Cosa succede quando un giornalista trova una vecchia bicicletta in uno scantinato e decide di trasformarla in un simbolo, in un mezzo che ispiri l'uomo a realizzare con le gambe i propri sogni?
Dario La Rosa, in arte Pablo Dilet, ci racconta la vera storia della bicicletta Libertà...
Una bici d’epoca per raccontare la libertà, dove hai recuperato questo mezzo storico? Hai scoperto qualche curiosità sulla sua lunga storia?
La parola Libertà doveva essere abbracciata da una bici, questa era l’idea. Serviva la bici giusta, quella che da sola potesse già raccontare una rivincita, una libertà appunto. Da buon giornalista a caccia di storie, chiedendo qui e là, mi sono imbattuto in questa Wolsit del 1920. Era in uno scantinato di quella che fu una vecchia casa a luci rosse di Palermo ed oggi locale tra i più belli in assoluto della città (I Candelai). La bici era appartenuta alle forze dell’ordine a cavallo fra le due guerre e, fra tante avventure, finita lì come uno scheletro senza bara. Quando l’ho vista ho subito pensato che non ci sarebbe stato nulla di più emozionante che ridare libertà ad un oggetto ormai destinato a finire i suoi anni senza un vero uso. Così l’ho caricata sulla mia Vespa è ho iniziato letteralmente ad accarezzarla fino a trovare la giusta ispirazione.
Come è nata l’idea di raccontare un concetto così complesso come la libertà con un oggetto così semplice come la bici?
Come ho fatto per altri miei progetti, sono partito da una parola per poi arrivare all’opera artistica. In questo caso la parola era Libertà. Ho riflettuto sul suo concetto e ho deciso di concentrarmi su ciò che la produce, che sia essa una condizione fisica o mentale. La libertà la si conquista con le nostre gambe e, se è ovvio per noi uomini camminare, non lo è per la bici, ovvero un mezzo che si muove grazie alla nostra forza. E’ intorno a questo concetto che ruota il lavoro artistico.
Che interventi hai dovuto effettuare sulla bici per farla rivivere? Hai fatto tutto da solo o con l’aiuto di uno specialista?
Rimetterla in sesto non è stata un’operazione impossibile ma non sarei riuscito senza l’aiuto di un poeta della bicicletta. Si chiama Massimo Cannatella, un’istituzione a Palermo. Nei primi del Novecento suo nonno iniziò a costruire telai d’acciaio, poi il padre che diventò un nome nel settore delle corse ed infine lui, che ha realizzato biciclette ispirandosi ai grandi artisti internazionali. Ma questa è una storia a sé e merita davvero un capitolo a parte. L’idea era quella che la bici mantenesse intatto il suo cuore: non un restauro conservativo e neanche uno stravolgimento delle sue parti essenziali. E’ stato fatto quel lavoro a mano che consente a chi ama una cosa, come un’idea, di poterne davvero essere parte. La bici è stata smontata, scartavetrata a mano, ingrassata e infine dipinta, in parte a mano, dopo che le lettere della parola libertà erano state installate nel suo telaio.
Tu sei un giornalista, ma anche un artista… da dove nasce il tuo nome d’arte Pablo Dilet?
Tutto è nato dall’arte della parola. Volevo creare qualcosa legato al valore delle cose che diciamo ed allo stesso tempo di fisico, tangibile. Ne è nata una installazione in cui ho ricostruito la parola Thank You con dei mattoncini di lego, così come è da costruire il valore che ci sta dietro. Allora non pensavo che questo lavoro, a metà fra arte e comunicazione, potesse essere così apprezzato e allora ho scelto uno pseudonimo (Pablo giusto per citar Picasso e Dilet da Diletto, divertimento). Da lì in poi è stato un crescendo di bellissime esperienze come il Welcome Carpet, un maxi tappeto formato da stoffe donatemi in rappresentanza delle tante culture straniere presenti a Palermo, o Plastic, un lavoro contro l’inquinamento in mare da plastica che è stato prodotto dall’Area Marina Protetta delle Egadi e dal Comune di Favignana e che ha avuto una tartaruga come protagonista. Era piccola e aveva ingoiato un tappo di plastica, è stata salvata e quel tappo è stato ingabbiato nell’installazione come simbolo di speranza.
Quando presenterai la bicicletta – Libertà?
La bici sarà presentata a Palermo il 2 febbraio presso lo spazio Cannatella, un loft d’arte e bici che fa capo al poeta/biciclettaio di prima. In seguito spero possa girare nelle scuole e nelle piazze fra chi avrà voglia di sentire una storia che parla di libertà, riuso e mobilità sostenibile. Un viaggio che è solo all’inizio.
Hai mai pensato di organizzare un viaggio in sella a Libertà, magari sulle strade d’Italia?
La mia idea è proprio quella. Che Libertà possa essere presente lì dove si crede che con le proprie gambe si possano realizzare i sogni più belli.
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