Mi svegliai di soprassalto, scossa da un forte trambusto... non capivo: controllai l'orologio per qualche istante,il pullman era partito solo da poche ore e non potevamo già essere giunti a destinazione. Mi guardai intorno smarrita mentre i miei occhi si soffermavano sul viavai di persone in divisa militare e fucile a tracolla che si sparpagliavano per il mezzo impartendo ordini ai passeggeri spaventati. La tensione era palpabile e, non appena mi fu indicato di raggiungere gli altri compagni di quel lungo viaggio all'esterno, non esitai un solo secondo ad alzarmi, tale era la voglia di respirare aria fresca. Da un po' di anni l'esercito messicano aveva iniziato a pattugliare le strade confinanti con il Chiapas dove nel 1994 si era levato a gran voce il desiderio di uguaglianza del popolo indios discriminato.
Lo stato temeva contrabbando di armi con il Guatemala ed i militari, fermi da ore sul ciglio di quella strada diritta, fermavano le corriere notturne per delle perquisizioni. La notte messicana mi apparì nera come il caffè, senza stelle nè luna; mi stiracchiai confusa dal fuso orario e mi misi in fila dietro due donne indios cariche di cesti di vimini zeppi di leccornie.
Quando arrivò il mio turno, un giovane uomo in divisa dalle mani screpolate e dal volto bruciato dal sole, con un sorriso stanco, curiosò svogliatamente nel mio zaino senza trovare quello che cercava.
Il mezzo ripartì ferendo la notte con i suoi fari e alle prime luci dell'alba raggiunse in perfetto orario la cittadina di Palenque, nella Sierra Norte messicana.
La gente mi osservava curiosa e affabile, io mi godevo quel senso di libertà che si respira di continuo, in ogni viaggio,
Dopo un'abbondante comida corrida messicana, barcollai fuori dal baracchino per iniziare l'esplorazione della più famosa città maya del Chiapas e mentre camminavo con lo sguardo inebetito dallo stupore, mi si avvicinò una guida baffuta con l'aria bonacciona e si propose come mio accompagnatore all'interno della foresta pluviale che nel corso dei secoli ha inghiottito con la sua morsa inarrestabile migliaia di templi maya ancora da scoprire. Contrattammo con enfasi , sigillando l'accordo con una vigorosa stretta di mano , ed in pochi istanti mi ritrovai a seguirlo con passo incerto nella natura selvaggia. La selva ci ipnotizzava passo dopo passo con i suoi aromi, ma poi udimmo un urlo agghiacciante provenire da un luogo indefinito sopra le nostre teste e ci risvegliammo da quell'incantesimo. Con un balzo da record mondiale mi appiattii al suolo, titubante se proseguire , ma la mia unica ancora di salvezza in quel labirinto si stava allontanando e decisi che sarebbe stato più saggio non perderla di vista, così accelerai alzando gli occhi in cerca della fonte di quell'insolito baccano e finalmente le vidi: sei , sette o forse dieci spocchiose scimmie urlatrici si spostavano rapide da un albero ad un altro distratte da chissà cosa: ci passarono sopra e senza accorgersi della nostra presenza, sparirono fra le fitte trame della vegetazione.
Stanca dal viaggio, ma felice decisi che fosse ora di uscire da quel groviglio naturale e proseguii per la mia strada nella visita degli altri templi , accompagnata solo dal surreale silenzio e dalla presenza delle iguane intente a scaldarsi al sole.
Una donna indio in abiti tradizionali cercava di acchiapparne una indicandomi con la mano di che prelibatezza si trattasse ed io, con un sorriso, mi accomiatai dal mondo sdraiandomi sull'erba e, chiudendo gli occhi , ringraziai un Dio lontano per quel pazzesco primo giorno messicano.
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