stracarichi di bagagli sulle coste francesi. Cercherò di evitare le strade più battute, sia sul versante italiano che su quello francese, e grazie all’ausilio dei router presenti sul web che offrono la possibilità di selezionare l’opzione “percorso in bicicletta” individuo una serie di stradine secondarie che conducono a Borgo San Dalmazzo, alla base della salita per il Col di Tenda, ed una interessante deviazione che dalla bassa valle della Roya sale al Col du Brouis portando a Sospel.
1°tappa: Torino – Sospel (per il Col de Tende ed il Col de Brouis)
Distanza percorsa: 178 km
Dislivello in salita: 1600 m
Non mi resta dunque che partire! Il 25 Aprile alle 7:15 del mattino carico le borse sulla bicicletta e mi avvio per le strade di Torino ancora poco popolate. La giornata è limpida e soleggiata, con l’aria ancora frizzante a causa delle recenti nevicate, la luce radente del mattino indora le facciate dei palazzi del centro città che devo attraversare per raggiungere la campagna a sud di Torino. Ben presto lascio le vie della città e mi addentro nella campagna in direzione di Saluzzo; piccoli canali di irrigazione dall’acqua trasparente costeggiano le tortuose stradine che percorro con un senso di calma e di pace mai provato prima; gli alberi stanno germogliando ed il verde tenero delle loro gemme scintilla ai primi raggi di sole del mattino, mentre l’aria si riempie di olezzi che provengono dalla terra umida e dall’erba appena spuntata. Senza il rombo di un motore in sottofondo è possibile cogliere tutti i suoni della campagna, dal cinguettio degli uccelli allo scorrere dell’acqua, al sussurrare dell’aria fra i rami e le foglie. Nei piccoli paesi che attraverso, persone appena sveglie cominciano le loro attività all’aperto nei giardini ben curati prospicienti le loro case e mi guardano passare appena un po’ incuriositi dalle due borse appese ai fianchi della bicicletta. L’arco alpino tutto innevato, dal quale si staglia l’inconfondibile piramide del Monviso, fa da cornice a tutta la prima parte del mio viaggio.
Mi fermo nel centro di Saluzzo a prendere un caffè sotto gli occhi un po’ straniti dei passanti vestiti a festa che passeggiano nell’elegante via principale circondata da eleganti palazzi nel tipico stile piemontese che fa largo uso del mattone rosso. La cittadina infonde nella luce della mezza mattina un senso di musicale armonia; essa è infatti sede di una delle più importanti e rinomate scuole di perfezionamento dello studio del violino.
Riprendo ben presto il viaggio che comincia a presentare le prime lievi salite: Verzuolo, Costigliole Saluzzo arroccata sulle rive del torrente Varaita, Busca. La campagna pedemontana ricca di frutteti caratterizza questo tratto del percorso fino a raggiungere Borgo San Dalmazzo. Imbocco la Strada Statale 20 del Col di Tenda ed inizio a salire, dapprima dolcemente verso Roccavione e Robilante, poi si inizia a fare sul serio e raggiungo Vernante dove mi fermo per un lauto pranzo all’osteria del Cavallo Bianco: pasta asciutta, bistecca ed un buon caffè. Durante il pranzo apprendo da alcuni commensali più informati di me che il passaggio per il Colle di Tenda è ancora sbarrato dalla presenza di neve copiosa, non solo sul versante piemontese, ma anche su quello francese rivolto verso sud e verso il mare. La notizia mi preoccupa non poco, dato che il passaggio attraverso il tunnel, oltre a costituire un pericolo, è vietato al transito delle biciclette. Mi dico che una soluzione la troverò, magari qualche gentile e facoltoso automobilista proprietario di una automobile spaziosa mi offrirà, su cortese richiesta da parte mia, un passaggio attraverso la galleria, e rimonto in sella fiducioso.
Mi aspetta la parte più faticosa della salita verso il tenda, ovvero i sei tornati di Limone Piemonte e la rampa finale che porta all’ingresso del traforo; il pranzo appena consumato mi appesantisce leggermente le gambe, e decido quindi di non forzare assolutamente la pedalata per non rischiare congestioni. Tutto procede per il meglio e verso le 15 giungo all’ingresso del tunnel; effettivamente i pendii che sovrastano la zona sono ancora abbondantemente ricoperti di neve e decido di non perdere tempo per andare a vedere di persona l’impossibilità di passare per il colle.
Mi do subito da fare per trovare un passaggio in macchina; la cosa risulta subito difficoltosa a causa del fatto che siamo a ridosso di un periodo di ponti che la maggior parte dei passanti ha deciso di trascorrere insieme a tutta la famiglia trasportando al proprio seguito una quantità di bagagli indescrivibile: impossibile trovare spazio per la mia bicicletta e per il sottoscritto! Aspetto due turni di passaggio regolati dal semaforo che ogni quarto d’ora inverte il senso di marcia nella galleria e poi desisto: un passaggio, oggi, non lo troverò mai, mi dico, e decido di provare l’azzardo: attraversare il traforo in sella. Mi accerto, guardingo, che non sia presente una pattuglia di Carabinieri o della Polizia al di là della sbarra, monto la pila frontale sul casco, accendo il retro fanale, e dopo aver lasciato passare la fila di automobili in attesa, mi lancio il più velocemente possibile nelle viscere della montagna. Il rumore dei ventilatori è inquietante: il boato amplificato dall’eco ricorda il ruggito di un animale feroce, e ho l’impressione che la montagna voglia inghiottirmi. Per fortuna la strada è in leggera discesa e questo mi permette di procedere a circa 30 km/h, velocità sufficiente ad evitare che io incontri veicoli provenienti in senso contrario durante il transito nella galleria. Alla fine sbuco alla luce in territorio francese tra gli sguardi sbigottiti di alcuni automobilisti fermi in attesa del loro turno, ma ormai è fatta! Mi fermo al primo tornante per togliere la frontale dal casco per non destare sospetti e riprendo la discesa lungo la Valle della Roya.
Il cielo in lontananza presenta qualche nuvola, ma nulla di preoccupante e che minacci pioggia. La tortuosa discesa, con la strada che serpeggia appesa alle pareti rocciose a picco sul torrente, con la possibilità di vedere finalmente l’acqua in fondo alle gorges (cosa che non è possibile dal sedile dell’automobile) ha un sapore romanzesco; ho l’impressione di viaggiare in un paese incantato delle fiabe; ogni tanto qualche sparuto gruppo di casupole in pietra si affaccia, arroccato su qualche sperone roccioso, sulla profonda gola della valle e sembra essere irraggiungibile.
Attraverso il paese di Tende, sede del famoso museo delle Meraviglie, che raccoglie reperti archeologici antichissimi provenienti dalla vicina Valle delle Meraviglie dove uomini primitivi hanno lasciato stupendi graffiti sulla roccia che rappresentano scene di caccia a fine propiziatorio.
In breve raggiungo Breil sur la Roya, dove si innesta la valle laterale che risale al Col de Brouis che mi permetterà di raggiungere Sospel, il villaggio dove ho deciso di pernottare in vista della salita al Col de Turini che ho intenzione di affrontare l’indomani. Dai 1250 m del Tunnel sono nuovamente ridisceso a soli 360 m di quota, ed ora devo risalire fino agli 879 m del Col de Brouis… wow! Gambe in spalla nuovamente!
La stradina è disegnata da una mano sapiente, con tornanti comodissimi che aiutano notevolmente nella progressione verso l’alto. Il paesaggio è molto suggestivo: lungo la strada gli alberi con le foglie appena spuntate, ed illuminate da qualche raggio di sole pomeridiano che fa capolino tra una coltre di nubi sempre più compatta, formano macchie di colori tenerissimi che si stagliano sullo sfondo grigio-marrone del terreno appena uscito dall’inverno alpino. Guadagno velocemente quota e ben presto mi lascio alle spalle la valle della Roya che scorgo sempre più in basso ad ogni tratto di strada che si volta all’indietro. La fatica comincia a farsi sentire e mi fermo spesso a bere per tenere ben idratati i miei poveri muscoli. Il colle non si scorge facilmente tra la fitta vegetazione, e non riesco a localizzarlo subito. La strada continua a serpeggiare arrotolandosi su se stessa ed inoltrandosi sempre più in direzione ovest. Alla fine si intravede una piccola sella ed intuisco di essere prossimo al colle; effettivamente dopo qualche centinaio di metri scorgo il cartello che indica l’arrivo al Col de Brouis. Sono circa le 18 quando mi fermo a fotografare la bicicletta in prossimità del cartello che indica il nome del colle e la quota; mi infilo la corazza antivento per non prendermi un malanno e mi lancio nell’ultima discesa della giornata verso Sospel. La strada si fa subito tortuosissima e mi costringe a grandi frenate per affrontare i tornanti che si affacciano sul profondo baratro della valle, in fondo alla quale si trova Sospel, senza rischiare di precipitare.
In circa mezz’ora di danza tra le curve arrivo finalmente a Sospel, che si presenta come un graziosissimo villaggio con le case in pietra con le facciate intonacate di vari colori che si affacciano sul torrente; le due sponde del corso d’acqua sono unite da un vecchio ponte medioevale in pietra al centro del quale si eleva una torre che forma un arco sul passaggio pedonale sottostante.
Il contachilometri della bicicletta segna 178 km percorsi, con un dislivello in salita che stimo di circa 1600 m.
L’atmosfera è sospesa nell’attesa dell’ora di cena e la placida popolazione locale passeggia tranquilla tra i vicoli dell’antico borgo, appena indaffarata a svolgere le ultime commissioni della giornata. Tra le varie insegne che si susseguono sulla via principale che scorre parallela al torrente leggermente infossato fra muri di contenimento vado alla ricerca di quella che indica la possibilità di passare la notte; proprio di fronte all’antico ponte si trova una piccola pensione che sembra proprio fare al caso mio. Provo a suonare numerose volte al campanello senza ottenere risposta alcuna; dopo qualche minuto mi si avvicina un’anziana signora che mi suggerisce di provare a cercare i gestori della piccola locanda in un negozio di cibo per cani dall’altra parte del corso d’acqua. Anche là non trovo nessuno, e quando torno a provare a suonare il citofono, la signora di prima, di ritorno dalle sue commissioni serali, mi si avvicina di nuovo e mi chiede notizie sulla mia ricerca. Dopo qualche minuto, durante i quali io mi arrabatto a parlare in francese inventando parole dal suono francesizzato, la gentile signora mi chiede da dove vengo, e una volta appreso che arrivo dall’Italia, esclama in perfetto italiano di essere italiana anche lei: è nata a Tenda, quando tutta la regione nella quale mi trovo, inclusa Nizza, era ancora inclusa tra i confini patri! Un tuffo nel passato grazie ad una testimonianza diretta! La signora mi racconta di quando era giovane e frequentava le scuole italiane nella vecchia Tenda, ora divenuta Tende.
Alla fine, dopo quasi un’ora di vana attesa dei gestori della graziosa locanda da me presa di mira, mi rassegno ad approfittare di una sistemazione leggermente più costosa ma ugualmente simpatica al vicino Hotel de France. Sistemo la bicicletta nella vecchia stalla adibita a magazzino dell’albergo, mi rigenero con una buona doccia, ed esco dalla camera arredata in povero stile provenzale che mi è stata assegnata, per andare in cerca della cena. La trovo sul lungo fiume in una piccola pizzeria nella quale mi faccio servire una nutriente pizza con prosciutto crudo.
Invio l’ultimo messaggio alla moglie ed alla mamma, la quale che confessa di aver seguito costantemente sulle mappe del suo Ipad il mio girovagare per la pianura e per le montagne, quasi fosse il capo della mia piccola spedizione ciclistica. La cosa mi diverte moltissimo, e continuerò nei giorni successivi a tenerla informata nel modo più preciso e dettagliato possibile sui miei spostamenti.
Due passi serali sotto un cielo cupo di nuvole alla luce calda dei lampioni che illuminano il vecchio ponte concludono questa prima stupenda giornata di viaggio.
Mi fermo nel centro di Saluzzo a prendere un caffè sotto gli occhi un po’ straniti dei passanti vestiti a festa che passeggiano nell’elegante via principale circondata da eleganti palazzi nel tipico stile piemontese che fa largo uso del mattone rosso. La cittadina infonde nella luce della mezza mattina un senso di musicale armonia; essa è infatti sede di una delle più importanti e rinomate scuole di perfezionamento dello studio del violino.
Riprendo ben presto il viaggio che comincia a presentare le prime lievi salite: Verzuolo, Costigliole Saluzzo arroccata sulle rive del torrente Varaita, Busca. La campagna pedemontana ricca di frutteti caratterizza questo tratto del percorso fino a raggiungere Borgo San Dalmazzo. Imbocco la Strada Statale 20 del Col di Tenda ed inizio a salire, dapprima dolcemente verso Roccavione e Robilante, poi si inizia a fare sul serio e raggiungo Vernante dove mi fermo per un lauto pranzo all’osteria del Cavallo Bianco: pasta asciutta, bistecca ed un buon caffè. Durante il pranzo apprendo da alcuni commensali più informati di me che il passaggio per il Colle di Tenda è ancora sbarrato dalla presenza di neve copiosa, non solo sul versante piemontese, ma anche su quello francese rivolto verso sud e verso il mare. La notizia mi preoccupa non poco, dato che il passaggio attraverso il tunnel, oltre a costituire un pericolo, è vietato al transito delle biciclette. Mi dico che una soluzione la troverò, magari qualche gentile e facoltoso automobilista proprietario di una automobile spaziosa mi offrirà, su cortese richiesta da parte mia, un passaggio attraverso la galleria, e rimonto in sella fiducioso.
Mi aspetta la parte più faticosa della salita verso il tenda, ovvero i sei tornati di Limone Piemonte e la rampa finale che porta all’ingresso del traforo; il pranzo appena consumato mi appesantisce leggermente le gambe, e decido quindi di non forzare assolutamente la pedalata per non rischiare congestioni. Tutto procede per il meglio e verso le 15 giungo all’ingresso del tunnel; effettivamente i pendii che sovrastano la zona sono ancora abbondantemente ricoperti di neve e decido di non perdere tempo per andare a vedere di persona l’impossibilità di passare per il colle.
Mi do subito da fare per trovare un passaggio in macchina; la cosa risulta subito difficoltosa a causa del fatto che siamo a ridosso di un periodo di ponti che la maggior parte dei passanti ha deciso di trascorrere insieme a tutta la famiglia trasportando al proprio seguito una quantità di bagagli indescrivibile: impossibile trovare spazio per la mia bicicletta e per il sottoscritto! Aspetto due turni di passaggio regolati dal semaforo che ogni quarto d’ora inverte il senso di marcia nella galleria e poi desisto: un passaggio, oggi, non lo troverò mai, mi dico, e decido di provare l’azzardo: attraversare il traforo in sella. Mi accerto, guardingo, che non sia presente una pattuglia di Carabinieri o della Polizia al di là della sbarra, monto la pila frontale sul casco, accendo il retro fanale, e dopo aver lasciato passare la fila di automobili in attesa, mi lancio il più velocemente possibile nelle viscere della montagna. Il rumore dei ventilatori è inquietante: il boato amplificato dall’eco ricorda il ruggito di un animale feroce, e ho l’impressione che la montagna voglia inghiottirmi. Per fortuna la strada è in leggera discesa e questo mi permette di procedere a circa 30 km/h, velocità sufficiente ad evitare che io incontri veicoli provenienti in senso contrario durante il transito nella galleria. Alla fine sbuco alla luce in territorio francese tra gli sguardi sbigottiti di alcuni automobilisti fermi in attesa del loro turno, ma ormai è fatta! Mi fermo al primo tornante per togliere la frontale dal casco per non destare sospetti e riprendo la discesa lungo la Valle della Roya.
Il cielo in lontananza presenta qualche nuvola, ma nulla di preoccupante e che minacci pioggia. La tortuosa discesa, con la strada che serpeggia appesa alle pareti rocciose a picco sul torrente, con la possibilità di vedere finalmente l’acqua in fondo alle gorges (cosa che non è possibile dal sedile dell’automobile) ha un sapore romanzesco; ho l’impressione di viaggiare in un paese incantato delle fiabe; ogni tanto qualche sparuto gruppo di casupole in pietra si affaccia, arroccato su qualche sperone roccioso, sulla profonda gola della valle e sembra essere irraggiungibile.
Attraverso il paese di Tende, sede del famoso museo delle Meraviglie, che raccoglie reperti archeologici antichissimi provenienti dalla vicina Valle delle Meraviglie dove uomini primitivi hanno lasciato stupendi graffiti sulla roccia che rappresentano scene di caccia a fine propiziatorio.
In breve raggiungo Breil sur la Roya, dove si innesta la valle laterale che risale al Col de Brouis che mi permetterà di raggiungere Sospel, il villaggio dove ho deciso di pernottare in vista della salita al Col de Turini che ho intenzione di affrontare l’indomani. Dai 1250 m del Tunnel sono nuovamente ridisceso a soli 360 m di quota, ed ora devo risalire fino agli 879 m del Col de Brouis… wow! Gambe in spalla nuovamente!
La stradina è disegnata da una mano sapiente, con tornanti comodissimi che aiutano notevolmente nella progressione verso l’alto. Il paesaggio è molto suggestivo: lungo la strada gli alberi con le foglie appena spuntate, ed illuminate da qualche raggio di sole pomeridiano che fa capolino tra una coltre di nubi sempre più compatta, formano macchie di colori tenerissimi che si stagliano sullo sfondo grigio-marrone del terreno appena uscito dall’inverno alpino. Guadagno velocemente quota e ben presto mi lascio alle spalle la valle della Roya che scorgo sempre più in basso ad ogni tratto di strada che si volta all’indietro. La fatica comincia a farsi sentire e mi fermo spesso a bere per tenere ben idratati i miei poveri muscoli. Il colle non si scorge facilmente tra la fitta vegetazione, e non riesco a localizzarlo subito. La strada continua a serpeggiare arrotolandosi su se stessa ed inoltrandosi sempre più in direzione ovest. Alla fine si intravede una piccola sella ed intuisco di essere prossimo al colle; effettivamente dopo qualche centinaio di metri scorgo il cartello che indica l’arrivo al Col de Brouis. Sono circa le 18 quando mi fermo a fotografare la bicicletta in prossimità del cartello che indica il nome del colle e la quota; mi infilo la corazza antivento per non prendermi un malanno e mi lancio nell’ultima discesa della giornata verso Sospel. La strada si fa subito tortuosissima e mi costringe a grandi frenate per affrontare i tornanti che si affacciano sul profondo baratro della valle, in fondo alla quale si trova Sospel, senza rischiare di precipitare.
In circa mezz’ora di danza tra le curve arrivo finalmente a Sospel, che si presenta come un graziosissimo villaggio con le case in pietra con le facciate intonacate di vari colori che si affacciano sul torrente; le due sponde del corso d’acqua sono unite da un vecchio ponte medioevale in pietra al centro del quale si eleva una torre che forma un arco sul passaggio pedonale sottostante.
Il contachilometri della bicicletta segna 178 km percorsi, con un dislivello in salita che stimo di circa 1600 m.
L’atmosfera è sospesa nell’attesa dell’ora di cena e la placida popolazione locale passeggia tranquilla tra i vicoli dell’antico borgo, appena indaffarata a svolgere le ultime commissioni della giornata. Tra le varie insegne che si susseguono sulla via principale che scorre parallela al torrente leggermente infossato fra muri di contenimento vado alla ricerca di quella che indica la possibilità di passare la notte; proprio di fronte all’antico ponte si trova una piccola pensione che sembra proprio fare al caso mio. Provo a suonare numerose volte al campanello senza ottenere risposta alcuna; dopo qualche minuto mi si avvicina un’anziana signora che mi suggerisce di provare a cercare i gestori della piccola locanda in un negozio di cibo per cani dall’altra parte del corso d’acqua. Anche là non trovo nessuno, e quando torno a provare a suonare il citofono, la signora di prima, di ritorno dalle sue commissioni serali, mi si avvicina di nuovo e mi chiede notizie sulla mia ricerca. Dopo qualche minuto, durante i quali io mi arrabatto a parlare in francese inventando parole dal suono francesizzato, la gentile signora mi chiede da dove vengo, e una volta appreso che arrivo dall’Italia, esclama in perfetto italiano di essere italiana anche lei: è nata a Tenda, quando tutta la regione nella quale mi trovo, inclusa Nizza, era ancora inclusa tra i confini patri! Un tuffo nel passato grazie ad una testimonianza diretta! La signora mi racconta di quando era giovane e frequentava le scuole italiane nella vecchia Tenda, ora divenuta Tende.
Alla fine, dopo quasi un’ora di vana attesa dei gestori della graziosa locanda da me presa di mira, mi rassegno ad approfittare di una sistemazione leggermente più costosa ma ugualmente simpatica al vicino Hotel de France. Sistemo la bicicletta nella vecchia stalla adibita a magazzino dell’albergo, mi rigenero con una buona doccia, ed esco dalla camera arredata in povero stile provenzale che mi è stata assegnata, per andare in cerca della cena. La trovo sul lungo fiume in una piccola pizzeria nella quale mi faccio servire una nutriente pizza con prosciutto crudo.
Invio l’ultimo messaggio alla moglie ed alla mamma, la quale che confessa di aver seguito costantemente sulle mappe del suo Ipad il mio girovagare per la pianura e per le montagne, quasi fosse il capo della mia piccola spedizione ciclistica. La cosa mi diverte moltissimo, e continuerò nei giorni successivi a tenerla informata nel modo più preciso e dettagliato possibile sui miei spostamenti.
Due passi serali sotto un cielo cupo di nuvole alla luce calda dei lampioni che illuminano il vecchio ponte concludono questa prima stupenda giornata di viaggio.
Volete continuare il viaggio in bici nel Parco del Mercantour con Edoardo? Andate a leggere la tappa n° 2 da Sospel a Menton
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edomar2611
Ciao, sono Edoardo Martelli, nato a Torino nel novembre del 1968. Dal 2013 mi sono trasferito in Sud Tirolo per lavoro. La passione per la montagna e per la natura è nata in me fin dall'infanzia grazie all'esempio dei miei genitori. Nel corso degli anni ho praticato motlo escursionismo, sci ed alpinismo, ma la svolta decisiva è avvenuta nel 2006, quando con un amico, decidemmo di provare la salita al Kilimanjaro in Africa. Da quell'estate si è accesa in me una scintilla che mi ha portato a salire montagne sempre più alte nelle catene delle Ande, del Pamir e del Tien Shan, fino a raggiungere la vetta del Korjenevskaya Peak (7105 m) in Tajikistan. Nel 2011 ho ricomprato dopo circa 35 anni una bicicletta per recarmi in ufficio, e da quall'anno non ho più smesso di pedalare!
Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico