La Croazia in bicicletta mi regala una tappa dura soprattutto per le mie condizioni precarie. Il forte vento che sferzava la tenda questa notte non mi ha fatto dormire ed al mattino mi sono alzato stanchissimo. Come se non basatasse, la sella regolata troppo alta mi ha fatto venire un dolore lancinante al soprassella che si ripresentava ogni qualvolta mi sedevo in bici. In questo stato ho lasciato il camping il mattino alle 8 per affrontare subito tredici chilometri di salita piuttosto trafficata. Il panorama splendido sulla costa e le isole della Croazia al largo ha alleviato le sofferenze del mio incedere controvento. Il valico oltrepassato mi ha fatto abbandonare il mare per entrare nel cuore dei Balcani.
Di qui in poi la strada, sempre sferzata da un forte vento, attraversa distese di campi e pascoli alternati a foreste di conifere. Raggiungo Otocac dove mi fermo per pranzare e sfuggire, all'ombra di un ontano, la calura meridiana. Superato questa cittadina, l'unica degna di tale nome sulla strada percorsa, i campi sono incolti ed i pascoli non curati. Mi chiedo il perchè e la risposta giunge poco dopo a bordo strada: un cartello con la scritta "mines" ed un teschio (oltre a qualche altra frase in croato) fa bella vista di sé ed avvisa i temerari. La guerra qui è terminata l'altro ieri e si vedono e sentono ancora profondi gli strascichi. Parecchi edifici sono abbandonati, altri completamente crivellati di fori di kalashnikov, altri ancora sono soltanto un cumulo di macerie. La gente ha ricominciato a vivere ricostruendo la propria casa a fianco a quella vecchia oppure altrove e basta proseguire qualche chilometro per vedere numerosi contadini nei campi a far fieno.
La strada continua a salire docilmente e dietro l'ennesimo valico scorgo in lontananza un carro tirato da due cavalli magri ed emaciati. Padre e figlio siedono a bordo trasportando alcune balle di fieno che andranno a rimpinguare le esili scorte di cibo per gli animali. La scena mi proietta indietro di 50 anni quando, nei racconti di mia madre, le automobili erano roba da ricchi anche in Italia e la vita aveva ritmi docili e meditati come i cavalli che trainavano quel carro. Proseguo fino ad un ennesimo valico da cui si domina gran parte del Plitvice National Park. Sull'intersezione con la rotta principale che da Zagabria conduce a Spalato trovo un camping e mi ci butto a capofitto nonostante non abbia ancora raggiunto la meta dell'ingresso al parco e il sole sia ancora alto all'orizzonte: la stanchezza ed il dolore prevalgono sulla mia volontà di proseguire. Mi dico che domani sarà tutta un'altra cosa, consapevole del fatto che "riposerò" visitando il parco.
La strada continua a salire docilmente e dietro l'ennesimo valico scorgo in lontananza un carro tirato da due cavalli magri ed emaciati. Padre e figlio siedono a bordo trasportando alcune balle di fieno che andranno a rimpinguare le esili scorte di cibo per gli animali. La scena mi proietta indietro di 50 anni quando, nei racconti di mia madre, le automobili erano roba da ricchi anche in Italia e la vita aveva ritmi docili e meditati come i cavalli che trainavano quel carro. Proseguo fino ad un ennesimo valico da cui si domina gran parte del Plitvice National Park. Sull'intersezione con la rotta principale che da Zagabria conduce a Spalato trovo un camping e mi ci butto a capofitto nonostante non abbia ancora raggiunto la meta dell'ingresso al parco e il sole sia ancora alto all'orizzonte: la stanchezza ed il dolore prevalgono sulla mia volontà di proseguire. Mi dico che domani sarà tutta un'altra cosa, consapevole del fatto che "riposerò" visitando il parco.
Per scoprire il percorso seguito durante il viaggio nei Balcani potete leggere il riassunto del viaggio in bici da Trieste a Sarajevo tra Croazia, Bosnia e Montenegro.
Vai al racconto della seconda tappa del viaggio, un percorso sulla costa dell'Adriatico oppure leggi il resoconto della quarta tappa del viaggio con il passaggio dal parco di Plitvice e l'ingresso in Bosnia.
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