Prosegue il nostro viaggio a Sumbawa in bici, un percorso a singhiozzo lungo la cintura di isole indonesiane che ritrova un po' di ritmo una volta giunti sull'isola. Questo lembo di terra semisconosciuta giace nel limbo tra le turistiche Bali e Lombok (ad ovest) ed il parco nazionale di Komodo (ad est). Strade disastrose, panorami incantevoli e chilometri faticosi ci hanno accompagnato da ovest ad est, dal porto di Poto Tano a quello di Sape.
Sbarco sull'isola di Sumbawa
Sbarchiamo su Sumbawa giungendo da Lombok e ancora una volta siamo gli unici bianchi dell'intero traghetto che in circa quattro ore ha raggiunto il porto di Poto Tano: qualche casa su palafitta, un paio di ristorantini (warung), molte barche di pescatori ed una locanda dove ci affittano una stanza con stuoia, due cuscini ed un paio di ragnatele. La tenda che oscura la vista agli sguardi indiscreti è in realtà un cartellone pubblicitario appeso alla rovescia.
L'indomani lasciamo il piccolo porticciolo salutati da un'alba delicata e lieve che si riflette sulla baia. I primi chilometri lungo la costa sono piacevolmente solitari ed il traffico resterà minimo da qua fino alla sponda opposta dell'isola. Solo Sumbawa Besar, Bima e Dompu ci riportano ad un lontano ricordo di città.
Notte in galera
Lungo la disastrata strada (ci sono lavori in corso per migliorarla...ci si augura!) che attraversa l'isola scavalcando le colline alle spalle del centro di Sumbawa Besar, ci costringe ad accorciare una tappa, rallentati anche dal forte vento contrario.
A Plampang non ci sono alloggi e non ci va di farci spennare dai furbi indonesiani che offrono una homestay a cifre da hotel a 5 stelle: chiediamo alla stazione di polizia dove sia possibile piazzare la tenda in un luogo sicuro ed il giovane ufficiale ci accompagna sul retro: una stanza divisa a metà da un muro improvvisato sarà da un lato il nostro rifugio e dall'altro la cella di cinque detenuti stipati in un lugubre buco di due metri per due senza luce.
L'odore rancido di sudore e fumo unito alla continua processione di curiosi che si affacciano alla nostra tenda per assicurarsi che siamo reali e non degli ologrammi, ci fa pentire di non aver proseguito per qualche chilometro per campeggiare nelle risaie.
Con il gigante al nostro fianco
Costeggiamo la baia di Selek sulla quale domina in lontananza il vulcano Tambora, uno dei giganti di fuoco dell'Indonesia, spesso ricoperto di nuvole, quindi iniziamo l'ultima parte del nostro coast to coast salendo e scendendo le colline dell'est. Cercatori d'oro sperano nella dea bendata avvelenando la terra col mercurio... ma ci risulta difficile biasimarli vedendo l'esistenza che conducono. Il porto di Sape e la sua bella baia zeppa di pescherecci d'altri tempi sono la degna chiusura del nostro percorso sull'arida e selvaggia isola di Sumbawa. Flores ci attende...
Se volete continuare a leggere il racconto di viaggio dei nostri dieci mesi in bicicletta tra Indonesia, Malesia, Thailandia, Laos e Cambogia, potete farlo con il racconto di come ci siamo destreggiati schivando sassi nella cristiana Flores, ultima tappa del viaggio. Tutti gli articoli del diario tenuto in diretta sono accessibili al tag Asia in bici. Qui invece trovate qualche consiglio sulle 10 mete da non perdere in Indonesia
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