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Giro del mondo in tandem: 5 anni di Godimundi
Godimundi è il giro del mondo in tandem! Alessandro e Stefania sono partiti nel 2014 per "un viaggio all’insegna dell’ecologia, un’avventura alla scoperta del mondo, un inno alla vita, alla salute e alla libertà", come loro stessi definiscono la propria esperienza. Dopo averli seguiti per tutto questo tempo, siamo finalmente riusciti a intercettarli e a farci raccontare le loro vicissitudini in questa intervista.
Ciao ragazzi, farvi un'intervista risulta davvero complicato. Sul vostro giro del mondo in tandem ci sarebbero decine di domande da fare, centinaia di esperienze da raccontare, migliaia di storie da ascoltare... ma partiamo dall'inizio. Dal 2014.
Ci raccontate la vostra avventura, o meglio quella che è diventata la vostra vita da quell'anno in poi (anche prima se volete, ma temo andremmo troppo per le lunghe)?
Il 12 giugno del 2014 siamo partiti dalla porta di casa in sella a un tandem rosso fiammante con l'idea di farci una bella pedalata nell'invitante estate italiana.
Cinque anni dopo ci ritroviamo sull'isola di Palawan, nelle Filippine, pedalando per i vicoli polverosi di un villaggio di pescatori sullo stesso tandem con cui abbiamo percorso 50 mila chilometri attraverso una trentina di paesi senza essere ancora tornati a casa. La prima parte del viaggio ci ha portato a raggiungere l'Indonesia attraverso i Balcani, la Turchia, l'Iran, l'Asia centrale, la Cina e il sudest asiatico.
Abbiamo poi trascorso un anno viaggiando e lavorando in Nuova Zelanda. Siamo tornati in Asia passando per l'Australia, l'Indonesia, il Sudest Asiatico, il Myanmar e l'India, e siamo nuovamente approdati in Cina, dove ci siamo fermati a lavorare come insegnanti di inglese nella città di Kunming.
Gli ultimi mesi ci hanno visto attraversare Mongolia, Russia, Corea del Sud e Giappone. Da pochi giorni siamo sbarcati nelle Filippine, dove ci stiamo concedendo una breve vacanza tropicale a base di mare e noci di cocco prima della prossima meta.
'Oriente' direi che è la parola chiave nel vostro giro del mondo in tandem. C'è un motivo specifico o è venuto così per caso?
Quando siamo partiti dall'Italia dicevamo a tutti che stavamo andando in Cina in bici. Non credevamo che ci saremmo arrivati davvero, era soltanto una scusa per spiegare agli altri il perché, il quando e il dove del nostro viaggio. La Cina rappresentava l'alibi perfetto, una meta remota e ricca di fascino situata all'opposta estremità della nostra zolla continentale, collegata a noi via terra da una storica continuità di commerci e migrazioni, eppure emblema dell'antipode irraggiungibile, e capace di suscitare l'entusiasmo dei nostri concittadini di Prato, a cui la Cina è particolarmente vicina.
La Cina è stato il pretesto che ci ha permesso di incontrare e innamorarci delle variegate terre e genti d'Asia, e questi cinque anni non sono bastati che a scalfire la superficie dell'immenso patrimonio culturale e umano che questa parte di mondo ha da offrire. Inoltre, ogni volta che varchiamo una frontiera o cambiamo paese, ci assale una speciale nostalgia per i luoghi che ci lasciamo alle spalle e i loro abitanti. E per noi uno dei grandi piaceri del viaggio è tornare a visitarli, assaporare la dolcezza del ritorno e l'agio di sentirsi a casa insieme alla gioia della scoperta e all'appagamento di una maggior consapevolezza del mondo, della società e di noi stessi.
Tandem... Non siete gli unici ma siete merce rara nel già piccolo mondo dei globetrotter a pedali. Perché proprio questo mezzo?
Il tandem è il mezzo ideale per la nostra coppia, perché Alessandro è da sempre un ciclista appassionato mentre Stefania non aveva mai pedalato prima di questo viaggio e a entrambi non piace rimanere separati per tanto tempo o prenderci troppo sul serio. Il tandem leva a lei la preoccupazione di imparare a districarsi nel traffico o risolvere inconvenienti meccanici che la getterebbero nel panico, e a lui la seccatura di aspettarla per ore in cima alle salite, andare a recuperarla dopo l'ennesima caduta e caricarsi il peso di due bici e doppio bagaglio…
Ci sbriglia dagli impicci, non ci perdiamo mai di vista e fa ridere chiunque incontriamo: aggiudicato!
Dopo 5 anni a dieci centimetri l'uno dall'altro non vi siete ancora scannati, ma sarà capitato sicuramente di discutere... noi prendiamo ognuno la propria bici e andiamo entrambi per la nostra strada per un po'. Voi come fate in questi casi?
Fin dai primi giorni il tandem ci ha insegnato una lezione fondamentale per far funzionare la nostra coppia: tutti gli sforzi tesi a imporre sull'altro il proprio ritmo, la propria forza, il proprio stile di pedalata sono energie sprecate ed è molto più efficiente e appagante concentrarsi sul mantenimento di un'armonia generale, un'attitudine rilassata, un'atmosfera piacevole, in modo che la coordinazione delle gambe, l'equilibrio dei movimenti, i gesti e le idee scaturiscano spontaneamente dall'intesa reciproca piuttosto che cercare di crearla a tavolino.
In poche parole, dato che abbiamo deciso di metterci su un tandem e ne siamo contenti, è inutile saltare giù di sella nel momento in cui sorge un problema. Ovviamente ci capita di litigare in momenti di stress, come quando pedaliamo in mezzo al traffico (che terrorizza Stefania) o in climi particolarmente caldi e umidi (che fiaccano Alessandro).
Di solito però ci sfoghiamo in pochi minuti con svariati insulti reciproci, e non riusciamo a tenerci il broncio, anche perché siamo sempre sotto gli occhi di un pubblico incuriosito dal nostro mezzo inusuale e perciò sentiamo la responsabilità di essere uniti e sereni di fronte ai locali senza lasciarli perplessi o preoccupati dei nostri malumori passeggeri. Frequentare le culture asiatiche ci ha fatto apprezzare e in qualche modo interiorizzare l'idea che è deleterio non essere capaci di controllare le emozioni e travolgere con la propria dirompente interiorità gli inconsapevoli spettatori della nostra facciata esteriore.
Superlativi e classifiche non ci piacciono ma ne siamo fatalmente attratti. Qual è la strada più bella che avete percorso finora in questi anni?
La domanda più difficile, ce ne vengono in mente troppe!
Il primato forse va a una provinciale in Cina, una tipica strada di cemento che in pochi chilometri ci ha portato dalle praterie di Aba, situate a 4000 m slm nell'altipiano del Sichuan centrale e abitate da gruppi seminomadi di pastori di yak tibetani, attraverso foreste di conifere fumiganti delle spettacolari formazioni calcaree delle terme di Huanglong, a una valle lussureggiante di piante subtropicali sfavillanti di una moltitudine di variopinte farfalle grandi come uccelli, punteggiata da villaggi scintillanti di tetti di maiolica smaltata arroccati tra risaie e ciuffi di bambù.
Ci viene in mente anche uno sterrato color ocra che si snoda tra i villaggi incantati sparpagliati attorno alla linea dell'Equatore nell'isola di Sumatra, una manciata di palafitte di foglie di palma intrecciate da cui migliaia di stupendi occhi sgranati seguivano l'apparire del nostro tandem in un'allegra fuga di porcellini e galline tra le foglie dei banani, e le nostre ruote incedere incerte su ponti traballanti sotto i quali donne fasciate da colorati sarong e bambini nudi si lavavano nelle lente acque verdastre di larghi canali in un vociare spensierato e senza tempo.
Una carrareccia in Myanmar tra Monywa a Bagan costeggiata da giganteschi alberi fioriti di Jacaranda, nella cui dolce ombra caracollavano carretti trainati da vacche in miniatura e spuntavano i rosei coni misteriosi di templi buddisti in rovina.
Più recentemente, la mitica 69 (no, vabbè, era l'89) sulle Alpi giapponesi, una striscia d'asfalto completamente deserta invasa dal muschio e dalle foglie secche che unisce le valli dei fiumi Hida e Takahara inerpicandosi tra fitti boschi d'acero e betulla a ridosso del corso intricato di torrenti cristallini.
La Cina, a quanto ci pare seguendo le vostre avventure, vi è rimasta nel cuore. Di chi è il merito? Madre Natura? L'umanità delle persone? Entrambi... o nessuno dei due?
La Cina è una terra impareggiabile per la varietà di paesaggi, culture ed etnie comprese nel suo immenso territorio. Nei suoi confini è possibile pedalare al cospetto delle montagne più alte del pianeta costellate di monasteri di lama tibetani, in uno dei suoi più terribili deserti dove vagano greggi di dromedari semiselvatici governati da barbuti pastori musulmani, tra valli subtropicali dove la foresta cresce rigogliosa fino a 3000 m slm e laghetti di quota ammantati di fiori di loto ospitano comunità matriarcali dai costumi appariscenti e lingue quasi estinte.
Così come è possibile sperimentare la vita delle metropoli più popolose e inquinate prodotte dalla civiltà moderna nell'agio impensabile di piste ciclabili perfette, assaggiare pietanze di ogni foggia tra avventori entusiasti e generosissimi, e pagare persino nella bottega più sgangherata e remota del paese con un click sul telefono.
È il paese capace più di ogni altro di offrire un'esperienza estremamente stimolante e diversificata a un viaggiatore in bicicletta, che si trova ogni giorno immerso in un mondo affascinante, per tanti versi incomprensibile e perciò sempre stupefacente e appagante, e inoltre esemplare sia in termini di sicurezza personale, sia per l'onestà e la schiettezza mai indiscreta o invadente della gente.
È l'immersione totale in un sistema alternativo, una mentalità estranea al modello europeo e una nazione sulla cresta dell'onda dove si forgia nel bene e nel male il futuro dell'umanità. Viaggiare in Cina può aprire gli occhi sulle mille contraddizioni che funestano l'epoca contemporanea: dal punto di vista naturalistico ne rappresenta i prodigi così come i disastri; dal punto di vista umano, ogni visitatore che non si fermi alle apparenze e non si lasci influenzare dalla martellante propaganda anticinese promossa dai media statunitensi avrà tutta la libertà di apprezzare le innumerevoli sfumature che millenni di contingenze drammatiche hanno conferito alle opinioni, i comportamenti e lo spiccato carattere del popolo cinese.
Avete trascorso anche un bel po' di tempo tra Australia e Nuova Zelanda. Com'è pedalare Down Under?
Le nostre esperienze nei due paesi sono estremamente diverse. Abbiamo trascorso un anno intero in Nuova Zelanda con il working holiday visa, viaggiando in lungo e largo nel paese e fermandoci a lavorare quando si presentava una buona occasione. Alcuni paesaggi kiwi sono unici e strabilianti, come la foresta pluviale temperata abitata da alberi di felce monumentale e una varietà di uccelli sconosciuti mai sperimentata, e la costa delle Catlins dove boschi endemici impenetrabili come giungle si affacciano su scogliere ventose che ospitano una straordinaria fauna di foche, pinguini e leoni marini.
Anche dal punto di vista umano la Nuova Zelanda è stata ricca di incontri interessanti, abbiamo stretto amicizie con locali discendenti da svariate nazionalità e immigrati più o meno recenti, siamo stati ospitati da warmshower entusiasti e sconosciuti incontrati per caso, abbiamo trovato facilmente impiego per boss Maori, Cinesi, Giordani, Inglesi e Indiani (tra gli altri) ricevendo sempre un trattamento equo, un adeguato compenso e un'atmosfera lavorativa cordiale e rilassata.
Come l'Australia, è un paese con pochi insediamenti e una rete stradale limitata, che li rende paradisi del campeggio libero e dell'off road. È possibile piantare la tenda praticamente ovunque, ed esistono aree predisposte (anche se i servizi si limitano solitamente a bagni senz'acqua infestati dalle sandflies).
I percorsi ciclabili si possono trasformare in piccole avventure per le pendenze, l'erosione dei sentieri, le condizioni atmosferiche inclementi e la distanza tra fonti d'acqua e supermercati con prezzi decenti, mentre le strade asfaltate sono infestate da mezzi con ogni tipo di rimorchio che non si prendono la briga di rallentare quando sorpassano i ciclisti, ma il traffico non è di solito sostenuto a parte che sulle arterie principali.
In Australia siamo stati ripetutamente insultati dagli automobilisti, mentre in Nuova Zelanda è capitato soltanto un paio di volte vicino alla città più grande, Auckland, ma ci sentiamo di poter affermare che Down Under non è presente una gran cultura del ciclismo. L'impressione che abbiamo avuto dell'Australia è stata la meno piacevole del nostro viaggio. Abbiamo pedalato intorno a 5000 km dalla Gold Coast fino a Darwin, seguendo la costa da sud a nord fino a Innisfail e poi virando verso ovest attraverso l'immenso outback. Siamo rimasti affascinati da alcuni territori che è possibile vedere solo in questo continente: deviando dalla costa lussureggiante verso l'interno arido abbiamo superato il netto spartiacque dove la foresta tropicale si dirada in una zona arborea di specie endemiche capaci di sopravvivere alla siccità come l'iconico bottle tree per poi rovinare in pochi chilometri in una piana desolata che si estende a perdita d'occhio senza segni di vita; nel Northern territory ci siamo commossi nell'attraversare nel parco nazionale del Kakadu le oasi di verde ritrovato dopo settimane di deserto, corsi d'acqua infestati dai coccodrilli e graffiti preistorici testimoni della cultura millenaria dei popoli aborigeni; a Katherine siamo rimasti a bocca aperta davanti a una delle più belle e accoglienti sorgenti termali mai incontrate; e la fauna australiana di coppie di pappagalli chiassosi, stormi di diamanti mandarini, canguri e coccodrilli non ci ha certo lasciato indifferenti.
Detto questo, attraversare per due mesi il deserto senz'altra compagnia che nugoli di mosche, cadaveri di wallabies, proprietari di roadhouse che si rifiutavano di riempirci le borracce con la loro privatissima acqua potabile, camperisti ottantenni che scappavano quando ci vedevano camminare per il bush (probabilmente insospettiti dalla nostra abbronzatura troppo olivastra), è stata un'esperienza piuttosto risucchiante che non abbiamo intenzione di ripetere a breve. Non vogliamo assolutamente esprimere un giudizio sul popolo australiano, costretto a fare i conti con una storia sanguinaria e un'emergenza ecologica sempre più pressante, e composto senz'altro da personaggi di tutto rispetto, come i fantastici warmshower che ci hanno aiutato senza riserve, simpatici camperisti che hanno allietato le nostre giornate solitarie con preziosissima frutta e inestimabili litri di acqua sorgiva, e rari sognatori che ci hanno introdotto all'ormai estinta cultura dei popoli aborigeni.
Il fatto è che ci piacciono troppo gli alberi e non riusciamo a stare sereni senza vederli per tanto tempo!
Di recente avete preso la Transiberiana. Come mai questo cambio di mezzo temporaneo? Com'è stata l'esperienza?
Il viaggio di tre giorni in treno si è rivelato un'esperienza memorabile. Prima di montare nello scompartimento a 4 posti che avevamo prenotato, Alessandro ha pronunciato la sua solita perla d'ironia toscana: "Mal che vada dovremo condividere le cuccette con due panzoni alcolizzati che schiamazzeranno per le prossime 100 ore".
Entrati in cabina abbiamo puntualmente trovato ad aspettarci ben 3 energumeni russi che annegavano la noia di una settimana di viaggio forzato in ettolitri di vodka. Ma al contrario di ogni aspettativa, si sono rivelati dolci, educatissimi e un'ottima compagnia! Ci siamo trovati a intavolare conversazioni improbabili sulla migliore ricetta per il borsch, parlando ognuno la propria lingua, a vettovagliare insieme e a vegliare sulle poche ore di sonno che uno dei tre, il russatore più formidabile mai immaginato, si concedeva a malapena per non tenere sveglio tutto l'affollatissimo treno, mentre nel finestrino sfilava la taiga infinita ammantata della sua splendida veste autunnale.
La ragione per cui abbiamo preso la Transiberiana è semplice. Siamo entrati in Russia dalla Mongolia e ne siamo usciti con un traghetto da Vladivostok alla Corea. Non saremmo stati in grado di pedalare le migliaia di chilometri dell'estremo Oriente della Russia nei 30 giorni concessi dal visto turistico russo, e anche se fossimo riusciti a ottenere un visto più lungo, non saremmo riusciti ad affrontare le temperature del rigido autunno siberiano con la nostra attrezzatura e il nostro spirito di Godimundi. Abbiamo preferito trascorrere la maggior parte del mese pedalando tra il confine mongolo e le magnifiche sponde del lago Baikal per poi prendere la Transiberiana fino a Vladivostok.
Guardandovi indietro avete qualche rimpianto per questo viaggio? E cosa invece rifareste mille e mille altre volte?
Alessandro risponde: rimpiango di non aver avuto la faccia tosta di cantare a squarciagola O sole mio quando mi hanno passato il microfono sull'affollatissimo ponte del traghetto Pelni durante le allucinanti 54 ore di navigazione dal Sulawesi al Kalimatan. E avrei dovuto dare retta al Vetta che prima di costruirci il telaio ci aveva consigliato di mettere le ruote da 29! Invece ho insistito per averle da 26 e ora ho l'idea di farci costruire un nuovo tandem, anche se l'attuale non ha mai dato problemi.
Stefania risponde: mi sono chiesta spesso come sarebbe stato unirci a una carovana di circensi che ci aveva offerto un lavoro itinerante in Australia. Rimpiango di non essere tornata a casa tutto questo tempo, essermi persa la nascita dei cuginetti, la laurea dei miei fratelli, le vacanze in famiglia…
Non ci stancheremmo mai di fare nuovi viaggi in Cina, in Indonesia, in Turchia e, ovviamente, in Italia. Ci sarebbe magari piaciuto fermarci di più in alcuni posti o vederne altri ancora, per questo abbiamo deciso di tornare in paesi che avevamo già visitato, ma allo stesso tempo ci consola sapere che esistono dei luoghi meravigliosi che non vedremo mai, che sono lì a salvaguardia della bellezza del mondo e della nostra infinita voglia di conoscere.
Se qualcuno che vi sta leggendo volesse intraprendere un'avventura come la vostra, quale sarebbe il primo consiglio che le/gli dareste?
Parti il più leggero possibile. Soprattutto a cuor leggero. Solo tu puoi sapere quanto leggero può essere il tuo bagaglio così come il tuo animo, ma ricorda che nessuno ti obbliga a farlo, quindi sforzati di sprizzare di felicità da tutti i pori prima di partire. Il mondo è pieno di problemi, perciò è meglio risolvere i propri ed essere pronti a piangere per quelli degli altri. Sarà più facile godere di tutte le gioie intraviste durante il viaggio.
Per il resto, ognuno ha il suo stile, non ci sentiamo di dare consigli, ma rispondiamo volentieri a qualsiasi domanda, scriveteci su godimundi(at)gmail.com
Domanda di rito. Quali sono i piani dopo il Giappone?
La meta che ci siamo prefissati questa volta è casa, Prato!! Stile Godimundi, tornando sulle nostre orme…
Dove possono seguire il vostro giro del mondo in tandem i nostri lettori?
Possono seguire il nostro giro del mondo in tandem sulla nostra pagina facebook: Godimundi
Grazie mille e buone pedalate
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Leo
ITA - Cicloviaggiatore lento con il pallino per la scrittura e la fotografia. Se non è in viaggio ama perdersi lungo i mille sentieri che solcano le splendide montagne del suo Trentino e dei dintorni del lago d'Iseo dove abita. Sia a piedi che in mountain bike. Eterno Peter Pan che ama realizzare i propri sogni senza lasciarli per troppo tempo nel cassetto, ha dedicato e dedica gran parte della vita al cicloturismo viaggiando in Europa, Asia, Sud America e Africa con Vero, compagna di viaggio e di vita e Nala.
EN - Slow cycle traveler with a passion for writing and photography. If he is not traveling, he loves to get lost along the thousands of paths that cross the splendid mountains of his Trentino and the surroundings of Lake Iseo where he lives. Both on foot and by mountain bike. Eternal Peter Pan who loves realizing his dreams without leaving them in the drawer for too long, has dedicated and dedicates a large part of his life to bicycle touring in Europe, Asia, South America and Africa with Vero, travel and life partner and Nala.
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