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Partenza/Arrivo
Antananarivo
Luogo
Madagascar
Stagione
Inverno
Durata
Cicloviaggiatore (8-15 giorni)
Lunghezza
560 km
Percorso
Lineare
Dislivello
5001 e oltre
Difficoltà
Grande avventura
Tipo di fondo
Gravel (fondo misto)
Asfalto
70%
Sterrato
30%
Valutazione
Difficoltà
3/5
Panorama
3/5
Bici consigliata
Bici da ViaggioAdventure bikeGravel
 
 

La mia ormai classica fuga invernale quest'anno mi ha portato a tornare in Africa, sulla quarta isola più grande del mondo. Il viaggio in Madagascar in bikepacking che avevo studiato sulla carta era profondamente diverso da quello che alla fine ho fatto ma come sempre nell'improvvisazione nascono le magie di un viaggio e così è stato anche per questo... spezzatino malgascio

04 madagascar bici trasporto tronchi

Sabato: giornata di mercato

Dopo un viaggio aereo eterno, con soste notturne in due aeroporti diversi, finalmente venerdì sera arrivo a Ivato, periferia nord della capitale Antananarivo, dove si trova l'aeroporto (minuscolo per essere quello principale di un paese di 30 milioni di abitanti).

Sabato si parte!

Tutto il popolo malgascio si riversa nelle strade, e non sono da meno gli abitanti di Ivato, pochi chilometri a nord di Antananarivo, punto di partenza del mio viaggio.

Mi metto in sella poco dopo le 6 e le strade sono già un brulicante caos di formichine indaffarate.

01 madagascar antananarivo fabbrica mattoni

C'è chi vende mango già troppo maturi per far bella figura sul banchetto, chi li propone tagliati con sale e prezzemolo, chi trasporta interi caschi di banane in enormi ceste di vimini, chi frigge della pastella con un ripieno indefinito in olio usato troppe volte per sembrare ancora commestibile.

C'è chi propone vestiti usati, chi taglia il collo a una gallina appena acquistata da un cliente, chi dirige il traffico senza successo e chi si gode lo spettacolo dalla finestra di casa che affaccia proprio su quel groviglio di vite a bagnomaria in una nube di smog puzzolente e azzurrognola.

Sulla strada ci sono bici, motorini, auto, minivan, camion ma soprattutto pedoni che sgattaiolano ovunque. Per sopravvivere sono necessari mille occhi eppure non vedo alcun incidente, nessuno che si accapiglia per una precedenza mancata o per uno stop ignorato. Non sento alcun clacson che suona a caso e chi è imbottigliato in un vicolo troppo stretto per essere a doppio senso non si scompone: aspetta, manovra con cautela salendo sul marciapiede e fin anche sulla soglia della casa lì di fianco, se necessario.

madagascar risaie

Il tetris prosegue, centimetro dopo centimetro: in quel pertugio tra un paraurti e l'altro di certo posso infilarmi anch'io e se le borse strisciano un po' chi se ne importa, basta che tu con quello Scania anni '40 non sbagli la manovra altrimenti la giovane ragazza delle polpette fritte avrà carne fresca in abbondanza!

Sopravvivo e, a dirla tutta: vivo.

Mi diverto, sguazzo in questa umanità povera e trasandata come se fossi a casa.

Certo, il mio è un passaggio effimero, estemporaneo. Ma me lo godo fino in fondo e quasi mi dispiace prendere la via delle colline cosi presto, ma c'è un mondo da scoprire là fuori!

madagascar bici setup

Bonjour vasaha!

Bastano un paio di chilometri, è sufficiente che l'asfalto si faccia inghiottire dalla sabbia e il traffico svanisce, le auto evaporano. Restano biciclette che spostano intere famiglie da un villaggio all'altro, ma più di tutti restano i pedoni.

Il percorso si fa divertente, qualche collinetta sostituisce le vaste risaie di pianura e affiancate da pile enormi di mattoni in terracotta lasciati a cuocere a fuoco lento. La strada prima si restringe e poi, con una brusca deviazione verso ovest, diventa sentiero. Ancora risaie secche in attesa di essere arate. Le case in mattone in queste lande periferiche hanno già lasciato spazio al bamboo e al fango. Tetti di paglia. Il pozzo troneggia nel piazzale polveroso più grande del villaggio mentre sono già spariti i cavi elettrici. 

madagascar bikepacking villaggio

Arranco in salita sotto un sole già cattivo alle 9 del mattino. Silenzi, sguardi stupiti, bimbi che salutano con parole che all'inizio non comprendo ma che poi mi spiegeranno essere dei: "Bonjour vasaha" seguito da "bonbon", "cadeau" o "ariary" (Buongiorno straniero, caramella? Regalo? Moneta?). Lo straniero prosegue nel suo percorso, passa un bosco sulla cresta della collina più alta e lo sguardo spazia lontano.

Il caldo è soffocante e mi rendo subito conto che pedalare a mezzogiorno diventerà impegnativo. La linea blu che ho tracciato da casa sul mio telefono riporta verso la strada principale che porta a occidente. Ritrovo l'asfalto, negozietti di generi alimentari svaniti nel nulla qui fanno la loro ricomparsa. Nonostante i trafori che di tanto in tanto spezzano la lingua grigia nella savana, aver ritrovato il fondo liscio mi fa aumentare notevolmente l'andatura e prima di sera, in un continuo saliscendi, raggiungo la cittadina di Miarinarivo, unica dove sia presente un alberghetto che per 10€ circa mi concede notte e cena.

madagascar bici chiesa

Lampi e fulmini all'orizzonte festeggiano il mio primo giorno di pedalata. 

 La seconda giornata si accende con una colazione a base di mofo gasy e un caffè presi in un baracchino sgangherato a bordo strada. Queste frittelle tonde di riso speziate sono una droga e ne mangerò ancora e ancora nei giorni a seguire.

Il percorso odierno è lungo ma tutto asfaltato, in continuo saliscendi. Parto presto, alle 6.30, per pedalare col fresco ma già alle 9 fa caldo. Mbula mi raggiunge sulla sua bici e mi segue per 10 km. Proviamo a parlare, ma senza successo e lui si ferma ad Analavory. Passo il fiume Sakay e comincio un po' di risalita verso Tsiroanomandidy. Festa in tutti i paesi: messa e gente per strada. A Tsididy, abbreviazione del nome impronunciabile, l'asfalto finisce e si entra in un tratto di percorso di 400 chilometri verso Maintirano dove ci sono solo pochi sporadici villaggi.

madagascar bici

madagascar bikepacking strada tsididy

Mi dicono che ci sono bande di delinquenti che assaltano le auto e i bus lungo la strada, ma come si comporterebbero con un cicloviaggiatore? Passerò la notte a riflettere e valutare alternative.

La grande rinuncia

"La bici è una questione di testa." quante volte mi sono sentito ripetere (e ho ripetuto) queste parole. Beh, mai come oggi si sono rivelate in tutta la loro semplicità.

Ieri avevo raggiunto Tsididy (in realtà Tsiroanomandidy ma qui, chissà poi perché, si divertono a dare nomi impossibili alle città per poi usare un diminutivo) ed ero pronto ad affrontare la parte più impegnativa del viaggio, 400km di nulla su una strada disastrosa verso il mare. 400 km in autonomia o quasi, con villaggi sparsi qua e là per reperire acqua e poco altro.

madagascar bikepacking camaleonte

Oggi sveglia all'alba, più o meno alle 4.30. Parto alle 6, rifocillato e fresco ma già titubante. Nella mente le parole del ristoratore della sera precedente, unico personaggio incontrato finora con cui sono riuscito ad avere una conversazione: la mia ignoranza completa in francese non aiuta qui in Madagascar!

Mi aveva sconsigliato di intraprendere il viaggio: troppo lungo, troppo remoto, troppo 'tutto', insomma. In altri momenti e circostanze non ci avrei badato molto, devo essere sincero, ma questa volta le sue parole mi si sono scolpite nel cervello e non se ne sono andate nemmeno dopo la partenza, nemmeno dopo i primi chilometri di sterrato su una strada tragicomica.

madagascar bikepacking strada antsirabe

Lasciata Tsididy infatti la strada diventa un solco nella savana, scavato dalle piogge anno dopo anno: forre di alcuni metri costringono i coraggiosi che vi si avventurano, anche con camion, a manovre da dentro o fuori, vita o morte... più o meno ogni chilometro o due. In bici è tutto più semplice e infatti tantissimi abitanti dei villaggi si spostano con le due ruote: c'è chi porta la famiglia al lavoro o a scuola (sono arrivato a contare 5 persone su una bici), c'è chi trasporta legname trovato chissà dove, c'è chi porta al mercato cittadino i propri prodotti, incluso un anziano con un maiale gigante sul portapacchi.

Percorro questa striscia d'umanità che di solito mi avrebbe entusiasmato con distacco, quasi fastidio. Pedalo i saliscendi tremendi tra le colline malgasce senza entusiasmo, come un automa. 5-10-20 km. 1-2-5 villaggi. Saluto con un sorriso forzato i bambini che si sbracciano al mio passaggio. Rispondo con un cenno ai divertiti 'Bonjour vasaha' dei ciclisti che incrocio. Sono altrove e me ne rendo conto.

madagascar bici statue madonna

Fermo la bici, accosto, bevo un lungo sorso d'acqua nel sole cocente.

Riprendo a salire e scendere lungo i pendii spogli e mai domi ma dentro di me inzia a farsi strada un pensiero. Mi concedo ancora qualche chilometro tra le risaie incassate nelle profonde gole scavate dai corsi d'acqua ma in cuor mio so già quale sarà l'epilogo di questa giornata. Non raggiungo nemmeno il villaggio di Amparihibe e decido di girare i tacchi.

Il rientro a Tsididy non suona come una rinuncia ma come una liberazione. Domani cercherò di raggiungere Maintirano e la costa con un bus (ehm, bus, diciamo quei trabiccoli che passano su quella strada) e di lì deciderò cosa fare per spostarmi verso sud, cercando di liberare la mente e farla tornare a viaggiare libera come sempre era successo prima di oggi.

madagascar bikepacking

Che lo spezzatino abbia inizio

Ebbene sì, dopo una notte di pensieri e rimugini, ho deciso per la via più semplice. Credo sia la prima volta che mi capiti una situazione del genere in viaggio ma la accetto, faccio buon viso a cattivo gioco e penso a un'alternativa accettabile.

Mi presento alla 'stazione', un polveroso piazzale nel centro cittadino, e anziché chiedere informazioni sul transfer per Maintirano come avevo fatto ieri (per informazione i 400 km di strada richiedono due giorni e mezzo di 4x4), mi dirigo verso i bus più stradali, quelli che riportano ad Antananarivo.

madagascar bikepacking pranzo

Prenoto il mio posto: sono il primo e so come funziona, così, dopo aver caricato bici e borse sul tetto del minivan, vado a fare colazione in una delle decine di baracche lungo il perimetro della piazza.

La nonna, che avrà sì e no la mia età, in difficoltà chiama la nipote adolescente e lei traduce in ottimo inglese i piatti esposti in vetrina tra le mosche. "Pasta e insalata andranno benissimo"

Mi accomodo all'interno del bugigattolo buio di lamiera. Sul pavimento in terra battuta razzola una gallina spennata e zoppa che non avrà, ne sono certo, vita lunga. Di fianco a lei gioca un bimbo di circa un anno, controllato a distanza dalla mamma che in braccio ne sta allattando un altro appena nato.

madagascar in bici riso

madagascar bikepacking fiume

Attendo qualche secondo che gli occhi si abituino alla penombra e quindi scorgo le due assi di legno appoggiate su quattro ciocchi: una fa da panca, l'altra da tavolo.

Mi accomodo sulla prima e appoggio la ciottola piena che mi è stata consegnata sulla seconda. La nipote mi serve anche una gamella di brodo con coriandolo e zenzero che accompagna quasi sempre il pasto, mentre la nonna si sdraia a terra scacciando la gallina da una stuoia che fino a quel momento non avevo notato, forse perché talmente ricoperta di polvere da non distinguersi dal pavimento.

"I no spik inglis" prova a instaurare una conversazione

"Je no parlé fracé" rispondo io non da meno.

Alle 9.15 finalmente il bus si riempie e partiamo. Ci vogliono 5 ore per coprire i 250 km di distanza da Antananarivo, non tanto per la strada o per i traffico ma per i tanti posti di blocco di gendarmerie ed esercito (ci hanno fermato almeno 15 volte) e le infinte fermate per far salire e scendere gente in ogni dove.

madagascar antananarivo

Qualche pillola dal viaggio in bus:

  • sarà una banalità ma davvero anche il Madagascar è il paese dei bambini: si vede, si sente, si tocca con mano la loro presenza
  • corruzione della gendarmerie: l'autista del bus, almeno ai primi posti di blocco, ha messo nel palmo della mano qualche banconota da lasciare con il libretto e la licenza quando veniva fermato
  • il traffico è un atto di fiducia negli altri: ognuno va per la propria strada senza rispettare alcuna regola ma controllando gli altri e spera nel fatto che gli altri siano sufficientemente lesti da fare lo stesso. In un villaggio il traffico si è fermato per almeno 5 minuti perché un venditore ambulante doveva vendere dei gelati ai passeggeri di un bus

Ri-partenza e schiaffi

Un'altra giornata partita nel traffico e conclusa in un paesello periferico dal nome impronunciabile. Tornato nella capitale decido di pedalare per un po' verso sud fino a dove riuscirò per poi trasferirmi a Morondava e da lì risalire verso il parco nazionale dello Tsingy che avrei dovuto raggiungere da nord.

Percorso cittadino per circa 20 km e poi RN 7 con traffico accettabile e saliscendi fino a destinazione. Giornata senza infamia e senza lode, attraverso un paesaggio montano brullo, intervalallato da ampi campi di riso con contadini intenti a preparare i gradoni: ci sono quelli che iniziano il lavoro con i buoi, c'è chi lavora con la zappa le grosse zolle lasciate dall'aratro, c'è chi stende il fango degli appezzamenti appena allagati mentre alle donne è riservato il lavoro di trapianto dei germogli lasciati crescere fitti fitti in piccole aree al margine dei campi.

madagascar bikepacking riscio

Il viaggio continua semplice e senza picchi entusiasmanti. Buon cibo negli hotely sparsi ovunque, con riso, pasta, insalata, patate, fritti di ogni tipo (samosa e involtini primavera su tutti) e carne. Il tutto a prezzi assurdi: pago circa la metà per mangiare rispetto a una bottiglietta di bibita gassata che ogni tanto mi concedo e che mi costa 70 centesimi di euro.

Raggiungo quota 1600 e trovo un alberghetto in paese dove con 4€ ceno a base di pesce. Domani si vedrà.

Viaggiare in Africa significa essere presi a schiaffi.

Due schiaffi per la precisione. Uno di dritto e uno di manrovescio.

Il primo te lo danno i bambini. Quei bambini che molto probabilmente sono stati lavati solo una volta nella vita, alla nascita. Quei bambini che con la loro innocenza si stupiscono del 'vasaha' che passa in sella alla sua bici stracarica e lo salutano rincorrendolo o si bloccano esterrefatti per la barba, il colore della pelle, i peli sulle braccia.

I bambini che con un copertone usato e un bastone possono giocare per ore felici. Gli stessi bambini che vengono strappati alla pubertà e gettati nell'età adulta senza passare dall'adolescenza. Quei bambini ti schiaffeggiano con la dolcezza di un sorriso, la purezza di uno sguardo, l'esuberanza di un gesto. Ti schiaffeggiano con gli occhi della speranza.

madagascar bikepacking ragazzi

Il secondo schiaffo, pesante come una sentenza definitiva, arriva dagli adulti. Non sono molti, a dire il vero, questi adulti, perché la stragrande maggioranza degli abitanti che popolano le strade di ogni città, paese e villaggio, che camminano e pedalano le loro indistruttibili bici stracariche hanno gli occhi felici. Operosi e indaffarati, assonnati e nullafacenti, sorridenti o imbronciati che siano.

Ma poi ci sono quegli adulti, spesso ai margini delle città più popolose, che hanno sul volto e sul fisico i segni di un destino che gli ha tirato un brutto scherzo, quello di essere nati nella parte sfortunata di un paese sfortunato del mondo. Quegli adulti che hanno accantonato la speranza e l'hanno sostituita con la rassegnazione.

Quegli adulti ti schiaffeggiano con lo sguardo vuoto, la lentezza dei gesti spesso resi insicuri dall'alcool e dalle troppe notti all'addiaccio. Ti schiaffeggiano con la loro più grande perdita, la dignità.

Non è facile viaggiare in Africa e ancor meno lo è in bicicletta. Non tanto per difficoltà oggettive quanto per le realtà che ti sbatte in faccia. Eppure credo che rinnovare di tanto in tanto la consapevolezza del mondo in cui viviamo, lontano dalla bolla della nostra agiata esistenza, farebbe bene a tutti.

33 madagascar mercato

La seconda giornata di pedalata è piacevole per i tanti incontri (non si possono definire chiacchiere), dalle mondine che mi volevano invitare a piantare il riso, alla ragazza che mi ha servito tre succhi di mango mentre stava preparando gli inviti per le nozze, dal vecchio seduto sul ciglio della strada a riparare qualsiasi pezzo meccanico.

Come sempre ultimamente mi alzo presto e parto con il fresco ma anche gli studenti alle 6.30 sono già in strada, diretti a scuola in paese. Trovo un baracchino e mi bevo un caffè con due mofo gasy mentre la signora che me li ha serviti mi guarda esterrefatta.

La strada non è particolarmente interessante se non per le numerose gradinate di apprezzamenti di risaia che in questo periodo brulicano di gente che le sta preparando per la stagione delle piogge, piantando il riso. Mi fermo a fotografare al di là del fiume tre mondine piegate a conficcare le piantine nel fango e una, accortasi di me, mi invita a scendere ad aiutarle. Sorrido, scatto altre due foto e le saluto, anche perché a dividerci c'è un fiume che non saprei come attraversare.

38 madagascar antananarivo combattimento galli

La strada segue il corso del fiume, qui più impetuoso tra le rocce, salendo fino a 1700 m. Manca poco a mezzogiorno e così mi fermo a mangiare qualche salsiccia e del pane mentre il caldo inizia a farsi sentire.

In breve sono ad Antsirabe, trovo un ristorantino dove finalmente hanno del succo di mango e ne bevo 3 grossi bicchieri. Mi dirigo alla stazione di Soatrans plus dove prenoto il posto sul bus che mi porterà domani a Morondava per affrontare un tratto spero più divertente di tragitto in bici verso Tsingy.

Trovo poi 2 hotel pieni e mi accontento del pessimo Imperial, rimasto ai tempi della sua costruzione ormai almeno 50 anni fa.

Viale dei Baobab e Belo Tsiribihina

Dopo una giornata trascorsa sul bus, per raggiungere Morondava di notte, il giorno successivo inforco di nuovo la bici con l'idea di raggiungere il parco nazionale di Tsingy di Beramaha a 200 chilometri di pista verso nord.

madagascar spiaggia morondava

madagascar spiaggia morondava barche

Seduto nella veranda dell'hotel ristorante de Menabe a Belo Tsiribihina, sulla sponda settentrionale del fiume omonimo, unico ospite dell'albergo, mentre bevo una birra fresca e mangio un delizioso pesce d'acqua dolce al cocco, rivivo la giornata appena conclusa e penso di aver vissuto un intero viaggio in un solo giorno.

Al mattino, lasciata la cittadina di Morondava sul canale di Mozambico, ho pedalato spensierato su asfalto i primi 15 chilometri, per ritrovarmi gettato sull'ennesimo ottovolante di polvere e sabbia non appena ho svoltato a sinistra sulla RN8.

La pietra miliare che indica il parco nazionale di Tsingy di Beramaha non dà scampo: saranno 200 km intensi!

Ne bastano pochi per raggiungere uno dei tanti highlights di questa strada: il viale dei Baobab!

20 madagascar bikepacking baobab

22 madagascar baobab belo tsiribihna

Giganteschi, goffi, ciccioni: queste piante maestose sono l'ennesima dimostrazione di come la natura sappia adattarsi perfettamente alle situazioni.

Nel loro tronco possono contenere fino a 120 l di acqua per sopportare condizioni estreme e vivono oltre i 500 anni. La pianura che sto attraversando ne è costellata, ma in questo particolare tratto di strada la loro densità è tale da averle consegnato questo nome.

21 madagascar in bici viale dei baobab

Riprendo la pedalata e incontro quasi subito Solo, con cui pedalo una decina di chilometri.

Solo pedala per imparare, per conoscere, per concedersi una possibilità.

Solo pedala tutti i giorni, 25 km all'andata e 25 km al ritorno, per raggiungere il cancello di un edificio sfatto, un'istituzione che in Italia ormai rappresenta quasi una scocciatura mentre qui significa speranza.

Solo, giovane malgascio di Andranomena, pedala dal suo villaggio nella savana su una strada devastata dalle piogge annuali per raggiungere il cancello della scuola di Morondava dove sta finendo gli studi. Non appena mi vede mi affianca e in un inglese stentato mi chiede se può accompagnarmi per un po'. Felice di poter fare un po' di conversazione, inizia a sfoderare il suo discreto repertorio mentre pedaliamo una decina di chilometri insieme. Mi racconta che sogna di poter andare a Taná a lavorare un giorno per mandare qualche soldo e mantenere la sua famiglia.

Solo ha un grande sogno e la bici gli permette d'inseguirlo. Come Solo, ho incontrato tanti altri giovani malgasci che cercano una via per sopravvivere e questo viaggio, come sempre, mi fa imparare tanto, sgretola certezze che non ho mai avuto e alimenta la mia fiducia nel mondo nonostante tutto. Il resto della mia giornata che fino a poco fa mi pareva enorme ed entusiasmante svanisce nelle speranze di questo ragazzo di campagna.

Mentre il caldo diventa torrido, mi infilo nella riserva speciale di Andranomena. La lingua rossa taglia la vegetazione bassa e pochi si avventurano fin qui. Le auto si diradano, passa qualche bus stracarico che, non lo so ancora, prenderò anch'io l'indomani, bici e pedoni svaniscono. La distanza tra i villaggi si fa troppa per poterla coprire a piedi, almeno lungo la via principale.

27 madagascar gufi lucertola

Sono solo con la canicola e un terreno che mi fa avanzare ai 6-7 km/h. Sabbia, onduline create dalle auto, gobbe, sassi, radici. Non ci facciamo mancare nulla, io e la mia bici. A metà percorso un villaggetto, Beroboka, ospita una capanna che è stata convertita in negozio di generi alimentari e mi garantisce dell'acqua a temperatura ambiente (ci sono 32°C, percepiti 38°C): mi pare più buona della birra più fresca che abbia mai bevuto.

Trovo riparo sotto una veranda nello spiazzo al centro del paese, con alcuni ragazzi e delle donne che vendono mango. L'aria che circola all'ombra mi accarezza come nemmeno la mano delicata e dolce di Venere potrebbe fare. Intavolo una conversazione - ah che parolone - con i bimbi e li invito a pedalare ma nessuno trova il coraggio di saltare in sella nonostante sia mezz'ora che scrutano la bici.

Dopo un'ora abbondante riprendo la marcia verso nord mentre il sole picchia ancora allo zenit, ma se voglio raggiungere Belo Tsiribihina non posso fare altrimenti: le barche che mi portano al dì la del fiume lo fanno finché c'è luce, poi più nulla fino al giorno successivo.

I baobab mi accompagnano su tutto il percorso, anche quando la foresta di Kirindy che ospita svariati animali endemici tra cui i lemuri, si fa più fitta. Vasti tratti purtroppo sono bruciati e anche oggi alcuni contadini danno fuoco alla sterpaglia per guadagnare terreno utile da coltivare.

Mi pare impossibile provare a spiegare loro che si stanno scavando la fossa da soli e quindi proseguo sconsolato finché un miraggio si materializza d'innanzi a me: un porticciolo sul fiume!

Ehm, meglio: delle baracche e quattro barche sulla riva.

Sono subito preso d'assalto: strattoni, spintoni, parole grosse e alla fine un giovane la spunta sugli altri strappandomi letteralmente la bici di mano. Non posso fare altro che salire anch'io sul suo barchino e salutare.

Con la luce del tramonto e l'aria finalmente fresca in faccia, mi godo questi sei chilometri di fiume fino alla destinazione finale.

madagascar bici attraversamento tsiribihna

I soldi nella vita non sono tutto ma...

Solo a cena, davanti alla birra, scopro di aver portato con me pochissimi contanti per questi giorni nella foresta. A Belo e ancor meno a Bekopaka più avanti, non esistono bancomat o cambio valuta e così al mattino sono costretto a rientrare in bus al punto di partenza di Morondava... in questo viaggio davvero ho lasciato la testa a casa ma l'avventura di un minivan con 34 persone a bordo su questa strada merita comunque di essere narrata.

Mesto come un cane bastonato. Sconfortato e incazzato con me stesso, mi sveglio al mattino e decido di girare i tacchi e tornare sulla sponda meridionale del Tsiribihina per saltare sul primo bus verso Morondava.

Perché? Perché i soldi nella vita non sono tutto ma averne almeno a sufficienza per vivere due giorni sarebbe utile, mentre io mi sono portato solo l'equivalente di 20 € da Morondava senza controllare e senza pensare che in questi villaggi barche o cambio euro non se ne trovano nemmeno a inventarseli! E 15 li ho spesi per la notte e la cena a Belo.

madagascar attraversamento 4wd manambolo

Col senno di poi però non sarà una decisione troppo dolorosa viste le condizioni della strada tra Belo Tsiribihina e Bekopaka.

Tornando a noi, salto su una nuova barca e rifaccio al mattino a ritroso il percorso seguito la sera prima e al porticciolo trovo la 'stazione': tre minivan parcheggiati di fianco a una baracca di bamboo e paglia che funge da biglietteria.

Pago e inzia l'attesa che questa volta però non dura molto: verso le 8, un'oretta dopo essere arrivato, ci mettiamo in moto.

Per partire facciamo 500 m a piedi: troppo scassata la strada dal fiume a Tsimafana per consentire al nostro mezzo di trasportare 34 persone.

Saliamo sul minivan, probabilmente omologato per 9 persone. Noi siamo 33 più l'autista.

Io viaggio comodo, vicino al finestrino, solo che sotto i miei piedi un tacchino cerca lo spazio per sopravvivere almeno fino a destinazione.

Fa caldo e il mio vicino è anche l'addetto al carico e scarico bagagli perciò vi lascio immaginare l'aroma che si diffonde nell'aria e le sue braccia e gambe appiccicaticce in uno spazio in cui siamo in tre dove di norma ci si starebbe da soli!

Ma il viaggio per fortuna è breve: 100 km e 5h di sballottolamenti. Arrivati sugli ultimi 15 km di asfalto mi par di sognare. Si viaggia forse anche oltre i 40 km/h, un record da festeggiare con un succo di guava all'arrivo!

Non sarà in bici ma è sempre avventura

Ci sono certi momenti nella vita in cui dici:"Ok, ora è davvero la fine. È stato bello!"

E poi invece sei ancora lì, a ringraziare il cielo o a imprecare contro gli dei, a seconda dell'umore.

Ecco, oggi quel momento è arrivato anche per me, nell'istante in cui, sotto il primo vero diluvio da stagione delle piogge ai tropici, abbiamo attraversato il fiume Manambolo con un 4x4 sulla chiatta che assomigliava più a una zattera indigena dei Sakalava, tribù dominante in questa zona. I 4 o 5 Caronte che gestiscono il passaggio prima ci hanno fatto salire, poi mentre attraversavamo il fiume dalla corrente impetuosa e ingrossata dal temporale, si facevano qualche tuffo e infine, giunti sulla sponda opposta, hanno approntato la discesa su due cordoli metallici larghi poco più di una ruota.

31 madagascar manambolo

Peccato che appena toccata terra, la Hyundai abbia subito scavato un solco enorme nella sabbia bagnata della sponda, impantanadosi inclinata in maniera assurda. Ecco, nel momento in cui il motore ha ceduto, lì ho pensato di cappottare e che fosse finita. L'autista che forse è meglio definire pilota per le sue doti, è riuscito a fare retro (o meglio lasciar retrocedere l'auto) centrando di nuovo i cordoli mentre le gomme anteriori giravano a vuoto. A questo punto, di nuovo sulla zattera, ho scelto la salvezza inzuppato piuttosto che la morte asciutta e sono sceso per attendere sulla terra ferma la riuscita dell'operazione.

Approntati altri due cordoli e presa la rincorsa il pilota Sam ha condotto il nostro mezzo in cima alla sponda del Manambolo, finalmente arrivati a Bekopaka.

La giornata ha richiesto circa otto ore di viaggio per coprire i 200 km tra Morondava e il villaggio all'entrata del parco nazionale Tsingy. La prima metà già la conoscevo per averla pedalata due giorni prima, ma la sosta all'Akiba lodge mi ha permesso di vedere i celebri lemuri e fare qualche altro succulento avvistamento.

25 madagascar lemuri akiba lodge

26 madagascar lemuri grey mouse

La parte più straordinaria di viaggio però è iniziata dopo il pranzo a Belo Tsiribihina.

Inizialmente la strada è rimasta simile a quella fatta fino a quel momento ma negli ultimi 50 km le piogge avevano già iniziato a scavare solchi profondi mezzo metro nel tragitto e siamo stati costretti ad inserire le marce ridotte almeno tre volte.

I villaggi di questa zona sono davvero ridotti a poche capanne senza acqua, luce o qualsiasi altro tipo di comfort e i bambini iniziano ad avere pance tonde e sproporzionate per la fame. Il tragitto sarebbe fattibile anche in bici, anzi forse più facile, ma di certo 100 km con qualche saliscendi nel fango sarebbero risultati piuttosto indigesti alle mie stanche membra e mi sarei perso un po' di avventura.

28 madagascar lemuri akiba lodge

Finalmente il parco nazionale di Tsingy di Beramaha

Credo sia la più terrificante strada che io abbia mai fatto in auto.

Un mix di fango, pozze profonde un metro e salite su cui persino uno stambecco farebbe fatica a passare. Bene, il nostro autista è miracoloso e riesce a impantanarsi solo una volta. Infiliamo dei tronchi sotto la ruota infangata e spingendo in quattro la fuoristrada riusciamo a disincagliarla. Torniamo in carreggiata e dopo circa due ore di follia a quattro ruote copriamo i 17 km che separano il parcheggio verso il Big Tsingy e Bekopaka.

Prendiamo fiato, infiliamo l'imbrago e già qui inzio a preoccuparmi... nessuno mi aveva parlato di arrampicare: "Oh, io soffro di vertigini ragazzi!"

Mi tranquillizzo quando mi dicono di prendere la borsa con l'acqua, unica a mia disposizione dato che uno zaino non ce l'ho.

L'escursione si infila nella foresta e tra le rocce che inziano ad affiorare. Poi c'è una grotta da attraversare con passaggi che nemmeno uno speleologo professionista riuscirebbe ad affrontare in scioltezza (vabbè dai, adesso ci ho preso la mano e sto forse esagerando ma concedetemelo, vi assicuro che la parola avventura per questa camminata è appropriata)

29 madagascar big tsingy

"Ora entriamo nel canyon" dice Charles, la guida locale che ci accompagna ed è lì che mi fregano: una parete verticale senza via di scampo, ferrata e attrezzata quanto vuoi, ma pur sempre a picco.

Inzio il tragitto con le palpitazioni ma man mano che avanziamo inizio a divertirmi e mi sciolgo finché non sbuchiamo in cima e resto senza fiato!

Pinnacoli aguzzi e seghettati si estendono all'infinito sotto di noi ovunque io volga lo sguardo.

Gli Tsingy sono un luogo magico e la fatica per arrivare fin qui è ricompensata anche dal fatto che solo noi al momento camminiamo sul sentiero. Serpeggiamo tra i pinnacoli in un saliscendi emozionante. Ogni angolo, ogni svolta, ogni cambio di prospettiva regala vedute ineguagliabili finché non giungiamo sul ponte tibetano simbolo del parco.

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"Ecco, anche questo ci mancava!"

Prendo il coraggio a due mani e lo trascino sulla sponda opposta, in realtà godendomi la vista nel mentre.

Ci siamo, inzia la discesa ed ancora si sale e riscende una serie di pinnacoli prima di ritrovarsi sul percorso dell'andata.

35 madagascar big tsingy

Facciamo ancora in tempo a incontrare una famiglia di lemuri bianchi prima di ritornare, dopo 4 ore entusasmanti, al parcheggio dove ora sono presenti 5 fuoristrada.

Sono solo le 11 ma Charles suggerisce di muoverci subito verso il Piccolo Tsingy perché verso le 15 sembrerebbe poter piovere. Io mi domando come, dato che il cielo è tutto azzurro?

Torniamo al fiume e proprio dove ieri abbiamo attraversato con il traghetto, inzia la camminata nel Piccolo Tsingy.

 

Anche questa è molto piacevole, più semplice e meno panoramica ma comunque intrigante. Chiudiamo la giornata spostandoci in un piccolo ristorante dove iniziamo a mangiare un ottimo pesce alla griglia ma non facciamo in tempo a finire che si scatena il finimondo. Piove, grandina, piove ancora più forte. Mezz'ora di inferno e poi torna il sole: guardo l'orologio e segna le 15.02

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 madagascar small tsingy

Il giorno successivo si chiude con un altro lungo trasferimento questa 3 giorni nella foresta malgascia. Tutto fila liscio, passiamo il primo fiume appena fuori Bekopaka, raggiungiamo dopo 4 ore Belo Tsiribihina dove pranziamo: io decido di sfondarmi di fritti e yogurt di soia per strada. Altro fiume attraversato e altre 4h di sterrata per tornare a Morondava ma al tramonto stavolta ci fermiamo al viale dei Baobab per goderci lo spettacolo del sole che scende dietro questi giganti.

32 madagascar bikepacking

37 madagascar antananarivo palazzo reale

Non poteva esserci finale migliore per questo viaggio: domani si rientra a Tana e poi in Italia.

 
 
  • i terrazzamenti di risaie nelle highlands centrali
  • il viale dei Baobab a Morondava
  • i lemuri della foresta di Kirindy
  • il Parco Nazionale Tsingy di Bemaraha
  • il Rova, palazzo reale, di Antananarivo
  • Come raggiungo Antananarivo in Madagascar? Personalmente ho viaggiato con Kenya Airways e non è andata male anche se avevo degli scali un po' assurdi. Ti sconsiglio Air France, con cui Kenya Airways è legata, perché nonostante avessi esplicitato in anticipo la presenza della bici al personale di Kenya Airways che non mi ha fatto storie al ritorno, all'andata mi è stato addebitato un sovrapprezzo di 110 €! Ottima per arrivare in Madagascar anche la Emirates, a quanto ho sentito dire, passando dalle Seyshells.
  • L'itinerario è segnalato? L'itinerario non è segnalato e, come già ampiamente detto, è uno spezzatino di tratti in bici e tratti in bus ma con tempo e calma è fattibile tutto in bicicletta. L'idea iniziale era molto diversa dal risultato finale.
  • Sono presenti fontane o fonti d'acqua in generale? Non sono presenti fontane ma pozzi di tanto in tanto di cui io non mi sono fidato a bere l'acqua perché sprovvisto di potabilizzatore. In questo viaggio mi sono affidato alle borracce riempite alla partenza negli hotel e poi (purtroppo) all'acqua in bottiglia acquistata sulla strada.
  • Com'è la qualità delle strade dell'itinerario? Il percorso si svolge su asfalto e sterrati di vario livello. Le strade sono più facilmente percorribili in bici che non in auto date le loro condizioni disastrose. La RN 7 da Antananarivo a Antsirabe è un po' trafficata e va fatta un po' di attenzione. Non ci sono tratti su sentiero o a spinta.
  • Documenti necessari: per entrare in Madagascar è necessario un passaporto in corso di validità (almeno 6 mesi) e un visto che può essere richiesto qualche giorno prima della partenza online sul sito governativo evisamada-mg.com. Al momento in cui l'ho acquistato io (Ottobre 2024) il costo era di 37$
  • Le zone del Madagascar da me attraversate in bici sono poco turistiche se non Morondava e quindi non sono presenti molte strutture se non nelle cittadine di inizio e fine tappa, dove mi sono fermato anche io.
  • Il campeggio libero è fattibile, lo spazio non manca ma fai attenzione perché l'estrema povertà potrebbe indurre qualche malgascio a gesti illegali e pericolosi per la tua incolumità. Se decidi di campeggiare, fallo magari nei pressi di villaggi dove hai chiesto ospitalità oppure assicurati di non essere visto e leva le tende prima dell'alba.
  • Cosa mangiare lungo l'itinerario? La cucina malgascia è principalmente a base di riso, con carne e pesce che costano poco e sono cucinati ottimamente.   
  • Dove mangiare lungo l'itinerario?Lungo la strada troverai miliardi di bancarelle con del cibo, più o meno pulite. Io ho mangiato un po' ovunque e per pranzo spendevo sempre tra i 30 e i 50 centesimi. Se decidi di andare al ristorante considera di spendere circa 10- 12 volte di più, che sembrerebbe tanto ma se fai i conti sono 5-6€!
Ultima modifica: 02 Febbraio 2025
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Leo

Viaggiatore lento con il pallino per la scrittura e la fotografia. Se non è in viaggio ama perdersi lungo i mille sentieri che solcano le splendide Dolomiti del suo Trentino, sia a piedi che in mountain bike. Eterno Peter Pan che ama realizzare i propri sogni senza lasciarli per troppo tempo nel cassetto, dopo un anno di Working holiday in Australia e dieci mesi in bici nel Sud est asiatico, ora sogna la panamericana... sempre in bici, s'intende!

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