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Cina, l'invasione degli ultracorpi - prima parte (il Millino)

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I viaggi sono i viaggiatori ciò che vediamo è ciò che siamo. Quel che troverete di seguito non è la verità ma la mia personale interpretazione delle sensazioni che in quei luoghi ho avuto.
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Informazioni

  • I costi: la Cina è ancora una nazione abbastanza economica, ce la siamo cavata con una media di 24 € al giorno/cad compreso qualche oggetto di artigianato locale.
  • Il Cambio all’epoca del nostro viaggio: 1,00 € = 9,25 Y (yuan)     –    10 Y = 1,08 €
  • Il clima: 46 giorni nei quali ha fatto caldo, freddo e tiepido; il clima era ottimo nello Yunnan, piovoso nel Guizhou, nebbioso a Pechino, piuttosto grigio nello Sichuan e fresco ma soleggiato nel Quinghai.
  • Le nostre stanze: sempre doppie con bagno, sempre pulite anche se spesso con poca personalità, hanno sempre l’acqua calda, asciugamani, finestra, presa di corrente, carta igienica, a volte la tv e costano tra i 60 e i 180 Y a notte ovviamente trattabili. Abbiamo sempre trovato camere libere in qualsiasi albergo quindi direi che non serve prenotare città per città, ma non tutti gli alberghi economici accettano turisti stranieri.

I viaggiatori:

  • Mag; uomo di mille virtù ha preso da Indiana Jones l’aspetto trasandato e la barba incolta, da Paperino lo spirito d’avventura, da Woody Allen il fisico atletico, da Pinocchio la voglia di lavorare, da Dylan Dog la sottile ironia, da Trinità la cura per l’igiene personale ed infine, da Brad Pitt … nulla.
  • Sabri: anch’essa donna di altrettanti pregi, da Tyson ha preso la delicatezza ed i modi garbati, da un cetaceo arenato il senso dell’orientamento, dalla mozzarella di bufala l’abbronzatura, da Kate Moss l’amore per la vita sana, ed infine, da Jessica Alba … nulla. Per contatti: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Itinerario I Parte:

da Lao Cai (Vietnam) attraversiamo il confine;
da HèKou autobus fino a Xinjie;
autobus notturno fino a Kunming;
treno notturno fino a Kaili;
rientro con treno notturno a Kunming;
autobus fino a New Dali e successivo bus fino a Dali;
autobus fino al bivio per Shaxi e successivo taxi fino in centro;
taxi fino al bivio e autobus fino a Lijiang;
autobus per Shangri-la (Zhongdian) e a ritroso fino a Lijiang;

Itinerario II Parte:

volo per Beijing (Pechino) e bus fino in centro;
treno per Pingyao;
treno notturno per Xian;
tre autobus e un taxi per Tongren;
autobus per Xining;
volo per Chengdu e successivo volo per Kathmandu (Nepal).
 
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Martedì 23 febbraio 2010 – gg 133

Ci facciamo lasciare dall’autobus all’incrocio in modo da non fare molta strada a piedi; il confine con la Cina è a poche centinaia di metri, già possiamo intravedere l’arco (se così si può chiamare) sulla cui sommità vi è un incomprensibile scritta in ideogrammi sovrastata dall’emblema della Repubblica Popolare.
I festeggiamenti per il capodanno cinese sono appena terminati. La giornata è grigia, il cielo lattiginoso e, mentre passiamo il check alla frontiera del Vietnam gli ultimi scocciatori si offrono di portarci i bagagli, sperando in qualche mancia, e provando a venderci yuan ad un tasso di cambio osceno.
Fortunatamente i nostri bagagli sono leggeri ed ho già cambiato un centinaio di euro in valuta cinese ad un mercato nel nord del Laos. Non mi sembra vero, sono mesi che aspetto di arrivarci e farla a piedi amplifica la mia gioia. I pochi viaggiatori che ci sono stati ed a cui abbiamo chiesto informazioni ci hanno detto “peste e corna” dei cinesi; “non potranno essere peggio dei vietnamiti” penso tra me e comunque non mi importa. Mentre attraverso il ponte sull’affluente del Fiume Rosso ma dall’acqua decisamente grigiastra guardo dritto davanti a me e ripenso alla mia missione. Il piano è semplice ma diabolico: entrerò in Cina come un comune turista, arriverò fino a Pechino, e lì contagerò il maggior numero di persone possibile con il virus della Laotite (detta anche: poca voglia di sbattersi) che ho contratto a Luang Prabang. Dalla capitale il terribile morbo si diffonderà in tutte le province, e presto, i laboriosi cinesi diventeranno un miliardo di sonnacchiosi nullafacenti. L’economia cinese a quel punto tracollerà e noi occidentali potremo nuovamente governare economicamente e culturalmente il mondo come abbiamo sempre fatto*.
Lo so che detto così sembra una cazzata, ma fidatevi, funzionerà!
 
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Oltrepassato il ponte si viene invitati ad entrare in un edificio in cemento e vetro per sbrigare le formalità. Sorrisi smaglianti, occhi dolci, facce da bravi ragazzi, Lonely Planet con copertina foderata di rosso, maglietta con la scritta “free Tibet” appallottolata sul fondo dello zaino. Ci mettiamo in coda per far timbrare il visto. Quando finalmente le arriviamo davanti, la signora in divisa militare, in altre faccende affaccendata, non alza nemmeno lo sguardo, ci porge un modulo da compilare e pronuncia una frase in cinese. Certo, mi avevano avvisato del fatto che i cinesi parlano solo il mandarino, ma almeno quelli impiegati in frontiera, pensavo, conoscessero due parole di inglese, invece no! Anche il modulo è in cinese, una soldatessa mossa a pietà mi aiuta nella compilazione.
Siamo qui da pochi minuti ed abbiamo già avuto un assaggio di come sarà difficoltoso comunicare con la gente per i prossimi due mesi, ma il bello deve ancora venire. Dobbiamo trovare la stazione degli autobus per andare a Xinjie, dove si trovano le risaie a terrazze più belle della Cina, ma nessuno ci capisce. Chiedo ad un poliziotto, alla gente per strada, alla reception di un grande albergo, ma niente. Possibile che nessuno riesca a capire cosa sto dicendo? Poi ad un tratto un'idea, con l’aiuto della L.P. ed un dizionario inglese-cinese che ho trovato in una guest house, disegno su un foglietto gli ideogrammi che dovrebbero corrispondere alla frase: “dov’è la stazione dell’autobus?”. Incredibile, finalmente qualcuno mi risponde, ovviamente in cinese, ma io seguo la direzione che indica il loro braccio e mostro il biglietto ogni 20 metri. In pochi minuti siamo in biglietteria, mi affretto a disegnare gli ideogrammi che facciano capire dove voglio andare ma quando la ragazza legge il foglietto scuote la testa e borbotta qualcosa in cinese. Ma no! ma come?! eppure son sicuro, l’ideogramma è quello giusto. Intuiamo che l’ultimo autobus per la nostra destinazione è partito da poco ed il prossimo partirà domani. Se fossimo in India ci sarebbero mezzi ogni 5 minuti, 24 ore su 24, ma qui no. Qui le cose funzionano diversamente. Non è neanche mezzogiorno, cosa facciamo in questo postaccio fino a domani? … giornata persa !!
Sabri ha un idea: perché non proviamo a spezzare lo spostamento in tappe? Da qui fino a Mengzi, da Mengzi fino a Gejiu e da là fino a Xinjie. Non senza qualche perplessità accetto. Partiamo puntuali su un bell’autobus pulito e moderno (uguale a quelli della viazul di cuba), io mi preparo su diversi foglietti le frasi da mostrare per acquistare il prossimo biglietto. L’autobus ci lascia nel parcheggio di una vecchia autostazione affollatissima di gente, facendoci largo a fatica tra la folla raggiungiamo la biglietteria, dietro di noi la gente pressa, finalmente è il nostro turno, ma anche questa volta la ragazza al di là del vetro scuote la testa e borbotta in cinese. E no, anche sta volta no!! Cosa starà cercando di dirci con il suo faccino a mandorla? Nulla! Non si riesce a capire nulla! L’unica cosa certa è che il biglietto non ce l’ha venduto.
Usciamo dall’autostazione e veniamo circondati da un nuvolo di tassisti che gridano, ci urlano qualcosa, ci spingono, ci tirano per la giacchetta. Sono demoralizzato, abbattuto e un pochino scoraggiato; da una deprimente cittadina di frontiera siamo passati ad una deprimente grande città. Mi sento come Marcus Brody in Egitto e nervosamente esclamo: "c’è qualcuno che parla la mia lingua ??”
“You need help ?”, sento mormorare alle mie spalle da una flebile voce, quasi avesse paura di disturbare. Mi giro e vedo un ragazzo di vent’anni, sul metro e settanta, molto più alto della media dei tassisti che nel frattempo ci stanno strattonando, e gli rispondo: “Sì, cazzo!”.
Lui ci afferra, ci mette su un taxi, ci porta nella nuova autostazione, ci compera il biglietto, ci accompagna fino al nostro bus e chiede al nostro autista di scaricarci davanti all’altro bus diretto a Xinjie. In meno che non si dica, e senza spendere un centesimo, arriviamo a destinazione. Quel ragazzo, di cui non sappiamo neppure il nome, ha insistito per pagare, ha accettato solo un ciondolo di stoffa come ringraziamento. Il primo approccio con gli indigeni direi che è stato decisamente buono, alla faccia di tutti quelli che ne avevano avuto una cattiva impressione.
 
*È uno scherzo ovviamente.
 
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Mercoledì 24 febbraio 2010 – gg 134

Xinjie è una piccola grigia cittadina, ma c’è tutto: qualche minuscola guest house che fornisce mappe delle risaie (in cinese), un albergo nel quale danno informazioni inerenti ai giorni di mercato dei villaggi circostanti, un ristorantino con dehors esterno, un piccolo ma vivace mercato del giovedì pieno di donne che indossano abiti coloratissimi, ed un grande parcheggio dove si possono affittare delle ape-car con autista per farsi scorazzare nei dintorni. Comunicare con gli omini delle ape-car non è impresa semplice, ma cartina alla mano ci si fa capire. Da qualche anno lungo la strada che porta alle risaie più famose c’è una biglietteria, ed un biglietto di 30, 60, 90 Y, a seconda di ciò che si vuole visitare. Teoricamente si dovrebbe pagare il biglietto anche per accedere solamente all’area, ma nel caso si dichiari di star andando ad un mercato, in uno dei numerosi villaggi, probabilmente vi faranno passare senza troppi problemi. Noi visitiamo da prima le risaie di Laofeng che distano solo poche centinaia di metri dal centro (gratuite); il giorno dopo quelle di Hani-Yi-Dai (gratuite). Nei giorni a seguire siamo stati alle terrazze panoramiche di Laohuzui. Qui si ha il più grande colpo d’occhio sulle risaie poiché esse si trovano molto più in basso del miradores e pertanto non è facile accedervi. Le risaie di Bada e Duoyishù, quest’ultima spettacolare all’alba, hanno invece dei sentieri che partono dal belvedere e scendono tra i campi ed i villaggi, si riuniscono al fondo valle e sboccano sulla strada asfaltata oltre la biglietteria; non è difficile intuire che volendo fare una passeggiata si possono risparmiare i soldi del biglietto; Attendendo l’alba o il tramonto abbiamo avuto il modo di incontrare i primi turisti cinesi*, sembrano simpatici, sono buffi con i loro vestiti simil-occidente mentre qui tutti gli indigeni usano abiti tradizionali. Sorridono, ci scattano delle foto e ci offrono da bere, siamo tra i pochi occidentali che bazzicano queste zone. Parlandoci mi rendo conto di quanto abbiano una visione cino-centrica del mondo, il 90% pensa che la terra sia piatta e che esista solo la Cina. Mi chiedono da quale provincia arrivo!? (Non si accorgono che sono europeo?) Capiremo solo più avanti di quanto la loro presenza sia devastante per l’ambiente.

*In Cina ci sono diverse etnie, quella principale o dominante, (cinesi di serie “a”) si chiamano Han, secondo il loro pensiero, e la politica che stanno attuando da qualche decennio, le altre etnie (cinesi di serie “b” e “c”) devono essere assoggettate, uniformate, inglobate e in fine assorbite. Il governo di Pechino sta realizzando grandi opere ed infrastrutture per modernizzare la nazione, e sta cercando di espandersi non solo nel mondo ma anche all’interno del suo stesso territorio incentivando i cinesi Han, che abitano nella sovraffollata parte est del paese, a migrare e colonizzare l’ovest che è ancora sottopopolato.Con il termine “turisti cinesi” intendo indicare sempre gli Han, che da ricchi borghesi, sono soliti comportarsi come se fossero i padroni, e forse lo sono anche. Viaggiano su grandi autobus con l’aria condizionata, rimangono sempre in gruppi, si accompagnano ad una guida turistica, subiscono moltissimo il fascino del nuovo e del moderno e non hanno molto riguardo per il passato e per la storia. La cosa peggiore di tutte è che sono tanti, tantissimi, troppi, sembrano non finire mai. Quando arrivano in un luogo, che sia esso un tempio buddista o un centro commerciale, lo invadono, lo violentano con la loro ingombrante presenza, ne stravolgono l’aspetto e l’atmosfera. Hanno due punti deboli, se così si possono definire: il primo è che hanno un’indole gentile; sono disposti a prestare aiuto (se solo riuscissero a capire cosa chiedo loro), sono ospitali e caciaroni, spesso è capitato che mi offrissero da bere e si passasse la serata insieme; il secondo è: la poca predilezione a camminare. Arrivano solo dove arriva una strada asfaltata e quando scendono dall’autobus non si allontanano mai più di 40 mt. Purtroppo il governo continua a costruire nuove strade ovunque e seminarli non è per nulla facile.
 
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Camminando lungo il sentiero che collega Bada a Duoyishù, tra una ripa e un ponticello, incontriamo due simpatiche contadine di ritorno dal mercato, sedute con le loro gerle all’ombra di un terrazzamento. Ci salutano, restiamo un attimo a parlare con loro, ci offrono anche un pezzo di raviolo al vapore, tutto sembra svolgersi in un clima sereno quando la più anziana delle due ci chiede dei soldi. Il nostro rifiuto cortese ma deciso la fa stranamente imbufalire, afferra il mio zaino e cerca di strapparmelo di mano. Sono sbigottito, non capisco come, la povera vecchietta possa pensare di farla franca, anche se riuscisse a prenderlo dove potrebbe scappare? La raggiungerei in un secondo ed, in campo aperto, avrebbe sicuramente la peggio. Infastidito dalle continue molestie e dal suo tono di voce, ormai divenuto aggressivo, mi alzo e raggiungo Sabri che, vista la scena, si era già allontanata di qualche metro. La mondina proprio non vuol mollare lo zaino e con l’ennesimo strattone mi fa cadere la guarnizione di gomma che protegge il mirino della macchia fotografica. Con insospettata agilità lo raccoglie, indietreggia di qualche passo e me lo mostra, ora esige un riscatto. La cosa si mette male, vado subito dalla signora e tendendo la mano le intimo (in italiano) “me lo ridia !”“neiooo”, scuote la testa – “me lo ridia subito !!” (sempre in italiano),  niente da fare!… ma io non posso mica alzare le mani su una povera mondina anziana… interviene Sabri, che afferra la gerla della signora e comincia a buttare la spesa nella risaia gridando: “ridagli il gomminooooo!!!!” In un attimo la vecchietta cede.
Un velo di amarezza cade su una giornata che era stata strepitosa fino ad un'ora prima.
 
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Sabato 27 febbraio 2010 – gg 137

Ieri nel tardo pomeriggio abbiamo preso un autobus con cuccetta per Kunming, dove arriviamo prima che faccia chiaro. Quando scendiamo ci troviamo in un immenso parcheggio con centinaia di altri autobus e una folla di gente che va non si sa dove. Arriviamo fino alla fermata dei bus cittadini dove una ragazzina (anch’essa mossa a pietà) si offre di aiutarci. Quindi ci assiste nel viaggio in bus, nell’acquisto del biglietto ferroviario* Kunming-Kaili e ci accompagna in un albergo consono, poi saluta e se ne va. Troppo bello così !! Non ci resta che gironzolare random tra le vie del centro. Ho detto vie?! mi sono sbagliato, volevo dire viali quattro corsie, con tanto di pista ciclabile, percorso disabili, ed ampi marciapiedi ombreggiati da centinaia di alberi ad alto fusto. Certo è facile quando non si ha un centro storico. Il sole splende e la temperatura è mite, passeggiare è molto piacevole, visitiamo anche qualche tempio scintoista e taoista. Tutto appare molto pulito ed ordinato, sembrano fatti ieri (e probabilmente lo sono), al momento non sono frequentati da molti fedeli, ma sarà l’orario, c’è anche un cartello che in cinese dice: “vietato accendere ceri”. Mi vien da pensare che la gente non sarà molto incentivata a venire.
 
* acquistare un biglietto ferroviario non è facile come sembra, nelle grandi città le stazioni sono molto affollate, ed hanno una doppia biglietteria, la prima per i treni che partono in giornata, la seconda per tutti gli altri. Si possono fare anche ore di coda al posto sbagliato, oppure, fosse anche il posto giusto, ma se la signorina per quanto paziente non riuscirà a capire cosa volete cercherà di allontanarvi per far passare il prossimo utente che alle vostre spalle sta già scalpitando. Fortunatamente le stazioni sono presidiate dall’esercito e se qualcuno in modo un po’ troppo sfrontato cercasse di superarvi sarebbe sicuramente centrato da qualche cecchino appostato sui tetti. Orari di partenza, destinazioni, ipotetici ed imperscrutabili cambi, cuccetta o posto a sedere e disponibilità o meno alla data richiesta, sono tutte cose che complicano la vita. È meglio arrivare armati di pazienza e di bigliettini con le domande già scritte, meglio ancora portarsi anche i bigliettini con le risposte tra le quali l’interlocutore potrà scegliere.
 
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Domenica 28 febbraio 2010 – gg 138

Stasera andiamo in treno fino a Kaili, dove nei prossimi giorni dovrebbe svolgersi la più importante festa dell’etnia Miao. Arrivati con il solito anticipo, ci accorgiamo che le stazioni ferroviarie cinesi non sono organizzate come le nostre, ma bensì, come un aeroporto; non è possibile entrarvi se non si ha un biglietto, ci si mette in coda davanti al proprio gate e si attende finché, all’ora prefissata, un militare aprirà il cancello e, come se fosse una hostess, procederà all’imbarco. A quel punto, tramite un percorso obbligato, si accede direttamente al binario dove il treno è, ovviamente, già arrivato. Davanti ad ogni vagone c’è un inserviente in uniforme che prende il nostro biglietto, lo inserisce ordinatamente in un apposito astuccio e ci da in cambio una tessera magnetica, dopo di ché ci accompagna al nostro posto. Tutto questo sotto l’occhio vigile dell’esercito (interessante notare che invece non ci sono controlli di sicurezza) All’interno del vagone tutto è pulito e ordinato, le lenzuola sono bianche e profumate. Un omino passa a pulire ogni due ore, alternandosi con l’omino che porta le vivande (per lo più zuppe in scatola, zampe di gallina ed altre schifezze), con l’omino che la sera tira le tende ed al mattino le riapre, con l’omino che spegne e accende le luci a seconda del fatto che si possa dormire o no ed in fine con un omino che mezz’ora prima dell’arrivo viene a svegliarvi, a riprendersi la tessera magnetica e a restituirvi il biglietto. E pensare che sui nostri treni le cuccette sono state abolite e non è raro essere punti da una zecca o qualche altro parassita. I nostri controllori li vedi una volta ogni mille km e quando ne cerchi uno non c’è mai. Inoltre le stazioni piccole sono state chiuse per motivi di budget mentre quelle grandi sono ritrovo di sbandati e senza tetto. Nel clima caotico di una stazione Termini o di una Milano Centrale, tra i vari scioperi e ritardi, mi chiedo come facciano i turisti stranieri a salire sul treno giusto...
 
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L'avventura di Mag e Sabri in Cina non è mica finita qui... non perdetevi la lettura della seconda parte del viaggio!!!

 
 
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Mag