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Il mio primo viaggio in bici

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Tutto comincia a Roma in via Trionfale nella zona di Monte Mario intorno al 1965. Tommaso da Bellegra non è un filosofo, ma il portiere dello stabile dove risiedo negli anni della mia infanzia. È lui che mi guida nel domare la biciclettina alla quale ormai sono state tolte le "rotelle" stabilizzatrici. Ed è lì che inizia il mio rapporto privilegiato col mezzo al quale sono da sempre più affezionato.

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Daniele ha affrontato questo suo primo viaggio in bici all'età di 15 anni nel 1975. Ai tempi non ha purtroppo realizzato fotografie, ma nel testo troverai due immagini della famosa bici Lazzaretti con cui ha vissuto la sua prima grande avventura in sella. Le foto sono state scattate negli anni successivi: una in occasione di un viaggio ad Assisi 20 anni dopo e una in compagnia della figlia ancora piccola.

Passano gli anni e naturalmente cambiano anche le dimensioni delle bici, fino a giungere alla tanto agognata "28".

Siamo intorno al 1971, ho 11 anni e sono cresciuto un po'. Il mezzo a due ruote ormai fa parte della mia vita in modo totale e, grazie alla parentela con un corridore degli anni '20, un cugino di mio nonno, tal Romolo, proprietario di un negozio molto conosciuto di biciclette, ho un privilegio raro: il mio cognome stampato sui tubi rossi del mio cavallo d'acciaio, LAZZARETTI. A Roma è ancora molto popolare questa marca, anzi oggi rappresenta forse il meglio che si può trovare su piazza e ciò sarà per me un motivo di vanto e d'orgoglio nel tempo.

Siamo ora nel 1973 e arriva la cosiddetta Austerity, cioè la crisi del petrolio che costringe gli italiani a rinunciare alle auto nelle domeniche di quell'autunno e così anche noi ragazzi ci rechiamo allo stadio tutti muniti di bicicletta. La Roma quel giorno vince o forse no (più probabile), fatto sta che all'uscita troviamo una terribile sorpresa. Hanno tagliato tutte le catene e si sono portati via tutto il gruppo di bici che avevamo legato insieme e opportunamente nascosto dietro un grande oleandro (così da facilitare il lavoro, ovviamente, beata ingenuità). Per me è un vero dramma. Non ho mai affrontato le cose con leggerezza e se dovessi fare un elenco dei dispiaceri più grandi della mia vita, sicuramente troverei un posto anche a questo evento. A casa si rendono conto che questo dolore va colmato al più presto e anche grazie a una vincita al Totocalcio del secondo marito di mia madre, mi viene regalata una Pinarello ultimo modello che ha una grande novità per me: i rapporti sono quelli di una bici da corsa e nella fattispecie sono utilissimi a scalare salite erte come quella di Monte Mario, zona in cui vivo ancora in quegli anni. Per me la bici, in quel periodo, rappresenta anche un mezzo di locomozione alternativo all'autobus; la utilizzo anche per andare a scuola, che non è proprio dietro casa. Inoltre mi accosto anche alla pratica sportiva del ciclismo vero e proprio, disciplina non tra le prime in città, ma più comune in regioni come il Veneto o la Toscana.

Il mio mito è il grandissimo Felice Gimondi, quasi sempre eterno secondo dietro al Cannibale Eddy Merckx, ma seguo con interesse anche altri corridori come Dancelli, Motta, Bitossi e Basso. Spesso dopo la scuola, invece di tornare subito a casa, approfitto del traffico ancora umano per spingermi più lontano, fino al lago di Bracciano o sulla Tiberina verso Fiano, macinando chilometri e sognando di fare un vero e proprio viaggio prima o poi. In quegli anni però, è veramente difficile reperire materiale informativo sul cicloturismo. Esistono certamente le mappe stradali, ma di sicuro mancano le recensioni sui percorsi, sull'altimetria e la possibilità di prenotare un luogo dove sostare è affidata all'improvvisazione.

Arriviamo dunque all'estate del 1975, finisce il secondo anno di Liceo e si fanno piani per le vacanze con i compagni di scuola. La famiglia di uno di loro possiede un casale nei pressi del Lago Trasimeno, circa 200 km da Roma e, una volta stabiliti gli accordi per partire, io stupisco tutti: verrò in bicicletta! Ti lascio immaginare le facce e sicuramente qualche commento sarcastico che affiora qua e là, ma ormai non mi ferma nessuno. Farò il viaggio in due tappe, ma lo farò, costi quel che costi. E alla faccia di chi non ha fiducia nelle mie doti. (soprattutto!).

A questo punto bisogna attrezzarsi e trovare un posto economico dove dormire la prima notte, si sa che la pecunia scarseggia a quindici anni. Inizia la ricerca che, come detto, non è assolutamente facile e alla fine la scelta cade su Foligno, dove in un vecchio convento ha sede l'ostello per la Gioventù. Compro la tessera, che costerà quasi più dell'intero viaggio, e recupero -  non so come - un portapacchi posteriore per i bagagli che dovrò portare al seguito. Non conosco per niente la strada, se non nel primo tratto fino a Sacrofano, ma sommando le varie distanze sulla carta, viene fuori la ragguardevole cifra di 159 km. Tutto sommato neanche 160...

Finalmente è tutto pronto e il 17 giugno si parte all'indomani delle elezioni regionali e amministrative locali, che ho seguito con molto interesse. Prima di uscire di casa, mia madre mi fa delle raccomandazioni di prammatica e ricordo ancora che mi disse di andare piano. Andrò pianissimo in realtà, una media di 20 km l'ora, ma quello che può stupire è che ho solo 15 anni e oggi non so quali madri acconsentirebbero a tale impresa. Ma lei era un po' particolare e la ringrazio ancora per questo.

La Flaminia, una delle famose vie consolari che partono da Roma e che dovrò percorrere per tutto il tragitto praticamente senza deviazioni, è poco distante da casa. Si comincia con una bella discesa su via della Camilluccia per poi immettersi sulla statale 2 alla fine di Corso Francia. È presto, il traffico verso l'hinterland è pressoché assente a quell'ora e il pendolarismo esasperato che esiste oggi è inesistente. Labaro, Prima Porta, il Cimitero Flaminio, il bivio per Sacrofano, Castelnuovo di Porto, Morlupo. Questi sono i luoghi che incontro pedalando in costante, ma leggera salita. Mi fanno compagnia i binari della ferrovia Roma - Civita Castellana - Viterbo ed è per me una dolce vicinanza, vista la mia passione anche per i treni. Non ho un contachilometri, tanto meno posso calcolare la velocità.

Le pietre miliari sono il mio riferimento e naturalmente l'orologio. Al km 40, in prossimità di Rignano Flaminio, mi volto come per guardarmi alle spalle e noto una veduta bellissima, che mi colpirà e mi rimarrà impressa per sempre: Roma in lontananza e la cupola di San Pietro che si staglia in controluce, inconfondibile. Siamo a 250 metri s.l.m. contro 146, stupendo!

Verso Civita Castellana si respira un po', qualche saliscendi e poi a capofitto verso la valle del Tevere che si attraversa nei pressi di Magliano in Sabina. Dopodiché iniziano i dolori verso Otricoli con una salita niente male che però sarà il preludio dell'attraversamento di Narni, veramente un paesino meraviglioso. A questo punto sono già in Umbria da un pezzetto e ho oltrepassato la metà del percorso. La soddisfazione è già grande e la piana di Terni viene bevuta in un soffio. Sono passate intorno alle cinque ore e la fame si fa sentire. Una rosetta con la mortadella, ho 15 anni e digerisco pure i sassi. Due chiacchiere con i vecchietti al parco commentando i risultati delle elezioni e poi si riparte.

Siamo al km 100, ma mi aspetta il tratto più duro. E il bello è che non lo so... Dunque, si prende di nuovo la Flaminia in direzione Spoleto e, tra le stupende gole di Strettura, inizia il valico della Somma, 646 m., ma lo scoprirò solo alla fine. L'imperativo è quello di non mettere il piede a terra, anche riducendo la velocità al minimo per stare in piedi e utilizzando il rapporto piu leggero che ho. A memoria credo fosse un 39/28.

Per i meno esperti la corona ai pedali misura 39 denti, mentre il pignone più grande alla ruota posteriore ne ha appunto 28. Il tutto per uno sviluppo di 2,975 metri per pedalata. Insomma piuttosto agile, ma mai quanto alcune MTB di oggi che ti consentono di scalare i muri. All'epoca non erano state ancora inventate.

L'ascesa dura un bel po', ma quando scorgo la galleria con il cartello che mi avvisa di essere in cima, la soddisfazione è grande. La gioia peraltro aumenta nello scoprire che al di là del tunnel c'è una discesa di parecchi chilometri e che in pratica fino a Spoleto quasi non si pedala. La Rocca degli Albornoz domina dall'alto la città del famoso festival e ormai mi sento quasi arrivato alla meta. Mancano in realtà una trentina di chilometri, ma ho il vento in poppa, in tutti i sensi. La strada scorre in una impercettibile discesa, tra l'1 e il 2 per cento e forse spira anche un leggero vento favorevole. Si lambiscono le Fonti del Clitunno e dopo poco si erge sulla destra la cittadina di Trevi.

I pensieri si susseguono rapidi nella testa e le domande sono le più ovvie.

Ce la farò ad arrivare ad un orario decente? 

Troverò l'Ostello a Foligno e soprattutto ce la farò a ripartire domani?

Intanto le paline a lato strada segnano qualcosa come 150 km dalla capitale, quindi tra poco sarò alla meta nonché alla metà del viaggio. L'accoglienza nel vecchio convento è veramente delle migliori. La conduzione è familiare e probabilmente la sorpresa di vedere un "cittino" che viene da Roma in bici, rende tutto molto divertente. Mi viene assegnato il letto nella grande camerata e mi chiedono se abbia bisogno di fare una doccia. Vedi un po', dico io e faccio mettere sul conto le 100 lire dovute. Qualcosa come 5 centesimi di oggi. Decido di usufruire della cena presso la struttura e saranno altre 900 lire cioè mezzo Euro. Confesso che ho un po' di problemi nel fare le scale, i muscoli intorno alle ginocchia sono piuttosto indolenziti e avrei bisogno di un bel massaggio tonificante. Ma di che stiamo parlando? Fantascienza pura. La soddisfazione però è veramente grande; sono giunto fin lì con le mie gambe e la mia tenacia. Mi sento arrivato, un po' in tutti i sensi. Crollo letteralmente sulla branda e la mattina vado a fare colazione nello stanzone predisposto. Caffellatte e biscotti e la giornata può cominciare.assisi in bici

Mi aspettano un po' di chilometri, anche se meno di ieri, ma ci sarà la scalata di Perugia che m'impegnerà abbastanza. Foligno infatti, si trova a poco più di 200 metri s.l.m. in pianura, mentre la bellissima Perugia si fa un po' desiderare a quasi 500 metri di altitudine. Ma ne varrà la pena. Spello è il primo centro che si incontra in giornata e poi arriva sulla destra la magnifica veduta di Assisi (che sarà la meta di molti altri viaggi in bici in anni più maturi). Ormai sono sotto il capoluogo umbro e inizia l'ascesa vera e propria. La strada è decisamente tortuosa, ma a mio parere fantastica. Gli ultimi tornanti scorrono via d'un fiato e dalle macchine partono gli incitamenti.

"Forza 43", mi urlano dalle 127 o dalle 500 che arrancano quasi più di me. Indosso infatti una maglia da baseball con un grande numero giallorosso, che magari non è propriamente ciclistica, ma fa molta scena. E molto Forza Roma al contempo. Quando finalmente sono all'ultima curva, mi affaccio sulla destra e scorgo la grande vallata umbra con le cittadine che ho attraversato. Il panorama è stupendo. Nello stesso tempo mi rendo conto della strada che ho fatto ed è inutile dirlo, sono sempre molto contento. Corso Vannucci è il cuore pulsante di Perugia e ancora in quegli anni è aperto al traffico veicolare, così come la stupenda piazza IV Novembre dove transitano anche gli autobus. Oggi tutto ciò è assolutamente diverso e nettamente migliore. Il centro è tutto pedonale, come nella maggior parte delle città italiane, soprattutto in quelle cosiddette d'arte. Chi l'ha detto che si stava meglio prima? Prova a immaginare pIazza Navona o Piazza di Spagna a Roma di nuovo con le auto e magari gli autobus a gasolio. Il mio parere è che per certe cose si stesse sicuramente meglio, ma per altre decisamente no. Non c'era attenzione per l'ambiente e tante altre cose erano lasciate al caso. Anche il turismo sostenibile, ovviamente. Ma ora torniamo in sella e dopo aver sommariamente visitato l'antica Augusta Perusia, la direzione è quella verso il Trasimeno, nel comune di Magione, località Torricella. Dopo una bella discesa che conduce verso Corciano, la strada prosegue pianeggiante salvo nell'ultima parte, nella quale si sale al centro di Magione. In pratica è già finita, un velo di tristezza mi assale, sono già arrivato a destinazione. Con la voglia e la determinazione che ho, potrei arrivare in capo al mondo, ma forse è giusto fermarsi qui.

I compagni mi accolgono festanti, in fondo ho compiuto una piccola impresa. Il soggiorno in campagna sarà piacevole anche se in realtà lo sfrutterò soprattutto per vedere altre località e per girare intorno al lago Trasimeno, non un bellissimo specchio d'acqua - non è proprio balneabile - ma molto suggestivo e panoramico. È poco profondo, ha origini alluvionali e nel corso degli anni si è sempre più ritirato, fino a diventare quasi una grande palude. Chissà che non faccia prima o poi la fine del Fucino in Abruzzo...

Dopo un po' di relax campagnolo di qualche giorno, è ora di tornare a casa. Si riparte invertendo la rotta che prevede sempre la sosta a Foligno e poi tutta una tirata verso Roma. Ormai non ci sono più segreti, mi sembra di averla fatta cento volte. A Foligno mi riaccolgono con affetto e la mattina a colazione un gruppo di ragazzi e ragazze di Foggia mi fa quasi una mezza intervista nella quale racconto il mio viaggio e le mie impressioni. Provano molta ammirazione per me, loro hanno sui 24/25 anni e sono colpiti probabilmente dalla mia età. Dopo pochi chilometri sulla Flaminia, mi si accosta una macchina e mi sento chiamare. Sono loro, stanno tornando al Sud e mi incitano paragonandomi ai campioni di allora che, come sappiamo, sono per tutti Gimondi e Merckx. Mi piace ricordarli a distanza di tanto tempo perché sono quegli incontri gradevoli che per un verso o per l'altro ti rimangono impressi nella memoria. Dove saranno ora, cosa avranno fatto nella vita? Tutte domande vane, dalle quali sarebbe bello poter ottenere una risposta. Ma così è la vita, incontri casuali, sliding doors per dirla in inglese. Qualche volta ti cambiano il corso della vita, in altre ti rimane il rimpianto per non aver potuto approfondire. Comunque, in un modo o nell'altro, l'asfalto verso Roma viene macinato nel giro di poche ore e dopo un'ultima salita abbastanza impegnativa (la famosa via della Camilluccia che alla partenza era in discesa) si arriva a casa. Soddisfatto, ma triste. Il mio primo viaggio in bici è già concluso e naturalmente sto pensando già al prossimo. Sarà di lì a poco, con un tratto in comune a questo, ma nella seconda parte molto più impegnativo. Andrò infatti nelle Marche, presso un amico di famiglia che possedeva un pezzo di terra nei dintorni di San Ginesio, in provincia di Macerata. Mi offrirà l'ospitalità in cambio di qualche aiuto nella campagna. Insomma un agriturismo nel vero senso della parola, così com'era stato concepito in origine. E per la festa patronale sarà prevista anche una corsa ciclistica per la quale mi allenerò tantissimo, ma alla quale non potrò partecipare in quanto non tesserato. Ma questa è un'altra storia, come usava dire Moustache, il barista parigino di Irma la dolce...

Riflessioni

Scrivere questo breve racconto è stato emozionante e al tempo stesso abbastanza facile. È incredibile infatti, come certi ricordi possano restare impressi nella memoria per tanto tempo, con un'infinità di dettagli che a distanza di oltre 45 anni riaffiorano come fossero stati vissuti la settimana appena passata. C'è la consapevolezza di aver fatto qualcosa di speciale, vista l'età e i tempi. La passione per la bici è rimasta sempre abbastanza costante nel corso della mia vita, compatibilmente con gli impegni familiari e di lavoro. Quello che dispiace, ricordando i tempi andati è che purtroppo sono certamente molti di più i viaggi non fatti di quelli effettuati. La speranza è di riuscire a partire ancora nei prossimi anni, colmando quei vuoti che in qualche modo sento l'esigenza di riempire. Non a caso l'Umbria è rimasta sempre la mia meta preferita e credo che in qualche modo lo sarà sempre.

 
 
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