Alcuni la odiano, altri se ne innamorano perdutamente, altri vi perdono la ragione... la ruta de las Joyas, conosciuta come strada delle lagune in Bolivia, è una delle più terribili e magnifiche sterrate mai percorse in bicicletta nella mia vita. In un'area desolata della nazione sudamericana, questa lunga carretera sterrata corre tra lagune, voli di fenicotteri rosa e opere artistiche di roccia, create da Madre Natura per ammaliare i cicloviaggiatori. Se deciderai di affrontare questa strada ci saranno istanti nei quali maledirai te stesso e la tua intraprendenza, inveirai contro la sabbia e urlerai contro il cielo... ma alla fine scoprirai di aver vissuto una delle più indimenticabili esperienze della tua vita.
La valle delle rocce in bici - 1° giorno
La sveglia suona presto, come sempre in questi giorni. Il sole sta sorgendo solo ora ma il paese è già vispo come uno sciame di api in cerca di fiori in primavera. San Cristobal è il luogo ideale, l'ultimo, per fare rifornimento prima di affrontare la strada delle lagune in bicicletta. Il mercato centrale del paese è aperto: i colori delle bancarelle, i grandi cappelli delle venditrici, gli aromi di erbe e spezie dell'altiplano e della foresta pluviale si insinuano nella narici facendoti quasi starnutire. Dopo un primo giro di perlustrazione scegliamo il nostro banco e, in uno spagnolo stentato, iniziamo ad indicare ciò di cui abbiamo bisogno: scatolette varie (carne, piselli, fagioli), gallette, biscotti a volontà, the... abbiamo tutto! Terminata la spesa ci concediamo una sostanziosa colazione a base di Chicharrón de llama, una sorta di stufato a base di carne di lama con riso e mais.
La strada, la 701, che lascia San Cristobal è da subito piacevole. Caratterizzata da un buon fondo, corre verso ovest senza guardare in faccia nessuno, attraversa i due paesini di Culpita K e Arenales e giunge infine all'ultima cittadina prima del confine cileno: Villa Alota. Ricorda un paese del Far West americano e mentre ci aspettiamo di sentir volare nell'aria una delle colonne sonore dei film di Sergio Leone, appare un signore sorridente che, su nostra richiesta, ci indica un luogo dove mangiare. Nel cortile della casetta una lunga scalinata raggiunge la sala da pranzo dove alcuni turisti stanno rumorosamente mangiando. Ci sediamo in un angolino aspettando di mettere qualcosa sotto i denti. Non c'è menù nè scelta: quello che c'è ci verrà servito! Con la pancia piena e il cuor leggero, ma pieno di emozioni, salutiamo Villa Alota consapevoli che per quasi 300 km non troveremo altri villaggi veri.
Un'altra avventura sta per avere inizio in questo incredibile viaggio in bici attraverso le Ande. Pedaliamo felici per 15 km ed incontriamo il primo bivio: girando a sinistra raggiungeremmo direttamente la Laguna Colorada e il confine con il Cile mentre, proseguendo ancora verso ovest potremo attraversare la valle delle rocce. Non ci pensiamo molto: salutiamo il bivio e continuiamo verso Occidente. La strada sterrata è ben battuta e ci permette di mantenere un'andatura sostenuta fino all'inizio dello spettacolo naturale. Migliaia di formazioni rocciose iniziano a cingere la strada in una dolce morsa, lasciandoci a bocca aperta. Il luogo è incantato ed essere gli unici avventori ci rende onorati di questo privilegio... beh, a dir la verità, proprio gli unici no... un rapace notturno, una sorta di gufo, osserva il nostro passaggio con poco interesse: abbiamo disturbato la sua pennichella pomeridiana. Con un po' di coraggio (e un passo da leopardo) mi avvicino per osservarlo e fotografarlo meglio: sono fortunata, il gufo non ha proprio voglia di lasciare il suo trespolo! Trascorriamo buona parte del pomeriggio zigzagando nel deserto, saltando da una roccia all'altra, aspettando il tramonto e l'arrivo dell'oscurità. Quando il sole inizia a scomparire lentamente dietro l'orizzonte, decidiamo che è il momento giusto per montare la tenda. Un grosso elefante e un orso, due grandi massi, ci ripareranno dal vento. La notte è silenziosa e in lontananza si scorgono lampi accecanti che rischiarano il cielo, ma nessun rumore: speriamo che il temporale si muova nella direzione opposta alla nostra.
Dormendo sulla sabbia oltre la Laguna Hedionda - 2° giorno
Il sole è già caldo quando lasciamo la valle delle rocce in direzione del bivio per la ruta de las Joyas. Siamo ancora più emozionati di ieri anche se lo sguardo di compatimento e le parole del boliviano nel Salar de Uyuni echeggiano forti nella nostra testa: "Quella strada è terribile...". Saliamo con facilità fino a sfiorare i 4350 m. La nostra stella cometa è un vulcano cileno del quale non conosciamo il nome, un vulcano che fuma inesorabile. L'inizio della strada delle lagune è lì, poco più avanti, sulla sinistra, appena oltre alcuni saliscendi. 188 chilometri esatti dopo la città di Uyuni, alle porte del deserto salato più grande del mondo. Io e Leo ci scambiamo uno sguardo reciproco di incoraggiamento e ci tuffiamo in quella che sarà un dolce e bellissimo calvario.
Subito, come fosse un biglietto da visita, il fondo peggiora e la carretera inizia ad inerpicarsi in stretti tornanti tra sassi e detriti. Se non avessi visto passare alcune jeep turistiche con i miei occhi non avrei creduto potessero farcela (anche se tenendo una velocità massima di 30 km/h). Saliamo una rampa che sembra infinita prima di ritrovarci su un tratto pianeggiante dell'altopiano, reso infernale da sabbia e gobbe. Ci sentiamo in una centrifuga e le gambe, già provate dal lungo viaggio, giurano vendetta. La nostra andatura riesce a malapena a sfiorare i 5-6 km/h nei tratti migliori mentre su gobbe e sabbia scendiamo drasticamente a 2-3 km/h, spingendo. Lo scenario presto si colora delle sfumature di centinaia di vulcani ormai spenti e la fatica si sente meno. In circa 10 km (e 3 ore!) raggiungiamo finalmente la prima laguna salata della nostra Bolivia, la laguna Cañapa.
La superficie dell'acqua è increspata dal movimento di decine di fenicotteri rosa che sembrano per nulla spaventati dalla nostra presenza. Una sosta ci fa riprendere un po' il fiato ma Madre Natura non approva il nostro comportamento e così decide che è ora di scatenare il solito vento pomeridiano (sempre contrario!). Con le ultime forze pedaliamo fino alla seconda laguna, pochi chilometri più avanti della Cañapa. Una roccia a forma di fungo sembra essere il riparo ideale per la notte che tra poco calerà sull'altopiano, portando freddo e un cielo stellato.
Un the nel deserto - 3° giorno
Quaranta chilometri in otto ore e ci sembra incredibile averne macinati così "tanti", ma torniamo indietro di qualche ora.
La mattinata è fredda e prima di uscire dalla tenda aspettiamo che il sole possa portare un po' di tepore sulla nostra pelle. La luce pian piano illumina migliaia di puntini rosa che si muovono all'unisono sull'acqua, in un ritmo silenzioso e perfetto. A 2 km dal nostro accampamento, con grande sorpresa, troviamo un piccolo e colorato albergo... l'idea di fermarci a fare una seconda colazione con una tazza di thé bollente e biscotti ci sembra fantastica. L'hotel è molto grazioso: raccolto e vivace, il personale gentile e accogliente. Mangiamo come leoni, come se non vedessimo cibo da giorni, voraci e soddisfatti! La signora ci osserva sorridendo e al momento di pagare... ci dice di lasciar stare che offre la casa!!! Ci rimettiamo in sella più allegri che mai: la strada è discreta e dalla prima laguna ci vuole davvero poco per raggiungere la seconda della giornata. Il paesaggio è unico, con i coni vulcanici ad accerchiarci. Il cielo è blu e il sole brilla sopra di noi.
Un gruppo di vigogne appare all'improvviso nel nostro campo visivo, pronte a fuggire verso nuovi orizzonti. Oltre la seconda laguna inizia una spianata terribile: sabbia profonda e gobbette ci rallentano, o fermano, continuamente e stare in sella diventa estremamente faticoso. Raggiungiamo i 4500 m stremati, con poca acqua e la gola secca. Elemosiniamo un po' di prezioso liquido ad una jeep che ci viene incontro: l'autista ci regala una bottiglia con più di un litro, una manna per le nostre bocche assetate. La strada, se così si può chiamare, inizia a salire verso il Passo dell'Inca, a quota 4660 m, un passaggio stretto adeguato più a MTB scariche piuttosto che bici pesanti come le nostre. Poco più avanti si intuisce a malapena un bivio: l'hotel del desierto sorge a pochi chilometri da qui e potrebbe essere il luogo giusto dove ripararci dal vento. I prezzi sono decisamente proibitivi per noi e così, dopo aver chiesto il permesso, piazziamo la tenda nei pressi del parcheggio degli autisti delle jeep turistiche, al riparo dal terribile Eolo.
La Laguna Colorada - 4° giorno
La laguna Colorada è uno spettacolo della Natura incredibile. Raggiungere la Laguna Colorada in bicicletta però, è tutta un'altra cosa: il forte vento spesso contrario, la sabbia che punzecchia il viso infastidendoti, il fondo pieno di buche e gobbe rende tutto meno scontato. Dall'hotel dove abbiamo trascorso la notte accampati, l'aria gelida dell'altopiano ci accompagna inesorabile nella traversata di un deserto d'alta quota. Orientarsi lungo una flebile traccia è difficile e in pochi interminabili minuti ci rendiamo conto di aver smarrito la retta via... questo comporta un'avanzata lenta a spinta nella sabbia più profonda. La difficoltà della nostra giornata è fortunatamente controbilanciata dai paesaggi vulcanici che contornato il grande deserto, questa macchia di sabbia che sembra estendersi all'infinito.
Il nostro senso dell'orientamento si è smarrito in questa landa remota ma il nostro cuore vaga sereno, confortato dalla bellezza intorno. Dopo quasi 5 ore di spinta e qualche pedalata abbiamo percorso solo 20 km. Seduti in questa terra di nessuno decidiamo di mangiare qualcosina prima di riprendere il cammino ma una nube di polvere alle nostre spalle attira l'attenzione. Un grande truck da esplorazione si avvicina lentamente: un mezzo di quelli che possono essere guidati solo da quegli uomini e donne che la gente comune non capirebbe, chiamandoli "folli". Legate sul cofano scorgiamo due biciclette legate da una corda. Il grosso camion si ferma a due passi da noi e tre uomini, due ragazzi e un signore di mezza età, scendono sorridenti: i primi due sono belgi e stavano viaggiando in bici quando ad uno si è rotto il telaio, spezzato in due, mima lo sfortunato protagonista della storia. La sorte però ha mandato l'avventuroso inglese sul suo truck a salvarli e quindi eccoli qui in marcia verso San Pedro d'Atacama dove, forse, riusciranno a riparare la bici per proseguire in sella il loro grande viaggio.
È tempo di riprendere a pedalare anche per noi e il vento, stranamente a favore, ci spinge verso la Laguna Colorada. Il fondo è migliorato anche se non può di certo definirsi il miglior fondo mai percorso eh! Presto, ma non troppo, raggiungiamo l'Arbol de Piedra, una grossa scultura di roccia modellata dal vento. La laguna è ormai vicina ma la nostra giornata piena di avventure e disavventure non è ancora finita: il mio portpacchi cede miseramente e, carica come un mulo, non mi resta altro da fare che spingere la bicicletta per gli ultimi chilometri. Poco prima dell'ambito sito naturalistico incontriamo il centro visitatori della riserva naturale della Fauna Andina Eduardo Avaroa dove, per accedere all'area naturalistica, paghiamo 150 bob ciascuno (circa 17€ a testa). Il piccolo villaggio adagiato sopra la Laguna Colorada è composto da quattro baracche riadattate ad alloggio turistico. Troviamo posto nel deposito materassi di una di queste perchè, arrivando così tardi, le piccole strutture sono già al completo. Ci adattiamo con gioia e ci gustiamo la minestra bollente servita in una sala comune che condividiamo con altri viaggiatori.
Quando si viaggia in luoghi così estremi si impara a dare importanza a tutto ciò che a casa ci sembra così banale e scontato... anche questo è il bello del viaggio in bici.
Tra due strade - 5° giorno
Il cielo azzurro ci dà il buongiorno in una giornata che si rivelerà terribilmente avventurosa. La laguna Colorada è magnifica e abbiamo deciso di girarla il più possibile prima di riprendere il nostro viaggio. Le acque assumono una colorazione rossastra, forse simile a quella del Lago di Tovel in Trentino fino alla fine degli anni '60. La superficie della laguna salata è punteggiata da centinaia di fenicotteri rosa che appartengono a quattro specie differenti. Le lagune boliviane dell'Altiplano sono luogo di ritrovo per questi uccelli che tra le acque salate trovano il nutrimento per sopravvivere. Il folto piumaggio protegge gli esemplari dal freddo e in questo modo possono trascorrere parte della loro esistenza in questi luoghi inospitali. In tutto il mondo esistono sei diverse specie di fenicottero rosa e nella Riserva Naturale de la Fauna Andina Eduardo Avaroa se ne possono osservare quattro, incredibile vero? La Laguna Colorada è immensa e impieghiamo alcune ore per vederne una buona parte. Dal sito la strada prosegue inerpicandosi su un rettilineo apparentemente pianeggiante. Le nostre gambe tremano e il vento contrario che si è alzato da qualche minuto inizia a sferzare con sadico piacere. Dopo qualche pedalata la bici carica si impenna e siamo costretti a spingere. Tentiamo svariate volte di risalire in sella, ma ogni volta facciamo sempre più fatica. Arranchiamo in salita ma non possiamo piantare la tenda in balia del vento. Avanziamo ancora fino a raggiungere un pianoro più elevato ma non c'è conforto per noi: non riusciamo a scorgere nè una roccia nè un albero dietro il quale ripararci. Alla fine, disperati, troviamo un cumulo di pietre, forse i resti di un muretto a secco, e decidiamo di costruirci da soli un riparo. Con grande fatica picchettiamo la tenda mentre il sole lascia spazio a migliaia di stelle. Dormiamo a quota 4800 m, tra due strade sterrate percorse dalle jeep turistiche... ma questo lo scopriremo solo poco prima di alzarci.
Bellezza senza fine - 6° giorno
È ancora buio quando sentiamo in lontananza il rumore di un motore. Nel dormiveglia riusciamo a capire che si sta avvicinando. Le jeep cariche di turisti sono già in marcia verso la destinazione successiva e il loro tragitto passa proprio di fianco alla nostra tenda, su due tracce ben distinte. Temiamo di non essere visti ma fortunatamente le tracce corrono a qualche metro dalla tenda arancione. Decidiamo di alzarci ma il freddo ci spinge prepotentemente nel sacco a pelo. L'acqua della borraccia è ghiacciata e la tenda coperta di ghiaccio. La strada continua a salire ricordandoci l'inferno. Le buche sono delle vere e proprie voragini, la sabbia non lascia scampo agli pneumatici, il paesaggio è lunare e ogni tanto si intravede del fumo salire dai coni vulcanici dei dintorni. Approdiamo a 4910 m e la terribile strada percorsa fino ad oggi diventa un vago ricordo: il fondo migliora e la nostra gioia cresce a dismisura. Costeggiamo le fumarole del Sol de Mañana che ribollono senza sosta tra i colori vivaci della terra e delle rocce.
Dai 4900 m iniziamo poi a scendere verso la lunga e suggestiva Laguna Chalviri dove alcune vigogne pascolano libere sulla riva. La strada prosegue costeggiando le acque cangianti fino ad una piscina termale costruita rusticamente per i turisti. Decine di viaggiatori l'affollano tra schiamazzi e relax, noi un pochino li invidiamo ma il nostro primo pensiero è il cibo. Entriamo nella piccola struttura e chiediamo se è possibile mangiare qualcosa: la risposta affermativa ci soddisfa e così ci accomodiamo tra tavoli caotici e sporchi. Un piatto di Picante de pollo con fideco (pasta) ci rigenera prima della salita verso le Lagune Bianca e Verde, al confine con il Cile. Dopo il baccano turistico alla piscina termale, sentivamo la mancanza del silenzio della Natura.
La striscia di terra battuta e sabbia si insinua nel Deserto di Dalì dove alcune pietre tondeggianti ci guardano immobili. L'ascesa, dapprima tranquilla, si trasforma in una vera e propria scalata ma oggi l'entusiasmo ci trascina sempre più in alto e, nonostante la fatica, riusciamo a pedalare con costanza. L'incontro più interessante della giornata è quello con una ragazza giapponese carica come uno sherpa dell'Hymalaya. Maho è partita dalla Colombia e con tutta la lentezza che contraddistingue un vero cicloviaggiatore esplorativo sta viaggiando verso la Patagonia. La bici peserà più di 40 kg e su salite come questa è costretta a spingere ma non se ne preoccupa: è serena e sorridente, si sta godendo il viaggio in tutte le sue forme, anche quelle più ostili. Non incontreremo più Maho ma la sua perseveranza e la sua determinazione ci colpiranno molto. Dopo lo scollinamento, oltre il deserto di Dalì, inizia una discesa impegnativa che mette a dura prova i nostri freni. Al riparo di una grossa roccia decidiamo che è il momento di piazzare la tenda per prepararci ad un'altra fresca notte sull'altopiano boliviano.
Ritorno in Cile - 7° giorno
A due chilometri dal nostro ultimo accampamento boliviano sorgono le due splendide lagune conosciute con il nome di Bianca e Verde. Lo scenario è meraviglioso come lungo tutta la strada delle lagune: il vulcano Licancabur con la sua forma conica si erge maestoso sopra le nostre teste: è il confine naturale tra Bolivia e Cile. In bicicletta riusciamo a visitare entrambe le lagune che, nei diversi periodi dell'anno, assumono tonalità sempre diverse. Appena oltre le lagune incontriamo un ristorantino dove fare colazione prima di iniziare l'ultima salita della nostra Bolivia in bicicletta: quella verso la frontiera. Manca una manciata di chilometri al Cile, una manciata di chilometri durante i quali ricorderemo tutti gli incontri, le disavventure, i luoghi e le magie del nostro mese in Bolivia in bici. Una baracca di dubbia solidità è stata costruita a bordo strada, al suo interno i funzionari di confine appongono il timbro di uscita sul passaporto dei viaggiatori che si stanno dirigendo in Argentina o in Cile. In questa fascia di terra infatti si trovano tre confini a distanza estremamente ravvicinata e la situazione ricorda un po' quella del Triangolo d'Oro nel Sud Est Asiatico. Oltre la baracca la strada sterrata sale ancora per circa 5 km fino a, miracolosamente, immettersi su asfalto.
Dopo 7 giorni di fatica estrema Leo appoggia la bici ad una roccia e corre a baciare il bitume puzzolente. Siamo in Cile! Dalla Bolivia si emerge sulla strada del Passo Jama: se si svolta a sinistra si dovranno superare ancora alcune centinaia di metri verticali per entrare in Argentina, mentre a destra la strada scende in picchiata nel deserto di Atacama e nella sua cittadina più conosciuta: San Pedro di Atacama. La nostra scelta ricade sul deserto di Atacama e in men che non si dica ci ritroviamo 2000 metri più in basso, all'ufficio doganale cileno. In Cile eravamo passati un mesetto fa, prima di entrare in Bolivia e tornarci è piuttosto emozionante. Il caldo torrido del deserto ci investe come un tifone e una dei due ufficiali di dogana ci regala un ghiacciolo a testa per rinfrescarci mentre l'altro sbriga le pratiche d'ingresso.
Con questo gesto di ospitalità sembra davvero dirci: bentornati in Cile cicloviaggiatori!
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