Una settimana di trail, 670 km e 17.000 metri di dislivello positivo. Indimenticabili giorni passati nella natura, in condizioni meteo non ottimali, ma con la fortuna sempre dalla mia parte. Vedevo i temporali girarmi intorno, le grandinate scansate per poco, ho sentito caldo, ho avuto freddo, ho amministrato le forze, ho razionato i viveri e, quando mi sono trovato in difficoltà, ho cercato aiuto in persone gentili, che mi hanno offerto da mangiare e dato un posto dove dormire. Ho capito da tempo che la mia indole è di viaggiare in solitaria. Non è un caso che a metà del percorso, quando ho capito che non saremmo riusciti a completare il giro, mi sia staccato dai miei iniziali compagni di viaggio.
Trovarsi da solo, per diverse ore, a pedalare nel bosco, senza incontrare nessuno se non un capriolo, un cinghiale o una lepre, con il sole che sta per tramontare e non sapere se troverai un rifugio aperto, trasmette quel brivido dell'imprevisto, ma anche un senso di libertà assoluta, ti fa sentire in simbiosi con l'ambiente naturale. È una sensazione difficile da descrivere che riesce a metterti in pace con te stesso e con il mondo intero.
Dopo tante montagne però, ho voluto concludere il viaggio sul velluto.... Mi sono concesso un'ultima giornata di mare, facendo su e giù, per le perle delle Cinque terre.
In questo articolo
Alta via dei monti liguri 11-18 Luglio 2020
Dopo che lo scorso anno insieme a Matteo avevo percorso tutto l'Appennino Tosco Emiliano sulla traccia della Gea, quest'anno all'ultimo momento, si è aggiunto anche Stefano e con le nostre mountain bike abbiamo deciso di continuare su quella falsa riga, attraverso le montagne liguri, da ovest verso est.
Nelle borse da bikepacking mettiamo il minimo indispensabile, ma data l'emergenza covid e la possibilità che alcune strutture siano chiuse, siamo costretti a portare almeno materassino e sacco a pelo.
Per questo motivo partiamo con le bici pesanti, intorno ai 25 kg, che non sono pochi considerando i sentieri e il dislivello che ci attende. Infatti nella definizione dell'itinerario, non ci siamo accontentati della traccia interamente ciclabile proposta da Claudio Simonetti sul sito dell'alta via ma, dopo esserci sentiti con lui telefonicamente, abbiamo progettato alcune varianti e integrazioni. Secondo me renderanno il nostro viaggio sicuramente più duro, ma anche un po' più vario, avendo previsto un'ultima tappa alle Cinque terre. All'ultimo momento poi decidiamo anche di aggiungere un...
Prologo
La prima tappa comincerebbe da Ventimiglia, ma noi nel pomeriggio scendiamo dal treno a Imperia, dove tra l'altro scopro di essere stato derubato del mio power bank, oggetto fondamentale dal momento che seguirò la traccia gpx sullo smartphone...
Per cui siamo obbligati a una sosta all'Asia market di Sanremo, circa a metà della bella ciclabile che porta verso Ventimiglia, passando da varie gallerie una delle quali, dedicata addirittura ai grandi del ciclismo con tanto di foto e storia.
Giunti alle porte della cittadina di frontiera, lasciamo la costa e procediamo verso l'interno. Arriviamo a Dolceacqua all'ora di cena, dopo aver percorso 50 km per lo più pianeggianti, ideali per sciogliere i muscoli e stimolare l'appetito (semmai ce ne fosse bisogno...) Sostiamo all'agriturismo La vecchia.
Giorno 1 sull'Alta via
Oggi comincia la nostra alta via vera e propria. Facciamo il pieno di energia con una super colazione, poi uno sguardo a Dolceacqua col suo castello, un passaggio sull'antico ponte a schiena d'asino e iniziamo a pedalare in salita, dapprima su una stretta strada asfaltata, poi su una sassosa forestale che ci porta fino a quote di montagna. Un rifugio dove ristorarci arriva al momento giusto. Fra una focaccia e l'altra, ci rendiamo conto di essere un po' in ritardo rispetto alle previsioni. Comunque chiamiamo il rifugio La Terza sul monte Saccarello, per confermare cena e camera. Ripartiamo verso il monte Toraggio. Anche se il tempo si rannuvola un po', il paesaggio è bellissimo. Il sentiero che percorriamo segna il confine con la Francia. A tratti siamo costretti a procedere a piedi, a causa della forte pendenza, ma anche per via di alcuni passaggi piuttosto esposti, da cui il panorama spazia su vallate ricoperte di boschi fino al mare. Matteo sembra il più stanco e per lunghi tratti procede a piedi spingendo la bici; arrivati al monte Toraggio siamo tutti costretti a mettere i piedi a terra, quando davanti a noi si profila un passaggio davvero thriller. Per me non è certo una sorpresa, visto che ho inserito la variante proprio per questo. Stefano è preoccupato, addirittura paventa la possibilità di tornare indietro, ma vista l'ora non c'è assolutamente alternativa. Dal canto mio, mi godo la vista e anche se a momenti la nebbia nasconde un po' il panorama, nello stesso tempo rende l'attraversamento di questo stretto ed esposto passaggio ancor più adrenalinico. In effetti, anche se stiamo parlando solo di un tratto di tre o quattro metri attrezzato con fune d'acciaio, la parete di roccia su cui siamo appollaiati è abbastanza impressionante e mentre con una mano ci teniamo alla fune, con l'altra dobbiamo occuparci della bici e del suo carico, mentre ondeggia nel vuoto. Oltrepassato il punto critico, continuiamo a salire lungo un panoramico single track e via via che le nuvole si diradano, scoprono un paesaggio spettacolare con queste creste delle Alpi liguri, che svettano poco sopra di noi.
Procedendo verso nord, notiamo in lontananza due alte cime. Pensiamo che il Saccarello sia sicuramente una di quelle e speriamo vivamente sia la più vicina. Ma è una pura illusione. Infatti poco prima del tramonto, giunti a un bivio, troviamo un gruppetto di persone che, saputa la nostra destinazione, con un simpatico accento francese, ci fanno un grosso in bocca al lupo... La strada sale ancora e la stanchezza è tanta, ma non c'è alternativa. Arriviamo dopo soli 66 km, ma quasi 3000 metri di dislivello positivo, al rifugio La Terza, alle sole luci dei nostri faretti, quando son quasi le 22. Giornata memorable conclusa con una cena degna di tale impresa.
Giorno 2 sull'Alta via
Dopo una grandiosa colazione ci mettiamo in marcia dai 2100 metri del monte Saccarello. Dapprima seguiamo uno stretto sentiero in saliscendi, poi puntiamo decisamente verso quote più basse, zigzagando tra mandrie di mucche. Per un breve tratto sconfiniamo anche in territorio piemontese. Attraverso pinete, boschi e, meno affascinanti, pale eoliche, troviamo un piccolo bar dove pranzare a Ormea. Poi a Garessio è d'obbligo una visita alla sua grande chiesa. Anche stasera facciamo quasi buio nel bosco e come previsto giungiamo al rifugio Pian dei corsi alle 21.30, con all'attivo di giornata oltre 100 km e 2500 metri di dislivello positivo. A cena conosciamo anche un altro trio di ciclisti, formato da padre cinquantenne, figlio e amico sedicenne che sta affrontando l'alta via con una mountain bike anni '80... complimenti doppi!
Giorno 3 sull'Alta via
Lasciamo il rifugio un po' troppo tardi rispetto all'orario ideale, ma anche stavolta la colazione merita e comunque ci sarà di grande utilità... Passiamo da quello che resta di una base militare, le cui mura sono state interamente dipinte con bei murales, tutto intorno girano le solite enormi pale eoliche. Scendiamo attraverso boschi, guadiamo un paio di torrenti e transitiamo da Altare, che si fa notare più che altro per alcuni edifici da archeologia industriale rimasti in piedi quasi al centro del paese. Presto riprendiamo il bosco, attraversando la verde riserva naturale di Adelasia. Qui a un certo punto, mi divido dagli altri che preferiscono proseguire su un percorso più pianeggiante, mentre io mi addentro nella riserva. Presto mi imbatto in un bellissimo rifugio dove, vista anche l'ora, sarebbe ideale potermi ristorare. Purtroppo però è chiuso, probabilmente causa covid. Continuo fino a ritrovare l'asfalto presso la minuscola frazione di Poninvrea. Sono le 3 del pomeriggio e l'unico bar presente è chiuso. Chiedo informazioni sulla possibilità di mangiare qualcosa nei dintorni e, poco dopo, la gentilissima signora mi porta una brioche e un po' di frutta. La ringrazio infinitamente e, proseguendo, apprezzo ancor più il gesto, visto che tutti i piccoli possibili punti ristoro che trovo lungo i diversi successivi chilometri sono chiusi. Mi rendo conto che da queste parti, l'economia di tanti paeselli è stata veramente devastata dal lockdown.
A Sassello, patria degli amaretti, ritrovo Stefano e Matteo e anche un bel posticino con fresca veranda dove mangiare qualcosa di sostanzioso. Abbiamo individuato sulla mappa la nostra destinazione odierna, quindi non perdiamo troppo tempo e ripartiamo tutti insieme attraversando i boschi del parco del Beigua. A tratti il sentiero è un po' ostico, con molti sassi e alcuni passaggi da fare a piedi e, come è ormai consuetudine, l'arrivo al rifugio è alle ultimissime luci del crepuscolo, dopo 97 km e 2800 metri d+. Stasera ci vogliamo trattare bene, quindi prendiamo tre camere singole e la solita grandiosa cena.
Giorno 4 sull'Alta via
Belli riposati e rifocillati, partiamo sotto un cielo nuvoloso già di primo mattino. In effetti in questi giorni, il meteo è stata molto benevolo con noi, sole di mattina e nuvoloso al pomeriggio, l'ideale per pedalare. Siamo nell'entroterra di Genova e da un'altura scorgiamo nella foschia il porto. La traccia che seguiamo passa proprio dalla casa di Claudio Simonetti, l'ideatore della pedalabile dell'alta via dei monti liguri. Così ci fermiamo da lui per la pausa caffè e a fare due chiacchiere in allegria. Ci rimettiamo in sella e subito entriamo nel bosco percorrendo un erto sentiero. Il cielo non promette niente di buono... infatti di lì a poco inizia una pioggerellina così leggera che siamo incerti se indossare l'impermeabile, che in salita ci fa bagnare di sudore, forse più della stessa pioggia. Matteo è rimasto un po' indietro. Stefano è perplesso e vuole fermarsi. Io è dall'inizio che vedo i miei compagni di viaggio non troppo convinti e determinati nel portare a termine il nostro giro nei tempi previsti.
Sono abituato a fare programmi e, in assenza di grandi imprevisti, a rispettarli. Quindi decido di proseguire, anche perché come già successo in questi giorni insieme, capita di avere esigenze diverse durante il viaggio e, per non perdere troppo tempo, accade che uno prosegue e poi gli altri lo riprendono successivamente. Dentro di me stavolta ho la sensazione che rimarrò da solo. Non importa, sono determinato a completare il percorso nel tempo previsto.
Ho chiesto una settimana di ferie al lavoro. A casa ho una famiglia che mi aspetta. Sarà dura, ma ce la posso fare!
La fortuna pare essere dalla mia parte. Presto smette di piovere, anche se minacciosi nuvoloni temporaleschi mi girano sempre intorno.
Squilla il telefono: è Matteo. Dice che loro due hanno preso una bella "acquata" e che per oggi si fermano a Casella. Sono soltanto le cinque del pomeriggio e io ho già passato quel posto da un'ora, quindi non ho assolutamente tentennamenti nel proseguire.
Ormai in solitaria, comincio la lunga salita attraverso la stretta valle Pentemina. All'ambrata e tenue luce della sera, le nebbie si diradano, scoprendo un paesaggio fatto di colline e montagnole ricoperte di verdi boschi dalle foglie bagnate che, illuminate dal sole, brillano nell'aria rinfrescata. Pentema, poco più di un pugno di case adagiate quasi in cima alla valle, è famosa per il suo presepe, ma in questa stagione la scopro deserta e i miei tentativi di trovare qualcuno, aggirandomi per i suoi stretti e ripidi vicoli, sono vani. Sarebbe l'ora di cena, ma ormai sono costretto a raggiungere la vetta di questa montagna prima di buttarmi in una veloce discesa verso Torriglia, dove giungo quando è ormai buio. Mangio due ottime pizze nella piazza centrale e alloggio nell'anonimo hotel La posta, che però ha prezzi onesti e un gentile gestore, per giunta grande appassionato di ciclismo. Anche oggi 93 km con 2500 metri di dislivello positivo.
Giorno 5 sull'Alta via
È una bella mattina col cielo terso. Il tempo di fare colazione, caricare le borse sulla bici e son già in azione. La strada sale, transito da piccole frazioni dai curiosi nomi: Barbagelata, Calzagatta... Ora viaggio veloce su piacevole asfalto pianeggiante, a fianco del torrente Aveto, che poi da il nome al parco in cui mi addentro, lasciando il paese di Rezzoaglio. Da qui in poi, il bosco mi farà compagnia fino a fine giornata. Salgo a ritmo lento per una bella forestale che mi dovrebbe portare fino al lago delle Lame dove, come indicato sulla mappa, è presente un ristorante in cui avrei pensato di pranzare, visto arriverò all'ora giusta. Purtroppo in questo periodo di covid, non ci sono certezze e infatti il ristorante è chiuso. Per fortuna sul lago incontro delle persone simpatiche, che mi spingono a chiedere aiuto a una signora: è la proprietaria che, saputo dove sono diretto e supposto che non troverò niente per un bel po', poco dopo mi offre un bell'hot dog. Faccio per pagare ma lei rifiuta con convinzione.Me lo gusto sulla riva, accanto al piccolo verde specchio d'acqua, scambiando due chiacchiere con una giovane escursionista che mi suggerisce di visitare la cascata di Ravezza. Ci penso un po' perché è una deviazione che costa circa un'ora e mezza e parecchie energie, dato che il sentiero per raggiungerla è un sigletrack da percorrere a tratti spingendo la bici. Penso però che potrebbe essere l'occasione per farmi riprendere dai miei compagni e poi ho un debole per le cascate. Non rimango deluso : uno scenografico doppio salto d'acqua, circondato da un verde intenso. Un bel posto per fare qualche videoripresa col drone.
Tornando al lago delle Lame chiamo Matteo, ma sono ancora distanti qualche ora e quindi decido di proseguire da solo.
La forestale sale ancora attraverso un fitto bosco. É il primo pomeriggio e la temperatura è scesa parecchio.
Quando il panorama si apre mostra, sotto un cielo plumbeo con le nebbie che mi sfiorano la testa, una serie interminabile di monti e valli. A momenti sento qualche goccia di pioggia. Un rifugio all'ora della merenda è un bel toccasana, anche se preferirei che qualcuno rispondesse ai numeri che sto chiamando per prenotare la notte di stasera. Sono le 16.30 e non posso permettermi di fermarmi qui così presto. Ci sono ancora molte ore di luce da sfruttare, inoltre il pericolo temporale sembra rientrato, quindi riprendo deciso a pedalare.
Viaggio per ore in solitudine, su strade forestali quasi pianeggianti, circondato da bellissime faggete in cui piano, piano si fa largo qualche raggio di sole. Per molti chilometri non incontro nessuno, solo al calar della sera comincio a vedere caprioli e lepri. Questo è sicuramente il più bel tratto da pedalare di tutta l'alta via dei monti liguri. Provo un forte senso di libertà, mi sento in pace con il mondo intero, la solitudine non mi pesa, l'unica cosa che mi preoccupa un po' è il fatto di non sapere dove dormirò stanotte. Così, mentre mi accingo a raggiungere la strada asfaltata, comincio a cercare con lo sguardo una radura nel bosco dove potermi eventualmente accampare.
Il rifugio Devoto è effettivamente chiuso a causa del covid, così come un ristorante adiacente. La mappa a quattro chilometri segnala un agriturismo: è l'ultima possibilità. Pedalando su asfalto in poco tempo sono sul posto. Purtroppo però trovo chiuso anche questo locale, così come altre due abitazioni vicine. Poco sotto la strada però, noto una piccola casetta con le finestre aperte. La traccia che seguo da questo punto riprenderebbe il bosco e sulla mappa non vedo nessuna struttura raggiungibile nell'ultima ora di luce che rimane.
Facendomi coraggio mi affaccio dentro casa da una finestra al piano terra: è quella della cucina, dove un anziano signore è intento a preparare da mangiare. Gli spiego la situazione e gli chiedo se mi può aiutare. È un tedesco che non parla italiano e il suo inglese è più stentato del mio. In qualche modo ci capiamo e inizia a tirar fuori cartine della Liguria. Mi vorrebbe far scendere a Varese ligure, ma si trova a dieci chilometri completamente fuori traccia e l'indomani dovrei ripercorrerli in salita. L'idea non mi piace per niente, quindi gli chiedo se ha un pezzo di pane da offrirmi. Messo all'angolo, dal momento che aveva già la pentola con l'acqua sul fuoco, con il gesto che aspettavo, mi fa cenno di entrare. È una persona gentile ed è in pensione. Da dieci anni, durante il mese di Luglio, prende in affitto questa casa fra i monti. Ama la tranquillità e la lettura. La moglie lo raggiungerà fra pochi giorni. La cosa più incredibile è che sa cucinare la pasta al punto giusto e mi mette sotto il naso una cupola di tagliatelle al pesto veramente buone. Parliamo delle nostre patrie e delle nostre famiglie, ma anche di dove potrei passare la notte. Così, terminata la cena, mi accompagna sulla strada dove lungo il ciglio è presente una cappella della Madonna in pietra che arrivando in bici non avevo notato. Si trova addirittura la saracinesca e sul muro esterno è verniciato il simbolo dell'alta via dei monti liguri e il nome del luogo: Colla Craiolo, 907 metri slm. Nel frattempo, con il sudore ancora addosso, inizio ad avere un gran freddo e, con l'aiuto del traduttore, chiedo all'amico tedesco, se mi consente di usare la sua doccia. E così, mentre lui lava le pentole, io mi lavo di dosso la polvere e la fatica di una giornata indimenticabile. Dopo oltre 100 km e oltre 2500 metri di dislivello positivo, mi preparo per la notte con il materassino e sacco a pelo, sotto lo sguardo della Madonna e di tre rondini che hanno il nido attaccato al soffitto.
Giorno 6 sull'Alta via
Alle primissime luci dell'alba, le rondini svolazzano sopra di me, vorrebbero uscire, ma la fessura che ho lasciato non è loro sufficiente. Apro la serranda e faccio colazione con quello che ho: tre barrette e una borraccia d'acqua arricchita con proteine in polvere. Ripiego tutto, carico sullo smartphone la traccia dell'alta via, quella però del sito bikepacking.com che da qui punta verso il mare, getto un ultimo sguardo alla casetta dell'amico tedesco e prima delle 7 sono già sui pedali. Verifico immediatamente l'impronta più wild della nuova traccia. I single tracks sono più tecnici e anche un po' più invasi dalle frasche. Ci sono tratti da fare a piedi, ma comunque la natura intorno è sempre bellissima. In lontananza vedo il mare, ma anche tante montagnole da superare...
Dopo diverse ore sulla bici, dando uno sguardo più attento alla mappa, vedo sulla traccia un agriturismo che verosimilmente dovrei raggiungere prima di pranzo. Non voglio farmi troppe illusioni, visto il recente passato... Comunque l'appetito mi porta a pensarci parecchio e quando sono nei pressi, prego che sia aperto... e così è. Sono le 11.30 e ancora non sono pronti per il pranzo, ma mi consolo con un tagliere di salumi, uno di formaggi, focacce, miele, marmellate, tutto di produzione propria e, per finire, una crostatona doppia e un cappuccino. Riparto rinfrancato nel corpo e nello spirito. Affronto ancora qualche tratto nel bosco, ma poi trovo la strada asfaltata e, a tratti, in discesa. Punto dritto verso il mare. Nel primo pomeriggio sono a Deiva marina. Rimpiango presto la facile discesa appena percorsa, perché la traccia mi fa letteralmente arrampicare sulla ripida collina che separa Deiva dal seguito della riviera di levante. Per fortuna il sentiero è abbastanza ombreggiato, ma grondo sudore dappertutto. Salgo quasi tutto a piedi spingendo e in alcuni tratti addirittura issando la bici con tutte le forze.
Le pendenze sarebbero ostiche anche solo facendo trekking, ma oggi, essere giunto su questa altura, è l'ultima fatica. Il sentiero scende sulla costa a Framura per poi proseguire attraverso una comoda ciclabile, anche in galleria, passando da Bonassola e poi da Levanto. Pur essendo soltanto metà pomeriggio e aver percorso 70 miseri chilometri e 1400 metri d+, decido di fermarmi, visto che è la meta prefissata per oggi. Cerco un hotel economico. In realtà trovo una camera a buon prezzo, in centro in un tre stelle. La signorina insiste per farmi vedere la camera, perché ha paura che sia troppo piccola. La tranquillizzo raccontandole dove ho trascorso la mia ultima notte.
Oggi me la godo, vado in spiaggia e faccio una bella nuotata tonificante. Ho saputo che i miei ex compagni di viaggio hanno avuto qualche piccolo problema tecnico e che hanno accorciato un po' il giro. Io termino la giornata con una memorabile mangiata di pesce e una passeggiata sul lungomare di Levanto, piuttosto affollato nonostante la pandemia.
Giorno 7 alle Cinque terre
Anche se con il covid non c'è libero accesso al buffet è inutile che qui stia a raccontare della solita grandiosa colazione....
Oggi non seguirò nessuna traccia con il GPS, farò quasi tutto asfalto, ma ho intenzione di visitare tutte le Cinque terre, escludendo Monterosso, in cui sono stato lo scorso anno. Da Levanto la strada sale e mi trovo subito in compagnia di un gruppo di ciclisti. Mentre pedaliamo facciamo un po' di chiacchiere e così arriviamo in vetta, al santuario di Soviore. Anche se il sole va e viene, fa già caldo. Saluto e continuo sulla mia strada lungo la litoranea delle Cinque terre. Scendo a Vernazza dove ci sono un sacco di turisti, molti anche stranieri, nonostante tutto. Il porto è un gioiellino. Una videoripresa col drone è d'obbligo.
Risalgo per la stessa strada che ho fatto per scendere, riprendo la litoranea fino al bivio che conduce a Corniglia. Un gruppo di case colorate, appollaiate in cima alla scogliera. Anche qui immagini da cartolina.
Proseguo risalendo con un caldo che mi fa sudare sempre più. La prossima destinazione è Manarola, dove mi fermo anche a mangiare un buon fritto misto take away, mentre davanti a me un tenero micio fa una pennichella fre le colorate ceramiche esposte all'esterno di un negozio di souvenir. Anche io schiaccerei un pisolino, ma c'è un gran via vai di gente e poi è ora di ripartire. Una nuvola provvidenziale copre momentaneamente il cielo e io ne approfitto per fare la salita all'ombra.
Il tempo di ridiscendere verso Riomaggiore e il sole illumina la bellezza di questo borgo, adagiato in una strettissima valle con le case che scendono a cascata dalla collina, fino in riva al mare. Anche se non è di tradizione ligure, non so resistere alla tentazione di un cannolo siciliano bello ripieno che mi trovo sotto il naso risalendo la via centrale. Lo accompagno con una fresca limonata che due bambine preparano al momento, su un piccolo tavolo, pubblicizzando il prodotto con urla da mercato: "Limonata, limonata fresca a cinquanta centesimi..."
Si sta facendo tardi per prendere il treno delle 17.40, ma voglio passare anche da Portovenere. E' affollata di turisti, c'è anche una coppia di freschi sposi. Purtroppo ho poco tempo, ma un brevissimo filmato col drone lo faccio comunque. Poi, per evitarmi gli undici chilometri per La Spezia e riuscire a prendere il mio treno, chiedo all'autista del bus se mi fa salire con la bici, dicendogli che sono un collega. Lui lo avrebbe concesso anche con il pienone, ma purtroppo c'è anche il controllore...
Nonostante la mia energica pedalata, arrivo troppo tardi e sono costretto ad aspettare il treno successivo. Mi consolo ripensando a questi indimenticabili giorni, passati nei boschi della Liguria, a tutte le esperienze vissute. Sono veramente soddisfatto anche perchè, nonostante tutto, sono riuscito a rispettare i programmi al millimetro, rimanendo fedele alla traccia che avevo studiato. Da queste avventure si torna sempre molto stanchi, ma nello stesso tempo più forti di prima e consapevoli dei propri limiti.
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