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Italia Mega Tour: attraversare l'Italia in bici da nord a sud in 1670 km
Siamo entrati mentalmente nel Megatour due giorni prima con gli ultimi controlli alle bici e un check di tutto quello che ci sarebbe servito durante i 10 giorni lungo tutta l'Italia. Non eravamo sicuri di arrivare fino in fondo. Il giorno prima della partenza ci siamo svegliati all'alba per prendere il primo di quattro treni che ci avebbero portati ad Aosta. Ci siamo chiusi la porta di casa alle spalle sapendo che in ogni modo ci saremmo rientrati non prima di 12-15 giorni, che da quel momento in avanti tutto quello di cui avremmo avuto bisogno sarebbe stato sulla bici e che ogni cosa presa di troppo ce la saremmo dovuta portare dietro per almeno 1700km, tutti fatti sulle nostre gambe.
Per fortuna avevamo ripassato per un intero giorno la nostra attrezzatura... nonostante questo mi sono scordato a casa un portafortuna preparato appositamente, una palla da tennis con una faccia, una palla Wilson.
Partenza... con febbre
Ci siamo ritrovati tutti 3 nella piazza della stazione a Bologna, tutti incredibilmente puntuali. Solo lì abbiamo visto le strampalate soluzioni 'tecniche' che ognuno aveva scelto per portare tutto il suo carico.
I treni sono passati quasi tutti molto velocemente per me, perchè avevo la febbre e quindi ho cercato di dormire il più possibile per cercare di affrontare bene l'inizio del Megatour. Ovviamente abbiamo subito beccato un ritardo di 45minuti al primo cambio alla stazione di Milano.
Ad Ivrea e nel cambio per Aosta abbiamo già incontrato i primi due cicloturisti con cui abbiamo fatto due chiacchere: non pensavano di certo che avremmo portato a termine il nostro progetto... manco noi ne eravamo certi.
In zona lombardia\piemonte abbiamo beccato un bel temporale, ma per fortuna eravamo in treno, preoccupati su come coprire i primi 40km da Aosta a Courmayer (nostro punto di partenza).
Arrivati ad Aosta avevamo due scelte, attendere per 45minuti un bus che forse... ci avrebbe caricato le bici oppure iniziare a pedalare, essendo fuori dal temporale ed essendoci ben 15°C! Abbiamo optato per la seconda scelta, tanto farsi 40km in falsopiano in salita prima di un giro da 1700 cosa vuoi che sia?
Sono stati i 40km più duri dell'intero giro... almeno per me: al freddo, senza vestiti adeguati ad una tale temperatura, in salita, gli ultimi 20 sotto una leggera pioggerellina poco prima del tramonto e con la febbre!
Arrivati a Courmayer abbiamo tirato dritto per Entreves, ultimo paesino sotto al Monte Bianco prima del confine con la Francia. La nostra idea era scaldarci e mangiare qualcosa in un'osteria per poi ripartire e scendere almeno fino ad Aosta in modo che il giorno dopo saremmo partiti con 40km di anticipo rispetto alla tappa che ci eravamo prefissati. Inutile dire che la cena si è un pò dilungata e uscire di nuovo al freddo per fare 40km era un pensiero devastante soprattutto per me febbricitante.
Direi però che bere un thè bollente mentre gli altri hanno preso la birra mi ha fatto rinascere, tanto che ne ho orrdinato un secondo! Abbiamo quindi deciso di dormire per un notte in un hotel del posto per iniziare il giro dell'Italia in bicicletta, il nostro ItaliaMegaTour il giorno dopo all'alba.
Bicchieroni di acqua calda da bere (in certi casi basta poco per essere felici), doccia calda, un letto con tanto di piumone e dalla finestra la vista del Monte Bianco.
Primo Giorno: soluzioni creative contro il freddo
La notte è stata movimentata per colpa della febbre ma grazie ad una tachipirina da 1000mg e ad un'abbondante colazione lasciataci in camera la sera prima, ho recuperato abbastanza energie per tentare di concludere la prima tappa... tanto in ogni modo per tornare a casa sarei dovuto scendere almeno fino ad Aosta ed inoltre dopo un anno di preparazione, le ferie dedicate a questo tour, una spesa consistente in preparazione della bici... o facevo il tour o finivo almeno all'ospedale provandoci, prima di ritirarmi! Sono partito con un nuovo regalo, le placche in gola.
Partenza all'alba con 3°C, sempre senza abbigliamento tecnico per queste temperature, perchè francamente speravamo di beccare qualche grado in più ad Agosto!
Fortunatemente abbiamo trovato dei giornali perfetti come isolante per il vento, ce li siamo messi ovunque, sotto la maglia per coprirci l'addome, incastrati nei pantaloncini e lasciati svolazzanti per coprirci le gambe almeno fino alle tibie, ed inoltre avendo io mal di gola ho trovato una grande soluzione tecnica, ho usato il mio secondo paio di pantaloncini come collare infilando la testa in una gamba e lasciando l'altra svolazante, un pò ridicolo ma forse questo mi ha salvato la gola permettendomi di continuare il Megatour.
Partiti da Entreves i primi 20km in leggera discesa con il sole che pian piano sorgeva in mezzo agli alti 4000 della Valle d'Aosta sono stati veramente freddini, ma fortunatamente ad un certo punto abbiamo passato una galleria e al di là di quella improvvisamente abbiamo beccato il sole che illuminava la valle. Ci siamo dovuti fermare per scaldarci: una sensazione bellissima, come stare davanti ad un camino in inverno.
Ripartiti, siamo passati per Aosta e seguendo delle fantastiche strade in mezzo alla vallata verdissima con ai lati maestose montagne dalle cime innevate, abbiamo tirato dritto fino a Nus dove c'è un pasticceria buonissima lungo la strada, ma con il mio mal di gola mi sono dovuto accontentare di soli due baci di Nus (dolce tipico che di solito mangio a volontà), mentre Davide e Beppe hanno fatto un’abbondante colazione. Fortunatamente ho interrogato la morosa a casa per sapere cosa dover prendere nelle mie condizioni e nella prima farmacia mi sono preso Oki, tachifudet e Benactive gola. Fantastica la faccia del farmacista che guardandomi vestito da bici mi disse: "per questo dovrebbe avere la ricetta... ma glielo dò lo stesso." e subito dopo: "ma sono per te tutte queste medicine?"... Già. Grazie all'Oki e qualche spruzzata di Benactive nel primo pomeriggio in Piemonte sono riuscito a ricominciare a parlare con Davide e Beppe perchè tutta la giornata l'avevo passata a bocca chiusa mugugnando per via del mal di gola.
Arrivati ad Arnad ci siamo fermati a pranzo per mangiarci il mitico lardo d'Arnad (pancetta secondo Beppe), e visto che avevo mal di gola la signora della trattoria ci ha offerto un bicchierino di grappa per disinfettare. Arrivati in Piemonte, vicino a Vercelli, ci siamo trovati in mezzo a due strade identiche a quelle mostrate nelle ultime scene di Casteway. Inoltre, nelle campagne sconfinate di Vercelli, piene solamente di piantagioni di riso, abbiamo visto persone che lavoravano in gruppo per raccogliere il riso a mano. Inutile dire che i 28°C delle pianure del piemonte rispetto alle temperature della mattina mi hanno fatto togliere giornali vari e pure il mio fantastico collare antivento.
Il sole del primo giorno, senza crema protettiva, ci ha fatto prendere la prima bruciatura del giro. Arrivati ad Alessandria, nostro obbiettivo giornaliero di circa 200km, abbiamo cenato in centro mangiando una pizza ma il rilassamento post-pedalata mi ha fatto crollare e ho dovuto chiedere agli altri di ributtarci in un hotel perchè il campeggio per quella notte non sarei riuscito ad affrontarlo.
Abbiamo quindi trovato una struttura che ci ha ospitato in una camerata. Il proprietario della struttura bike-friendly ci ha chiesto la possibilità di aver una nostra foto da mettere sulla pagina Facebook, cosa che da una bella carica alla fine di una giornata da 200km! Nottata intensa sempre per colpa della febbre. Dopo un tachipirina, doccia calda e Benactive via fino al mattino!
Secondo Giorno: in attesa dell'evento!
Risveglio di buon ora sempre per colpa (o merito) di Beppe, questa volta la colazione è stata scarsa, ci siamo dovuti accontentare di biscotti e bevande delle macchinette, ovviamente abbiamo poi recuperato qualche decina di chilometri più avanti lungo il nostro percorso. In compenso la megasudata notturna numero 2 dell’ItaliaMegaTour mi aveva liberato da gran parte della mia febbre e mi sentivo più carico. Recuperate le nostre bici e persa una mezz’ora per uscire da Alessandria, ci siamo trovati sulle strade della campagna circostanti in direzione di Genova. A nessuno di noi era chiaro cosa volesse dire ripartire il secondo giorno dopo aver percorso 200km e con la prospettiva di averne altri 1500 davanti.
Dovevamo macinare dei km, ovviamente, ma nel mentre dovevamo fare un ceck delle nostre condizioni fisiche e trattenerci per affrontare anche gli altri 8 giorni. Il risultato di tutta questa pensata è stato quello di piazzarci ai 20km/h, un andamento che per una bici da corsa in pianura è di tutta tranquillità, attendendo un cambio ritmo appena fosse accaduto un evento qualsiasi come un’abbondante colazione o una salita da affrontare. In questa pedalata abbiamo incontrato tre ciclisti che vedendoci così carichi ci hanno chiesto dove andassimo e una volta spiegata tutta la faccenda ci hanno consigliato la strada più semplice per Genova. L’evento tanto atteso di colpo capitò, un trattore! Il trattore fa circa i 30km/h e con la sua stazza è un ottimo tagliavento. Dapprima per scherzo, ma poi seriamente, ci siamo accodati a lui e ci siamo fatti trascinare dalla sua scia per circa 10km. Questo ci ha svegliato e fatto riprendere il ritmo e la carica giusta per affrontare la tappa 2 che da itinerario doveva essere di 210 km, ma che poi si è rivelata impossibile dato il dislivello presente.
Una volta perso il trattore per un cambio di strada ci siamo fermati a fare colazione in un baretto di un paesino senza anima viva e ovviamente anche lì le solite domande sul tour. Ripartiti abbiamo cominciato ad affrontare la salita che ci avrebbe portato al passo del Turchino e successivamente a Genova. A metà della salita un'altra colazione che non guasta mai e un bell’oki! Diciamo che questo passo tanto temuto dai ciclisti in zona alla fine si è rilevato un fuoco di paglia e superato in scioltezza abbiamo trovato una discesa ripida e lunga che ci ha condotto fino a Genova. Su questa discesa abbiamo apprezzato per la prima volta quanto la mia bici e quella di Davide fossero molto più aereodinamiche di quella di Beppe, ma come fossero difficili da far curvare!
Arrivati a Genova pensavamo di aver fatto il più della giornata, niente di più lontano dalla realtà! La vera fatica difatti iniziò proprio a Genova con un interminabile saliscendi lungo il mare che ci ha accompagnati per due giorni fino a La Spezia!
Non c’è che dire: Genova ha il suo fascino con le mega-navi da crociera nel porto e i palazzi antichi in vista, però non è proprio una città a misura di bicicletta ,almeno per il pezzo fatto da noi sul lungo mare. Inoltre arrivati in città, prima di avviarci verso le 5 terre, abbiamo deciso di prenderci una crema solare, una crema per i tendini e un altro prodotto per la gola. Insomma sembravamo una farmacia su ruote! Le strade che portano da Genova alle 5 terre sono bellissime e i panorami che si vedono sono belli almeno quanto quelli che si mostrano lungo il percorso delle famose 5 terre, però noi non ci aspettavamo un tale saliscendi e questo ci ha distrutto mentalmente facendoci chiudere il giorno 2 affaticati, stanchi e con soli 150km sulle gambe, ma anche 2000m di dislivello positivo!
Ottimo il nostro pranzo delle 16:00 a Recco con la mitica focaccia al formaggio. La sera invece ci siamo fermati a Riva Levante perchè non avevamo più le forze di affrontare un’altra salita e per fortuna che abbiamo fatto questa scelta dato che la salita che attendeva il giorno dopo si è dimostrata bella lunga. Dato il mio miglioramento fisico, il caldo e la presenza del mare abbiamo scelto di tentare un campeggio. Finito di pedalare il rilassamento mi ha fatto crollare, ma la fame mi ha fatto finire una buonissima tagliata e un dolce al tiramisù prima di farmi morire di sonno in tenda.
Un’altra tachipirina da 1000mg, Benactive ed ero pronto ad affrontare anche questa notte!
Terzo giorno: pasta al pesto e 5 Terre
Il risveglio al mattino è stato sudatissimo e nella notte mi ero già svegliato per cambiarmi la maglia che era bagnata spolta, ma guardandomi allo specchio ho visto le placche che battevano in ritirata e questo, oltre allo star meglio fisicamente, mi ha fatto dire “è fatta, sono in bolla, da oggi inizia il vero Megatour per me, sono al punto zero”. In quel campeggio non abbiamo avuto la possibilità di far colazione perchè con le sveglie di Beppe eravamo partiti prima che aprisse il bar. Abbiamo dovuto quindi affrontare la salita a stomaco vuoto e abbiamo faticato a trovare un bar aperto. Arrivati praticamente in cima, abbiamo trovato un campeggio e per noi campeggio vuol dire cibo! Entrati al bar/bottega abbiamo realizzato che era tutto ancora in fase di preparazione, e mancavano le paste… non ci siamo demoralizzati e abbiamo fatto colazione con un pacco di pandistelle, un pacco di sfogliate, un barattolo di nutella, 3 succhi di frutta e 3 caffè (una colazione da schifosi, lo so, ma che fame che avevamo!)
Post colazione abbiamo affrontato il passo del Bracco, per molti meta del proprio giro mattutino, per noi un passaggio come tanti. Dopo aver affrontato due passi abbiamo capito un pò la differenza tra un giro in bici da corsa e uno di cicloturismo, noi andavamo molto più piano di quelli in bici, ma quando gli altri arrivavano sembrava avesserò fatto l’impresa ad arrivare in cima al passo, mentre a noi pareva cosa comune arrivare lì perchè quel tratto di strada si trovava sul nostro percorso e non era l’arrivo, all’arrivo mancavano ancora 7-8 ore di pedalata…
Dopo il Bracco siamo scesi fino al mare per iniziare la strada delle 5 terre, la strada percorsa in discesa era a tratti molto dissestata ma un ciclista che si era fermato come noi a bere ad una fontanella ci ha fatto notare che, anche se non sembrava, quella era stata una strada del giro d’Italia in passato. Lungo questa strada abbiamo cominciato a notare i resti dei primi incendi boschivi che ci aspettavamo di incontrare molto più giù lungo il nostro percorso. Questi incendi spenti hanno trasformato il paesaggio in un mix di colori tra il nero, il marrone e il verde... il tutto su uno sfondo blu del mare. Una cosa ben strana per chi non ci è abituato.
Arrivati al mare abbiamo preso la strada delle 5 terre. Un'altra lunghissima e caldissima salita per tornare in quota ma questa era l’unica strada possibile. C’è da dire che la strada che collega le 5 terre mostra panorami spettacolari, anche se per motivi di tempistiche non ci siamo potuti permettere di scendere al mare in ognuna di esse. Alla fine abbiamo deciso di scendere a Manarola e li ci siamo fatti un bagno lasciando le bici incostudite nella piazza principale, tanto chi sarebbe mai stato così matto da fregarle in mezzo ad una miriade di persone e farsi 3km di salita con una bici da 20kg per tornare sulla strada principale?
Dopo il bagno rigenerante, risalendo per dirigerci fuori dal paese abbiamo scovato un ristorante take away di pasta al pesto, incredibile! Bhe, erano già le 15 passate, senza aver pranzato e non potevamo uscire dalla Liguria senza aver mangiato almeno una volta il pesto. Abbiamo tentato e devo dire che era buonissimo!!!
Ripartiti alla volta di La Spezia, nonostante i bei panorami marini, il morale non era il massimo perchè alle 16.00 avevamo macinato solo 80km e di questo passo il MegaTour si faceva sempre più impossibile da concludere. All’improvviso la discesa che porta a La Spezia, un golfo stupendo: una grande città fatta a C sul mare, le gigantesche navi della marina nel porto, le alpi apuane che facevano da sfondo appena prima delle nuvole bianche sparse che rifinivano il tutto, e intanto i km macinati crescevano senza accorgercene. Passata velocemente La Spezia tutti tre sapevamo che per un bel pò i saliscendi lungomare ce li saremo dimenticati e ci trovammo a macinare velocemente qualche decina di km e verso le 19 ci trovammo sul lungomare di Forte dei Marmi, Lido di Camaiore e Viareggio, un vero e proprio massacro di gente che si buttava dal mare verso l’entroterra e viceversa, pareva una guerra girare per quelle strade a quell’ora.
Mantenendo non so come una media elevata siamo riusciti ad uscire da quel casino bestiale e trovare un buon campeggio appena a sud di Viareggio. Altri 130km erano fatti, e con loro altri 2100m di dislivello positivo!
Certo i km erano meno del giorno prima che era già decisamente più corto di quello precedente, ma sapere che da lì in avanti ci sarebbe stata prevalentemente pianura ci ha tirato su il morale.
Quarto giorno: le coste toscane
Finalmente avevo passato la mia prima notte in piena forma, gran dormita! Ma il risveglio ci ha colti abbastanzi umidi e una bella griglia di aerazione all’interno del campeggio è stato il mio stendino personale! Siamo partiti alla volta delle coste toscane, ma quello che ci aspettava non era proprio quello che ci eravamo immaginati. La partenza è stata, come nella pianura del secondo giorno, lenta e monotona ma una lunga pista ciclabile ci ha fatto svegliare leggermente. Arrivati ad un paesino, di cui proprio non ricordo il nome, Beppe si è fermato a prelevare e questo è stato il nostro avvio di giornata, un pò come il caffè al lavoro che ti dà la sveglia.
Subito dopo questo paesino ci si è presentato davanti un lungo stradone che ci ha portato a Pisa, non abbiamo avuto il tempo di passare dal centro storico ma comunque la famosa torre l’abbiamo vista e immortalata senza lasciare la nostra strada. Dopo Pisa Beppe ha inaugurato la prima foratura del giro, cosa abbastanza naturale dato che era partito con le gomme già consumate. A seguito di una riparazione on the road ci siamo riavviati sul nostro percorso incontrando un centro di addestramento militare che ci ha accompagnato per diversi km fino circa all’arrivo a Livorno. Da Livorno in avanti ci è apparso il bellissimo mare toscano con dei leggeri saliscendi lungo la costa. Noi speravamo che questi paesaggi e questa strada ci accompagnassero fino a sera, ma purtroppo da un certo punto in avanti, circa da Rosignano Solvay (cittadina legata all’immensa fabbrica) abbiamo dovuto percorrere alcuni chilometri nell’entroterra che sono risultati pieni di buche, caldi, afosi e decisamente devastanti per la concentrazione.
Ad un certo punto sopraffatti dal caldo e dalla stanchezza ci siamo fermati in un paesino dove abbiamo pranzato ad una rosticceria, abbiamo fatto il pieno di acqua e ci siamo ripresi all’ombra durante il pranzo. Ripartiti per la nostra strada siamo arrivati presso Piombino e da lì in avanti finalmente siamo riusciti a rivedere il mare passando per paesini semideserti, ma ben agghindati per le feste serali in programma. Prima di rientrare leggermente nell’entroterra per sorpassare Punta Ala ci siamo concessi un bagno toscano e dall’acqua abbiamo assistito al passaggio di una folla di ragazzi che urlando e cantando lanciavano acqua a secchiate, non abbiamo ben capito di cosa si trattasse, ma abbiamo concluso che si trattasse di “goliardi toscani”.
Ripresa la pedalata dopo il bagno abbiamo sorpassato la famosa Cala Violina. Abbiamo continuato a pedalare fino a Marina di Grosseto dove abbiamo un pò faticato a trovare un camping che costasse il giusto, ma alla fine le ricerche ci hanno portato ad un camping quasi sul mare, con un’ottima cucina e bello asciutto grazie alla pineta marittima che ci sovrastava. Ci siamo concessi l’ultimo bagno serale toscano subito dopo aver piazzato le tende e subito prima del tramonto. Così si è concluso il nostro Ferragosto, all’insegna di una buona mangiata toscana.
Quinto giorno: frutta a sazietà
Oggi un ottimo risveglio dato che ormai ci avevamo preso il ritmo ad alzarci alle 5:30. Caricato tutto come ogni mattina siamo ripartiti che erano già le 7 o poco più, in giro non c’era nessuno, tranne qualche ragazzo visibilmente provato dalla notte trascorsa. La mattina si presentava abbastanza fresca considerando la latitudine a cui ci trovavamo. Prima di lasciare il paese abbiamo trovato un bar aperto e giù di doppia colazione per darci la forza per la partenza. Finita la colazione e lasciato il paese ci siamo diretti verso l’Argentario per concludere poi la nostra tappa nella regione successiva. Dopo alcuni chilometri di strada normale ci siamo resi conto che in Toscana, lungo la costa, per un bel tratto esiste solo la superstrada o in alternativa delle stradine sterrate. Abbiamo provato a fare i “bravi” ciclisti evitando la superstrada per qualche km ma dopo aver traballato per almeno 10 minuti su 1km di strada gliel’abbiamo data su e ci siamo immessi in superstrada.
Questo stradone ci ha permesso di metterci in scia alternata l’uno all’altro e la strada perfettamente liscia ci ha aiutato ad aumentare la media. Il risultato? Con molta attenzione sullo stare più a destra possibile e sul controllare le sventagliate che creavano i tir che passano ai 90km/h, abbiamo pedalato per un’ora abbondante su questo stradone che ci ha portato fin dopo l’Argentario. Incredibilmente la tappa sembrava volare! Dall’Argentario in avanti, verso Capalbio, lo stradone rimane tale ma tra incroci, limiti e possibilità di accedere a strutture e abitazioni, sembra tornare ad essere una strada statale solo molto grande. Proprio in questo tratto ci siamo fermati in un capannotto lungo la strada che vendeva frutta. Qui erano presenti due signore che probabilmente vendevano la frutta delle coltivazioni delle loro famiglie. L’indecisa fermata è nata dal fatto che avevamo voglia di un pò di frutta che dà sazietà e disseta e dalla regola che abbiamo imparato pedalando, “se vuoi una cosa fermati a prenderla” difatti nei giorni precedenti situazioni simili ci erano già capitate e ci eravamo detti “tanto ci fermiamo alla prossima” quella prossima non si è mai presentata prima di 50km di distanza.
Le due signore del capannotto ci hanno servito come se fossimo Re. Ci hanno tagliato un melone, ci hanno portato un tavolino dove appoggiare la frutta, ci hanno fatto anche riempire le borracce al tubo per irrigare e mentre mangiavamo, dopo aver ascoltato la nostra storia, sono state a chiaccherare tra loro. Una volta giunto il momento di pagare ci hanno detto “andate, andate che ne avete abbastanza da pedalare voi”, insomma dobbiamo proprio ringraziare queste due signore e il loro banchetto che si trova sulla destra appena usciti dall’Argentario percorrendo lo stradone che porta a Capalbio.
Da lì a Capalbio con le nuove energie e un pò riposati è stato un attimo, dopodichè abbiamo tenuto l’Aurelia finchè abbiamo potuto. Questa strada è gigantesca, un specie di autostrada, molto scorrevole come asfalto, che ci ha dato anch’essa la possibilità di sfruttare la scia l’uno dell’altro. Questa strada ci ha cominciato anche a mostrare i primi paesaggi laziali: immensi campi seccati dal sole. Ad un certo punto abbiamo dovuto abbandonare l’Aurelia perchè si sarebbe trasformata da lì a pochi km in un’autostrada. Lasciata quindi l’Aurelia all’altezza di Riva dei Tarquigni ci siamo trovati su un panorama completamente differente. Si vedevano ovunque villette ristrutturate a nuovo ma che dal giardino parevano abbandonate da tempo, ovunque campi con tanto di sistema di irrigazione che scorreva lungo grosse strutture ad U di cemento e a riva di questi campi abbonante vegetazione selvatica rigogliosa. Tutto questo ci ha accompagnato fino a Civitavecchia che ci si è presentata da nord come una città quasi abbandonata, con un porto prevalentemente industriale e un immenso posteggio o rivendita di autovetture, tutto questo poi si è trasformato in una bella cittadina quando siamo passati per il suo centro, ovviamente dalla fame che avevamo ci siamo fermati a mangiare al primo bar aperto a nord della cittadina.
Qui abbiamo anche tentato un bagno rigenerante, ma la temperatura non particolarmente gradevole dell’acqua subito dopo aver mangiato e aver passato tutta la mattina sotto al sole ce lo ha impedito. Sempre lungo strade laziali immense e, come tutte le strade laziali, piene zeppe di buche, abbiamo proseguito alla volta di Fiumicino fino al momento in cui, verso sera, abbiamo deciso di riempire le nostre riserve d’acqua e Davide ha avuto la splendida idea di forare. Fortunatamente questa foratura ci ha fatto rilassare un pò e dopo una mezz’oretta di sosta in un parchetto siamo ripartiti.
Fiumicino: un immenso aeroporto in cui gli aerei sembrano atterrarti addosso mentre percorri le vie che lo affiancano, strade sempre più piene di buche e il mare poco lontano. Passato anche Fiumicino abbiamo pedalato fino ad Ostia,dove abbiamo trovato posto per campeggiare in una pineta marittima appena fuori dallo stradone principale. Direi un ottimo campeggio anche se la cucina non è stata delle più eccellenti.
Sesto giorno: un bel bagno nel Circeo
Ripartiti la mattina sempre di buon’ora non abbiamo avuto particolari problemi a riprendere il ritmo, andavamo abbastanza bene lungo la costa laziale quando in un paesino Davide ha deciso di forare in modo spettacolare. Era precisamente davanti a me e con la spalla del copertone posteriore ha preso un scheggia di ferro conficcata in qualche crepa dell’asfalto, ho visto una soffiata bianca lunga almeno 50cm uscire dalla gomma e stop, ci siamo fermati lì. Fortunatamente stavamo andando molto lentamente in quel momento altrimenti avrebbe rischiato di cadere o rovinare l’intera ruota posteriore. Pochi km dopo aver riparato il danno ci siamo per fermarci ad Anzio a fare un’abbondante colazione con dolci già napoletani: sfogliatelle, bombe, caffè e succhi di frutta.
Belli sazi siamo ripartiti per un breve tratto di entroterra: il caldo si faceva sentire forte e abbiamo deciso di comprarci 3 bandane per proteggerci dal sole senza dover per forza indossare il casco. Acquisto miratissimo difatti da lì a poco ci siamo ritrovati su una lunga lingua di terra rialzata che separava il mare dai campi interni: un caldo infernale. Qui abbiamo raggiunto un traguardo importante: i 1000km dalla nostra partenza!
Abbiamo cominciato ad urlarlo a tutti quelli che c’erano nei dintorni mentre pedalavamo, nessuno sapeva di cosa stavamo parlando ma qualcuno deve aver realizzato e ci ha fatto festa. Essendo già ora di pranzo abbiamo optato per un bel bagno in mare seguito da un’abbondante abbuffata in un chiosco-ristorante con tanto di copertura dal sole in modo da passare all’ombra almeno 1 delle ore più calde. Dopo pranzo abbiamo continuato a pedalare su questa lunga lingua di terra che dal lato mare presentava cumuli di sabbia che ostruivano la strada. Questa strada lungomare ha continuato fino a San Felice Circeo e forse è stata uno dei tratti più belli del tour. Lì siamo passati nell’entroterra dopo aver chiaccherato con un ciclista che ci ha chiesto da dove venivamo, che giro stavamo affrontando e come fosse possibile tenere questi ritmi. Diciamo solo che ci sono persone che fanno anche molto di più. Arrivati a Terracina ci siamo trovati davanti ad un’altra cittadina di mare e passate due immense rocce a picco sulla strada che dava sul mare ci siamo ritrovati ancora una volta su uno stradone che poi si è trasformato in una bellissima strada in sali-scendi lungo una costa che pareva ricreata sulla riga di quella delle 5 terre, bellissima. Questa strada è continuata fino a Gaeta e da lì ci siamo spostati a Formia dove verso le 19.00 ci siamo fermati a prendere un gelato, un thè freddo e una birra in un parchetto. Cercando un campeggio da lì a poca distanza siamo finiti a Scauri verso le 20.30, in un campeggio abbastanza isolato e proprio sul mare.
Questo era un campeggio per gente che si conosceva e che sicuramente veniva ogni anno, infatti al nostro arrivo ci hanno messo in una delle poche piazzole libere, al buio, e noi ovviamente abbiamo subito cominciato ad armeggiare per montare le tende. In brevissimo tempo un capannotto di gente ha cominciato ad osservarci in silenzio finchè non siamo stati noi a rivolgergli la parola. Una volta che ci siamo presentati al “vicinato” tutti si sono dimostrati gentili. L’unico difetto di questo campeggio è stata la mancanza del ristorante e quindi abbiamo percorso 3/4km in bici in ciabatte e braghini di notte alla ricerca di un ristorante che si è dimostrato ottimo, ma i nostri tendini, sederi e ginocchia avevano raggiunto il loro limite e finalmente ci siamo sdraiati consapevoli che il giorno dopo avremmo dovuto pedalare pochissimo, per soli 70 km fino a casa dei nonni di Beppe.
Settimo Giorno: mezzo riposo a Piedimonte Matese
Sveglia poco prima dell’alba come sempre, questa alzata è stata parecchio dura perchè avevamo proprio bisogno di recuperare un pò di energie, ma la possibilità di andare a vedere il mare appena alzati e rilassarsi un attimo all’alba ha fatto sembrare tutto più fattibile. Quel giorno ci aspettavano solo 70 km e un intero pomeriggio di riposo! Bhe, allora siamo saltati in sella alle bici per mangiarici al volo questi pochi km che ci separavano da un bel riposo, ma le nostre gambe non ne volevano sapere, pian piano ci siamo avviati e abbiamo cominciato a recuperare un pò di forze e un pò velocità, considerando che appena partiti abbiamo fatto un intero lungo fiume ad una velocità di circa 10km/h con un gran concerto di ahi, ohi, uhi. Poco dopo aver ripreso il passo dei 20/25kmh è sbucato un bellissimo bar oltre una rotonda e giù di colazione doppia!
Siamo poi finalmente partiti seriamente con destinazione Piedimonte Matese, dai nonni di Beppe. Sembrava facile, ma questo paesino ormai a 50km da noi sembrava non arrivare mai! Siamo passati dal fondovalle ad un leggero falsopiano in salita per poi entrare in delle stradine campano/montane con un considerevole su è giù sempre delicato. Abbiamo passato diversi paesini, ci siamo fermati in diverse fontanelle, abbiamo passato moltissime coltivazioni di frutta lungo la strada e abbiamo sbagliato strada nonostante fossero le “terre di Beppe”. Finalmente la strada che Beppe ha riconosciuto: “da qui siamo già arrivati!”
Risultato? 10 km di strada dritta sotto al sole e dissestata come poche ne avevamo viste fino ad allora. Subito dopo altri 10km in falsopiano in salita sempre sotto al sole cocente e finalmente siamo arrivati al paese della fidanzata di Beppe e lì giro turistico perchè il giorno dopo sarebbe stato il Santo Patrono e quindi tutto il paesino era addobbato, tanto eravamo freschi e riposati!
Dopo pochissimi altri km finalmente ci infiliamo in una stradina che porta a casa di Beppe, sotto ad un immenso monte da sorpassare il giorno dopo, non volevo pensarci. Ad attenderci i nonni di Beppe. Lui carichissimo, lei una nonna tipica, difatti ci ha fatto mangiare fino a riempirci come botti!
Appena arrivati abbiamo messo a lavare tutti i nostri panni, ci siamo fatti una doccia, abbiamo messo a caricare ogni dispositivo elettronico che avevamo e poi abbiamo mangiato fino ad essere più che sazi. Il pomeriggio io l’ho passato completamente a dormire, dalle 14:00 fino alle 17:30, gli altri due non so cosa abbiano fatto in questo lasso di tempo ma sono felice di quello che ho fatto io. Ovviamente mi hanno svegliato gentilmente… come no…
Verso le 18:00 siamo usciti in macchina per andare in paese a prendere:
- farmaci per il sedere,Pasta Fissan
- farmaci per le giunture e tendini, lo stesso preso e finito precedentemente
- camere d’aria
- un copertone
- qualche bomboletta di aria compressa
Già che eravamo lì in paese abbiamo fatto un giro e abbiamo preso biscotti e nutella per la colazione del giorno dopo, mozzarelle per la sera e ci siamo andati a prendere qualcosa da bere in un bar. Girare in macchina dopo 7 giorni solo in bici per 11h al giorno, fa veramente strano. Ti sembra di volare e ad ogni buca o dosso cerchi di ammortizzare con le gambe… Inoltre la macchina ci ha abbandonato e abbiamo rischiato di rimanere al caseificio, ma alla fine ce la siamo cavata. Appena tornati una cena che ha fatto impallidire il pranzo come quantità e poi subito a letto a dormire almeno fino alle 5:30!
Ottavo giorno: arrivo in Puglia
Sveglia alle 5:30 come previsto, il letto non voleva mollarmi ma appena alzato mi sono reso conto che i tendini e le ginocchia erano tornati a volermi bene, ottimo!
Appena alzato ho incontrato la nonna e il nonno di Beppe che erano già attivi, gran colazione e poi ci siamo rimessi in marcia verso le 6:30 quando i vicini di casa, gli zii, sono venuti a salutare mentre la nonna stava pensando di tornare a letto. Partenza fresca, una montagna da 2050m con un passo a soli 1300m che ci aspettava e la possibilità di fermarci in ben tre paesi prima di arrivare in cima. Si può dire che con le gambe e il sedere che si erano un pò ripresi siamo partiti fiduciosi e con calma. Salendo lentamente ci siamo goduti un bellissimo inizio di giornata con un pò di foschia che copriva la valle che pian piano vedevamo affiorare sotto di noi. Abbiamo incontrato alcuni ciclisti di zona e ci siamo messi a far del gruppo con un paio che stavano andando in MTB tanto che ad un certo punto ci hanno chiesto di fermarci per fare una foto con loro.
Ripresa la salita siamo andati dritti fino all’ultimo paese in alto prima di fermarci a far colazione, ci sembrava inutile fermarci prima dopo aver percorso veramente pochi km. Nel bar dove ci siamo fermati erano molto sorpresi di vedere tre in bici con tutti quei borsoni. Alla solita domanda da dove venite e dove andate noi abbiamo risposto come sempre. Questa volta non ci hanno creduto perchè essendo Beppe del posto non hanno voluto credere che questa volta venisse dalla Valle d’Aosta.
Finita la colazione abbiamo continuato a salire e poi scesi leggermente per andare al lago del Matese, un lago che abbiamo trovato quasi completamente asciutto. Abbiamo riempito le borracce, fatto due foto e raccontato il nostro giro a un gruppo di vecchietti che stava a parlare vicino la fontana. Siamo quindi risaliti nella strada principale, scesi leggermente per poi riprendere a salire lungo una strada in mezzo ai boschi dove abbiamo trovato delle mucche libere. Continuando a salire siamo arrivati al passo del Matese e poi giù nel Molise per una bella strada panoramica che portava su un lago tra gli appennini, un piccolo tratto di saliscendi e poi ancora giù su una strada parecchio dissestata. In quest’ultima discesa sento vicino a me rumore di una bici in sorpasso, mi giro credendo che fosse formi e urlo “in che regione siamo???” un ciclista un pelo sorpreso mi guarda e fa “Molise!”.
Arrivati alla fine di questa discesa abbiamo cominciato a salire per dei lunghissimi, larghissimi e caldi stradoni in falsopiano in salita che sembrava non finissero più. Dopo circa un’ora di stradoni in salita incomincia la discesa verso Campobasso, sempre lungo questi stradoni. Campobasso lo abbiamo passato senza uscire dalla strada principale sopraelevata, e sempre seguendo questa strada ci siamo diretti verso la Puglia percorrendo una discesa dietro ad un trattore da cui ci salutava un bambino che guardava indietro. La strada era piena di rallentatori di velocità che abbiamo evitato passando sulla destra perchè ogni volta che ne prendevamo una serie si ballava come su una giostra. Finita la discesa, dopo aver percorso un lunghissimo ponte, ci siamo trovati in un fondovalle caldo da morire, e lungo da non finire più.
Lungo questo fondovalle ci siamo fermati in un bar presso una stazione di servizio a pranzare e prendere un pò di ombra, mentre Beppe cambia un’altra camera d’aria bucata. Ripartiti abbiamo continuato fino a quando abbiamo potuto sotto al sole, a 37 gradi, con una gran umidità. All’improvviso la strada statale si è trasformata in strada bianca per poi tornare asfaltata dopo circa 1km, questo ci ha distratto un pò, ma dopo altri 15 minuti eravamo di nuovo stanchissimi mentalmente anche perchè ormai avevamo finito l’acqua. Fortunatamente, in mezzo a questa vallata dove non c’era nulla abbiamo trovato un vivaio e il proprietario gentilmente ci ha fatto rinfrescare, bere e riempire le borracce dal tubo per annaffiare.
Eravamo già in Puglia, avendo passato il confine da pochissimo, ma ancora 5km in salita sotto al sole e saremmo finalmente arrivati al passo del Lupo che ci avrebbe condotti nelle pianure che per noi erano il vero inizio della Puglia. Questi 5km sembravano interminabili e poco prima del passo ho dovuto chiedere agli altri di fermarsi un minuto all’ombra di un albero perchè mi stava prendendo un calo di zuccheri. Beppe mi ha dato una specie di caramella gommosa zuccherata e questa mi ha fatto riprendere, ancora un pò di salita e finalmente il passo! Da lì iniziò la discesa, dentro ad una galleria buia di 1370m che abbiamo affrontato ai 40km/h sebbene poco attrezzati per muoverci al buio.
Siamo sbucati in quella che per noi era realmente l’inizio della Puglia: immensi, dritti e lunghissimi stradoni che ci conducevano al paese successivo passando in mezzo a campi gialli, pale eoliche ed un caldo asfissiante. Ci siamo fermati ad un altro distributore di benzina a prendere un gelato, bere qualcosa di fresco e comprare due bottiglie di acqua per riempire le borracce. Abbiamo finalmente ripreso la pedalata su delle strade di pianura in mezzo al nulla. Come meta avevamo Foggia e per raggiungerla abbiamo percorso in alternanza strade statali ad alta percorrenza e strade secondarie che accostavano queste statali. Il panorama della Puglia cominciò subito a dimostrarsi molto diverso da quelli visti fino ad allora. Campi bruciati, immensi ammassi di balle di fieno accatastate, ulivi come alberi principali e mucchi di scarti di coltivazioni che, non si sa per quale motivo, fumavano… Arrivati a Foggia che erano le 19:00 abbiamo deciso di mangiarci altri 20/30km per partire avvantaggiati il giorno dopo che avevamo come meta Taranto.
Ci siamo così trovati a goderci un bellissimo tramonto tra le campagne Pugliesi, il sole che spariva dietro di noi e sulla nostra sinistra il Gargano mentre la luce faceva diventare tutto rosso. All’improvviso però ci siamo trovati di notte in mezzo alla campagna. Tutti i paesini che passavamo erano minuscoli e pieni di immigrati che tornavano dai lavori nei campi per andare a dormire in case di 10mq tutte uguali a distanze regolari di 2 / 3 campi l’una dall’altra senza porta e finestre, solo con dei buchi nelle pareti. Alcuni di essi stavano appiccando il fuoco alle sterpaglie nei campi davanti alla loro casa. Noi avevamo una bella fame e tramite il supporto da casa, le fidanzate, avevamo trovato il bed e breakfast più vicino in un paesino a 20km da dove eravamo finiti noi. Via a pedalare come dei muli con un vento laterale pauroso. Per fare della scia e risparmiare un pò di energie dovevamo girare in diagonale e la nostra velocità comunque non superava i 25km/h. All’improvviso, dopo una rotonda sbuca una villa immensa attornata di ulivi, viti, palme e statue grandi più di una persona, fuori dalla proprietà c’era un cartello con scritto “ristorante - affitta camere”. Su google questo posto era indicato solo come ristorante, ma finalmente un pò di fortuna! Abbiamo chiesto ospitalità e ci hanno accolto volentieri anche se eravamo gli unici clienti. Abbiamo cenato e poi chiesto dove poter mettere le bici per la notte e la loro risposta è stata “tranquilli, qui la potete lasciare fuori dalla camera che tanto non tocca niente nessuno”, risposta inquietante dato che la proprietà non era recintata. Noi comunque non ci siamo fatti molte domande perchè la stanchezza era tanta. Abbiamo preso quanto ci serviva, cioè le varie pomate e il cambio per la notte, e ci siamo messi a dormire nella camera con le nostre bici lì fuori e i nostri vestiti stesi anch’essi lì fuori tra le varie sedie che avevamo trovato.
Nono Giorno: caldo soffocante e pranzo gratis
Al risveglio, prima dell’alba, abbiamo fatto colazione con due merendine confezionate, che ci avevano dato la sera prima da portarci in camera, e un termos di caffè. Per sicurezza, date le situazioni del giorno prima, abbiamo riempito le borracce con l’acqua della camera che non era il massimo da bere. Siamo usciti e per nostra fortuna era ancora tutto lì, tempo di prepararci ed è sorto il sole e noi siamo ripartiti per le campagne pugliesi direzione Bari per poi sormontare qualche collina e ritrovarci a Taranto, giusto 400m di dislivello positivo, secondo Davide. Le campagne erano già piene di gente al lavoro, tutti a zappare, vangare, dare acqua o concimi alle piante. Le coltivazioni principali erano ulivi, viti, nocciolini e cavolfiori (credo), ma anche le immense “coltivazioni” di rusco lungo la strada non scherzavano per niente!
Al primo paese ci siamo fermati a riempire le borracce di acqua buona e far colazione. Abbiamo mangiato come se non avessimo fondo una quindicina di pasticcini fantastici, preso i soliti 3 caffè e 3 succhi e abbiamo pagato 12€, incredibile! Abbiamo ripreso il lungomare percorrendo in scioltezza la strada che ci ha portato fino a Giovinazzo, i primi 70km sono volati! Da Giovinazzo abbiamo girato per Bitonto e poi Bitetto, paese dove c’era la mamma di Beppe e quindi un pranzo gratis, del fresco e un paio di sedie comode. Arrivare a Bitetto è stata dura perchè appena si abbandona il mare si sente subito il caldo estremo dell’entroterra, il pranzo è stato bello rilassante ma ripartire dopo è stata molto dura.
Subito dopo pranzo abbiamo continuato a dirigerci verso l’interno ma il caldo, la stanchezza e il pranzo sullo stomaco ci hanno fatto quasi addormentare in sella alle bici anche con dei paesaggi d’entroterra stupendi come quelli, immense coltivazioni di ulivi a perdita d’occhio, ulivi secolari con il tronco tutto aggrovigliato e paesini molto carini.
Poco prima di Conversano ci siamo fermati per prenderci un caffè, ma l’unico bar aperto che abbiamo trovato aveva la macchinetta rotta e allora Coca Cola per tutti! Fortunatamente da quel momento in avanti ha cominciato a farsi sentire un pò meno il sole perchè si stavano avvicinando alcune nuvole, ma il caldo era comunque tosto e le strade continuavano a salire e scendere in maniera inutile, non stavamo guadagnando nient’altro che 20/30m di quota ogni 2/3km. Dovevamo scavalcare la collinetta a 400m che Davide aveva individuato nella sua mappa per arrivare a Taranto, e la cima di quella collinetta si trovava ad Alberobello.
Abbastanza provati dai vari sali-scendi e dalle lunghissime strade dritte della puglia ci siamo avvicinati a Castallana Grotte, paese collinare, da lì la situazione è un pò cambiata. Su per quelle colline ci sono comunque dei sali scendi ma con strade più strette e con molte curve ci siamo ritrovati mentalmente nella nostra condizione migliore, come se stessimo girando sulle strade degli appennini bolognesi, solo che al posto dei castagni e delle querce davanti ci sono ulivi, viti e nocciolini. Arrivati ad Alberobello tutta, o quasi, la salita era fatta. Ecco finalmente il momento del riposo mentre si mangia qualcosa ad un baretto vicino ai trulli e abbiamo anche pensato di andare a visitare il paese antico, tanto in bici si gira ovunque, e scendere poi con tutta calma a Taranto.
Purtroppo il tempo non ci ha concesso questo lusso, si è fatto buio molto velocemente ed ha cominciato a tirar vento. Siamo scappati via di volata verso Taranto perchè dovevamo arrivare lì per accorciare leggermente l’ultima tappa, ma le gambe non reggevano il ritmo. Per stare in squadra e tirare in scia abbiamo deciso di rallentare un pò ma comunque mettercela tutta. Il temporale ci ha preso leggermente sulle strade collinari, poi dopo alcuni paesini abbiamo visto la lunga discesa in uno stradone a tre corsie che porta verso Taranto. Nel scendere a tutta velocità sulle strade umide ho dovuto fare affidamento giusto al freno posteriore,una bruttissima sensazione, perchè l’anteriore già da qualche decina di km faceva un brutto rumore in frenata. Arrivati alla fine di questa discesa, ringraziato ogni santo, ci siamo rimessi a tirare perchè finalmente siamo riusciti a dare qualche centinaio di metri al temporale.
Ad un certo punto abbiamo ricominciato a sentire delle gocce e davanti a noi, spostato sulla destra si vedeva un altro temporale in arrivo, abbiamo fatto il punto della situazione sotto un cavalcavia e si è deciso di provarci perchè ormai mancavano pochi km a Taranto. Siamo ripartiti a tutta velocità per questi stradoni in semi-discesa fino ad arrivare all’uscita che dovevamo prendere. Tra una svolta e l’altra ci siamo ritrovati in tangenziale, al buio accodati sulla corsia di emergenza con le nostre lucine da bici. I pochi km in tangenziale sono andati abbastanza bene tranne ad un’uscita dove una macchina ci ha tagliato letteralmente la strada con una manovra da pazzo. Finalmente fuori dalla tangenziale ci siamo trovati per Taranto, città dalle immense buche, con destinazione un B&B che era anche centro di equitazione. Il temporale sembrava darci tregua ma la strada per questo B&B ci portava sempre più fuori città e finalmente disperso in mezzo alle campagne lo abbiamo trovato.
Ci siamo sistemati e ci siamo preoccupati di come poter consumare un pasto, purtroppo nessuna pizzeria faceva asporto fino a lì, eravamo quasi decisi ad andare in bici ad un ristorante a 3km di distanza ma il temporale si è rifatto vivo. Fortunatamente la proprietaria mossa da compassione ci ha proposto di farci due spaghetti al pomodoro, diciamo più un 1kg che due spaghetti, ce li siamo spazzolati in breve tempo a furia di tris, poi ancora affamati ci siamo fatti fuori delle pesche e del pane e nutella che abbiamo trovato in sala da pranzo mentre fuori stava venendo giù un diluvio. Siamo andati a letto sazi ma con la paura di aver fatto fuori la nostra colazione del giorno dopo.
Decimo Giorno:
Risveglio duro ma eravamo carichi perchè era l’ultimo giorno e la meta era vicinissima a circa 130km. Rialzarsi dal letto ha fatto capire che la sera prima per scappare dal temporale avevamo spinto troppo. Siamo usciti e uno dei collaboratori del B&B ci ha fatto presente dove andare per far colazione, per fortuna non era la stanza della sera prima! Colazione abbondante con paste, fette biscottate, pane, caffè, succhi, nutella e marmellate.
Siamo ripartiti delicatamente perdendoci tra i paesini lungo la costa tarantina e appena sbucati sul mare, dopo circa 16km Beppe ha forato di nuovo. Finalmente con questa foratura si è deciso a cambiare la gomma, a 110km dalla fine dell’intero Tour, necessità dovuta dal fatto che ci era rimasta una sola camera d’aria di ricambio e nei paesi lungo la costa del salento ci pareva difficile trovare un negozio di bici. Ripresa la pedalata ci siamo goduti il lungo costa ad una velocità assurda per come eravamo messi, una media dei 35kmh probabilmente perchè avevamo il vento a favore. Per un bel tratto la costa è stata tutta uguale, una leggera discesa verso il mare spesso accompagnata da scalette, spiaggia sabbiosa intervallata da rocce pari che si addentravano in mare e pochissima gente che per ogni spiaggia. Un mare azzurrissimo e onde che s’infrangevano sugli scogli più grossi. Siamo arrivati poi a San Piero in Bevagna, una cittadina tipica di mare per turisti, e da lì il paesaggio è cambiato. Si è cominciata a vedere della terra rossa ovunque, rocce e scogliere al posto delle spiagge basse e sabbiose e questi paesaggi ci hanno accompagnato fino a Porto Casareo, luogo dove ci siamo fermati a pranzare e fare un bel bagno dato che di tempo ne avevamo questa volta. Per fare il bagno ci siamo portati le bici giù per una gradinata, sugli scogli, così che a nessuno gli venisse voglia di portarcele via proprio ora che eravamo quasi arrivati! Per il pranzo invece siamo risaliti dai gradini e ci siamo seduti ad un tavolo all’aperto di un ristorante a pochi metri da noi. Inizialmente ci hanno chiesto se potevamo spostarci su un tavolo più piccolo dato che eravamo solo in tre, ma una volta ordinate 3 porzioni a testa ci hanno chiesto se gentilmente ci potevamo spostare nel tavolo di prima perchè non sapevano dove appoggiare i piatti.
Dopo aver consumato questo gran pranzo ci siamo rimessi in viaggio verso sud per arrivare alla nostra meta finale. Ero curioso di vedere Gallipoli d’estate dato che tutti ne parlano. Il paese non è male, ma le sue famosissime spiagge non sono nulla di chè, sembrano quelle di Riccione e il traffico inteso sull’unica via a senso unico che costeggia il mare ha fatto diventare questo tratto abbastanza stressante. Finalmente usciti da Gallipoli ci siamo diretti verso le mitiche Maldive del Salento, una decina di km prima della nostra meta finale. Nel mentre abbiamo incontrato un signore in macchina che ci ha praticamente tagliato la strada costringendoci a fermarci per chiederci informazioni del nostro giro e raccontarci che anche lui era un appassionato di cicloturismo e aveva fatto una miriade di giri anche se molto più calmi dei nostri. Arrivati alle mitiche Maldive ci siamo trovati davanti qualcosa che assomiglia molto alle nostre spiagge romagnole, ma questo non toglie nulla alla nostra voglia di farci un ultimo bagno del Mega Tour.
Mentre ci stavamo asciugando e nel mentre pensando al migliore metodo per tornare a Bologna con le bici ha cominciato a prenderci un pò lo sconforto a pensare che quel giorno e soprattutto da lì a pochi km sarebbe finito tutto l’Italia Mega Tour. Tutta la preparazione fatta per un anno aveva dato i suoi frutti e anche se ne avevamo ancora per altri giorni avevamo finito l’Italia, dove potevamo andare? Oltre non c’era nulla e tornare indietro non aveva senso e non ne avevamo nemmeno il tempo!
Ma soprattutto non doversi più svegliare per pedale per almeno 10/11h, non dover più pensare ai km da fare e al tempo che passava e dover raggiungere una meta entro sera toglieva qualcosa. Sembrava quasi che dal giorno dopo la vita avesse perso un pò del suo senso. Per ovviare a tutto questo abbiamo quindi deciso che il giorno dopo avremmo fatto il giro delle grotte di Leuca con la barchetta. Passati questi momenti di malinconia siamo ripartiti per il campeggio a Leuca e arrivati lì abbiamo registrato il nostro ingresso ma siamo ripartiti immediatamente, e senza scaricare nulla, per gli ultimissimi km che ci avrebbero portato al faro! Santa Maria di Leuca si è rivelata una cittadina pienissima di gente e con traffico intenso, ma ecco che all’improvviso ci siamo trovati sulla salita che portava al faro, l’ultima, quella che nessuno avrebbe lasciato agli altri anche se non lo si era mai detto e tutto sommato dopo 1700km non contava nulla… Beppe scatta, difatti ne ha sempre avuto più di noi per tutto il giro ed ha potuto attaccare la salita per primo. Ad un certo punto però Beppe deve mollare perchè la salita era troppo lunga e lui è scattato troppo presto, io lo vedo rallentare e allora raccolgo le ultime forze per sorpassare tutti, sperando che Formi non ne avesse più, lì passo entrambi e finisco per primo la salita arrivando alla rotonda prima del faro dove la polizia dirigeva le persone, rallento e chiedo da che parte andare per il faro.
Nel mentre Formi mi supera, provo a prenderlo dato che eravamo sul pari e c’era parecchia folla, ma lui comincia ad urlare “È una gara, è una gara!” e tutti si aprono e lui termina per primo. Ricompattati tutti e tre abbiamo cominciato a farci tantissime foto sotto al faro, con il tramonto, in selfie o da altre persone. Molta gente presente al faro ci chiedeva perchè eravamo lì in bici con tutte quelle borse e molti altri si fermavano ad ascoltare la storia, a farci delle domande e chiederci delle foto insieme a loro. Dopo aver passato una mezz’ora abbondante al faro e goderci l’arrivo, quando ormai era buio siamo scesi di nuovo in paese a Leuca e ci siamo fermati a mangiare qualcosa in un ristorante per poi ritornare al campeggio in notturna e poterci mettere a letto senza dover pensare al risveglio del giorno dopo alle 5:30, perchè per la prima volta dopo 10 giorni non avevamo la sveglia puntata… ciò nonostante il giorno dopo tutti 3 ci siamo svegliati in automatico verso quell’ora per poi rigirarci e rimetterci a dormire, ma questo non fa più parte dell’Italia Mega Tour.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico