Quando, da bambino, giungeva l'estate e iniziavano le vacanze estive, la mia eccitazione cresceva. Non era tanto per il fatto che la scuola fosse finita e non dovessi più svegliarmi presto al mattino, studiare e fare i compiti. Andavo in fibrillazione perché di lì a poco saremmo partiti. Tutti gli anni, quando arrivava agosto, mia madre preparava i bagagli che il babbo stipava nell'automobile, solitamente una fiat che utilizzava anche per lavorare ed al mattino presto del giorno seguente si partiva verso la Spagna. A Barcellona infatti viveva la madre di mio padre con una figlia e la sua famiglia. Solitamente percorrevamo la costa azzurra nel sud della Francia, la Liguria ed il confine attraverso la pianura Padana. Il paesaggio assumeva aspetti sempre differenti man mano che ci spostavamo. Dalle vette alpine che circondano la mia città natale sbucavamo nel territorio intensivamente coltivato della pianura dopo aver percorso la valle dell'Adige fino a Verona, città di Romeo e Giulietta....
Dirigendoci ad ovest incontravamo le città industriali lombarde e finalmente, verso metà giornata, dopo un tratto autostradale costellato di gallerie e viadotti a picco sul Tirreno, raggiungevamo il paese di confine di Ventimiglia. Una sosta era d'obbligo nell`area di servizio che si affaciava sul principato di Montecarlo (scendere fin sulla costa richiedeva una deviazione non prevista sulla nostra tabella di marcia che ci doveva portare a Barcellona, almeno nei primi anni, in un solo giorno). Mio padre mi mostrava la strada che per una volta all'anno, nel cuore cittadino, ospitava il gran premio di automobilismo: nonostante fossero gli anni di Ayrton Senna e Nigel Mansell e le Ferrari arrancassero nelle retrovie, la passione per quello sport restava immutata, seconda soltanto a quella per l'amatissimo ciclismo. Dopo il rifornimento, sfrecciavamo allegramente a fianco dei meravigliosi paesaggi costieri della Francia meridionale. La cittadina di Montpellier ci annunciava l'ormai imminente passaggio in territorio spagnolo ed una volta superata la frontiera ci rilassavamo, sentendoci ormai quasi giunti a destinazione.
Nonna Maria e gli zii ci accoglievano calorosamente facendoci sedere nella veranda della casa di villeggiatura dove avremmo trascorso i giorni successivi. I ricordi di quelle vacanze estive sono un po' sbiaditi dal tempo m chiara e limpida rimane la sensazione di allegria e serenità che respiravamo durante quei momenti. Ricordo con nostalgia le cene a base di paella, piatto tipico spagnolo, che si tenevano nel giardino di casa, rinfrescati dalla brezza marina che si levava al calar del sole ad alleviare la calura estiva altrimenti soffocante.
Da allora non ho mai smesso di viaggiare. Spesso l'ho fatto fisicamente, ma ancor più di frequente mi è capitato di farlo soltanto virtualmente. Ho divorato nel corso degli anni decine di libri di diversi viaggiatori. Da Marco Polo ed il suo Milione ai più recenti e accessibili Tiziano Terzani e Ryszard Kapuscinski, giornalisti e scrittori viaggiatori che hanno visto e raccontato il mondo e la sua storia recente.
Esistono differenti categorie di viaggiatori: c'è chi viaggia per lavoro e chi per far visita ad un parente lontano, c'è chi viaggia sognando di rifarsi una vita migliore e chi lo fa per spirito d'avventura.
Tutti, nel momento di partire , sono accomunati da un sentimento di speranza . Viaggiare è sempre stata una priorità per l'uomo. Inizialmente lo faceva per inseguire la preda e procacciarsi il cibo. Quindi per commerciare i propri prodotti e procurarsi quelli non disponibili nella propria terra, infine l'uomo ha iniziato a viaggiare per semplice curiosità, per la sola volontà di cooscere il mondo e le terre incognite. Da allora non ha mai smesso di farlo, misurandosi con se stesso oltre che con la natura. Allo stesso tempo il magnetismo del viaggiare, dello scoprire nuovi luoghi e culture differenti non è un sentimento comune. L'uomo è un animale stanziale: non appena ha potuto, ha piantato la propria tenda e si è fermato, coltivando un appezzamento di terra e fermandovisi finchè possibile. Solo poche persone sentono il bisogno di spostarsi, hanno la necessità di conoscere e vedere con i propri occhi ciò che gli altri si accontentano di sentirsi raccontare o di immaginare.
Tra questi c'erano Cristoforo Colombo, Magellano, il capitano Cook, Stanley e Livingston, Amundsen e Scott. Tutti essi possedevano l'innato senso di avventura e la curiosità di conoscere e scoprire, varcare la frontiera dell'ignoto. Nel XXI secolo rimane poco di incognito da esplorare sulla terra ma permane in alcune persone la calamita che li trascina verso terre lontane, verso il viaggio per conoscere realtà differenti e sconosciute ai propri occhi. Spesso leggendo i racconti su questi precursori della letteratura di viaggio, mi sento come fossi al loro fianco mentre vagabondano per il mondo e mentre sono immerso nella lettura mi pervade una sempre crescente necessità di seguire le loro orme ed affrontare i loro stessi percorsi.
Sono passati ormai molti anni da quei viaggi in terra spagnola e molte altre terre mi hanno accolto mostrandomi le loro meraviglie. Ho attraversato le sconfinate distese patagoniche in sella alla adorata mountain bike, le vette andine a tenermi compagnia interrompendo l'altrimenti infinito orizzonte. Questa terra di confine, povera, spoglia, arida, attira chi vi transita esercitando un fascino magnetico. Più a nord, dove la natura è più rigoliosa e generosa, dove immense vie d'acqua attraversano il continente sudamericano, si estende lo stato brasiliano. Qui ho viaggiato zaino in spalla: dalla caotica e inquinatissima S.Paolo alla più allegra e moderna Rio de Janeiro, passando per paesaggi talmente splendidi da risultare tragici: le cascate di Iguacu, l'immensa distesa umida del Pantanal, i monti del Minais Gerais. ll Nord America mi ha regalato la visione di ulteriori meraviglie naturali. Ho camminato sul ciglio del Grand Canyon, seguendo con lo sguardo il Colorado scorrere violento nel suo greto, centinaia di metri più a valle: ho vagabondato tra le rosse formazioni rocciose della monument valley e tra i pinnacoli naturali del Bryce canyon: ho passeggiato tra le alti pareti granitiche dello Yosemite N.P. e mi sono fermato a contemplare le onde dell'oceano frangersi sulle scogliere tra S. Francisco e Los Angeles. Nel vecchio continente mi sono aggirato curioso tra le strade delle maggiori città europeee. Dalle antiche ed altere Roma e Parigi alle moderne e cosmopolite Berlino ed Amsterdam, dalle nordiche Edimburgo e Stoccolma alle mediterranee Istanbul e Barcellona. Ho attraversato la Baviera dove re Ludwig edificò i suoi meravigliosi e folli castelli e ho guidato fino nel cuore delle nuove repubbliche jugoslave per ammirare le meraviglie acquatiche costituite dai laghi di Plitvice e Bled. Ho pedalato su e giù per le amene colline toscane, tra i templi siciliani e lungo le coste dell'Elba e della Corsica. Ho fotografato scogliere struggenti e intere vallate ricoperte d'erica facenti da sfondo a diroccati castelli medievali nelle alte terre scozzesi, percorrendo le loro strade strette e tortuose. Ho vagabondato per tutto (o quasi) il territorio australiano, viaggiando da est ad ovest, da sud a nord, lungo l'affollata e popolata costa orientale cosiccome attraverso il deserto e inospitale territorio interno, risalendo la incontaminata porzione occidentale del continente ed inseguendo le orme dei primi coloni attraverso il Nullarbor Plain.
Ho camminato ore e giorni su inagevoli sentieri ricavati tra le maestose rocce dolomitiche delle alpi trentine. Infine mi sono seduto all'ombra di un faggio per riposare, ripercorrendo mentalmente ogni chilometro, ogni metro lasciato alle spalle: ed in quell'ombra ho iniziato ad elaborare nuove mete immaginando quello che sarà.
Perchè viaggiare significa ricordare il passato, vivere il presente e sognare il futuro.
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