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Pollino in bici: magica traversata da Villapiana a Rocca Imperiale
Ci mancava. La Calabria in bici era un led spento nella nostra mappa virtuale delle regioni italiane pedalate. Certo, non si può dire che in questo nostro #noplansjourney l’abbiamo esplorata nella sua totalità, ma ci siamo concentrati con dedizione su una delle sue aree naturalistiche più pregevoli, studiando un itinerario più vicino possibile alle nostre corde: tosto, divertente, ricco di spunti culturali ed avventuroso al punto giusto. Il risultato è stata questa traversata del Parco Nazionale del Pollino in bici da Villapiana a Rocca Imperiale, con qualche sforamento in terra lucana.
Dati tecnici
Traversata del Parco Nazionale del Pollino
Partenza/Arrivo | Villapiana Lido - Rocca Imperiale Marina |
Tempo | 2-3 giorni |
Dislivello | 3400 m |
Lunghezza | 128 km |
Tipologia di strada |
80% Asfalto
20% Sterrato
|
Bici consigliata |
Gravel
Bici da viaggio
|
Difficoltà | |
Panorama |
Perché siamo andati nel Pollino
C’è da fare una debita premessa e con essa, uno speciale ringraziamento. La scelta del Parco Nazionale del Pollino è stata fatta per due motivi.
Prima di tutto perché era la meta più settentrionale di Calabria e quindi vicina alla nostra rotta, ma se conosci la nostra indole almeno un pochino, sai che la distanza non è un parametro sufficiente a farci scegliere una località piuttosto che un’altra. La causa principale della nostra esplorazione del Parco Nazionale del Pollino sono Pilar e Christian, amici di Amici di Valigia, che ci hanno accolto e coccolato a Maranola, nel Lazio, per qualche giorno durante il nostro passaggio in quella regione (ah... prima o poi ti parleremo anche di quelle zone, gli Aurunci ci hanno ammaliato e stupito!). I loro racconti ed elogi sul parco diviso tra Calabria e Basilicata ci hanno convinto a fare sosta lì… il fatto che poi siano venuti a trascorrere qualche giorno con noi, facendoci conoscere persone stupende come Roberto e la sua famiglia, non ha fatto altro che consolidare la nostra scelta.
Traversata del Pollino. Ma lo è veramente?
Quella che noi abbiamo definito traversata del Pollino in bici è in realtà un azzardo… non perché in effetti non si tratti di un percorso che attraversa il parco nazionale tra Calabria e Basilicata, ma perché essendo il secondo più grande d’Italia (nel primo ci abbiamo pedalato spesso, grazie alla Via Silente!), si può facilmente intuire come sia difficile, in un viaggio itinerante, studiare una traversata completa che includa tutte le aree del parco.
Nella scelta dell’itinerario da raccontarti, selezionando tra i molti chilometri pedalati nel Parco, abbiamo privilegiato un percorso che può facilmente diventare un anello, seguendo la costa ionica. Personalmente abbiamo impiegato tre giorni a concludere la traversata del Pollino in bici ma viaggiando scarichi è possibile effettuare il tragitto in due giornate e per i più allenati si potrebbe anche pensare ad un itinerario di un’unica giornata… in quest’ultimo caso però si lascerebbe troppo poco tempo, a nostro parere, per ammirare le bellezze sparse sul territorio, quindi se hai deciso di seguire questa traversata in bici del Pollino, prenditi una manciata di giorni e dedicane un po’ alle tante attrazioni presenti.
Come ti dicevo, nel nostro girovagare, abbiamo anche percorso diverse strade del parco. Abbiamo però preferito lasciare ad altre narrazioni il compito di raccontarti il nostro “inseguimento” della vecchia ferrovia da Lagonegro a Spezzano Albanese, tra Basilicata e Calabria, in parte anche nel territorio di un altro parco nazionale, quello dell'Appennino Lucano.
Il percorso della nostra Traversata del Pollino
Bando alle ciance. Finite queste due premesse, vediamo il percorso che abbiamo seguito su e giù per le strade del parco nazionale del Pollino... e tu dirai: finalmente!
Villapiana è un paese di mare, adagiato nella piana di Sibari, con tutti i servizi necessari se ti volessi fermare qualche giorno a soggiornare ed è una comoda base di partenza per il tuo viaggio in bici nel Pollino.
I primi chilometri di questa traversata sono un riscaldamento su strade anche un po’ trafficate, ma pianeggianti e obbligate se non si vuole aggiungere troppa strada al percorso prima di iniziare la salita. Si segue l’andamento del torrente Raganello che in questa zona ha un alveo largo e ramificato. Passata Francavilla Marittima la vallata si stringe, le prime propaggini montuose si fanno più vicine e le pendenze iniziano a diventare positive. Si attraversa il torrente ed oltre il ponte la strada, la SS105, si impenna. Un lento ma inesorabile serpeggiamento permette di superare, con quattro tornanti, il primo gradone verso le alte quote del Parco.
Sulla destra, dove la strada spiana, Roberto ci attende. La sede della sua associazione Falconieri dei Sette Venti è in una posizione meravigliosa: ampi terrazzamenti si affacciano sulla vallata, il prato è curato e pieno di ulivi. Cani, galline, anatre e altri animali scorazzano mentre i rapaci riposano maestosi sui loro ceppi. Le piattaforme sugli alberi per piantere la tenda sono una tentazione forte, ma dobbiamo pedalare. Roberto fa fatica a far capire alla gente che il suo lavoro con i rapaci non ha nulla a che vedere con la caccia e che la conservazione di alcune specie passa anche dall'allevamento di animali in cattività che potrebbero essere poi reintrodotti nei loro ambienti in caso di esigenza. Ma la sua passione, tangibile e coinvolgente, ci ha convinto subito. Nei giorni scorsi ci ha condotto alla scoperta del suo territorio, ci ha fatto provare le specialità della tavola calabrese e ci ha concesso il privilegio di vivere esperienze uniche per cui lo ringrazieremo sempre. Se in Italia ci fosse un Roberto in ogni paese, riusciremmo a valorizzare molto di più e meglio il nostro territorio, questo è sicuro!
Oggi ci soffermiamo solo un attimo per salutare Roberto, Loreta e i loro figli e poi riprendiamo velocemente la marcia verso Civita, non troppo lontana.
Civita, un nido sulle gole del Raganello
A 450 m di quota, Civita è un piccolo gioiellino all'interno del Parco e della riserva naturale delle Gole del Raganello. Dalla sua posizione, abbarbicata su uno sperone roccioso a ridosso delle gole, ne deriva anche il nome (Qifti, aquila, da cui nido d'aquila).
Insieme ad altri paesi della zona, è tra le storiche comunità arbëreshët, minoranza albanese che giunse qui dal 1480 fino al XVIII secolo, in seguito alla conquista delle loro terre da parte dei turchi-ottomani. Le scritte in paese sono tuttora in lingua albanese così come le tradizioni: nella chiesa di Santa Maria Assunta si celebra la liturgia bizantina. Passeggiando per vicoli e viuzze si incontrano alcune case dall'aspetto antropomorfo: le famose "case Kodra" (in onore di un artista albanese che le ritrasse), con il comignolo a rappresentare il naso, le finestre disposte ai lati per indicare gli occhi ed un'apertura in basso a sostituire la bocca. Sembrerebbe che queste abitazioni fossero realizzate in tal modo per spaventare il diavolo che si aggirava più a valle, nei pressi del Ponte del Diavolo.
Questa opera ingengeristica di estrema difficoltà venne realizzata nel XVI secolo, ma nel 1998 crollò a causa di un violento temporale. Dal 2005 è possibile rivederlo in tutto il suo splendore grazie alla rapida ricostruzione. La leggenda vuole che il Diavolo avesse costruito il ponte in una notte di temporale, su richiesta di un proprietario terriero. Il patto prevedeva però che il Diavolo ottenensse in cambio l'anima del primo passante. Una volta edificato il ponte, il latifondista astuto fece passare per prima una pecora ingannando così il diavolo.
Grazie alla presenza di queste peculiarità architettoniche e alla sua posizione privilegiata sulle gole del Raganello, Civita è bandiera arancione del touring club e uno dei Borghi più Belli d'Italia.
Da Civita a Terranova, che strada!
Avendo già visitato Civita e il Ponte del Diavolo negli scorsi giorni, ci limitiamo a fare provviste, bere un caffè e prendere informazioni sulla strada verso San Lorenzo Bellizzi e Alessandria del Carretto, mete che abbiamo pianificato di raggiungere. Ci informano che probabilmente in alto la strada è franata e difficilmente si riuscirà a passare, ma un video spiato sul telefono di un astante del bar ci convince che, seppur spingendo, dovremmo riuscire a far passare bici e carrellino verso il lato opposto del parco. Non vogliamo rinunciare all'esplorazione della strada verso il colle Marcione e quindi torniamo sui nostri passi per un po' ed imbocchiamo la ripida salita già programmata. Uno strappo e poi le pendenze si addolciscono. Il colpo d'occhio è suggestivo e l'avanzata molto lenta. Una birra e un panino al ristorante Pino Loricato, ultimo punto di ristoro verso il colle, ci ritemprano e ci fanno riprendere la marcia con più vigore. Si sale a tornanti e strappi, poi la strada spiana leggermente ed in breve si giunge al Colle Marcione (1220 m). Il vento sferza la pelle doloroso mentre la Timpa Porace domina il panorama ad Oriente. Le nubi corrono impazzite coprendo e scoprendo le cime della Serra Dolcedorme (2267m) e del Monte Pollino (2248m), le più alte del parco.
La discesa è solo un'illusione perché la strada ben presto riprende a salire. Non prima di aver abbandonato il suo fondo asfaltato ed essere divenuta sterrata. L'incedere rallenta, i muscoli si tendono. L'attenzione, prima dedicata al paesaggio, ora si sposta sul fondo stradale. Nala corre libera e felice. Noi arranchiamo. Il vento non dà tregua, la salita neppure. Passiamo qualche malga in quota: certo che la vita quassù dev'essere tosta!
I Pini Loricati si vedono apparire tra le nubi di tanto in tanto, lassù. Lontani. Le ore passano veloci e quando ormai manca poco al fatidico incontro/scontro con la frana, troviamo un prato idilliaco. La luce del tramonto ci conquista e lasciamo le bici per dedicarci alla contemplazione di un luogo tanto ameno quanto solitario. Decidiamo che per oggi può bastare e ci fermiamo per la notte qui, protetti dalla Timpa Falconara e dalle fronde di una roverella a 1400m.
L'indomani il cielo plumbeo non ci regala un'alba in grande stile, ma comunque ili risveglio nel bosco è sempre qualcosa di unico e piacevole. Troviamo una fonte poco oltre il nostro giaciglio notturno e ricarichiamo le scorte d'acqua. Eccola, la tanto temuta interruzione della strada. Abbandoniamo le bici e andiamo in perlustrazione ma il primo crollo è facilmente superabile a spinta mentre il secondo è bypassabile salendo un po' più a monte: le preoccupazioni erano eccessive e il passaggio in fondo si è rivelato un gioco da ragazzi. Il premio ora è una meravigliosa strada che taglia il pendio proprio ai piedi della Timpa Falconara... non vorremmo più andarcene ma poco oltre inizia la discesa e con essa riprende l'asfalto.
Consultiamo la mappa e notiamo che per raggiungere San Lorenzo in Bellizzi e Alessandria del Carretto dovremmo scendere per poi risalire. Il cielo minaccia pioggia e le nubi basse celano il paesaggio... una strada verso sinistra si inoltra nel parco con le indicazioni verso Terranova di Pollino. Non ne conosciamo lo stato, ma l'imbocco sembra buono e così rischiamo: è tutta una discesa sterrata meravigliosamente incastonata nella vegetazione. Solo verso la fine, quando ormai siamo già su asfalto, si scende in picchiata verso il torrente Sarmento per poi risalire in paese. La traversata d'alta quota finisce qui, nel comune lucano più decentrato che possa esistere. Riprendiamo fiato, mangiamo qualcosa e siamo pronti a fuggire nuovamente dalla pioggia.
Da Terranova a Oriolo, un ottovolante in bici
Oltre Terranova di Pollino di certo le quote non saliranno più su livelli di guardia ma comunque i dislivelli non mancheranno. Le strade sono tutte asfaltate ma prive di traffico eccessivo, fatta eccezione per un breve tratto di SS92 prima del bivio verso Cersosimo.
Ma facendo un passo indietro, torniamo al percorso. La strada SS92 segue il flusso del torrente Sarmento restando inizialmente in quota per attraversarlo più a valle, precipitando sulle sue sponde con un paio di tornanti. Poco oltre si devia dalla statale imboccando la via verso Cersosimo che risale vigorosa e aggira una piccola valletta. In compagnia di un nuovo innamorato di Nala, usciamo dal paese scortati. Si sale costantemente ma senza troppa difficoltà. La strada è un arzigogolato gomitolo di tornanti e contro-tornanti che seguono il pendio roccioso. La vallata si apre, la strada scende su un altro ponte per riprendere l'ascesa, nuovamente in territorio calabrese. Il paesaggio sembra quasi quello delle colline toscane, con infiniti prati verdi e la brezza pomeridiana a rinfrescarci. Scambiamo quattro chiacchiere con un pensionato a bordo di una sgangherata quanto efficiente panda quattro per quattro... probabilmente la macchina più popolare da queste parti. L'arzillo vecchietto ha una gran voglia di parlare e nei suoi occhi vivace appare una velatura di amarezza quando ci racconta di avere tre figli che vivono in Lombardia. Il territorio montuoso del parco offre poche possibilità lavorative e i giovani lasciano la terra natia, un piccolo paradiso naturalistico, per le frenetiche e affollate città del Nord, Italia e Europa.
Ancora qualche metro di salita e la strada aggira le colline, precipitando poi verso Oriolo.
Oriolo e Rocca Imperiale… borghi da amare
Oriolo nacque come fortezza a difesa dei cittadini scappati dalle coste per rifugiarsi dalle continue incursioni dei saraceni. Oggi è anch'esso parte dei Borghi Più Belli d'Italia ed è stato insignito della Bandiera Arancione del TCI. Il castello aragonese è attorniato da un borgo medievale splendido e la sua posizione arroccata lo fa svettare imponente sul centro più moderno. La luce del tramonto ci regala uno scorcio ancor più suggestivo sul paese. La nostra giornata però non si è ancora conclusa e dobbiamo proseguire verso Nocara. Ci viene suggerita una scorciatoia, ma si sa, più breve è la salita e maggiore sarà la pendenza. Non pensavamo però fosse una rampa da cappottamento! In ogni caso, giunti sulla linea di cresta, lo sforzo è ampiamente ripagato: l'ultima luce del sole scalda l'orizzonte, infinito da quassù. Troviamo una casa vacanza chiusa con un bel prato dinnanzi, l'unico riparato dalla potenza del vento e così ci fermiamo qui per la sera. Più tardi arriverà il proprietario che, gentilmente, ci offrirà anche dell'acqua e la luce... non poteva andarci meglio per oggi.
L'ultima giornata della nostra traversata è in realtà una mezza giornata... si inizia a pedalare di buon'ora per affrontare la salita a Nocara con il fresco. Certo che da queste parti le strade tagliano perpendicolarmente le linee di livello, senza alcun rispetto per noi poveri ciclisti! Anche questo borgo abbarbicato in cima ad una collina ci regala incontri e storie da raccontare: Antonio, il fruttivendolo con il suo camioncino che proviene da Rocca Imperiale, ci invita a provare i suoi limoni e non riusciamo a dire di no... una delizia che scopriremo soltanto più tardi essere anche IGP!
La picchiata verso il mare ci fa passare da Canna e poi raggiungere il fiume omonimo. Rocca Imperiale è un bel borgo dominato dal castello Svevo e richiede una breve risalita per essere raggiunto. Visitiamo il castello che in realtà non presenta ormai più grandi evidenze architettoniche riferibili a Federico II di Svevia (XIII sec) ma molto più marcato si nota l'intervento di Alfonso d'Aragona (XV sec). Passeggiare, anche in bici, per il borgo è piacevole e scendere dal castello nemmeno troppo complicato. Le viuzze di case bianche invitano a perdersi per poi ritrovarsi seguendo il campanile della Chiesa Madre dedicata all'Assunta. In basso, ormai fuori dal borgo, si trova il monastero francescano con la chiesa di Sant'Antonio e numerosi musei.
Per chiudere in bellezza il percorso ci si può spostare a Rocca Imperiale marina, dove sorseggiare una granita o mangiare un gelato (mi raccomando al limone!) in riva al mare.
Il rientro, per chi volesse, può essere fatto lungo la costa, cercando di evitare il più possibile la 106 ionica, davvero trafficata e poco indicata per noi pedalatori.
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Leo
ITA - Cicloviaggiatore lento con il pallino per la scrittura e la fotografia. Se non è in viaggio ama perdersi lungo i mille sentieri che solcano le splendide montagne del suo Trentino e dei dintorni del lago d'Iseo dove abita. Sia a piedi che in mountain bike. Eterno Peter Pan che ama realizzare i propri sogni senza lasciarli per troppo tempo nel cassetto, ha dedicato e dedica gran parte della vita al cicloturismo viaggiando in Europa, Asia, Sud America e Africa con Vero, compagna di viaggio e di vita e Nala.
EN - Slow cycle traveler with a passion for writing and photography. If he is not traveling, he loves to get lost along the thousands of paths that cross the splendid mountains of his Trentino and the surroundings of Lake Iseo where he lives. Both on foot and by mountain bike. Eternal Peter Pan who loves realizing his dreams without leaving them in the drawer for too long, has dedicated and dedicates a large part of his life to bicycle touring in Europe, Asia, South America and Africa with Vero, travel and life partner and Nala.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico