Lui ti fissa con aria di sfida, tu deglutisci preoccupato, lui è il più grande deserto salato del mondo, tu solo un cicloviaggiatore dei tanti che, dopo centinaia di chilometri, ha raggiunto la superficie candida e brillante del Salar de Uyuni. In bicicletta ti fermi sul bordo, tremi, sei incapace di controllare le emozioni... un sogno si sta avverando e non ti sembra ancora vero. Ti dai un pizzicotto, prendi tra le mani sudate una scaglia bianca, l'assaggi, è davvero sale... non è immaginazione: la distesa di Uyuni è davanti alle tue ruote, non ti resta che partire per una nuova avventura.
Trovarsi dinanzi al deserto salato più grande del mondo mette in soggezione, questo è garantito, ma se ti dicessi che quello di Uyuni non è stato il primo salar che abbiamo attraversato in bici?
Il Salar di Coipasa
Sabaya, quasi 10000 anime sull'altopiano andino a quota 3800 m, è già sveglia quando ci decidiamo ad inforcare le nostre biciclette per proseguire il viaggio. Sabaya è anche una delle porte di ingresso del Salar de Coipasa, un'immensa distesa salata (si parla di circa 800 kmq!!!) abitata dai fenicotteri rosa.
Lo stupore ci pervade dai capelli alla punta dei piedi: lo spettacolo che abbiamo davanti è surreale e meraviglioso. La RI-1, la ruta intersalar, prima raggiunge un piccolo avamposto e poi si perde sul sale mentre noi, incerti ed emozionati, partiamo alla volta dell'orizzonte, quell'orizzonte che dovremo inseguire per decine di chilometri come un miraggio prima di raggiungerlo per davvero. Sul salar de Coipasa non sono presenti indicazioni ma tanti "camino" tracciati da veicoli passati in precedenza. Il deserto bianco, che in questa stagione dovrebbe essere ricoperto di acqua, a causa della forte siccità, è nella sua quasi totalità asciutta. Imbocchiamo una traccia ma dopo diversi chilometri finiamo in una zona ricoperta di acqua e, per evitare possibili guasti meccanici procurati dal sale (a queste latitudini l'acqua corrente scarseggia, figurati quella necessaria a pulire la bicicletta e le sue parti sensibili!), torniamo sui nostri passi con la coda tra le gambe. Sulla superficie liscia, in Bolivia chiamano il sale del deserto asfalto naturale, incrociamo un camioncino che sembra conoscere il luogo e così, senza ripensamenti, decidiamo di seguirlo. Il mezzo d'epoca, scassato e arrugginito, si sta recando alle saline dove decine di uomini e donne con cappelli, guanti e gli immancabili occhiali da sole, stanno raccogliendo la preziosa risorsa.
Ci fermiamo per due scatti e Leo chiede in spagnolo quale sia la strada corretta per avvicinarsi a Salinas de Garci-Mendoza, il paese circondato dai due salares. La coppia di raccoglitori sorride stupida indicandoci la retta via con la mano.
La fine del deserto sembra non avvicinarsi mai: il vento che pochi minuti prima ci faceva veleggiare verso la meta, cambia faccia diventando il nostro peggior nemico. La velocità delle nostre bici passa dai 25 km/h agli 8 e la fatica diventa estrema. Dopo quasi due ore di battaglia (già persa in partenza!) contro Eolo tocchiamo la terraferma e, spossati dalla giornata, decidiamo di fermarci per la notte dietro una roccia provvidenziale. Il montaggio della tenda è difficoltoso ma, una volta pronta, diventa come ogni sera la nostra casa dove ci sentiamo sicuri e dove possiamo finalmente rilassarci prima di mettere qualcosa sotto ai denti. Il vento continua a soffiare arrabbiato per diverso tempo fino a placarsi esausto sotto la luce accesa della luna.
Sabbia e sassi
Anche stamattina il sole illumina la Bolivia e con lei anche la nostra piccola tenda. In quota, al mattino, una felpa si indossa sempre volentieri ma siamo certi che nel corso della giornata potremo riporla nel nostro bagaglio.
Lo sterrato che ci separa da Salinas de Garci-Mendoza, all'inizio del Salar de Uyuni, è terribile: sassi, buche, sabbia e tracce di veicoli conducono una partita a scacchi sleale, determinando la nostra velocità. Ci servono alcune ore prima di tirare un sospiro di sollievo affermando "Forse ce la facciamo!", ma è anche questo il bello di un viaggio in bici... quello che non puoi prevedere ma capita ugualmente! Prima di raggiungere la cittadina, nel bel mezzo del nulla, facciamo un incontro particolare: un anziano signore cammina verso la linea dell'orizzonte. Indossa sandali consumati, un berretto tipico delle popolazioni andine, un maglione bordeaux e un gilet più chiaro. Al nostro passaggio regala uno dei più bei sorrisi di questo viaggio sulle Ande. Leo si ferma immediatamente ed io, incredula, assisto a quindici minuti di discussione serrata, un vero e proprio dibattito. In questo lasso di tempo che pare interminabile, colgo il senso di qualche parola, ma il resto è per me un mistero. Trascorsi i quindici minuti di chiacchierata, Leo alza la mano in segno di saluto, il vecchietto fa lo stesso, ognuno riparte nella propria direzione. Aspetto che Leo chiarisca i miei innumerevoli dubbi, ma lui è silenzioso, con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. Alla fine mi faccio coraggio: "Leo, ma cosa vi siete detti?". Leo si volta carico di positività e mi risponde: "Beh, praticamente non ho capito nulla, parlava in quechua, ma comunque mi ha trasmesso buonumore!"
Salinas de Garci-Mendoza, a soli 15 km dal deserto di sale più grande del mondo, ci accoglie nel tiepido pomeriggio con le strade silenziose e le case colorate. La capitale della quinoa è un paesino tranquillo, a misura d'uomo, dove ci sentiamo subito come a casa. Stasera mangeremo qualche piatto in uno dei ristorantino presenti e poi ci coricheremo presto sognando le prime pedalate nel Salar de Uyuni.
Il Salar de Uyuni in bicicletta
Nella piazza centrale del paese Dona Esmeralda, con la maestria data dall'esperienza, sta friggendo qualcosa di familiare mentre, con l'altra mano libera versa un liquido bordeaux dal profumo aromatico in una tazza di plastica. Ogni avventore, seppur convinto di essere in forte ritardo per un qualche appuntamento, non può resistere alle fragranze sprigionate del banchetto della signora e le sedie a disposizione dei clienti di Dona Esmeralda sono già quasi tutte occupate. Ci avviciniamo timidamente spalancando gli occhi nel vedere una frittella ancora fumante servita ad un giovane lavoratore: stamattina dobbiamo fare colazione qui! Prendiamo posto e attendiamo con un po' di impazienza il nostro turno: divoriamo la frittura ancora calda e trangugiamo il delizioso liquido bordeaux! La signora, altera e seria, ci spiega qualcosa in quechua e, alla nostra espressione interrogativa, traduce tutto velocemente in spagnolo: abbiamo appena bevuto una bevanda alla quinoa. Finiamo la frittella con calma pensando a quanto sia meraviglioso imparare nuove cose del mondo e sperando che non arrivi mai l'ultimo boccone. Dopo qualche istante di incertezza sul da farsi - ci vuole un bis o è meglio ripartire? - paghiamo il conto e imbocchiamo la strada soddisfatti.
Salinas de Garci-Mendoza dista solo 15 km dall'ingresso del Salar de Uyuni e che 15 km! La strada è come un concerto rock: alti, bassi, cambio di ritmo continui... noi balliamo, "poghiamo" con le pietre, sbandiamo sui tratti più sabbiosi. Una rampa ostica mette a dura prova le bici cariche ma, appena giunti in cima, la gioia illumina le nostre espressioni stanche: il Salar de Uyuni, il più grande del mondo, appare brillando sotto le percosse insolenti del sole. Non siamo ancora arrivati, ma ormai siamo davvero vicini.
Una lenta discesa anticipa la nostra chimera, il deserto è ancora più bello di quanto immaginavamo. In questo periodo dell'anno, è inizio gennaio, il sale di Uyuni, così come quello di Coipasa, dovrebbe essere ricoperto almeno da un sottile strato di acqua ma non è così. L'arsura di quest'epoca lo ha mantenuto secco: un lungo manto bianco sul quale far correre i nostri pneumatici da viaggio verso Isla Incahuasi e la città di Uyuni, sulla sponda opposta del Salar.
Emozioni salate
Attraversare il Salar de Uyuni in bicicletta è un'esperienza incredibile, profonda e coinvolgente, difficile da descrivere a parole. Per quanto mi riguarda, dopo un'accentuata meraviglia e un'estrema curiosità, dopo decine di chilometri in sella, intensi ma monotoni con la sensazione che l'orizzonte non si avvicini mai, ho avvertito crescere l'insofferenza e la necessità mentale di vedere il paesaggio cambiare. Ogni chilometro è stato più lungo del previsto, sembrava non terminare mai e quel misticismo iniziale si è tramutato solo in attesa. Non avevo mai provato emozioni così contrapposte tra loro e l'apparizione di Isla Incahuasi è stata provvidenziale per ricaricare di energia positiva il mio umore affaticato.
I cactus giganti di Isla Incahuasi
Il principale punto di riferimento per chi viaggia in bici nel Salar de Uyuni è la suggestiva Isla Incahuasi. Questo lembo di terra rocciosa, la vetta di un'antichissimo vulcano risalente a circa 40000 anni fa, nasce dal sale innalzandosi per qualche metro sopra il deserto. La particolarità più curiosa di Isla Incahuasi è la presenza di numerosi cactus giganti che spuntano in ogni dove. Tra le grosso spine, con un po' di fortuna e attenzione, si possono scorgere diverse specie di uccelli che, temerari, si nutrono dei germogli freschi.
Il nostro arrivo sull'isola è accolto dagli sguardi curiosi dei turisti che visitano il luogo in jeep. Ogni giorno decine di mezzi si riversano in questo luogo idilliaco per scattare foto e trascorrere qualche ora in tranquillità, ma al tramonto tutto cambia: le jeep caricano veloci i loro passeggeri e riprendono la via delle cittadine che contornano il salar regalando, nuovamente, un silenzio surreale a Isla Incahuasi.
Nessuna struttura ricettiva, un paio di ristorantini e un negozio di souvenir che di notte chiudono, a Isla Incahuasi si può dormire solo in tenda perché quando viene avvolta dalle tenebre, l'aria pungente dell'altopiano torna a farsi sentire.
Ma facciamo un passo indietro... uno dei due ristoranti è gestito da un'anziana coppia e, in loro assenza, dalla figlia e dalla nipote.
Negli anni precedenti a quello del nostro viaggio in bici sulle Ande, Paola e Silvano, due amici cicloviaggiatori piemontesi, erano stati in questi luoghi e avevano conosciuto i due proprietari del ristorante. Prima della nostra partenza per il Sud America ci avevano affidato una missione: recapitare una lettera alla coppia al nostro arrivo sull'isola di cactus, ma il destino ha remato contro di noi. Sfortunatamente, nei giorni della nostra traversata salata, si stava per tenere la famosissima corsa estrema di auto Dakar e i due ristoratori, per l'occasione, si erano recati in città per fare scorte alimentari. La figlia, dopo aver confidato il nostro incarico, ci ha accolto con entusiasmo offrendoci un the caldo e ospitandoci anche a cena. La notte nel deserto è nera come la pece, ma milioni di stelle indicano il cammino e la Croce del Sud diventa per un momento la nostra bussola mentre nella mia testa suona Southern Cross di Crosby, Still e Nash.
Freddo, ma sopportabile, è l'alba quando ci destiamo per l'arrivo di una nuova orda di turisti. Seguiamo il flusso umano verso la cima di Isla Incahuasi mentre il sole sorge all'orizzonte colorando il dipinto nel quale ci troviamo.
Pedalando verso Uyuni
La palla di fuoco è già alta quando ci decidiamo a ripartire verso la città di Uyuni.
I chilometri da pedalare oggi non saranno molti e possiamo concederci ancora qualche minuto per fotografare la bella Isla Incahuasi. La sensazione di completa perdizione mi assale ancora quando iniziamo a pedalare sul fondo bianco con una meta ben precisa, ma senza vederla avvicinarsi. Uyuni e i dintorni sono affollati dai sostenitori e fans della Dakar e anche il salar è una miscela di profondi silenzi e ruggenti motori in corsa. Impieghiamo tutta la giornata per approdare nella città alle porte del deserto che in questi giorni è una Babele di colori, rumori e persone. Trovare un alloggio economico è un'impresa impossibile: le strutture, approfittando dell'evento, hanno decuplicato i prezzi e solo due posti letto in un dormitorio hanno un costo per noi accettabile. Condividiamo la grande e triste stanza con tre turisti boliviani venuti a Uyuni per assistere alla corsa: papà, mamma e figlia! Uyuni non è però solo caos: in certe vie laterali si può ancora respirare l'aria dell'altopiano e i gustosi frullati di frutta tropicale rintemprano il corpo... e lo spirito!
L'idea iniziale, prima di raggiungere Uyuni, era quella di fermarsi in città per qualche giorno ma si sa, in viaggio le idee e le strade da disegnare cambiano velocemente e qualcosa dentro di noi ci fa levare le tende prima del previsto, portandoci verso sud e il Cile.
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