#bikethesouth, il nostro
viaggio attraverso il Sudafrica in bici, galoppa verso la fine anche se dal Sani Top, il passo di confine tra Lesotho e Sudafrica, alla meta finale del nostro itinerario mancano ancora circa mille chilometri. Dopo le alte vette lesothiane ci tuffiamo verso valle e lentamente scendiamo fino all'oceano Indiano. Una pausa a Richard's Bay ci permette di visitare alcune riserve naturalistiche della zona prima di riprendere la bici e partire verso le ultime tappe. Il caldo torrido ci impedisce di attraversare lo Swaziland e solo un temporale provvidenziale ci permette di concludere il nostro viaggio a Ermelo prima di raggiungere Johannesburg.
Una delle strade più belle del mondo
La discesa dal Sani Top verso Himeville è, senza ombra di dubbio, una delle strade più belle del mondo tra quelle da noi percorse (purtroppo lo sarà ancora per poco visto il progetto di asfaltatura). Si attraversa il posto di confine del Lesotho entrando nella terra di nessuno e proprio in questa zona d'ombra si infila una meraviglia ingegneristica. La strada si attorciglia su se stessa, incuneandosi nell'unico pertugio che le montagne concedono per scendere verso il plateau ai piedi dei "Draghi". Curve e controcurve, paraboliche e tornanti dai raggi improbabili... in circa cinque ore percorriamo sette chilometri in discesa: ogni due minuti siamo fermi per una foto. Uno scorcio nuovo ci si para davanti, un'angolazione più strana, più originale, una guglia più aguzza, un panorama più maestoso... procedere è pressoché impossibile.
Attraversiamo anche il posto di confine Sudafricano sbrigando tutte le pratiche e raggiungendo ben presto l'asfalto. La lingua grigia avanza inesorabile e solo quei pochi chilometri resistono strenuamente, ma ben presto anch'essi dovranno fare strada al progresso.
Un locale carino ci dimostra, se ne avessimo bisogno, che la povertà e l'estrema arretratezza del
Lesotho è alle spalle. Divoriamo una
torta al cioccolato e ripartiamo sotto il solleone: siamo scesi dai 2900 m ai 1600 m e l'escursione termica è notevole. In poco tempo giungiamo ad
Himeville e un'altra pasticceria ci attira... oggi le calorie incamerate sono sicuramente di più di quelle consumate!
Troviamo, quasi per caso, appena fuori dal paese, un campeggio: in realtà è un'immensa
farm di centinaia di ettari (e migliaia di vacche) in cui il proprietario ha ricavato un'area per il campeggio: vuoto e poco usato, è comunque pulito e al mattino abbiamo la piacevolissima sorpresa di ricevere un litro di latte fresco in dono... colazione servita!
Una volta raggiunti
i piedi dei Drakensberg eravamo convinti di aver concluso le maggiori fatiche del viaggio in Sudafrica ed invece il
territorio del KwaZulu Natal si dimostra ancora una volta tosto e severo. Lasciamo Himeville per rituffarci su strade secondarie e sterrate sotto un cielo grigio che non promette bene. Subito la strada inizia i suoi costanti saliscendi e proprio al culmine di uno di questi ci troviamo a pochi metri un enorme uccello, tranquillo nel mezzo di una radura. Veronica giunge per prima e riconosce il
serpentario, enorme volatile che bramavamo di vedere da giorni. Da dietro sopraggiunge il sottoscritto e basta un tocco di freno cigolante a mettere in allarme ed in fuga l'animale... poche foto mosse sono l'unica testimonianza dell'avvistamento mentre non resta traccia della successiva sfuriata di una cicloviaggiatrice birdwatcher contro il marito colpevole di
"eccesso di frenata"! :)
La strada continua imperterrita a scavalcare colline e Lotheni, dove speravamo di trovare rifornimento, si rivela essere un minuscolo paesino... il giorno festivo non ci aiuta e
dobbiamo proseguire praticamente senza cibo, consapevoli di dover valicare un passo non esattamente facile. Iniziamo ad arrancare in salita con il panorama sempre coperto da una coltre di nubi. L'aria è frizzante e l'orario ci consiglia di terminare gli ultimi biscotti rimasti. Una mandria di mucche in transumanza sulla strada ci regala attimi di adrenalina prima di raggiungere il culmine. La discesa ci porta nel cuore del temporale e grosse gocce iniziano a caderci in testa. Gli zuccheri nel sangue iniziano a scarseggiare e avanziamo stremati sotto il diluvio. Giungeremo a
Rosetta completamente fradici: la pioggia si fermerà solo due giorni più tardi, dandoci la scusa per una sosta forzata in un ostello.
A tutta verso l'Oceano
Le giornate successive sono mero trasferimento ed attraversiamo la città di Greytown, il cui nome la dice lunga sull'aspetto. Una picchiata di oltre mille metri ci catapulta nell'ambiente costiero, umido e soffocante: troviamo rifugio in un isolato campeggio ai margini di un fiume... splendido Wellvale! L'arrivo sulla costa riporta anche il sole e l'afa ci sfianca. Ci trasciniamo verso Richard's bay trascorrendo però il giorno prima una notte nel backpackers della curiosa cittadina di Mtunzini.
Il proprietario, costantemente con una birra in mano, ci propone una
gita lungo il fiume con la sua "barca"... accettiamo e assistiamo ad un tramonto africano infuocato che ci riconcilia con l'asprezza della natura incontrata fin'ora (e con il costante terrore che la barca possa affondare).Il calore ci invita e noi non possiamo che accettare tuffandoci nelle fresche (ma torbide) acque del fiume, consci che qualche chilometro più a valle coccodrilli ed ippopotami facevano il bagno nelle stesse.
Giunti a Richard's Bay noleggiamo l'auto per qualche giorno per esplorare alcuni dei più bei parchi di tutto il Sudafrica tra cui lo
Hluhluwe-Imfolozi Park e l'
Isimangaliso Wetland Park. Ma di questo vi renderemo conto in un articolo successivo.
Ultimi infernali chilometri di viaggio
Inforcate nuovamente le bici a Richard's Bay dopo la pausa di esplorazione "motorizzata", ripartiamo verso nord-est con l'intenzione di raggiungere il confine dello Swaziland lungo la N2 per poi attraversarlo e raggiungere Nelspruit. In realtà già il primo giorno ci rendiamo conto che il caldo è infernale e le ore centrali della giornata sono proibitive. Manteniamo la tabella di marcia fino al paese di
Pongola, a pochi chilometri dal confine meridionale dello Swaziland, nonostante l'ultima giornata ci abbia fatto consumare circa
9 litri d'acqua a testa.
Il giorno successivo ripartiamo alle 5.00, convinti di poter arrivare a Piet Retief ma già alle 8.00 del mattino il termometro segna 35°. Dopo circa 20 chilometri, consapevoli anche delle previsioni che indicano un temporale e conseguente abbassamento delle temperature, giriamo i tacchi e torniamo al campeggio. Il temporale arriva, la temperatura crolla e noi ci godiamo tutta la brezza possibile, completando la scalata il giorno seguente. La rinuncia allo Swaziland è ormai un dato di fatto visto che il tempo stringe ed il volo di rientro per l'Italia attende. Pedaliamo ancora un giorno, avvicinandoci a Johannesburg dove però avevamo già deciso da tempo di non voler entrare in bicicletta.
Ci organizziamo e saliamo su un bus collettivo, stracarico ma funzionale: ci caricano bici e bagagli e concludiamo così la nostra
avventura il Sudafrica giungendo in una delle città più malfamante del continente.
Johannesburg e la sua fama
Tutti, nessuno escluso, durante il nostro viaggio per le strade sudafricane, ci hanno messo in guardia su Johannesburg e sulla sua pericolosità, soprattutto per i cicloviaggiatori. La nostra impressione all'arrivo è stata certamente di una
città degradata e poco raccomandabile ma dopo averci trascorso qualche giorno questa sensazione si è tramutata in qualcosa di diverso, difficile da tramutare in scritto. La peculiarità di Jo'burg, come viene chiamata affettuosamente dai locali, è quella di avere un CBD (centro) lasciato allo sbando e degradato mentre i quartieri più benestanti si trovano in periferia, fianco a fianco alle township. Il nostro alloggio si trova nei pressi dello stadio e dopo alcuni giorni di frequentazione delle strade non ci sembra esserci così tanto pericolo, mentre il degrado cittadino è evidente in alcuni quartieri (compreso quello in cui ci troviamo noi) ma molto meno in altri.
In definitiva non credo sia stata una brutta idea quella di entrare a Johannesburg in bus, soprattutto perché abbiamo attraversato diversi chilometri di strade trafficate e poco significative, ma scavando sotto la superfice ruvida della città ci è sembrato di vedere dei positivi segnali di risveglio... solo il tempo ci dirà se questa sia solo un'impressione o il principio di un nuovo inizio.
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