E chi l'avrebbe mai detto di soffrire il freddo in Marocco?
La giornata che ci condurrà a valicare il passo Tizi N'Titchka inizia subito sotto cattivi auspici dato che la sveglia ci viene data dal tintinnio della pioggia sulla copertura tesa della tenda.
Dati tecnici
Taddart - Telouet
DETTAGLI ITINERARIO
Partenza/Arrivo |
Strada verso Taddert - strada verso Telouet
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Tempo |
4-8 ore |
Dislivello |
1450 m |
Lunghezza |
62 km |
Tipologia di strada |
100% asfalto
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VALUTAZIONE
Difficoltà |
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Panorama |
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Foto
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La prima, dolce ascesa
Lasciamo il nostro accampamento, dopo la prima notte del nostro viaggio in Marocco in bici, quando il sole, nascosto dietro le nuvole, ha appena rischiarato il cielo e fortunatamente le prime ore trascorrono sotto un cielo plumbeo ma senza pioggia. La strada sale, dolce ma inesorabile. Salutiamo una famiglia che sta portando al pascolo la propria mucca: il bambino in testa conduce, la madre alle spalle controlla il suo operato. Raggiungiamo senza fatica il primo passo della giornata, il Tizi Ait Burka, dove ci fermiamo per un caffè. Un gruppo di turisti francesi ammirati dalle nostre gesta ci avvicina e facciamo quattro chiacchiere prima di gettarci a capofitto nella breve ma intensa discesa. La strada serpeggia tra foreste di pino e terre rosse come il sangue mentre noi siamo di nuovo con il naso all'insù e con il fiato corto.
Il mondo parallelo di Taddart
Il vento aumenta mano a mano che la quota sale ed il suo impeto ci disturba non poco l'avanzata. Dietro a una curva svettano imponenti davanti a noi per la prima volta
le cime innevate dell'Alto Atlante. Fatica, sudore, smog sputatoci addosso dagli attempati camion che arrancano in salita carichi come muli. I contadini scendono a dorso d'asino dai villaggi di fango che punteggiano i pendii ed i pastori mesciono le loro sparute greggi sul bordo della strada.
Taddart è l'ultimo avamposto prima dello sforzo finale. Ingannati dalla sua presenza sulla carta geografica, ci illudiamo di incontrare una cittadina vivace e popolosa e così tiriamo dritto al primo gruppo di case, convinti che sia solo la periferia cittadina ma dopo qualche centinaio di metri nel bosco ritorniamo sui nostri passi per far provviste nel paesello già attraversato.
Ignoriamo i negozietti con buttadentro sulla strada e ci fermiamo nei pressi di un camioncino di verdure: qualche arancia pagata pochissimo ci apre le porte di
un mondo parallelo invisibile dalla strada. Il verduraio abbandona il suo compagno e le sue mercanzie per condurci dal panettiere del paese. Scendiamo una scala tra fronde di arbusti che impediscono alla luce di filtrare e raggiungiamo quella che all'apparenza sembra la porta di
un box malconcio. Entriamo e subito ci rendiamo conto di essere finiti da un
fornaio: il calore ed il profumo inconfondibile del pane che cuoce ci inebria. Quattro gattini appena nati sfruttano il tepore del locale per riposare ed io, assuefatto dalla scena d'altri tempi, pago e ringrazio prendendo il pane caldo dalle mani infarinate del giovane indaffarato tra sacchi di farina e coperte pesanti che coprono la sua preziosa merce.
Si scatena l'inferno
Riprendiamo la marcia e gli ultimi quindici chilometri di ascesa sono
un tripudio di tornanti e curve a gomito: la strada si attorciglia sulle rocce frastagliate ed aguzze dell'Atlante e noi arranchiamo sfidando vento e pioggia. Ci vogliono sei ore per raggiungere il
Tizi N'Titchka, 2260 m, dove troviamo ad accoglierci il freddo pungente delle alte quote. Scattiamo una foto al passo, come ladri in fuga. Sotto la pioggia sfrecciamo in discesa ma poco oltre si scatena l'inferno: giriamo oltre una curva e di fronte a noi si materializza un muro d'acqua e nubi che si avvicina a velocità da formula uno. Non facciamo in tempo nemmeno a coprirci adeguatamente che un
temporale tropicale riversa in dieci minuti ettolitri d'acqua. Il vento trascina le gocce che viaggiano orizzontalmente e ci colpiscono in faccia come proiettili di gomma.
Contrattazione e doccia calda!
Troviamo riparo in una costruzione fatiscente a bordo strada ma ormai siamo già fradici e tremanti. Un signore dall'età indecifrabile mette la teiera sulle braci e ci serve due thé alla menta bollenti che ci scaldano un po' mentre l'ennesimo venditore di pirite, di cui sono affollati i bordi strada del passo, ci si avvicina. Iniziamo a chiacchierare: vive sulle vette dell'Alto Atlante e trascorre le giornate a scavare la roccia alla ricerca di queste intrusioni di cristalli dai colori magici. Veronica ha la malaugurata idea di chiedere il prezzo di uno dei sassi che il cercatore ci mostra e così inizia l'affascinante ma snervante fase della contrattazione. Io resto in disparte, divertito ed allo stesso tempo terrorizzato da questa pratica a cui sono completamente estraneo. Alla fine, entrambi soddisfatti, si accordano per una cifra inferiore alla metà di quella inizialmente proposta e la pietra pesante finisce, casualmente, in una tasca della mia borsa.
Il bivio per la pista secondaria che passa per Telouet è di poco alle nostre spalle e non appena la pioggia si attenua, risaliamo in sella e lo inforchiamo tornando brevemente sui nostri passi. Il tenore dell'asfalto cambia subito: buche, guadi e fango ci accompagnano per una decina di chilometri fino a quando non troviamo un bell'alberghetto dove decidiamo di concederci il lusso di una doccia calda!
La seconda giornata del nostro viaggio in bici in Marocco, già fantastica ed impegnativa, si conclude con un piatto gigantesco di tajine e quattro chiacchiere con un cicloviaggiatore tedesco proveniente dal deserto che si è concesso un paio di giorni di ristoro in questo posto meravigliosamente isolato... il sonno sarà dolce e ristoratore!
Qui troverai i racconti tappa per tappa:
Tappa 1 - Da Marrakech a Taddert Tappa 2 - Da Taddert a Telouet Tappa 3 - Da Telouet a Ouarzazate Tappa 4 - Da Ouarzazate a Skoura Tappa 5 Tappa 6 Tappa 7 Tappa 8 Tappa 9 Tappa 10 Tappa 11 Tappa 12 Tappa 13 Tappa 14
Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico