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Periplo islandese: Islanda in bicicletta
Scritto da Giancy
Ho sempre un po’ temuto l’idea di pedalare l’Islanda perché ciò che mi era stato raccontato mi spaventava, lo ammetto. Per la sua diversità da ogni altro luogo, la sua meteorologia imprevedibile, mi dicevano, ti sarà nemica e i suoi sperduti spazi con il nulla intorno saranno sconfortanti. Sono partito e ritornato e oggi mi sento di dire che l'Islanda si è rivelata al contrario un luogo dove non solo mi è piaciuto pedalare, ma piacerà tornarci per rivivere ancora emozioni, sorprese e scoprire altri segreti che la magia di quel luogo ha e sa regalarti. Una cosa, e non solo una, mi ha insegnato l'Islanda, che il cicloturismo NON è pianificare strade, tempi e risultati, NON è percorrere miglia in un’unica direzione prestabilita, nemmeno prefiggersi obiettivi per un applauso finale ma è più che mai lasciare che sia il luogo a decidere cosa è meglio fare dove andare e quando sostare.
Una conferma che il cicloturismo è principalmente un percorso dentro sè stessi e che lo è tanto di più quanto ci si lascia inondare da quel che ti circonda perché è l’intorno che ti offre forza ed energia e curiosità, per andare avanti. Solo dopo avere imparato ad ascoltare gli inviti che la terra d'Islanda mi rivolgeva, solo dopo avere imparato ad ascoltare ciò che la natura mi stava dicendo con i suoi picchi e le sue profondità, con il suo freddo e la sua terra che bolle, solo dopo avere imparato a fare silenzio dentro per far spazio alle voci da fuori, allora e solo allora ho sentito chiaro il fragore di una potente cascata, il rumore di una vallata verde immersa nel silenzio e il sibilo del vento assordante che copre le note del mio mp3. Solo allora ho imparato che un’immagine ti passa davanti in quel preciso attimo, proprio in quello, e lo stesso non lo ritroverai uguale un istante dopo, allora e solo allora ho capito che ero in Islanda.
Più di ogni altro luogo e terra l’Islanda mi ha insegnato a non avere fretta, mi ha insegnato a raccogliere ogni messaggio della natura, mi ha insegnato a scendere dai pedali e ammirare ma soprattutto l’Islanda mi ha insegnato a convivere con le potenti forze della natura. Tra noi e la Natura è una battaglia senza vincitori né vinti perché il tanto odiato vento contro o la pioggia improvvisa, sì qualcosa ti tolgono, ma molto altro ti danno. Quell’odiato vento contro lo amerai quando si trasforma in vento in coda e quella pioggia temuta la accetterai di buon grado quando ti costringe a fermarti così da apprezzare di più ciò che da fermo puoi ammirare meglio o ancor di più quando fermarti vuol dire incontrare persone prima sconosciute e nuovi pensieri da scambiare. L’Islanda ti da, l’Islanda ti toglie, è come una partita a tennis in un match senza fine con la sola tregua della notte per poi riprendere l’indomani ancora. L’Islanda mi ha insegnato che ciclopedalare non è impresa da eroi ma un’immersione nel luogo e nello spazio e un tuffo dentro se stessi. Islanda bella, Islanda varia, Islanda dalla pura e regolare geometria che incanta. Questa non è terra da mezze misure, se una cosa è, lo è e lo dice chiaramente la sua naturale conformazione. Se una vetta è tale, la sua cresta s’innalza appuntita verso il cielo come cono perfetto; se un colle vuole attirarti con le sue rotondità, te lo dimostra con la curvatura che pare come disegnata da un compasso. I pendii sono rette perfettamente inclinate. Ho visto pendii montuosi susseguirsi ritmicamente uno dopo l’altro scandendo l’alternarsi delle loro scarpate in successione come passi di una modella, un piede davanti all’altro e la strada, una passerella.
Islanda dagli spazi sterminati e dalle spianate verdi che nette e decise finiscono in nere spiagge di sabbia vulcanica, travolte da improvvise onde che il mare pettina di nuovo. Islanda tu m’incuriosisci... voglio conoscere altro di te. L'Islanda mi ha insegnato che non ti puoi accanire contro il cielo cupo e grigio che incombe, devi essere fiducioso che passi, in fondo nulla è eterno, e qui le cose cambiano con una tale rapidità che davvero molti di noi non sono abituati. Se ti sorprende la pioggia non ti accanire, fermati se trovi un riparo, altrimenti continua sicuro che ci sarà presto, più avanti, del sole che ti asciugherà.
Se t’infastidisce il vento e hai voglia di lottare contro di lui, continua, ti darà il divertimento che cerchi ma, se pensi che sia inutile la lotta, fermati e aspetta, in fondo quel vento serve ad arrotondare le spigolature montuose che guardandoti intorno ammiri e apprezzi. Islanda mi sono mescolato con te e mi sono sentito benissimo.
Che strano luogo! L’Islanda mi ha insegnato a vincere timori e paure. Forse è davvero vero, tutto si può vincere e superare... basta porsi davanti alla paura e affrontarla. Se immaginare di raggiungere un luogo dopo chilometri e chilometri di nulla è un pensiero che spaventa, arrivarci guardandosi indietro e dire a te stesso:"Ce l’ho fatta", pare impossibile ma questo ti da coraggio.
30 giorni di viaggio non sono poi tanti ma se vissuti tutti, uno dopo l'altro all'aria aperta, a stretto contatto con la natura, il cambiare repentino delle condizioni climatiche, anche 30 giorni in Islanda sono davvero un allenamento per il corpo e per lo spirito.
Pregare che quel sole, anche se debole, rimanga o che quelle nuvole cupe scappino veloci, che quelle tre gocce, se proprio devono trasformarsi in un temporale, lo facciano il più tardi possibile, almeno dopo avere montato la tenda per la notte, sono state le nostre speranze quotidiane. Avere vissuto adeguandosi a ciò che la natura offre, pioggia, sole, nubi, vento, quest’ultimo fedele amico di ogni giorno, è anche questa un'avventura che ti misura. Grazie Islanda per avere salutato la mia dipartita dalla tua terra con un caldo sole e un cielo così terso che mi ha fatto dimenticare ogni altro meno tiepido. So che mi hai voluto dire….torna! Lo farò, promesso.
Islanda in bici
Il Periplo Islandese è partito dalla località degli arrivi internazionali Keflavik e ha seguito il perimetro dell’isola percorrendo la Strada n.1 con qualche deviazione obbligatoria per raggiungere alcune delle bellezze dell’isola. In senso antiorario, direzione sud, per un primissimo assaggio di una delle più particolari meraviglie naturali dell’isola, la “Blue Lagoon”. Un insieme di specchi d’acqua di colore azzurro cielo, circondati da lava nero pece, uno spettacolo. Abbiamo raggiunto il primo paesello Grindavik che nella sua modesta dimensione è il più attivo punto di pesca e commercio del pesce della costa sud. Proseguendo in direzione est abbiamo visitato i luoghi conosciuti come “Il triangolo d’oro”; il Geyser, le Gullfoss Waterfall e Pingvellir. Qui ogni altro racconto è superfluo, spero le foto parlino da sole, io preferisco tacere.
Avanti ancora sulla Strada 1, testa bassa, vento contro fino a raggiungere Vik famoso per “le tre sorelle” che spuntano verticali dal mare, staccate dalla loro montagna madre e poco oltre la spiaggia delle “Snake waves”. In questa spiaggia molti warning avvisano dei pericoli in cui i turisti ignari possono incorrere, ma si sa, il rischio è il mestiere del viaggiatore e molti rimangono così travolti e bagnati dalle onde che seguono una marea che cambia in così pochi secondi da non avere il tempo di lasciare la riva. Alcuni riescono a mettersi in salvo …. altri rimangono a mollo. Continuando sulla 1 si arriva a un altro stop che toglie il fiato. Il “Glacier Lake”, uno specchio d’acqua dove il ghiaccio che si adagia sulle sue rive lambendo l’acqua rilascia enormi pezzi di ghiaccio che liberamente e lenti se ne vanno a spasso galleggiando sull’acqua. Questa visione è stata molto suggestiva.
All’estremo sud la prima vera cittadina dopo 140 km di quasi nulla, è Hofn, il punto in cui si cambia direzione, si muovono le vele e ci si dirige verso nord seguendo la costa est. Fiordi, insenature, prati che arrivano al mare, strade che tagliano in orizzontale un pendio verde che scende preciso e uniforme a valle. Ancora fiordi verso nord ma la n. 1 ti chiede di dirigerti verso ovest se vuoi stare con lei e allora la seguo attraverso 6 km di tunnel per raggiungere Egilsstaðir, cittadina che si affaccia sul fiume Lagarfljót.
Il tratto successivo, lato nord direzione ovest, è poco popolato, quindi spazi davvero senza alcuna altra possibilità se non ammirare le tante, troppe, diversità delle montagne intorno che ancora regalano, superfici e colori e, sui loro pendii, inaspettate cascate. Se nessuno fosse stato mai sulla luna, credo che nel tratto di strada dove mi trovo ora, molto richiami alla mente l’idea di crateri, cime e colori lunari. A farla da padroni le forme, ma anche i colori, nero, grigio, marrone, quasi assente il verde dei prati... è un panorama davvero surreale e pedalare in quel silenzio crea davvero un gran rumore dentro. Come se ciò non bastasse, proseguendo sulla n.1 a un certo punto dalla terra si scorge salire fumo e si vede la terra ribollire.
Si, qui la terra bolle e borbotta, fuma e soffia dal sottosuolo un fumo dal rumore potente che sibila tra le pietre ammassate a forma di cono. Siamo a Hverir. Mi sto avvicinando al lago Mytvan una vera oasi verde, anche se i moscerini la fanno da padroni e i previdenti cinesi si muovono con appositi cappelli muniti di zanzariera.
Mývatn è un lago eutrofico poco profondo, situato in un'area dal vulcanismo tra i più attivi nel nord dell'Islanda, poco lontano c’è il vulcano Krafla. Il lago e le sue zone circostanti hanno un’eccezionale e ricca fauna di uccelli acquatici e non. Da lì ad Akureyri c’è un altro spettacolo che mi aspetta, le cascate Godafoss per le quali vale la pena passare una notte nel vicino campeggio con passeggiata serale e mattutina. Sono belle con ogni luce.
Akureyri si presenta bene fin da subito, appena girato il tornante dopo il lungo ponte, quando ti sbatte in faccia la sua baia verde e blu sulla quale la dolce cittadina si affaccia. È estate oggi e gli islandesi si fanno baciare dai raggi del sole ma io stento a togliere i miei strati a cipolla che mi tengono caldo. Avanti, ancora avanti, sosta a Blonduos, poi avanti ancora sulla n.1 con la pioggia che mi accompagna fino a Borgarnes dove arrivo la sera con un cielo terso e, come appagamento della sofferenza della pioggia, ricevo in dono uno dei tramonti più spettacolari che fotografo e che m’incanta. Questa è l’Islanda, lei sa come sorprenderti.
Ringrazio il tunnel sottomarino che da Akranes mi ha impedito di attraversarlo, essendo riservato solo ai mezzi motorizzati, cosicché ho pedalato i 100 km della vecchia tradizionale n. 47. Che fortuna!
La n. 47 pochissimo trafficata, quasi dimenticata, è una ovazione alla natura, un tributo a ciò che ha saputo creare. Nubi basse e cielo grigio non hanno impedito di assaporare la meraviglia di questa insenatura. E' vero, i vecchi tracciati sono sempre quelli dal maggiore fascino paesaggistico anche se avevo il vento contro!
Purtroppo presto raggiungo Reykjavik dove rimango qualche giorno per condividere con gli islandesi le gioie del loro exploit calcistico agli europei e lento, e un po’ triste, percorro gli ultimi 50 km dala capitale a Keflavik dove un aeroporto aspetta i miei bagagli e… anche me.
Questo Periplo, come ogni altro che si rispetti si è chiuso come un cerchio, nello stesso punto in cui è iniziato dopo circa 2000 km di meraviglie della natura mai viste prima e lascio questa isola con dispiacere e con una gran voglia di tornare. Grazie Islanda per avermi regalato questa riflessione che condivido: il cicloturismo non ha strade segnate né itinerari obbligati perché è un percorso dentro la propria anima che passa attraverso luoghi persone cose e momenti dei quali conserverai eternamente il ricordo.
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Giancy
Prima di dedicarmi ai cicloviaggi, la bici era, come lo è tutt'ora, il mio mezzo di trasporto quotidiano/urbano. Oggi la bici ha sostituito totalmente l'auto, che ho felicemente venduto. I miei viaggi in bici più recenti sono:
- 2011 Maremma Toscana che mi apre le porte al cicloturismo;
- 2012 Da una costa all'altra Adriatico-Tirreno percorrendo la Liguria;
- 2013 Periplo dell'adriatico 3000 km da casa a casa, da una sponda all'altra di quel mare;
- 2014 Periplo Iberico 4500 km attorno alla penisola passando per i cammini di Santiago;
- 2015 Periplo del Far west 5000 km tra i Parchi Nazionali Americani;
- 2016 Periplo islandese
- 2017 Periplo cubano
- 2018 Madagascar
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Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico