Verso mezzogiorno, sostiamo in uno dei numerosi ristoranti disposti disordinatamente nei pressi delle più o meno frequentate vie di comunicazione, la cucina è nostrana ed i piatti freschi e genuini, preparati al momento, alcuni da leccarsi i baffi, altri un po' meno, ma quando si ha fame tutto, o quasi, va bene. Divoriamo le pietanze appena servite, ci rilassiamo dieci minuti e siamo nuovamente in sella perchè i km sono sempre tanti e il tempo vola rapido. Un altro pick-up è in sosta sulla corsia di sinistra (eh si qui guidano al contrario rispetto all'Italia!), mancano ancora circa cinquanta metri, ma iniziamo a spostarci più a destra per evitare un impatto altrimenti certo, un uomo sulla quarantina (o forse cinquantina? È così difficile attribuire un'età alle persone da queste parti...) si precipita in mezzo alla strada per farci accostare, oggi è un vizio! Come esseri inermi assecondiamo la richiesta senza porci ulteriori interrogativi. Una giovane donna dal sorriso affettuoso segue la scena dal veicolo, l'uomo si avvicina, ci chiede da dove veniamo, sorride bonaccione e ci offre in dono quattro muffins sfornati la mattina stessa in una bakery della zona. Il profumo pervade la mia mente con intensità sconsiderata, confondendo ogni mio pensiero sensato e lasciandomi smarrita e irrazionalmente sognante. E' inutile porsi domande, incontri di questo genere sono tutt'altro che inusuali qui, in questa terra umida e sorprendente, incontri a loro modo sempre speciali per noi occidentali forse troppo poco abituati a certe dolci situazioni.
Ci lasciamo alle spalle l'aria satura di smog e umidità della caotica Bangkok, la più grande città, nonchè capitale, della Thailandia. L'autostrada fino a Nakhon Pathom è un inferno di scatolette metalliche con l'aria condizionata al massimo, ringrazio il Dio dei viaggiatori di non essere chiusa lì dentro anche se pedalando su una bicicletta respiro tutto quello che i numerosi tubi di scappamento si lasciano in scia. Solo 60 km separano i wat di Bangkok da Nakhon Pathom, 60 km che sembrano interminabili sotto il sole cocente di mezzogiorno. Nakhon Pathom si trova poco prima che inizi la valle del Kwae, che inerpicandosi per selvagge montagne, giunge fino alla terra dei Mon e dei Karen, la Birmania. Sono quasi le sei nel centro cittadino e lungo i binari deserti della ferrovia si accalcano venditori di ogni genere: dai fiori alla frutta, dalla carne ai piatti cucinati al momento. Non sono particolarmente affamata, questo primo giorno in bici mi ha tolto totalmente l'appetito. Una grossa ananas da almeno 1 kg mi guarda sorridendo, ho proprio le traveggole, devo mangiare qualcosa. Mi avvicino, con il mio fido compare, ad un grosso banco ricolmo di frutta multicolore. Provo a parlare in inglese ma non c'è verso di capirsi, indico allora ciò che desidero comprare: un ananas e un casco di banane abbastanza mature. Il ragazzo è gentile, porta i capelli ingellati con un ciuffo abbastanza stravagante sopra la fronte, jeans e maglietta. Mi mostra i prezzi sulla calcolatrice: 60 Baht per l'ananas e 18 baht per le banane. Siamo perplessi ed indecisi, 60 baht ci paiono eccessivi, ma dopotutto mangeremo solo questo quindi per questa sera si può fare. Il giovane dal ciuffo quasi buffo mi passa il cellulare, io sorrido credendo sia uno scherzo ed invece mi sbaglio. Dall'altra parte della cornetta la voce di un altro ragazzo mi saluta e mi spiega in inglese qualcosa che non capisco, me lo faccio ripetere,ma sono troppo stanca per comprendere quello che mi pare ridicolo e alquanto improbabile. Ripasso il telefonino ad un terzo amico seduto nell'auto alle nostre spalle e mi preparo a pagare con il portafoglio in mano. Attendo un paio di minuti, giusto il tempo che impiega la Signora dietro al bancone per tagliarmi l'ananas a fettine. Ecco il nostro sacchettino pronto, 78 baht e tanti saluti. Mi accingo a pagare, ma il giovane sorride e ritrae la mano, io non realizzo ciò che stà accadendo così ripeto automaticamente l'azione di porgli il contante, ma la sua reazione è la stessa di qualche secondo fà. Poi, ad un tratto, realizzo tutto: il ragazzo aveva chiesto all'amico al telefono che parlava inglese, di riferirmi che tutta la frutta me l'avrebbe offerta lui, ma per me era troppo credere a qualcosa del genere. Resto senza parole, come mi succederà in tante altre occasioni durante questo viaggio. Per ripagare in minima parte un gesto così generoso e dimostrargli la mia riconoscenza, decido di acquistare una splendida orchidea vellutata e profumata da donargli. Non sò se il giovane abbia compreso realmente quello che intendevo trasmettere con il mio regalo, ma sono certa che i miei occhi lucidi e sorridenti siano stati chiarificatori.
Questo articolo fa parte del diario di viaggio tenuto in diretta del progetto Downwind. Se volete leggere le altre puntate, ecco qui tutti gli articoli dei nostri dieci mesi in bicicletta nel sud est asiatico
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