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Moeraki boulders
Downwind Photographers
 
 
Mi ci è voluto qualche giorno per rientrare, non solo fisicamente, in Italia. Dopo il viaggio in Nuova Zelanda non è stato facile riabituarmi alla routine, alla casa, al cielo inquinato e grigio, alle montagne che mi circondano, al freddo invernale ed... alle solite discussioni e guerre politiche italiane! Dopo due giorni ero già pentito di essere rientrato: uno sguardo ai telegiornali mi era bastato per capire che nulla era cambiato in un anno di assenza: tette e culi prima, politica di casa nostra poi e ogni tanto qualche flash dal mondo. L'unica soluzione è stata spegnere il video, uscire di casa ed incontrare vecchi amici e parenti: giornate piacevoli che mi hanno riportato anche con la mente in Italia.
Per lasciarmi alle spalle, almeno per il momento, questo splendido anno down under e gli ultimi due mesi in bicicletta, ho scritto di getto ciò che ricordavo della Nuova Zelanda, senza rileggere i chilometri di diario scritti. Così... per vedere ciò che mi è rimasto di queste isole agli antipodi. Quello che segue è il risultato...

Kia Ora... Benvenuti:

Lineamenti pronunciati, carnagione olivastra, fisici statuari e vistosi tatuaggi a ricoprirne il viso. Sono loro, i Maori, i primi esseri umani ad aver raggiunto queste isole nel mezzo del pacifico ed averle colonizzate. Oggi loro mi accolgono con il sorriso sul viso ed un  saluto gridato: Kia Ora-Benvenuto! La danza ha una posizione rilevante nella loro cultura e persino i guerrieri prima delle battaglie inscenavano un ballo per dimostrare la loro virilità alle tribù avversarie. Oggi la "Haka" costituisce il grido di battaglia della squadra nazionale di rugby, i mitici all blacks della Nuova Zelanda (ancora una volta sconfitti prematuramente nella coppa del mondo dell'anno passato). E' lei, Aotearoa, la terra dalla lunga nuvola bianca, che mi ha svelato le sue bellezze, i suoi paesaggi collinari incorniciati da isolati panorami marini.

Paradiso dei cicloviaggiatori:

Quattro milioni di abitanti su un territorio pari all'incirca a quello italiano, le strade neozelandesi costituiscono il terreno ideale per gli amanti delle due ruote ed è per questo che negli ultimi anni essa è divenuta il paradiso dei cicloviaggiatori. Se ne incontrano a decine, dai più preparati e puntigliosi ai più disorganizzati e rilassati. Con biciclette nuove fiammanti o ferri vecchi che faticano a stare in piedi. Alla sera nei campeggi si fa gruppo, ci si scambia informazioni sulla strada e ci si fa quattro risate in compagnia. Di giorno si pedala, ci si saluta, ci si aiuta se necessario ma si è spesso soli ed immersi nella pace della natura che domina in queste terre.

Potenza della terra:

Le rocce sono dipinte di mille colori differenti a senda del minerale contenuto melle acque che sgorgano dalle numerose sorgenti. Il vapore bianco che sale dai mille crateri presenti si confonde con le candide nuvole a creare strane figure immaginarie sull'azzurro sfondo del cielo. Te Puia, Pohutu, Te Wairoa, Wakarewarewa, Waimangu, Wai-o-tapu... nomi complicati, contorti, a volte impronunciabili. Nomi di luoghi misteriosi dove gli dei della terra, dell'acqua e del fuoco hanno creato una delle loro opere più grandiose. Fumarole, piscine di fango ribollente, sorgenti termali, geyser. Specchi d'acqua colorati come la tavolozza di un pittore che si appresta a disegnare un quadro neorealistico e la luce del sole che accende ogni cosa attraversando il fumo che vela e attenua lo sfondo: fiori, foglie, arbusti, acqua, rocce si illuminano preziosamente.

Imprigionato nella ragnatela:

Risveglio mattutino: l'umidità si può tagliare con un coltello. Il sole, prima timido e man mano sempre più sicuro, scioglie la bassa nebbia che tutto avvolge. Una ragnatela, le gocce di rugiada depositatevisi la notte, i raggi obliqui a colpirle frazionando la luce nei colori primari: un'opera d'arte che mi fa restare imprigionato tra le sue spirali per ore.

La perla di Te Urewera:

L'asfalto termina all'improvviso, dietro una curva, un piccolo segnale stradale ad avvisare l'inizio di un'odissea: "Gravel road-strada sterrata" c'è scritto. Ma nasconde molto altro. Di qui si entra in un mondo diverso, isolato e felice di esserlo. Il Te Urewera Nationale Park si può attraversare soltanto a piedi o lungo quest'arteria di rocce e polvere: novanta chilometri tra colline e foreste di conifere per giungere sulle sponde del lago Waikaremoana, una perla incastonata nel cuore del parco.

Di cono in cono:

Vulcani, coni perfetti e pendii indefiniti. Nebbie e nevi perenni, rocce laviche nere come la pece e sentieri improponibili che si inerpicano sulle pendici del Tongariro National Park e più a ovest il Taranaki, isolato e imponente, anch'egli celato dalla bassa coltre nuvolosa. Tra di essi chilometri in bici, la Whanganui valley e la gioia di esservi immerso in completa solitudine, in una sorta di vaggio spirituale, un appuntamento tra me e la natura... mia e di tutti.

L'isola del sud:

Le strade senza traffico collegano cittadine piccole e calde, tutte con edifici ad uno o due piani. Tra di esse la foresta sembra inghiottire la strada, i fiumi paiono voler spazzar via da un momento all'altro i ponti che li attraversano e la pioggia rende il paesaggio verde brillante e l'incedere gelido e arduo. Uccelli inetti al volo ed opossum attraversano furtivamente le strade inseguendosi nell'eterna lotta tra prede e predatori. Le baie spesso inaccessibili della costa meridionale costituiscono il riparo ideale per animali schivi come i pinguini e il campo da giochi preferito dei più socevoli delfini e degli intraprendenti leoni marini.

Ghiaccio bollente:

Il ghiaccio domina il panorama fin oltre l'orizzonte. Le più alte vette di Nuova Zelanda si specchiano nei laghi dalle acque cristalline. L'oceano, poco distante, accoglie i fiumi che scendono prima violenti e ruggenti, poi placidi e silenziosi, inghiotendoli come un vorace pozzo senza fondo. Il riscaldamento terrestre non ha risparmiao nemmmeno quest'angolo di mondo alla fine del mondo. I ghiacci si ritirano eppure sono ancora lì, poco distanti dalla linea costiera, fin quasi al livello del mare. Il loro fronte è alto ma fragile, elicotteri fanno la spola perennemente dai loro hangar fino in alto, fino a raggiungere Tasman e Cook, i due esploratori che scoprirono questa meraviglia e che ora vivono, scolpiti per sempre nel nome di queste rocce imponenti come le dolomiti.

Omaggio a sir Edmund:

Le alte vette delle alpi meridionali sono state per anni il campo d'allenamento di sir Edmund Hillary, colui che nel 1953 conquistò per primo l'Everest col compagno sherpa Tenzing. Il destino ha voluto che io giungessi al villaggio ai piedi del Mt. Cook solo un paio di giorni dopo la scomparsa dello scalatore, un eroe nazionale non solo per le sue imprese in montagna ma anche e soprattutto per il suo impegno sociale per aiutare le popolazioni custodi di quei giganti bianchi che tanto gli hanno regalato. Passeggio tra queste vette con il pensiero per lui e per loro: onore a sir Edmund.

Haere mai Aotearoa:

Migliaia di chilometri sono alle spalle, centinaia di persone incontrate, decine di parchi nazionali visitati. Tutto in sella ad una bicicletta, tutto per il puro gusto di conoscere e vedere il mondo. Il tempo sbiadirà le immagini del mio viaggio in Nuova Zelanda, confonderà nomi e visioni ma non cancellerà mai la memoria di una terra lontana, fredda e calda allo stesso tempo. Non cancellerà gli ultimi giorni passati tra balene e delfini, prima di salire su un aereo che mi ha portato lontano dalla lunga nuvola bianca che sovrasta questa terra agli antipodi.

 
 
Ultima modifica: 16 Giugno 2024
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Leo

Viaggiatore lento con il pallino per la scrittura e la fotografia. Se non è in viaggio ama perdersi lungo i mille sentieri che solcano le splendide Dolomiti del suo Trentino, sia a piedi che in mountain bike. Eterno Peter Pan che ama realizzare i propri sogni senza lasciarli per troppo tempo nel cassetto, dopo un anno di Working holiday in Australia e dieci mesi in bici nel Sud est asiatico, ora sogna la panamericana... sempre in bici, s'intende!

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