Prologo
Il "placet" da Anversa arrivò tramite Poste a Casterno - zona parco del Ticino - nel giorno del solstizio d'estate. Il capitano, quella mattina, era immerso nella gloriosa composizione di un Kyrie, quando il suono perentorio del citofono lo fece sobbalzare. Sasha e Babuska corsero a nascondersi con un salto felino dietro il divano, ma poco dopo il rientro giubilante del loro padrone dissolse ogni paura. Andrea si sedette in soggiorno, esaminò il pacchetto, rilesse il mittente, e procedette infine a svolgerne il contenuto dopo aver tagliato lo spago: all'interno di una scatola di legno, una pergamena avvolta da un nastro rosso.
In una calligrafica scrittura gotica i Savi di Anversa, riuniti in seduta plenaria, autorizzavano il viaggio in bici per Matera vincolando i due cicloturisti al percorso di seguito indicato. Il capitano corse all'ufficio postale per telegrafare la splendida notizia al suo compagno di avventure laggiù in Abruzzo, e poi se ne tornò pieno di afflato mistico al suo Kyrie. Il professore, vittima di cicliche crisi depressive, pure accolse di buon grado l'idea di un nuovo viaggio. Andrea rientrò a Teramo sul principio del mese e i preparativi per il viaggio si svolsero come da copione. La partenza, quella mattina del 12 luglio, venne immortalata da una miserabile foto all'esterno di Empatia Caffè.
1° giorno: Teramo - Popoli
La strada ci è familiare: un lento salire, la pausa ad Aprati, Ortolano semi deserta e l'acqua fredda della sua fontana, il bivio per Campotosto, il valico delle Capannelle. Ci è familiare pure quel senso di solitudine di fronte al silenzio insanguinato dei paesi di montagna. La gioia della lunga discesa, il caldo che risale mentre si interseca Arischia e si torna a pedalare verso l'Aquila. Attraversamento a piedi del centro storico e pausa pranzo: Andrea si ferma davanti al suo Conservatorio, una sede che non esiste più, trasferita chissà dove e la musica di un'intera orchestra deve risuonargli dentro in opposizione alla devastazione operata su uomini e cose. "Statale 17" cantava Guccini: la imbocchiamo verso la piana di Navelli, il sole tramonterà stasera.
Il Capitano, naturalmente, è sempre un uomo solo al comando e allora io approfitto della mia lentezza e mi concedo una pausa in pieno stile cicloturista. Sono entrato dentro una casa cantoniera abbandonata: fascine di legna, un cartello stradale, il tempo della vita di un cantoniere, ecco da dove viene una parte del degrado delle nostre strade, penso tra me. Superata Navelli ci aspettano i tornanti in discesa, le gole di Popoli, e la cittadina che ci accoglie per la nostra prima serata. Prendiamo una camera nell'hotel del complesso termale. Il capitano, dopo essersi denudato, si copre di argilla per combattere le infiammazioni e rinascere a nuova vita; ma è sempre lui che - di fronte alle mie frecciatine sulla quantità significativa che trasporta nelle sue capienti borse da viaggio - ipotizza l'indomani di rispedire l'eccesso a casa con le solerti poste di Popoli.
Passeggiata sull'Aterno: il lungofiume a piedi è piacevole e stimola il nostro appetito. Scopriamo che la cittadina ha dato i natali a Corradino D'Ascanio di cui vediamo in albergo i disegni con i prototipi di elicotteri, disegni che sembrano usciti da un fumetto di fantascienza del passato o del futuro. Ma Corradino D'Ascanio vola su tutti noi e sogna la Vespa, anche quando la sua città si ritroverà sommersa dall'acqua in quell'alluvione tra il 9 e il 12 ottobre del 1934. Mi addormento a fatica, dopo aver chiuso le finestre e allontanato un fastidioso vociare di ragazzini; il condizionatore e il luogo mi portano in un centro termale in Germania - tanti anni fa - e mi fanno suonare con fantasmi del passato, persone che non vedo da tempo, eppure vive nel concerto di stanotte: musica popolare per le educate orecchie teutoniche.
2° giorno: Popoli - Isernia
Dopo un'abbondante colazione, ci rechiamo in pellegrinaggio alle sorgenti del Pescara, poco distanti dal centro abitato. Il fiume zampilla da una polla sorgiva e si presenta limpido e invitante. Beviamo un po' della sua acqua, come rito propiziatorio alla nostra avventura. Mi torna in testa questa scena quando, superata Sulmona, mi ritrovo lungo in viadotto in salita con Pettorano sul Gizio sotto di noi. Poiché i viadotti hanno un effetto disarmante su di me, scendo dalla bici e comincio a camminare con le cuffiette dell'MP3. La mia fantasia si accende all'immagine di un potente ministro sovranista che un giorno imporrà a tutti gli abruzzesi il pellegrinaggio alle sorgenti del Pescara per ritrovare il seme prezioso dell'identità e sconfiggere il male oscuro di tutti noi: la depressione regionale. Valico delle cinque miglia, Roccaraso: si apre la strada per Castel di Sangro. Cominciamo a scendere e senza indossare una protezione ci ritroviamo dentro una vorticosa galleria lunga un paio di chilometri e per fortuna ben illuminata. Entriamo nella cittadina mentre si alza un fastidioso vento e il cielo comincia ad incupirsi. Ci rifugiamo all'interno di una tavola calda dove consumiamo un delizioso panino con salsiccia e "friarelli" . Che fare? Fantastico su di un ipotetico Freccia Rossa che percorre in 7 minuti e 50 i trenta chilometri che ci separano da Isernia. Cicliamo verso la stazione per scoprire che è chiusa da tempo mentre la nuova, lì a fianco, è ancora in fase di costruzione.
Una stazione abbandonata è un privilegio raro: cammino sui binari e mi godo questo tempo immobile. Andrea parlotta con un signore che poi - mi racconta - è l'ex capostazione che abita ancora la struttura al primo piano e ci dorme insieme ai suoi cani bianchi; il tipo ha due fedi, anulare e medio: secondo il capitano è vedovo e si è risposato, per me è bigamo. Ci sediamo all'esterno della "Trattoria da Sabatino", sotto un gazebo, e aspettiamo l'autobus per Isernia e...il temporale. Tre avventori bevono vino bianco e gassosa con limone e si incuriosiscono per la nostra presenza. Comincia a piovere, sempre più forte, i gerani che corrono tutto intorno al gazebo si muovono con delicatezza al vento e alla pioggia. Chiediamo di entrare dentro e inganniamo l'attesa con due Averna. É riuscito un pallido sole, due adolescenti sgattaiolano all'esterno, una ragazza aspetta il pullman con due enormi bustoni da centro commerciale, l'edicola di legno è chiusa ma un tempo ha fatto fortuna - lo giuro - vendendo le figurine Panini, quelle di Modena. L'autobus per Isernia è una diligenza: saliamo a 960 metri fino a S.Pietro Avellana, attraversiamo un bel tratto di bosco, a Carovilli incontriamo diversi caseifici, sale gente. Torna il sole e dissolve la nebbia. Quando il pullman arriva a Carpineto e scarica una parte dei passeggeri sembra di stare dentro un film in bianco e nero. E finalmente arriva Isernia. Serata lungo il corso dall'anima inclinata, mangiamo una pizza al taglio e osserviamo lo "struscio" dei giovani il sabato sera. Il tempo di un gelato e a letto nel B & B.
3° giorno: Isernia - Troia
Abbiamo tradito il diktat dei Savi della Bici che ci imponeva di passare per Benevento. Infatti decidiamo di rientrare nel Foggiano e stamattina, complice il tempo ancora incerto su Isernia, ci trasferiamo in stazione e aspettiamo il regionale per Campobasso. Una lapide ci racconta che Isernia venne bombardata dagli Americani il 10 ottobre del 1943: l'esultanza per l'armistizio che si tramuta in dramma collettivo. Nell'attesa ci godiamo la piazza antistante: un capannello di anziani, un giovane afro con cellulare e cuffiette, una madre con la figlia e un anziano signore che chiama a raccolta i piccioni e dispensa sementi. - Se non ci penso io a loro, la gente di Isernia sono pezzi di ... - esclama quando mi avvicino spinto dalla curiosità o forse solo dalla noia. Poi ripone la busta all'interno di una siepe, sale sul tram numero 1 e aspetta che parta. I piccioni si attardano nel piazzale della stazione, beccano la pastina e ringraziano. Sul treno: Bojano, Vinchiaturo, Campobasso. Nella stazione dei pullman, chiusa ermeticamente a qualsiasi possibilità di partenza, veniamo catturati dalle sequenze di un murales: per forgiare il soldato perfetto, basta svuotargli il cervello e rimettere poi la scatola cranica. Ma basta indugi, il tempo è bello, non abbiamo scuse, si va. Scendiamo a lungo, si rimpiana, pedalare è piacevole. All'orizzonte si intravedono mulini a vento, lassù sul crinale che ci attende; il brano dei Genesis da Nursery Crime suona potente come il meccanismo delle pale eoliche. Torniamo a salire e lentamente prende corpo una galleria davanti a noi: di là sarà Puglia. Nuvole e vento, sole che ti brucia, una strada in mezzo al nulla, campi di grano a perdita d'occhio e la bicicletta che ti impone di pedalarla: il Tavoliere. Bivio per Lucera, noi ci interniamo alla volta di Troia dove arriviamo verso le cinque. Trattasi di un paesone arroccato su una altura, 8 mila anime e una cattedrale romanica che sembra un gran bel romanzo. Un simpatico signore, il capo elettricista del paese - ha appena rimesso qualcosa come 1500 lampioni a led - ci aiuta nella ricerca del punto notte: il B & B della signora Giovanna è un lusso con bagni e camere separate. Ci rilassiamo, Andrea ascolta la musica di Arvo Pärt che suona così mistica e intanto fa yoga e si cosparge della sua argilla. Cena tranquilla a ridosso di un parco. Scopriamo che la cittadina ha un turismo religioso poiché è consacrata al culto mariano: l'ossimoro che ne viene fuori è diabolicamente umano o semplicemente perfetto.
4° giorno: Troia - Venosa
La torta di mele della signora Giovanna delizia la nostra colazione e farà da viatico durante il viaggio. Rientriamo nella pianura ma non per molto: un nuovo viadotto sale davanti a noi, ancora una galleria ci trasporta in un'altra regione. La Basilicata ci appare selvaggia. Entriamo a Melfi. La Cattedrale è chiusa ma il Castello ci aspetta lassù in alto. Ci prepariamo alla visita del Museo. Un Castello che è stato normanno, svevo - la Costituzione di Federico II - e poi angioino fino ad arrivare a Carlo V che lo dona alla famiglia Doria di Genova. Dopo la seconda guerra passerà allo stato italiano. Il museo archeologico è una miniera d'oro: tre razze italiche, i Lucani, i Dauni e i Sanniti; la Magna Grecia; i Romani; i fiumi e tre mari in prospettiva. Le due donne di etnia diversa - dauna e sannita - sepolte insieme, mi colpiscono per la forza dell'amicizia, fattore di integrazione tra i popoli. Si riparte e si naviga verso Venosa; incrociamo un trattore sopra al quale, come in un fermo scena, il cane è immobile al fianco del suo padrone. Ancora una salita, tira il vento: scendo dalla bici e nel caldo del pomeriggio l'avvicinamento alla città di Orazio mi sembra così misterioso così come è misteriosa la figura di Gesualdo, il nobile autore di madrigali. Naturalmente il B & B porta il nome di quest'ultimo ma poco il tempo per ricercarne le tracce se non il castello con fossato visto dall'esterno. La casa di Orazio, invece, ci appare di sera, piccola, romana, con un lastricato e forse con qualcosa di vero. La cittadina ce lo ricorda poi con scritte, targhe, epigrafi, un elogio dell'aurea mediocritas e del carpe diem di fronte all'ingordigia del nostro tempo sbandato. Purtroppo è lunedì, i ristoranti sono chiusi e la pizzeria modesta. Intanto i nuvoloni si addensano sopra di noi che ci godiamo il fresco della sera e aspettiamo la pioggia. E infatti dormiamo con il sottofondo di un temporale.
5° giorno: Venosa - Matera
L'indomani le condizioni meteo rimangono incerte, ma noi, rinfrancati dal riposo notturno e galvanizzati dalla meta ormai vicina, inforchiamo i destrieri e ci lasciamo Venosa alle spalle. Tempo sospeso fino a Spinazzola dove facciamo sosta. Scopriamo che siamo in terra di pontefici, a Spinazzola con Papa Innocenzo XII e a Gravina in Puglia con Benedetto XIII. Ripresa la marcia se ne viene giù un temporale coi fiocchi: ci rifugiamo sotto una pianta in prossimità di un incrocio. Ma siamo già bagnati e ci addossiamo al tronco dell'albero per evitare l'acqua a vento: ho freddo. Per fortuna il mio cambio maglia si rivelerà salutare. Spiove, riprendiamo il cammino e giungiamo a Gravina dove ci rifugiamo in una tavola calda per riprendere fiato in vista dell'ultimo tratto di strada. Siamo nelle Murge, in Puglia, ma solo per poco, la strada provinciale 6 ci riporta in Lucania. E poco dopo all'orizzonte Matera si apre davanti a noi. Si sale, scendo dalla bici, accendo l'MP3 e rallento il momento: dietro di me una lunga teoria di mulini a vento mentre la gioia si impasta sempre di malinconia. Il Capitano stupisce tutti prenotando un alloggio con il suo smart. Plaudo anche se la sistemazione è all'interno di una città anonima, città che certo deve essersi improvvisata nel creare strutture ricettive in questo anno di gloria. In serata passeggiamo già per i sassi e organizziamo la nostra permanenza.
6° giorno: Matera
L'indomani prendiamo una guida, una simpatica ragazza che ci mostra alcuni paesaggi della sua cittadina. Scopriamo elementi di natura come il nibbio della Basilicata e il falco grillaio, piccolino, che in estate dimora a Matera per poi svernare in Africa. Visitiamo l'interno di una casa grotta ricostruita come doveva essere nel passato e certo rimaniamo stupiti da una modalità di vivere così difficile e per noi impossibile. Nella piazzetta di Cittadinanza Attiva, Davide Rondoni ci parla del suo libro su Leopardi e ci cattura con la sua sapienza di poeta e filosofo raccontando L'Infinito: "Tornare piccoli e imparare a leggere i segni come modalità di conoscenza". Nel pomeriggio visitiamo il Palombaro lungo sotto Piazza Vittorio Veneto: un viaggio nelle viscere di Matera e all'interno di una grande cisterna. Poco lontano dalla piazza, entriamo poi nella Biblioteca Provinciale dove è stata allestita una mostra su Andrea Camilleri: ci sono le sue opere tradotte nel mondo, Israele, Stati Uniti, Cina, Giappone. Grazie Maestro! Matera è deliziosa e neppure caotica. Verrebbe voglia di rimanerci alcuni giorni tanto è piena di vita e di bellezza. Nella piazza davanti al Conservatorio, un chitarrista canta "I can't help falling in love with you" mentre beviamo un caffè al cocco e ci godiamo ondate di turisti. Siamo orgogliosi per l'impresa compiuta e anche speranzosi per le sorti del nostro Paese visto che i miracoli esistono e Matera ce lo ricorda.
7° giorno: Matera - Teramo
Se non ci decidiamo a viaggiare con le sacche per poter salire sui treni veloci, saremo condannati alla lentezza dei regionali. Ma visto che ci siamo, scopriamo la bellezza dei poveri di spirito. Sono sul Matera - Bari: una signora attempata fa il cruciverba con la bic rossa e il suo è un vero e proprio libro di enigmistica; la coppietta di fronte a lei ascolta musica, un auricolare a testa, la ragazzina chiude gli occhi e ogni tanto accarezza con la mano la pelle di lui; la signorina di fronte a me sta andando a Bari per sostenere l'esame di Procedura Civile - "Dio l'aiuterà signorina, in bocca al lupo", le ho detto - ; e poi ci sarei io, un attempato cicloturista di ritorno da Matera. Andrea si è rifugiato nella lettura: meglio così, la convivenza a tratti ci soffoca. La signorina di fronte a me è bruna, indossa una camicia color ruggine con i puntini neri ed è naturalmente nervosa per l'esame che la attende. La signora del cruciverba porta le unghie nella stessa tonalità di rosso della signorina di fronte che adesso sta mordicchiando le nocche della mano del suo ragazzo. Policlinico, Scalo, Centrale: l'avvicinamento a Bari è arte complessa. Bari - Foggia: primo vagone, anche qui le bici saranno agitate dal treno in corsa che attraversa uliveti, vigneti, case sparse, paesi bianchi, serre, cieli azzurri. Gli Who di Quadrophenia sembrano divinità onnipotenti che osservano il tempo farsi futuro. Ci interniamo: Cerignola, tornano i mulini a vento, laggiù all'orizzonte mi sembra il Molise da cui sbucammo in Puglia, già un secolo fa. Incoronata: fila di roulottes sotto un cavalcavia, saranno Rom? Lunga pausa a Foggia, ci sistemiamo nel vasto bar della stazione, la radio ci regala Us and them dei Pink Floyd, il capitano esce a fare una passeggiata. Ripartiamo per Termoli dove incontriamo Bruno che torna dal Salento con la sua bici elettrica da 21 kg come ci rendiamo conto visto che lo aiutiamo a salirla dal momento che l'ascensore è in riparazione. Con questa si è fatto una vacanza nel Leccese, sulle orme della moglie originaria di quella zona e che adesso - lo capiamo - non c'è più. Piccolino, occhiali, corti capelli bianchi, Bruno è un autotrasportatore in pensione, da sempre con la passione per la bici: ci racconta che in viaggio di lavoro ad Innsbruck si fermava anche per due giorni e così tirava fuori la sua mountain bike e seguiva la valle dell'Inn fino al confine tedesco. Avverto una grande solitudine in lui e capisco che la bici è un modo per alleviarla. Qualcuno lo chiama al cellulare e lui rassicura che sta per rientrare e che va tutto bene. Scenderà a Fossacesia e se ne tornerà in bici a Lanciano. E tra poco scenderemo anche noi, il viaggio si è compiuto: arriverà Pescara, la lettorina per Teramo, a Giulianova entreranno ragazzini chiassosi di ritorno dal mare. E noi torneremo alle nostre acrobatiche esistenze con una corda tesa in più. Sul far della sera.
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Partiamo verso il 18 aprile e ...
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