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Orso: un predatore minacciato
Non so bene perché, ma c’è qualcosa nell’orso che induce ad amarlo
James Oliver Curwood
L’ultimo grande predatore che vive sulle Alpi è l’orso bruno. Mentre lupo e lince stanno lentamente tornando ad abitare le nostre montagne in seguito alla naturale espansione delle popolazioni appenniniche e dell’est Europa, l’orso – seppur ridotto ad un piccolo nucleo vivente attorno al gruppo del Brenta gruppo del Brenta – non è mai scomparso del tutto.
L’orso bruno, ursus arctos, è la specie di orso a più grande diffusione geografica. Il suo areale si estende dall’Europa e dall’Asia (regioni d’origine) all’America Settentrionale (il grizzly, u. a. horribilis, è in realtà una sottospecie di orso bruno).
In Europa l’orso è relativamente comune nella parte orientale del continente, mentre la parte occidentale è caratterizzata da popolazioni isolate e numericamente ridotte che vivono sui Pirenei, sulle Alpi (orso bruno delle Alpi) e sugli Appennini (orso bruno marsicano). La causa principale della recessione di questo animale è sicuramente la caccia, spesso incentivata, a cui fino a tempi tutto sommato recenti è stato sottoposto. Gli abbattimenti erano motivati dall’ignoranza, dalla superstizione, da un atavico timore talvolta giustificato da comportamenti aggressivi di cui possono rendersi protagonisti i soggetti particolarmente stressati e le madri accompagnate dai piccoli. L’ultimo abbattimento legale d’orso in trentino risale agli ultimi anni ’30 (la specie è protetta dal 1939).
L’orso europeo vive preferibilmente in zone montuose boscate, preferibilmente intercalate da ampie radure, in una fascia altimetrica che va dai 500 ai 2000m di altitudine, in cui sia ampia la disponibilità di zone di rifugio e zone di alimentazione.
L’orso maschio adulto arriva a pesare circa 150kg ed è alto al garrese circa 1,20m. La femmina, più piccola, pesa solitamente meno di 100kg. È un animale tozzo, dal muso arrotondato e allungato. La colorazione del mantello, al pari della taglia, è molto variabile, tendenzialmente bruna con sfumature nere o grigie, ma non di rado assume colorazioni particolarmente chiare. In particolare i giovani sono generalmente caratterizzati da una macchia biancastra attorno al collo e sul petto, destinata a sparire col tempo.
È un animale caratterizzato da ottimi udito e olfatto, vista mediocre. Molto longevo, vive in natura fino a 20 – 25 anni, ma in cattività può tranquillamente arrivare a 40 e più.
La maturità sessuale giunge a 3,5 – 5,5 anni. Il periodo degli amori cade in estate (giugno – luglio), mentre le nascite avvengono a gennaio nel periodo del letargo. Nascono generalmente uno o due piccoli, talvolta tre. Ogni femmina trascorre con la propria prole tutto l’anno seguente alla nascita, impartendo numerose e complesse cure parentali (per questo motivo spesso orsi figli di soggetti problematici tendono ad assumere gli stessi comportamenti). I parti si verificano in media una volta ogni tre anni.
Gli orsi sono animali vagabondi, di indole solitaria e molto individualisti. La stagione invernale viene trascorsa in ricoveri (tane) in uno stato di semiletargo, indotto da fattori ambientali (temperatura esterna e fotoperiodo). Ogni individuo dispone solitamente di diversi ricoveri.
È un animale praticamente privo di nemici naturali. L’attività predatoria interspecifica è limitata a poche specie di piccoli mammiferi e uccelli nidificanti sul terreno, per il resto si nutre di insetti lignicoli e terricoli e di vegetali. Viene considerato un “carnivoro fallito”.
Avvistare un orso è un’esperienza molto rara. Se dovesse capitarci, cerchiamo di osservare l’animale in silenzio, senza assumere atteggiamenti che potrebbero sembrare aggressivi. In particolare evitiamo di interporci tra una femmina ed il suo piccolo, potrebbe rivelarsi molto pericoloso.
Per cercare di risollevare le sorti dell'ultimo nucleo di orso bruno delle Alpi, nel 1996 ha preso avvio mediante finanziamenti LIFE dell'Unione Europea il Progetto Ursus - tutela della popolazione di orso bruno del Brenta, più noto come Life Ursus. L’intento era un rinsanguamento della popolazione ursina ancora presente sul Brenta e stimata in tre capi non più giovani, probabilmente dello stesso sesso e fortemente imparentati tra loro (l’ultima nascita accertata di orso bruno in Trentino risaliva al 1989). Vennero introdotti 3 maschi e 6 femmine, con l’obiettivo di portare la popolazione ursina a contare 40 – 50 individui nel giro di 20 – 40 anni. Attualmente è accertata la presenza di circa 30 esemplari. Oltre che dall’incremento numerico, il successo dell’operazione di reintroduzione è confermato anche dall’espansione territoriale: la presenza della specie non è infatti più limitata al Trentino occidentale ma comprende aree distanti dal Parco. L’esplorazione del territorio lascia ben sperare per un eventuale futuro ricongiungimento di tutte le popolazioni alpine, anche se il pericolo di estinzione non può ancora dirsi scongiurato.
Va però sottolineato che tutti gli orsi oggi presenti sulle alpi sono di origine Slovena, sicché il progetto è fallito se l’obiettivo era quello del rinsanguamento anziché della reintroduzione. Ma se da un punto di vista biologico il progetto è partito tardi, dal punto di vista dell’accettazione sociale forse è partito troppo presto: è infatti difficile incontrare persone che vivono nelle vallate che si dichiarano entusiaste del progetto.
Quello che ci si chiede ora è se abbia avuto senso riportare sulle Alpi un’animale combattuto per secoli perché provocava problemi. Un’animale così esigente in un ambiente ormai così antropizzato. Un’animale che ha bisogno di grandi spazi e tranquillità in una regione in cui non esiste un chilometro quadrato senza una casa, una strada trafficata, una pista da sci. In un territorio che basa la propria economia sul turismo. In un Paese del tutto ignorante in fatto di fauna.
Per maggiori approfondimenti riguardo alla biologia dell’orso bruno rimando al libro di Fabio Osti, recentemente scomparso, l’orso bruno, per quanto tempo ancora in Trentino?
Riguardo al progetto Life Ursus rimando al sito del parco naturale Adamello-Brenta (www.pnab.it).
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico