Il viaggio in bici attraverso le Ande prosegue. Il riferimento resta la Croce del Sud e le due ruote, lasciata Cusco, solcano la via di comunicazione principale tracciata centinaia d’anni prima dagli Inca. Qualche giorno di pedalata ci porterà a raggiungere un’altra meta mitica, sognata fin da bambino: il lago Titicaca!
Cusco e la follia cittadina
Uscire da Cusco, come dalla maggior parte delle città del mondo, si rivela un’esperienza al limite della follia. Il nostro tempismo tra l’altro ci permette di godere del traffico dell’ora di punta ma fortunatamente i venti chilometri di strada che si allontanano dalla città sono per gran parte in leggera discesa. Mille occhi non bastano per evitare motorini, auto, cani randagi, ubriachi al termine di una notte di baldoria, decine di autobus impazziti e centinaia di TIR guidati da camionisti allucinati. Come se tutto ciò non bastasse, la strada è un colabrodo con forre ovunque, le più grandi larghe un metro...
Due pivellini del pedale
Non appena il traffico si dirada un po’ ci concediamo una sosta per tirare il fiato dopo l’immersione nello smog cittadino. All’orizzonte vediamo avvicinarsi uno strano mezzo che lentamente prende forma: due esili figure su un tandem dotato di borse laterali e carrello ci si avvicinano. Amelie e Pierre, francesi di Parigi, ci salutano calorosamente.
La scena successiva dev’essere risultata piuttosto curiosa agli autisti dei mezzi che ci sfrecciavano al fianco mentre noi scambiavamo pareri e battute sui nostri rispettivi viaggi ridendo a crepapelle di alcune battute. La coppia, partita dal Brasile, avrebbe raggiunto Lima prima di spostarsi in Asia e rientrare a casa percorrendo la Transiberiana. Ci avvertono che a breve distanza sono seguiti da altri due connazionali in bici ed in effetti poco dopo averli salutati incontriamo Julian e Jean. Altra sosta, altre risate e consigli prima di riprendere ognuno la propria strada. I due ragazzi hanno lasciato la Patagonia e stanno risalendo fino in Colombia dove concluderanno il loro lungo viaggio in bici attraverso il Sudamerica. Una volta soli, ci guardiamo in faccia e pensiamo che il nostro viaggio di due mesi e 3200 km al confronto dei transalpini incontrati oggi ci faccia fare la figura dei pivellini!
Gelatine e succo di quinoa
La strada lungo il rio Vilcanota ci conduce in un paio di giorni a Santa Rosa, attraverso una verde vallata racchiusa tra bianche cime innevate. Dopo la cittadina di Sicuani il traffico sparisce e si sale fino ai 4350 m dell’Abra La Raya prima di giungere sull’Altiplano andino che ci accompagnerà per lunga parte del viaggio da qui in avanti. Per reintegrare le energie perse ci affidiamo ai venditori ambulanti ed il risultato è quantomeno stravagante. Il primo tentativo ci conduce da una famiglia dietro un piccolo banchetto su cui sta friggendo qualcosa: un sacchettino di churros ci dà la carica per un po’ di chilometri anche se lo stomaco non ringrazia.La seconda chance ci viene offerta da un gruppetto di bambini appostati su un grosso dosso rallentatore: sventolano dei sacchetti di plastica contenenti un colorato intruglio dalla consistenza indefinita. Il più piccolo dei bimbi, credo abbia iniziato a camminare l’altro ieri, rimane indietro nella gara avviata al nostro inseguimento... è logico che sarà la sua la prima gelatina che acquisteremo! Il colore fosforescente non è molto promettente ma il gusto non è poi così male e non avendo idea degli ingredienti ci illudiamo che sia completamente naturale.
L’ultimo tentativo di sfruttare lo street food per incamerare un po’ di energie è quello più riuscito, tanto che lo ripeteremo più volte nei giorni successivi. Alle 6.00 del mattino nella piazza di Santa Rosa, pronti alla partenza, ci imbattiamo in un piccolo assembramento attorno a tre o quattro signore con un carrello. Tutti hanno in mano qualcosa: chi un piatto con riso e pollo, chi un bicchiere con una bevanda gialla o marrone. Prendiamo il coraggio a due mani e ci avviciniamo:
“Señora, que tiene allì?”
“Jugo de macha, de quinoa o de cañua”
“Un jugo de quinua y uno de cañua, gracias!”
Mai sentiti prima! Assaggiamo le bevande calde e corpose: deliziose entrambe, soprattutto quella di cañua. Ma ciò che ha reso il momento indimenticabile è stata le scena nel suo complesso: presa la bevanda, ci siamo seduti su due sgabelli di plastica al fianco di una serie di altri clienti, tutti disposti ordinatamente sul marciapiede. Un anziano signore ha inziato un discorso in lingua quechua con gli altri avventori del banchetto, in cui abbiamo intuito stesse pontificando le nostre gesta. Al termine della colazione infatti si è alzato e ci ha mostrato orgogliosamente la bici che usava per gli spostamenti quotidiani, chiedendoci di provarla. Sono saltato in sella nel tripudio di risate e applausi della piazza di cui ormai avevamo monopolizzato l’attenzione!
Pioggia, empanadas e Titicaca
La fortuna ci bacia e dopo una semplice tappa trascorsa a fotografare un avvoltoio che banchetta sulla strada ed una coppia di fenicotteri intenta ad accudire la propria prole, ci fermiamo presto in un paesino: non abbiamo nemmeno il tempo di scaricare le borse che il cielo si copre di nere nubi e scarica litri e litri di pioggia. Al mattino il sole asciuga velocemente la strada e noi ripartiamo senza problemi! La città di Juliaca è un centro industriale che non ha nulla di memorabile, se non fosse per la signora delle empanadas che nella piazza centrale è di certo la migliore del mondo nel suo lavoro! Il lago Titicaca è lì al nostro fianco ma vederlo è una chimera.
Molto prima di raggiungere Puno lo si intuisce in lontananza, alla fine di quella piatta distesa secca... La stagione delle piogge, per nostra fortuna, è in ritardo! Solo quando scolliniamo alle spalle della città appare l’immensa e mitica distesa d’acqua che con i suoi 3830 m è uno tra i più alti laghi navigabili al mondo: un altro tassello di questo pazzesco viaggio in bici in Sudamerica è realizzato!
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