Chiunque abbia utilizzato la bicicletta almeno una volta nella propria vita, e magari in seguito abbia anche cominciato ad apprezzarla come mezzo di trasporto per recarsi sul posto di lavoro o per rilassarsi su una delle tante ciclovie che ora cominciano a diffondersi in tutta Italia e all'estero o per viaggiare veloci sulle strade che solcano le vallate, penso che si sia posto la domanda su chi sia mai stato l'inventore di questo geniale attrezzo a due ruote che tanti appassionati utilizzano con una certa regolarità facendone anche, in certi casi, una filosofia di vita.
Ripercorriamo quindi le tappe fondamentali della storia della bicicletta, dalla nascita sino alla sua evoluzione, ponendo particolare attenzione alla bici da corsa.
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Dalla draisina al biciclo
Tutto ebbe inizio nel 1818, quando l'inventore tedesco Karl von Drais brevettò il primo modello rudimentale di bicicletta, evoluzione di una forma più primitiva (celerifero) che venne perfezionata con l'aggiunta del manubrio e della sella; tale veicolo, chiamato draisina in onore del suo ideatore, aveva una struttura prevalentemente lignea e non era dotata né di freni né di pedali, per cui la spinta e la conseguente frenata erano impressi dall'azione delle gambe e dei piedi sul terreno.
La storia della bicicletta prosegue, dopo l'introduzione dei pedali avvenuta nel 1861 ad opera di Ernest Michaux e il loro montaggio su un velocipede di nuova concezione, nel 1869. Eugene Meyer si mise in mostra sulla scena internazionale inventando il biciclo, cioè un particolare velocipede con la ruota anteriore di grande diametro rispetto a quella posteriore. In questo periodo vennero sviluppati studi specifici al fine di garantire una sempre maggiore efficienza unitamente al comfort di questo mezzo di trasporto; infatti, oltre all'utilizzo di materiali lignei e metallici per la sua fabbricazione, vennero introdotte delle novità tra cui la ruota a raggi, la trasmissione a catena e i primi congegni atti a moltiplicare la velocità di avanzamento.
La bici di sicurezza
Nel 1885 l'inglese John Starley realizzò la prima vera bicicletta, che chiamò Safety Bicycle, cioè “bicicletta di sicurezza” in quanto dotata di tutti quei particolari da renderla, a differenza del biciclo, più sicura e confortevole: ruote dello stesso diametro (anche se alcuni modelli montavano ancora ruote a diametri differenti), sistema di pedalata a ruota libera (meccanismo che permette alla ruota di continuare a girare anche quando i pedali sono fermi), catena per la trasmissione del movimento alla ruota posteriore, ruota dentata fissata al mozzo della ruota posteriore e ruota dentata calettata sull'asse dei pedali, cuscinetti a sfera, pneumatici, impianto frenante.
Storia della bici in Italia
Contemporaneamente sorsero le prime case costruttrici di biciclette tra cui Bianchi, primo marchio assoluto in Italia (1885). A partire dal 1890 cominciarono a diffondersi con una certa regolarità le competizioni ciclistiche, le quali, certamente, ebbero il pregio di rendere popolare sin da subito questo nuovo sport, oltre che a rappresentare la molla verso il raggiungimento del modello più perfetto di bicicletta.
Le prime biciclette da corsa, la cui forma è rimasta tale sino ai nostri giorni (struttura del telaio a diamante, cioè a doppio triangolo), erano costruite generalmente con robuste tubazioni d'acciaio ed avevano un peso elevato, circa 20 kg, in quanto dovevano resistere alle sollecitazioni meccaniche inferte dai terreni sconnessi (a quei tempi le strade non erano ancora asfaltate); inoltre tali bici non erano dotate né di cambio né di ruota libera, montavano il rapporto unico ed avevano il freno anteriore a tampone, che agiva direttamente sul copertone e non sul cerchio
Si dovrà attendere solamente il secondo decennio del Novecento per vedere un impianto frenante più evoluto (freno tipo Bowden) che agisca sul cerchio della ruota, come anche l'adozione di due pignoni sul mozzo posteriore, uno a destra e uno a sinistra; per cambiare rapporto bisognava fermarsi, smontare la ruota posteriore e poi rimontarla dall'altro lato, ove era collocato l'altro pignone.
La nascita del cambio...
L'innovazione più importante degli anni Trenta fu sicuramente il cambio, brevettato nel 1933 da Campagnolo nella versione del cambio a bacchetta (detto anche a due leve); la manovra consisteva nell'azionare la prima leva per sbloccare il mozzo della ruota, azionare l'altra per spostare la catena sul pignone e successivamente chiudere il mozzo tramite la prima leva, e durante questa procedura bisognava compiere una mezza pedalata all'indietro.
Nel corso di due decenni, il cambio fu migliorato nei componenti e nei meccanismi, sino a raggiungere alti livelli nel 1947 con il cambio introdotto da Simplex, il quale sfruttava una levetta posta sul tubo obliquo del telaio per effettuare la cambiata; con questo sistema si potevano montare sino a 5 pignoni con la doppia corona.
...e la sua evoluzione
Dal 1950 sino agli inizi degli anni '70 il gruppo Campagnolo sviluppò dei nuovi modelli di cambio più efficienti, più leggeri ma al contempo robusti, che potevano garantire una maggiore scelta nel numero dei pignoni, unitamente ad una cambiata più immediata, assicurata dall'azionamento di due levette (una per i pignoni posteriori e una per le corone anteriori) posizionate sul tubo obliquo del telaio. Nel 1973 si affacciò sulla scena mondiale quello che diventerà il principale concorrente di Campagnolo, la giapponese Shimano, che lanciò il suo primo cambio Dura Ace.
Nel corso degli anni '80, oltre all'innovazione del pacco pignoni a cassetta in sostituzione del sistema a ruota libera, Shimano divenne famosa per aver introdotto la nuova versione del cambio Dura Ace (1984) a sei velocità e indicizzato, ovvero con la levetta che scattava ad ogni cambio di pignone; sistema molto più pratico, veloce e preciso, antesignano del nuovo sistema che verrà introdotto nel 1991 che comprenderà il cambio integrato nelle leve del freno sul manubrio.
Contestualmente a queste innovazioni entrarono sul mercato i pedali a gancio e sgancio rapido in sostituzione di quelli classici a gabbietta.
"Nuovi" materiali
Negli ultimi trent'anni si assistette ad una vera rivoluzione: l'acciaio venne sostituito da materiali più leggeri e performanti, come l'alluminio, la fibra di carbonio ed il titanio; la bici da corsa classica venne ad essere affiancata, e poi sostituita, da bici da corsa dalle forme sempre più moderne ed esteticamente accattivanti, quasi esasperate nella ricerca del minor peso possibile e della maggior efficienza, sia da un punto di vista meccanico che aerodinamico.
Dalla nobiltà al popolo
Concludendo, la storia della bicicletta ci insegna che se nell'Ottocento il velocipede fu considerato un mezzo di trasporto alla moda e come tale utilizzato quasi esclusivamente dalle classi abbienti, la bicicletta vera e propria acquisì una connotazione fortemente popolare e di fruizione più allargata.
Inoltre, recentemente si sta diffondendo da un lato una certa sensibilità nelle manifestazioni sportive che hanno radici profonde nel passato, come la famosissima Eroica, dall'altro la volontà di tanti appassionati di intraprendere viaggi in tutto il mondo con la propria specialissima carica di borse, all'insegna del divertimento e dell'esplorazione.
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