23 novembre 1980: è già sera quando una forte scossa percuote i territori dell'Irpinia e della Basilicata. 90 secondi di terrore, 90 secondi di morte e distruzione, quasi 3000 morti il bilancio finale.
E' strano pensare a questi avvenimenti già sbiaditi nella memoria del tempo ma ancora così vividi in questi luoghi.
L'Irpinia continua a vivere ma il dolore inferto da una ferita così profonda ha lasciato un segno indelebile e sembra ancora di respirarlo nell'aria mentre si attraversano i borghi e le campagne in bicicletta.
L'Irpinia è ancora popolata, ma i fantasmi di quei giorni aleggiano nell'aria furtivi...
Verso Pietrelcina in bici
In Irpinia la pianura non esiste: non è una supposizione, è la realtà! Da Fragneto Monforte iniziamo la 19° giornata in sella di questo viaggio in bici per l'Italia sempre più intenso e pieno di sorprese.
Nella mente echeggiano le parole pronunciate da Sandro Pertini subito dopo il terremoto del 1980:
« Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi »
Un brivido mi percorre la schiena, ma bisogna andare avanti e continuare a vivere. Tra facili saliscendi in paesaggi rurali di un'altra epoca raggiungiamo
Pesco Sannita, abbarbicato su un colle a sinistra del fiume Tammaro.

Le colline che circondano il borgo sono coltivate e, tra la vegetazione e le distese di mille colori, non è difficile scorgere una piantina ricolma di peperoncini rossi come il sangue.
Pietrelcina, il paese natale di Padre Pio che, in tutta sincerità, non mi ha mai ispirato simpatia, è un agglomerato di poche case e decine di pullman che scaricano folle di seguaci del santo giunti fin qui da ogni dove solo per sfiorare le pareti della casa dell'uomo (e magari portarne via un cimelio). Anche un anziano ciclista locale si ferma davanti alla chiesa della Sacra Famiglia per uno scatto fotografico: è salito fin sul colle pedalando e non è cosa scontata.

Spazzatura e rispetto per gli altri
Lasciamo Pietrelcina senza rimpianti e con tanta voglia di ritornare sull'Appennino, o almeno su quello che ne rimane. Siamo scesi di quota per raggiungere la Basilicata e l'aria è più calda di quanto non fosse tra le vette della seconda catena montuosa italiana. Una strada secondaria scende dal paese di Padre Pio ripida verso il
fondovalle e il Tammaro. Dai 360 metri sprofondiamo a 160 metri di quota tra
spazzatura abbandonata a bordo strada ed erbacce alte. Non comprendo la cattiva abitudine di abbandonare nella Natura i resi di una lavorazione, il piatto di plastica o il rossetto finito... la tassa sui rifiuti si paga, almeno rendiamole onore!

Poco oltre il fiume Tammaro passa il
tratto campano della Via Francigena del sud e proprio in concomitanza con il cammino il tracciato diventa più impegnativo ricominciando a salire sul versante opposto a Pietrelcina. Per un attimo penso a Girumin e me lo immagino su questa rampa impossibile da pedalare... con la sua graziella carrellata.

Paduli sorge sul culmine di un colle e il profumo della pasticceria nella piazza centrale ci cattura come un lazo di un cowboy. Gli abitanti del paesello ci scrutano curiosi, bisbigliano e poi annuiscono tra loro. Io dispendio sorrisi a destra e sinistra come a giustificarmi con un "Eh lo so che sembriamo strani, ma siamo solo cicloviaggiatori, veniamo in pace" .
Il cameriere interrompe i miei pensieri servendoci un cappuccino con un cannolo gigante... buon appetito!
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Partiamo verso il 18 aprile e ...
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