Lasciamo la cittadina percorrendo la strada 1095 verso nord, oltrepassiamo un bivio seguendo sulla sinistra le indicazioni per la Pha Seua Waterfall, l'ingresso è gratuito e nonostante l'ora per nulla tarda, c'è già un gran via vai di curiosi. Le cascate sono come tante altre già osservate in questo viaggio e non riesco ad emozionarmi particolarmente, anche perchè, oggi, le mie aspettative più grandi sono dirette al villaggio Shan e a quello pseudo cinese di (Ban) Rak Thai. Dal parco di Mae Surin, dove si trovano le cascate, dobbiamo iniziare a coordinare meglio i nostri movimenti sul trabiccolo a motore perchè, date le pendenze da brivido, siamo continuamente soggetti al rischio di ribaltamento. I panorami sono da mozzare il fiato, così come la strada che sale a picco sopra un villaggio dai caratteristici tetti costituiti da paglia e foglie secche. Svoltiamo a destra uscendo dalla fitta vegetazione e ritrovandoci alle porte di un agglomerato di casette ordinate ai due lati dell'unica via presente. Il villaggio Shan, un luogo particolare in questo angolo sperduto di mondo, un luogo raggiunto solo da un'arteria di comunicazione stretta e tortuosa che prosegue anche oltre l'abitato... dove andrà? Siamo curiosi e vogliamo sapere dove si spinge, posticipiamo la visita del Ban Shan a più tardi e proseguiamo sull'asfalto ormai caldo di mezzogiorno. Un lago immobile riposa all'uscita dell'abitato, è incorniciato fra basse colline, qualche papera sguazza soddisfatta nell'ambiente ottimale. A due passi dalla riva orientale, sotto gli aghi di una fresca pineta, diverse tende colorate ospitano viaggiatori di passaggio affascinati dagli ultimi lembi di terra thailandese accovacciati ai piedi delle montagne birmane.
Ripercorriamo a ritroso la breve strada sterrata riattraversando il villaggio Shan abbastanza velocemente perchè purtroppo il tempo stringe e dobbiamo percorrere ancora parecchi tornanti prima di ritrovarci a Ban Ruak Thai, ma qualcosa di inaspettato ci trattiene per la gola... un intenso aroma di caffè appena tostato si libra nell'aria circostante catturandoci come un amo con due pesci. Non possiamo non fermarci: il Pala coffee shop, guesthouse e homestay è gestito da un simpatico thailandese di mezza età, un vero chiacchierone. Ci invita ad accomodarci all'interno di quello che sembra un giardinetto, ma che si rivela essere un paradiso in terra: due imponenti piante di bambù dominano la scena stupendo gli avventori, centrale si staglia un enorme stella di natale con i suoi grandi fiori color porpora, una piccola terrazzina allestita con un tavolino e una stuoia dove ci sediamo per gustare il nostro caffè. Appena tostato, dal gusto forte anche se un po' acquoso rispetto all'espresso italiano, è veramente accattivante da bere in un luogo come questo. Ce lo gustiamo tranquillamente, dimenticandoci dell'orologio, quasi stregati, in completa armonia con l'ambiente circostante. A circa venti km da questo posto inimmaginabile, si incontra Ban Rak Thai. Prossimo ad un altro confine naturale con il vicino Myanmar questa manciata di case è adagiata su un lago cristallino incastonato fra le montagne. Qui molti degli abitanti sono discendenti di abitanti dello Yunnan cinese e, per tradizione, coltivano e vendono thè ai turisti. Una degustazione è possibile in qualunque shop ed è gratuita anche se poi, data la gentilezza dei thailandesi, vi sentirete un po' obbligati ad acquistare almeno un prodotto. Sulle rive del lago si trova un bel ristorante cinese riconoscibile immediatamente dall'enorme quantità di lanterne rosse appese un po' ovunque, le pietanze sono squisite anche se, alla fine del banchetto, il conto vi lascerà quasi al verde. (Per questa volta ci siamo scordati anche noi di trovarci in Thailandia!). Saltiamo nuovamente in sella dopo la degustazione di un eccezionale thè al ginseng che acquistiamo svuotandoci del tutto il portafoglio. Guidare a zigzag su queste strade da motobikersestremipiegatiacentottantagradi è veramente piacevole e divertente. Siamo indecisi se ritornare subito a Mae Hong Son e riconsegnare il mezzo o se fare visita ad un piccolo villaggio Karen per tentare di incontrare le donne giraffa al lavoro sui loro mitici telai. Con dubbi di ogni genere in testa come se sia giusto andare ad osservare queste donne in mostra come in un circo o meno, guidiamo fino al piccolo ban guadando almeno dieci torrenti. Nella foresta dove non c'è nulla se non la natura incontaminata (o quasi) vivono le Padaung, ormai oggetto del desiderio di una ininterrotta processione di turisti che ogni giorno, muniti di cinepresa e macchina fotografica, raggiungono il villaggio, scattano due fotografie, pagano e se ne vanno soddisfatti dimenticandosi delle condizioni di povertà in cui vive questo popolo. Queste signore però, nel corso degli anni hanno imparato a vendersi bene al turista bianco: ogni foto 10 o 20 Baht oppure tu mi compri qualcosa dal banchetto ed io mi metto in posa per farmi ritrarre e magari sorrido pure...facile no? Questo circus umano è uno spettacolo allucinante, assolutamente da evitare. Avevo molti pensieri a riguardo che purtroppo sono stati confermati negativamente. La nostra giornata di corse e saliscendi è quasi terminata ed anche la spia della benzina lampeggia da quasi quindici km, temo proprio che stavolta resteremo a piedi... ma la fortuna premia gli audaci e noi ci evitiamo una serata a spingere il motorino per le vie di Mae Hong Son.
Sintesi della giornata: 140 km con 120 Baht di carburante + 150 Baht di noleggio, mica male... Da domani si riprende a pedalare, ma un giorno alternativo da motorizzati ha ampliato, senza dubbio, i nostri orizzonti da esploratori su due ruote.
Questo articolo fa parte del diario di viaggio tenuto in diretta del progetto Downwind. Se volete leggere le altre puntate, ecco qui tutti gli articoli dei nostri dieci mesi in bicicletta nel sud est asiatico, se invece avete dubbi su visti e burocrazia nel Sud Est asiatico anche dopo aver letto l'articolo, lasciate le vostre domande e cercheremo di rispondervi il prima possibile.
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