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Incontri nella foresta al chiaro di luna

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Passa il tempo. Le foglie ingialliscono colorando per qualche giorno tutta la foresta, trasformandola in un surreale carnevale di colori accesi.
Diventa meraviglioso attraversarla in bici perché tutto è colore: il suolo è rivestito di foglie gialle accese e molte sono ancora attaccate ai rami, creando tunnel colorati e percorsi che danzano al soffio del vento. Sembra un carnevale di samba, in cui gli alberi si vestono succinti, ma di colori sgargianti e ballano al ritmo di percussioni antiche che vibrano nel pulsare della terra.
Ma la temperatura scende e la magia dura solo qualche giorno, poi le foglie giacciono a terra esauste e rattrappite, lasciando gli alberi come nudi ed imbarazzati...
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Sotto della luna piena

 
Ho passato la giornata studiando al computer. Saranno le dieci di sera. Sono stanco. Non posso andare a letto senza nemmeno esser uscito di casa oggi! Guardo fuori dalla finestra e oltre il buio degli alberi spogli, le luci ovattate dalla foschia diffondono un alone colorato a macchie sferiche, in una atmosfera invernale che comunica freddo e disagio al mio spirito impigrito.
Non è certo una casa calda questa, ma là fuori lo è sicuramente meno. Poi un fremito di eccitazione mi percorre lungo la schiena fino alla punta delle orecchie - chissà come è la foresta adesso - mi suggerisce la malsana idea... Guardo fuori riluttante e la foschia sembra svanire per lasciare spazio all'intensissima luce di una splendida luna piena. “È un segno!” mi dico.
 

Solo il fruscio del pedalare

 
Vinco a fatica le resistenze della mia pigrizia e mi cambio velocemente. Maglietta in microfibra da sottomuta, micropile e guscio tecnico da montagna.
In pochi minuti sono già fuori casa. Inforco la bicicletta e comincio a pedalare. Uso un caschetto da speleologo per andare in bici così ho l'illuminazione già incorporata... a dire il vero lo stesso caschetto è anche la mia bagiure per leggere prima di andare a letto, ma questa è un altra storia.
Imbocco la ripida discesa che in poche frenate mi porta alla periferia del paese. Sfrutto l'inerzia per affrontare la blanda salita che conduce al limitare della foresta. Fine dei lampioni, accendo il caschetto. Fine dell'asfalto, accendo... nulla, solo sorrido.
Il sentiero è largo abbastanza perché possa essere percorso da un auto. Il fondo, in alcuni punti, è ridotto a un pantano, in altri è roccioso, ma mantiene almeno il suono del fango liquido superficiale. La salita non molla e io senza accorgermene non mi sono ancora seduto sul sellino.
In breve i rami spogli delle alte querce che si stendono verso il cielo, chiudono la volta sopra il sentiero, ma la loro nudità lascia filtrare la luce radiosa di una invadente luna piena. Tutto è silenzio. Solo il fruscio del pedalare. Quasi avverto la mia luce come irrispettosa, la spengo. Tutto è buio.
 
In breve gli occhi si abituano: i coni si arrendono al futile tentativo di percepire i colori ed i bastoncelli[1] possono cominciare ad amplificare quella apparente debole luce in tinte chiaro-scure, che gli basta per distinguere l'ambiente notturno. Ora ci vedo bene. La salita prosegue instancabile e io realizzo con somma soddisfazione che in queste settimane ho già acquistato un allenamento inaspettato: non ho ancora avvertito il minimo bisogno di scalare la marcia e il plateau sommitale è vicino. Arrivato in cima sosto a godermi il silenzio.
Gli alberi scuri ondeggiano a una leggera brezza, mentre la pallida luce lunare che illumina la foresta crea un atmosfera incantata e ovattata.
Bevo queste immagini di bellezza a grandi respiri. Di fronte a me si dirama un dedalo di sentieri che ormai in buona parte conosco, di giorno.
Scelgo una direzione a caso, non ho mete particolari, se non quella di essere lì, in quel preciso istante, a pedalare.
Nei tratti di sentiero più battuti la ruota affonda nel fango, la pedalata si fa energica e faticosa. Il suolo è coperto da un lieve strato di foglie e diventa difficile, con la sola luce lunare, poter capire in anticipo dove è più agevole passare. In breve comincio a scegliere piccole deviazioni di sentieri appena accennati che si inoltrano nella parte più profonda della foresta. Talvolta perdo di vista la lieve traccia di sentiero e mi trovo a pedalare semplicemente sulla superficie del bosco, rallentato da un folto tappeto fogliare e da rami secchi che si spezzano sotto il mio peso.
 
In Italia non avevo mai provato l'ebbrezza di una foresta su una superficie pianeggiante, da noi sono principalmente sui pendii e questa novità mi rende eccitato ed entusiasta come un bambino che gioca.
Odore di funghi, di querce, di legno tagliato di fresco, odore di aria umida, odore di terra bagnata, odore di humus. La fioca luce che ovatta il mio sguardo mi permette dovermi concentrare inconsciamente su altri sensi, ed ecco che tutto ha un sapore nuovo, che prima non avevo colto.
Talvolta ho piacere di godermi il sapore del presente che permea da ogni senso e pedalo lentamente, talvolta il bambino eccitato che è in me, si fa prendere dall'ebrezza di sfrecciare silenzioso e invisibile, tra quelle tracce di sentiero nella foresta notturna.
 

L'incontro

 
Ed è proprio pedalando velocemente che in uno slargo di sentiero tra i tronchi, si delinea poco più avanti, in parte, un'ombra di forma irregolare e grosse dimensioni. Nella mia percezione tutto si rallenta come in uno slow motion, i muscoli della gambe si contraggono, i tendini delle dita si tendono come corde di una chitarra, pronti a far scattare la morsa delle dita sui freni. Gli occhi si stringono per penetrare l'oscurità e mettere a fuoco quella inaspettata presenza sul mio sentiero. L'andatura rimane sostenuta e la distanza si accorcia inesorabilmente. Un impulso di adrenalina vibra attraverso tutto il mio corpo fino a farmi fischiare le orecchie. Il respiro si blocca. Ormai la distanza è minima e a pochi palmi di distanza dal mio viso, metto a fuoco il muso di una cerva che segue basita il mio passaggio con la testa. Mi sembra di sentire il suo fiato sul mio volto.
La mia espressione si allarga in un sorriso incantato. Quale meraviglioso incontro. La mia testa si gira rimanendo incollata a quell'apparente sguardo negli occhi reciproco. Mi dimentico del resto.
La ruota scivola su qualche roccia bagnata emergente dal tracciato, la mia testa è girata, la velocità è rimasta sostenuta, il baricentro è perduto e così anche ogni equilibrio. Il mio sorriso incantato viene bruscamente strappato dagli occhi della cerva, per contorcersi in un espressione di smorfia al contatto con la terra umida, mentre foglie e humus si fanno strada nella mia bocca.
Rumori di rami rotti, sferragliamento di bicicletta che rimbalza, tonfi sordi. Buio e silenzio. Avverto un dolore diffuso, ma in particolare a una coscia e a una mano. Si muovono e rispondono ai comandi. Realizzo che non è nulla di grave, solo qualche graffio e contusione.
Rimango lì sdraiato a terra, a guardare la tonda luna piena che mi prende in giro. Ovviamente non c'è più nessun animale e il silenzio è tornato sovrano. Rimango lì a lungo a godermi il contatto con il suolo e a ripensare a quegli occhi scuri, che mi guardavano senza paura, a quel naso che si contraeva al respiro, a quel corpo possente capace di scattare e scomparire in pochi balzi. Pian piano il freddo mi penetra dal suolo e mi rimetto in piedi. Sono sporco, ho foglie e terra ovunque, sono dolorante, ma sorrido felice.
La bici non presenta particolari danneggiamenti. Mi rimetto in sella cautamente e malconcio torno a pedalare verso casa.
Si, sono proprio felice di aver scelto di vivere dall'altro lato della foresta.
[1] Per capire meglio: coni e bastoncelli sono due tipi di fotorecettori nell'occhio. Per approfondire ci pensa wikipedia!
 
 
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Roberto Kavia

Viandante da sempre mi muovo frugale ogni giorno.
Scarponi quotidianamente e cielo nel sorriso.
Allievo della Natura e dei suoi cicli grandiosi, la studio per lavoro e passione.
Per me la vita è una grande avventura, che si soda istante dopo istante in una magia irripetibile, salata dagli incontri. Vivere la dimensione esplorativa dell'essere è per me quasi una malattia che si sviluppa nell'esplorare le meravigliose profondità delle relazioni, come nell'addentrarsi in punta di piedi in quelle cattedrali di Natura ancora non profanate dalla demolizione umana. Non mi piace sentirmi turista, ma piuttosto pellegrino del mondo e della sua bellezza. Adoro quando riesco a mescolarmi alla popolazione locale e a camminare con le loro scarpe. Mi son mosso molto in solitaria: dalle traversate della savana kenyota al vivere da pastore nel deserto del Neghev, dai crinali appenninici, ai viaggi attarverso l'Europa. Ma in solitaria si perde la bellezza del poter condividere l'esperienza, la fatica e la gioia. Non è equiparabile a nulla la bellezza di scalare ramponi e picozze per arrivare in cima e godere di essa nel riflesso degli occhi estasiati del compagno a cui sei legato, o poter uscire da una grotta dopo 30 ore di esplorazione e cogliere nel sorriso dei tuoi compagni la gioia del "siamo fuori!". Vuoi venire con me? Andiamo! www.nottola.org