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Gobi desert: 3 bici e 1 tandem all'avventura
Scritto da giriperdue
Il progetto "Mongolia" è nato nel 2010, dopo aver finito di leggere un libro sulla "vera" storia del popolo mongolo, non quella che ci hanno fatto credere a scuola. Andare a vedere il mondo in cui viveva questa popolazione, in un ambiente cosi particolare, era diventato per me una vera scommessa. Così nel giugno di quell'anno sono partito per Ulan Baatar, accompagnato da due amiche, con l'obbiettivo di percorrere a piedi un tratto della steppa mongola, da Karakorin ad Arwaiker...
L'anno successivo sono tornato da solo in quel paese per vedere le montagne, i monti Altai, ambiente completamente diverso dalla steppa, anche questa volta a piedi.Qui montagne alte, fiumi e ghiacciai facevano da cornice al mio cammino.
Non rimaneva che il Gobi, parola che in mongolo significa deserto, ma mi sono subito reso conto che non potevo andarci a piedi, come per i precedenti due viaggi. L'alternativa, non volendo usare auto, era andare a cavallo, ma anche questo "mezzo", èra per me inutilizzabile... non rimaneva che la bicicletta.
Un terzo della sezione meridionale della Mongolia è dominato dal Deserto del Gobi, che si estende fino alla Cina. Solo l'estremità meridionale del Gobi è un deserto vero e proprio, con alture e dune di sabbia, simile a quello sahariano; il resto è steppa desertica e dispone di erba a sufficiente a nutrire isolate greggi di capre, cammelli e pecore. È luglio e ci ritroviamo all'aeroporto di Ulan Baatar a scaricare grandi scatoloni contenenti le nostre bici, pacchi di cibi liofilizzati e tutto quello che ci serviva per pedalare in autonomia per 20 giorni nel Grande Gobi.
Una sosta nella città di Arwaiker, ospiti della missione "della Consolata", e finalmente in piedi sui pedali, pista, aria tersa e il cielo magico della Mongolia.
Pista comoda con pochi sassi, addirittura in discesa, pozzanghere di acqua, la notte era piovuto abbondantemente, eppure Suor Lucia ci ha detto:" qui in Mongolia non piove mai...", avanti così.
Il sole alle sei del mattino fa sentire il suo dominio, cappello al posto del casco, crema ad alta protezione, occhiali con le lenti nerissime, bottiglie di acqua attaccate alle forcelle, borse, guanti alle mani, rumore di ruote sulla pista... vento. Passa il tempo, i chilometri scorrono, il panorama varia dalle colline a alle piccole valli, un po' di sabbia sulla pista, prime difficoltà per procedere, ma scendiamo e spingiamo le nostre bici, i trenta chili del loro peso si fanno sentire, ma poi la strada ridiventa compatta, risaliamo in sella e andiamo. Arriviamo alle gole del fiume Ongiin circondati da piccoli alberi, i primi che vediamo da quando siamo partiti, pensiamo ad una sosta "ombrosa", ma sono infestati da zanzare e allora scappiamo, fino all'ansa del fiume, per vedere i resti del tempio di Barlim Khiid. Dormiamo in tenda, il sole implacabile fino alle nove di sera non ci toglie il buon umore, la polenta ai quattro formaggi ci riempie la pancia, un buon sorso di acqua prima di dormire. Sono ore che pedaliamo, la pista continua dritta, a destra e sinistra la rada erba sembra coprire di verde tutto come un grande immenso prato, ma se ti fermi a guardarla scopri che non è cosi fitta: un cespuglietto ogni due, tre palmi per chilometri, è questo che da l'effetto prato.
Ma l'aria è secca, non c'è pulviscolo e vediamo a chilometri di distanza, tutto sembra vicino... ci sembra di vedere degli alberi lontani, l'idea dell'ombra ci fa pedalare con più lena, pedaliamo, pedaliamo, avanti...! Dove sono gli alberi? Eppure li ho visti, sono certo erano alti... tutta una fila... facciamo l'esperienza dei miraggi. Ogni tanto una macchina ci sorpassa, ci guardano stupiti, in particolare il tandem desta curiosità, qualcuno si ferma, mongolo o straniero, ci offrono una caramella o dell'acqua, ci chiedono se abbiamo bisogno di aiuto, poi ripartono e il Gobi ridiventa silenzioso. Solo il vento, le nostre parole e il rotolare delle ruote. Andiamo avanti, ci sembra di andare in salita, siamo convinti di andare in salita, ma non è cosi, le gambe girano come quando si va in pianura, con poco sforzo, il respiro è regolare.
La sera nel villaggio dove dormiamo ci raccontiamo di questo strano effetto e scopriamo che quello che vediamo è la curvatura terreste, Gobi sei veramente strano. Siamo soli, almeno crediamo di essere soli, ma per qualche strano appuntamento, nelle depressioni del terreno spesso incontriamo mandrie di cammelli o capre intorno ad un pozzo in attesa di dissetarsi, nessuno che badi a loro, non fuggono, non sono spaventati, sanno che prima o poi qualcuno passerà con una corda e un secchio e il prezioso liquido celato nel sottosuolo darà loro la possibilità di sopravvivere.
Arrivano le sabbie, fatica e sudore, sete, un campo gher, una sorgente alla base delle dune, e tutti, mongoli, animali e noi, a cercare ristoro. Sono le dune di Khongoryn, conosciute anche con il nome di "Dune che cantano" a causa del vento costante. Sono alte trecento metri e coprono una distanza di dodici chilometri.
Sono in ginocchio con una bottiglia in mano, cerco di far entrare questo rigagnolo di acqua, eredità della pioggia della notte, al suo interno, ne abbiamo bisogno se vogliamo proseguire, e li pazientemente, senza fretta con l'aiuto di una foglia che fa da imbuto, lascio che la bottiglia si riempa... intanto nella testa si fa strada la frase di Mildred Cable "solo uno sciocco attraverserebbe il Grande Gobi senza timore"
Un grazie a Tecno Bike di Terni, Montagna Dimensione Verticale di Rieti, che ci hanno aiutato in questa nostra impresa. Un grazie a Stefania,Silvio e al loro tandem, a Cinzia e Giuseppe, per la loro allegria e la capacità di sopportarmi, edinfine un grazie a Mimmo per le sue idee un po' folli.
Le foto sono di G. Caso.
Questo l'itinerario attraverso il Gobi desert
- Arwaiker
- Baangol Bayangol
- Saikan Ovoo Saikan Ovo
- Mandal Ovoo Mandal Ovoo-Bulgan Dalandzadgad
- Tsogt Ovoo Tsogt Ovoo
- Huld Huld - Lous Lous
- Mandalgovi Mandalgovi
- Baga Garzryn Baga Garzryn
- Ulan Baatar
Per saperne di più puoi contattare: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Team:
Stefania Giori
Cinzia Poddi
Giuseppe Caso
Silvio Locatelli
Mimmo Scipioni
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giriperdue
Ho 49 anni e la bicicletta è una delle mie passioni sportive, forse la pi ù importante, in ogni caso quella che, con alti e bassi, riesco a praticare durante tutto l'anno con la partecipazione a qualche granfondo. Spero che la mia esperienza possa tornare utile in qualche modo a chi voglia emozionarsi pedalando in Abruzzo, la regione dei Monti e del Mare.
Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico