Decolliamo da Il Cairo in perfetto orario, obiettivo è quello di raggiungere la Thailandia per visitare Bangkok ed iniziare la nostra avventura in bici nel sud est asiatico. La mia mente è stanca, stufa di pensare a tutte le peripezie affrontate finora per non perdere le bici, di non pensare al volo e lasciarsi finalmente alle spalle il traffico egiziano. Cado in un sonno al gusto di fragola e piombo, fragola perchè è dolce, piombo perchè neanche una cannonata sarebbe stata in grado di risvegliarmi.
"Would you like to eat?" Mi sveglio di soprassalto, affamata e spaesata, certo che ho piacere di mangiare qualcosa! Senza badare troppo a quello che mi viene servito dall'hostess, divoro tutto in cinque minuti e soddisfatta, mi accorgo che non manca poi molto al nostro atterraggio in Thailandia.
Il monitor dell'aereo segna che la temperatura presente a Bangkok è di circa 30°, mica male per la stagione delle piogge, penso. Sbircio fuori dal finestrino del velivolo e non riesco a scorgere quasi nulla dietro le nuvole basse e minacciose. Tutti i passeggeri cominciano a fremere all'idea di potersi finalmente sgranchire le gambe e anche noi non vediamo assolutamente l'ora di lasciare il nostro posto ormai diventato troppo scomodo! L'aeroporto di Bangkok è enorme, ma molto ordinato; ogni venti metri c'è un banco per la prenotazione degli hotel (non degli ostelli) e almeno dieci addetti pagati dal governo o dall'ente turistico thailandese (che poi sempre del governo è) pronti a rispondere a qualsiasi tua esigenza o necessità. Noi abbiamo bisogno di chiamare l'ostello per vedere se hanno a disposizione una camera doppia, ma i punti per la prenotazione degli alberghi possono contattare solo gli hotel e nessun addetto dell'aeroporto riesce a dirci dove comprare una tessera telefonica per usare la cabina pubblica.
Giriamo per quasi un'ora chiedendo qualsiasi consiglio per poter riuscire ad effettuare una semplicissima telefonata locale, ma nessuno sembra in grado di aiutarci. Ok, improvvisiamo: cambiamo dei dollari avanzati da uno dei precedenti viaggi per il mondo e proviamo ad usare l'infernale telefono pubblico, ma numerosi disperati tentativi rivelano la nostra totale inettitudine a riguardo. Sudiamo sette camice e cominciamo veramente a disperarci perchè avendo, oltre ai nostri zaini, anche i due cartoni con le mtb dobbiamo assolutamente sapere se c'è la disponibilità di una camera prima di raggiungere una qualunque sistemazione economica con un taxi. Poi l'illuminazione di Leo: forse prima del numero bisogna selezionare lo 0 e... magia, riusciamo a chiamare il Phinam Water View e a farci confermare la disponibilità di una doppia! Partiamo su un grosso taxi monovolume con un anziano thailandese brillante e arzillo che cerca di chiederci informazioni sul nostro viaggio, naturalmente in lingua inglese.
Procediamo rapidi nel traffico cittadino prima svoltando a destra e poi a sinistra, è davvero impossibile orientarsi! Dopo una buona mezz'ora di corsa giungiamo in una via apparentemente periferica, ma altrettanto movimentata, ricontrollo l'indirizzo: è quello esatto, ma l'ostello non si vede. Leo parte in avanscoperta scomparendo in un vicoletto. L'autista mi aiuta a scaricare le bici e inizia a fumarsi una sigaretta, paziente. Io invece comincio a camminare avanti ed indietro, la stanchezza, la tensione che i bagagli non fossero arrivati in aeroporto e il bisogno di una doccia, creano in me una sorta di agitazione nervosa. Passano i minuti... e Leo non si vede. Sento dei passi, ma si tratta di una ragazza. Sono impaziente, sempre più impaziente e finalmente mi placo vedendolo arrivare.
L'ostello, mi spiega, si trova dietro la via principale e l'unico modo per raggiungerlo è quello di passare su delle passerelle di legno sospese sull'acqua che qui è spesso alta a causa delle piogge monsoniche e della vicinanza del fiume Chao Phraya. Camminiamo solo tre minuti per arrivare all'entrata , ma mi sembra comunque un'eternità, tanto la mia tatenzione è continuamente catturata da oggetti insoliti. L'ostello è abbastanza intimo e molto particolare: le pareti sono tappezzate di quadri nati dalla creatività delle varie menti, più o meno geniali passate di qui negli anni, i nostri letti sono due materassi accomodati sul pavimento, al posto del giardino c'è una specie di laghetto torbo e gli altri avventori sembrano habitué del luogo più che ospiti temporanei come noi. Uno dei bagni, quando il livello dell'acqua è più alto, si allaga e non è utilizzabile e per svuotare il gabinetto dopo l'uso, ognuno deve versare dell'acqua con un'apposita bacinella perchè qui non esistono nè passirapidi, nè fosse settiche. Tutte queste stranezze ci sembrano troppo per oggi, ma domani saranno già la nostra nuova normalità.
Bangkok è una bella città, trafficata, una vera guerra di tuk tuk e automobili che si sorpassano anche in corsia di emergenza e, come conseguenza ovvia al traffico, anche parecchio inquinata. Tre giorni sono sufficienti per una visita superficiale, ma non per approfondire le vostre conoscenze in materia di templi, buddismo e tipologie di piatti a base di noodles, la famosa pasta fatta con farina di riso.
La nostra accomodation è situata nel quartiere dei backpackers e ad ogni passo si incontra un differente banco che offre cibo thai per tutte le tasche, soprattutto per quelle che vogliono spendere poco: pad thai (noodles) con maiale, manzo, gamberetti, pollo, di medie, grandi, piccole dimensioni, in brodo, fritti... insomma in tutte le salse possibili ed inimmaginabili, riso con curry, senza, fritto con verdure ed infiniti altri piatti dai nomi impronunciabili. Non vi stà già venendo fame
Questo articolo fa parte del diario di viaggio tenuto in diretta del progetto Downwind. Se volete leggere le altre puntate, ecco qui tutti gli articoli dei nostri dieci mesi in bicicletta nel sud est asiatico
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