Siamo proprio perseguitati da questo fiume, dal mitico Mekong, che passa attraverso gran parte degli stati del
nostro itinerario asiatico o forse è questione di attrazione fatale? Il fascino che il
Mekong esercita sul viaggiatore medio, curioso e sognatore, non è poco: confine naturale, habitat perfetto per centinaia di specie differenti di pesci ed uccelli, artista creativo di rapide impossibili da navigare, anche sotto l'esperta guida di un
veterano del rafting, ottimale via di comunicazione...
Un egocentrico ponte lungo quasi due chilometri taglia trasversalmente il Mekong entrando nella usuale quiete laotiana dopo una toccata e fuga nell'avamposto turistico di Pakse.
Altri 30 chilometri snervanti in Laos in bicicletta su ponti in costruzione ed un ampio sterrato ingombro di ruspe e mostri meccanici trasudanti acqua e olio per l'eccessivo calore solare. Il fiume lento procede verso la Cambogia parallelo all'intruglio di polvere e sabbia che ci troviamo costretti a seguire non essendo dotati di copertoni-gommoni per la navigazione. Cenni sorpresi di saluto ed indicazioni alquanto vaghe degli addetti ai lavori in corso ci fanno temere il peggio: "non avremmo mica sbagliato strada?", ma finalmente sudati ed assetati, sbuchiamo davanti al sito khmer del Wat Phu, patrimonio mondiale UNESCO. Ci stupiamo di aver mancato l'uscita fuori strada per il paese di Champasak, ma ormai tanto vale anticipare la visita a questa meraviglia nata dall'intelletto e dall'ingegno umano. Un percorso spirituale in ciottolato segue la sponda di un bacino artificiale conducendo ad alcune rampe di scale sbilenche e per nulla invitanti che salgono fino al tempio principale, dedicato al dio Shiva. In questo luogo mistico la simbologia gioca, ma soprattutto giocava, un ruolo indispensabile: il naga, il serpente con più teste custode del tempio; il linga, simbolo fallico indicatore di fertilità... una visita al sottostante museo chiarisce i nostri dubbi sulle caratteristiche e la storia legata a questo edificio d'epoca angkoriana.
"Quattordici chilometri di larghezza?!?", si resta di stucco di fronte alle informazioni reperite nell'opuscolo dell'accogliente
guesthouse di Champasak: stiamo parlando delle dimensioni del
Mekong durante la stagione dei monsoni.
Camminando di notte a...Dondet Camminando a braccetto con le tenebre nelle poche ombre dell'ora tarda, talvolta si riesce a scorgere qualche insolito particolare sfuggito durante gli spostamenti distratti della giornata. L'unica stradina sterrata dell'isola, nasce all'attracco delle barche e prosegue fino al ponte che collega Don Det a Don Khong, quasi quattro chilometri più a sud sempre costeggiando il Mekong. Fuori dal centro la notte è padrona assoluta, quieta e silenziosa: nessuno cammina sul sentiero, nei locali-ristoranti e nelle caffetterie improvvisate le serrande sono abbassate e solo qualche luce fioca filtra dagli interni svelando la presenza di qualcun'altro aldilà della fredda lamiera, rivelando che proprio lì a due passi dalla tua persona, qualcuno guarda la televisione o forse sospira pensando al domani ed ai soliti garbugli che ti mettono i bastoni tra le ruote nella quotidianità. Qualche sporadico cane ancora sveglio ti taglia la strada: i due occhi tondi brillano nell'oscurità e solo dopo un sobbalzo iniziale, ti rendi conto che sono innocui. Prosegui a passo spedito verso il centro, verso la luce, tua unica guida in queste tenebre senza stelle...non hai paura, non temi ciò che a fatica distingui nel buio, ma la gente, i bar aperti e il movimento ti conferiscono sicurezza, non conosci il motivo di questa sensazione, ma è così, inspiegabile ma reale. Il bivio: il punto sulla terra battuta dove il silenzio si rompe diventando rumore e in due minuti già non ne puoi più della civiltà e hai bisogno di scappare, di tornare indietro dove i suoni non ti raggiungono e il tuo spirito può ritrovare la sua pace nel nero più inviolato.
Molte delle 4000 isole vengono sommerse temporaneamente per poi riaffiorare come per magia al ritorno della stagione secca. Il ciclo annuale condiziona in tutto e per tutto la vita degli abitanti delle isole più accessibili dalla strada numero 13 che pochi chilometri più avanti varca il confine con il regno di Cambogia: turismo, pesca e un po' di agricoltura, sono le risorse dei pochi isolani di Don Khong e Don Det che trascorrono la loro vita lungo un unico sterrato fra guest house, ristoranti e qualche campo di riso. I resti della vecchia ferrovia a scartamento ridotto costruita dagli invasori francesi come soluzione affidabile ai trasporti da un lato all'altro della più piccola isola di Don Det, sono ancora ben visibili passeggiando fra i bungalow e i ponticelli sul Mekong, pittore dalle pennellate fluide ed artefice di questo capolavoro d'arte astratta. Ci aspetta una settimana da pascià fra spuntini fritti, gustose papaya salads e bottiglie ghiacciate di Beerlao, infatti si possono trascorrere interi mesi qui, sulle ultime propaggini di terra del Laos meridionale, rilassandosi su comode amache o esplorando la giungla che è ancora il nascondiglio di imponenti cascate. Molti occidentali lo stanno già facendo da anni, chi guadagnandosi da vivere con un'improvvisata panetteria dove viene venduta la famosa foccaccia, chi ospitando i turisti fuggiti dall'inverno europeo in lussuose casette di baamboo, chi affinando la propria capacità culinaria giorno dopo giorno in un piccolo ristorante con vista mozzafiato.
Un'ultima
baguette Lao-style e le noiose
procedure burocratiche di confine irrompono nuovamente nella consolidata spensieratezza del
nostro viaggio...
Questo articolo fa parte del diario di viaggio tenuto in diretta durante il progetto Downwind che ci ha portato a compiere un viaggio di dieci mesi in bici in Asia.
Se alle parole preferite le immagini, guardate il video sul tratto in Laos del nostro viaggio
Ultimi commenti