La prima visita fuori dalla capitale è stata quella alla città fenicia di Byblos, ubicata circa 40 km a nord di Beirut. Byblos è considerata l'agglomerato urbano più antico del mondo ad essere stato abitato continuativamente nel corso dei secoli e di questo e della loro origine fenicia gli abitanti sono più che orgogliosi! Il piccolo porticciolo è la zona più turistica insieme al sito archeologico romano dentro il quale si trova anche un castello crociato risalente al XII secolo. Qui l'atmosfera sembra più rilassata di quella di Beirut: i soldati presenti sono in minor numero (anche se si vedono comunque) e riconosciamo, finalmente, qualche visitatore. Anna ha in mente un grande progetto fotografico, quello di comparare i vari aspetti della mediterraneità presente in ogni paese dell'area degli ulivi e dei vigneti. Con occhio vigile scorge una famiglia che stà pranzando nel cortile di casa e con una grande faccia tosta che stimo immensamente (forse perchè a me manca) si avvicina per chiedere il permesso di scattare qualche immagine. L'ospitalità libanese è sorprendente e la simpatica famiglia ci invita a pranzo. Mentre conversiamo allegramente in inglese e francese gustando le varie leccornie che occupano la grande tavolata, scopriamo vari aspetti della cosidetta (o così da me inventata!!!) libanesità (non comune a tutti ma in particolar modo alla fascia cristiana della popolazione): molte pietanze sono a base di olio di oliva proprio come da noi, i tratti somatici sono del tutto simili a noi italiani (soprattutto a chi popola l'area meridionale della nostra penisola con carnagione più scura e sguardo profondo!), sono fieri della loro origine ma non origine araba quanto piuttosto francese, molti infatti si sentono figli del colonialismo della Francia e prediligono la lingua francese a quella araba, cosa quanto mai inaspettata! Insomma la situazione non è così facile da spiegare ma ci lascia quanto mai perplesse.
Un conoscente di Anna, conosciuto anni fa a Ginevra, è, caso vuole, libanese ed in questo periodo si trova in patria così, dopo una serata a chiacchierare, ci invita a fare un giro verso sud-est, nella regione dello Chouf, non troppo distante dalla Siria, dove osano ancora i leggendari cedri libanesi. Dall'alto di una gigantesca Madonna posta su una collina che guarda il mare, all'altezza di Sidone (Saida in arabo), scorgiamo uno fra i tanti campi palestinesi che punteggiano il territorio libanese: è impressionante quanti edifici, ammassati l'uno sull'altro, possano essere costruiti. Lo Chouf è una regione piuttosto montuosa e la strada che seguiamo si alterna in continui saliscendi, il panorama è straordinario con cascate, valli desolate e paesi sperduti. I cedri, ormai occupano solo il 5% del territorio del Libano, sono lì, padroni indiscussi di questa regione... ma ancora per quanto?!? Giungiamo a Beit ed- Dine giusto in tempo per vedere i cancelli del palazzo, che ogni anno in estate ospita il Beit ed Dine Festival, chiudersi davanti alla nostra delusione. L'emiro Bashir Chehab II lo fece costruire a partire dal 1788 e ci vollero ben trent'anni per completarlo. Roccaforte dei drusi durante gli scorsi decenni, è ora una località piuttosto tranquilla, adagiata sui colli che anticipano i colossi dei Monti del Libano.
Proseguiamo in direzione di Deir El Qamar che raggiungiamo appena in tempo per gustarci un bel tramonto sullo Chouf. Con la sua architettura e i suoi edifici come la sinagoga di Deir el Qamar, la moschea Fakhreddine e la piazza principale, questa cittadina merita una visita meditata...proprio come la nostra... no scherzo, il tempo corre troppo veloce e noi siamo costrette ad adeguarci! Salutiamo lo Chouf che forse riusciremo a rivedere durante la prossima vita e torniamo verso Beirut, la nostra nuova casa per questi dodici giorni!
L'idea di andare nella valle del Qadisha mi allettava non poco visto che avevo appena terminato la lettura del capitolo riguardante il Libano e quell'area in particolare, nel libro dello storico Dalrymple Dalla Montagna sacra! Ultimamente però ha piovuto molto su questa zona del Mediterraneo e la valle del Qadisha è sicuramente ricoperta da una candida coltre di neve, le parole di George ed Elias ci convincono a cambiare destinazione per l'indomani... Tripoli? E Tripoli sia!!! Questo Medio Oriente mi piace sempre di più...
Nel cuore di questo enorme mercato nella città, gente di ogni età ed estrazione sociale balla e canta sventolando bandiere e manifesti: si stanno preparando alla festa del profeta (di Maometto?!? Questo mica l'ho capito!) che si terrà nei prossimi giorni. Non badano molto a noi se non per invitarci nel mezzo della confusione. Un bimbo si nasconde nel palazzo alle loro spalle: è spaesato ed allo stesso curioso, non capisce cosa stia accadendo ma i suoni lo attirano come una calamita... resta nascosto dietro una parete sporgendosi di tanto in tanto l'indispensabile per catturare con lo sguardo qualche scena, abbastanza per non essere visto! Uno striscione attraversa la strada da un marciapiede all'altro come un ponte di tela plasticata, sulla superficie luccica spuntano i volti di Hariri, il presidente del Libano assassinato nel 2005, Saddam Hussein ed altri due uomini a me sconosciuti. Il cartello dice qualcosa simile a "Martiri per la libertà" se ben ricordo... chi lo avrà appeso?!?
Il padre di George ci attende nella loro casa in collina dove luccicano gli ulivi (con i quali producono un olio buonissimo!) e gli alberi son già tutti fioriti... e ppure siamo solo all'inizio di febbraio, è possibile che qui la primavera sia già arrivata? A tavola si gustano specialità libanesi ai ferri, crude e salsine dal gusto delicato come l'hummus, a base di ceci, limone ed olio d'oliva. Oltre al vino, si beve arak, un alcolico tipico al gusto di anice che viene allungato con acqua ma che, nonostante tutto, brucia lo stesso la gola con i suoi 30°. Il papà di George è un personaggio particolare: tiene al fatto che i suoi figli continuino a portare avanti la tradizione di famiglia lavorando nella stessa azienda. E' stato in Italia anni fa ed in altre parti d'Europa, conosce qualche parola e così ci capiamo meglio.
Il sole si stà preparando a giocare a nascondino con la luna e per noi si è fatto tardi. Mentre ci muoviamo verso Beirut zigzagando fra le auto dei turisti domenicali, mi chiedo come si possa essere più legati alle tradizioni che al desiderio di vedere felici e soddisfatti i propri figli..., ma non trovo risposta. Le stelle punteggiano il cielo e, a bordo dell'automobile sportiva di Elias, mi lascio andare a pensieri più sereni...
Se volete continuare a scoprire con noi il Libano, continuate a leggere la seconda parte del racconto di viaggio in Libano a sud tra Tiro, Sidone ed oltre
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