La bicicletta è un mezzo che, nel corso dei decenni, ha acquisito diverse sfaccettature accompagnando la vita di migliaia di donne in cerca di uno spazio dignitoso nella società, dando un senso a lunghe giornate di lavoro o viaggio, scivolando sul fango o su strade bianche che sembravano infinite. Dalla prima grande cicloviaggiatrice, Annie Londonderry, che di una bicicletta fece il suo mezzo ideale per viaggiare, alle storie di resistenza delle staffette partigiane che senza le due ruote non sarebbero arrivate dove venivano aspettate, le donne in bici hanno scritto una pagina importante e indimenticabile della Storia.
Quel cespuglio...
Il respiro era affannato per lo sforzo, lo sguardo attento ad ogni movimento. La pattuglia si stava avvicinando disordinata tra risate beffarde e schiamazzi da osteria. La Cesarina conosceva bene la strada da Modena, ma ogni volta superare i cinque posti di blocco verso Bologna era un terno al lotto. Aveva nascosto la bicicletta dietro un grosso cespuglio che però sembrava piccolo davanti all'avanzata della pattuglia.
Il cuore iniziò a battere forte, più forte delle volte passate, eppure la strada era sempre quella. Quando gli uomini si fecero vicini la Cesarina non cedette alla paura, restò immobile e per un attimo smise anche di respirare.
Erano gli anni della Resistenza in bicicletta, quelli delle donne che percorrevano chilometri su chilometri per consegnare messaggi e informazioni, ma anche armi. Erano gli anni dei partigiani che combattevano tra le montagne e delle coraggiose staffette come la Cesarina che affrontavano quasi ogni giorno 40 km in bici (e che bici!) per essere d'aiuto nella lotta per la libertà.
In giro per il mondo in bici
Facciamo un passo indietro spostandoci dall'altra parte del mondo, negli Stati Uniti. Correva l'anno 1894, più di un secolo fa, e Annie Londonderry con la sua scomoda gonna si apprestava a compiere un'impresa: salì sulla sua Columbia e iniziò una delle più grandi avventure al femminile di tutti i tempi, il giro del mondo in bicicletta. Prima di questa donna mai nessuna aveva tentato un'impresa del genere, dopotutto la bici era vista come un mezzo inadeguato alla grazia del gentil sesso.Quello di Annie non fu un viaggio semplice, no di certo. Le insidie da superare furono molte ma il lento incedere per il globo cambiò qualcosa nella giovane donna. Iniziò a usare i pantaloni (mi sembra di sentire le signore composte di un tempo che sussurrano all'orecchio dell'amica "Oh my God, it's horrible!") molto più pratici e comodi per andare in bicicletta e pian piano nacque in lei la consapevolezza che stava facendo quello che solo gli uomini fino a quel momento avevano fatto ossia andare in bicicletta... questa fu l'inizio di una vera e propria rivoluzione! (Foto: annielondonderry.com)
Staffetta in bicicletta
Quando i nazisti, dopo un grosso rastrellamento, costrinsero gli abitanti di Bassano del Grappa ad assietere all'impiccagione dei prigionieri, qualcosa scattò in Tina. La Anselmi - che in seguito scriverà un appassionante libro La Gabriella in bicicletta. La mia resistenza raccontata ai ragazzi - divenne una staffetta partigiana per la brigata Cesare Battisti. Ogni giorno Tina percorreva decine di chilometri evitando i posti di blocco recapitando messaggi importanti. Fu la prima donna a diventare ministro della Repubblica Italiana.Un manuale d'acquisto e manutenzione della bici
Era il 1896 quando uscì fresco di stampa il libro di Maria Ward Bicycling for Ladies, una guida completa all'acquisto e alla manutenzione della bicicletta per donne.Maria Ward credeva che la bici concedesse una libertà e un'indipendenza mai avute prima, ma anche che la totale indipendenza potesse essere raggiunta solo imparando le basi della meccanica e le buone norme per mantenere al meglio il proprio mezzo. La donna doveva usare la bici ma doveva essere in grado anche di ripararne i guasti. Il libro fu innovativo per l'epoca e assolutamente utile a centinaia di donne in bicicletta.
La professoressa staffetta
Ogni giorno Alma guardava quei monti severi e pallidi prima di salire in bicicletta e pedalare fino al Cadore dove i partigiani l'attendevano. Doveva passare il confine, quello tra il terzo Reich che aveva invaso anche la provincia di Belluno e l'Italia, il modo migliore per farlo ovviamente era con l'ausilio della bicicletta.A quei tempi la valle era percorsa dalla ferrovia, oggi pista ciclabile delle Dolomiti ma ad Alma Bevilacqua non importava: in bici poteva percorrere stradine secondarie o tagliare per i boschi in caso di controlli a tappeto. I tedeschi non conoscevano i luoghi che avevano invaso come lei, lei che era sempre stata chiamata immigrata da quando aveva lasciato Bologna, lei che tra quelle montagne si sentiva a casa.
I tedeschi non potevano prenderla. Alma e la sua bici erano veloci e attente a non farsi scovare, i tedeschi impazzivano di rabbia e misero una taglia sulla testa della giovane donna, 50000 lire, ma non servì a niente...
Nel suo libro, firmato come Giovanna Zangrandi, I giorni veri. Diario della Resistenza scrisse: "No, le camere d'aria della bici non vanno bene, toppe e toppe, sotto i ponti dei torrenti a cercare il buco, i miei amici mi ritengono fortunata perchè possiedo tre levacopertoni e un tubetto di mastice..." (Foto Museo Galvani)
Tutti possono andare in bicicletta
Kittie Knox, una sarta dalla pelle mulatta ebbe la tessera della League of American Wheelmen già nel 1893. Donna libera e coraggiosa si presentò al raduno annuale della Lega nel 1895 nonostante l'anno prima la possibilità di associarsi fosse stata limitata ai soli bianchi.Kittie aveva una bici e una tessera valida per accedere, ma non era una bianca e nemmeno un uomo.
La situazione ambigua scatenò molte polemiche durante le quali tanti ciclisti supportarono Kittie Knox e la sua determinazione. Lei amava la bicicletta e non voleva rinunciare al piacere di una pedalata in compagnia, mai e poi mai lo avrebbe fatto.
La bicicletta, e ancora una volta una donna, insieme per combattere pregiudizi e segregazione razziale, per ottenere un'uguaglianza da sempre ambita. (Foto: bikeleague.org)
Potrei parlare per ore di donne in bici che con forza di volontà e grande coraggio hanno lottato per cambiare e migliorare il nostro mondo, ma forse finirei con l'annoiarti.
La bicicletta come mezzo di resistenza, la bici ribelle, la bici come due ruote di cambiamento, la bici come veicolo di libertà e insieme alla bicicletta la battaglia della donna per l'uguaglianza, per ottenere gli stessi diritti dell'uomo, per poter indossare pantaloni e poter scegliere come vivere, una lotta dura che ha ottenuto grandi risultati ma che, purtroppo, in molti paesi non ha ancora avuto fine... La battaglia continua!
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