Un caro amico con cui spesso condivido le uscite in MTB sulle montagne trentine mi ha scritto due righe descrivendo ciò che per lui rappresentano le nostre "fughe" tra i rumori del bosco. Condivido a pieno il suo pensiero e vorrei aggiungere di ritenermi un privilegiato avendo la possibiltà di inforcare la bicicletta (già il possederne una è un privilegio non da poco) ed in pochi minuti ritrovarmi immerso nel bosco e nella natura. Trovo le parole di Ale intense e profondamente vere...
La bici?!?
Che rapporto abbiamo con la fatica e i chilometri che percorriamo; cosa ci spinge a restare ore in sella, sudando ed arrivando a casa con il mal di schiena?
Quasi sempre la compagnia di un amico con cui condividere queste ore di libertà. Ma quando siamo soli, dove arriva il nostro pensiero? Spesso è indirizzato verso una molteplicità di cose... che non so elencare!!! Sono troppi, i pensieri.
Recentemente ho letto una breve storiella che voglio raccontare, alla quale ognuno di noi può pensare durante le proprie uscite:
Un giorno un indiano decise di lasciare la riserva per andare a trovare il suo amico bianco che abitava in città, il quale lo portò subito a fare una passeggiata. Anche in mezzo al rumore assordante di traffico e folla, l'indiano sente il canto del grillo e mostra l'animaletto, nascosto tra le foglie di edera su un muro, all'amico incredulo che non lo aveva sentito. Gli indiani hanno certamente un udito più fine del nostro! disse l'amico. Allora l'indiano fece cadere una monetina sul marciapiede e molti passanti si fermarono guardando per terra e uno raccolse la monetina. Vedi, gli indiani non hanno l'udito migliore. E' che ognuno sente quello che vuole ed è abituato a sentire
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Nonostante la mia vita frenetica, piena di persone, studenti, libri, tecnologia (poca) e chilometri (più in macchina che in mtb), sono felice di riuscire a sentire il richiamo del bosco con tutti i suoi rumori
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