La Cambogia è un paese piatto, facile per i cicloviaggiatori a parte un paio di aree isolate come la remota provincia di Ratanakiri e la selvaggia catena montuosa dei Cardamomi nel sud-ovest del paese. Non c'è motivo che spinga i ciclisti a passare di qui se non il masochismo e noi un po' di dolore ce lo vogliamo procurare. Saltata l'area vulcanica orientale per mancanza di tempo, ci restava il sud-ovest e proprio lì ci siamo diretti negli ultimi giorni di validità del nostro visto cambogiano.
I monti Cardamomi in un tempo non troppo lontano erano lande di conquista per
boscaioli illegali e bracconieri spietati; le strade di
Krong Koh Kong, porta d'accesso della regione situata al
confine thailandese, erano bazzicate da spacciatori, giocatori d'azzardo e delinquenti in cerca di una notte di divertimento e sballo con prostitute bambine vendute per pochi spiccioli. Le cose per fortuna sono cambiate negli ultimi anni: il verde polmone che ricopre i pendii delle montagne attira sempre più amanti della natura e dell'avventura, il
parco nazionale Botum Sakor ed il corridoio per la conservazione che si sviluppa lungo la
strada nazionale n° 48 custodiscono solo alcune delle meraviglie naturali della regione ed anche se il turismo è per ora un bambino ancora in fasce, molto debole e vulnerabile, la via verso uno
sviluppo sostenibile ed eco-compatibile sembra imboccata.
Noi cercheremo di solcare questa traccia, pedalando sotto il sole che col passare dei mesi diviene sempre più cocente.
Phnom Penh è alle spalle ormai da un po' quando iniziano le prime dolci e lievi colline. Un tamarindo a bordo strada offre riparo e refrigerio ai nostri fisici ormai svuotati del superfluo ed una giara piena d'acqua nel giardino di casa di un ciarliero cambogiano incuriosito ci regala una doccia fredda dal sapore dolce come il miele.
Il
porto di Sre Ambel sancisce l'ingresso nel cuore dei
Cardamomi meridionali e la sensazione di trovarsi in un avamposto di frontiera è acuita dallo sguardo sospettoso delle anziane commercianti al mercato e dalla camera con l'intonato scrostato e le colonne di formiche alla porta. Quattro estoni, le pance prorompenti tipiche degli amanti della buona tavola e della birra fresca, ci raggiungono in sella alle loro bicicletta mentre boccheggianti trangugiamo tre succhi di zucchero di canna l'uno in fila all'altro.
Viaggiano leggerissimi, tre-cinque chili di materiale al massimo a testa, stanno pedalando
da Ho Chi Mihn a Bangkok ed i volti bruciati ricoperti di crema solare a proteggere la pelle, rivelano il salto climatico subito in un tempo troppo breve per essere assimilato.
Un piccolo stagno al lato della strada, tra capanne di contadini e campi coltivati, è l'habitat ideale del
martin pescatore, divenuto ormai un fido compagno di viaggio nel nostro incedere nelle umide pianure d'Oriente che lentamente si coprono di immense foreste di mangrovie tra le cui radici trovano riparo decine di specie animali. Andoung Tuek era, fino al 2008, un paese diviso a metà dal fiume Tatai, ostacolo naturale sul percorso verso ovest oggi superato con uno dei quattro ponti costruiti in cooperazione tra Thailandia e Cambogia lungo il
corridoio dei Cardamomi. Una barca allungata e sgangherata ci porta verso nord per una breve escursione al tramonto e tra le radici delle mangrovie ancorate sulle sponde del fiume, avvistiamo qualche timido volatile.
Non appena si entra nella zona del
parco nazionale Botum Sakor la strada si impenna e le nostre gambe ormai avvezze alla rotonda pedalate di pianura, inveiscono sputando acido lattico ad ogni strappo. Il panorama è struggente: distese verdi infinite si stendono innanzi ai nostri occhi ed il traffico irrisorio ci permette di godere la Natura nel reverente silenzio che essa merita.
Ananas grandi come angurie fanno bella mostra di sè sulle bancarelle di Trapaeng Rung affiancate da frutti strani e sconosciuti, immensi, colorati e dall'aspetto invitante. Un'altra collina passa sotto le nostre ruote, ed un'altra ancora quando finalmente all'orizzonte il sole riflette i suoi raggi ormai dorati del tramonto su una superficie piatta che ammiriamo per la prima volta dalla nostra partenza, 6000 chilometri fà: l'oceano! Krong Koh Kong e la Thailandia sono lì sotto di noi e dopo esserci voltati per salutare
i monti Cardamomi, degni rivali di questi ultimi giorni, ci sediamo su una roccia a strapiombo nell'attesa che il sole scenda sulla foresta e sulla nostra esperienza cambogiana: domani sarà di nuovo
Thailandia!
Questo articolo fa parte del diario di viaggio tenuto in diretta del progetto Downwind. Se volete leggere le altre puntate, ecco qui tutti gli articoli dei nostri dieci mesi in bicicletta nel sud est asiatico. Chi non riesce a lasciare casa senza salire in sella ad una bicicletta, potrà scoprire qui le strade più belle del Sud Est Asiatico da fare in bici!
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