Dati tecnici
Ascoli Piceno - Pagliaroli in bici
DETTAGLI ITINERARIO
Partenza/Arrivo |
Ascoli Piceno/Pagliaroli
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Tempo |
6-7 ore circa
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Dislivello |
1900 m circa |
Lunghezza |
55 km circa |
Tipologia di strada |
95% asfalto 5% sterrato
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VALUTAZIONE
Difficoltà |
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Panorama |
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La Valle Castellana
Se vuoi raggiungere il
Parco nazionale dei Monti della Laga e Gran Sasso da Ascoli Piceno, puoi solo salire, questa è una certezza. Dopo aver percorso la Via Salaria in discesa e aver constatato la mole di traffico che ingolfa l'antica strada, decidiamo di provare un'alternativa per tornare sull'Appennino, imboccando la
Vallata del Castellano. Ascoli Piceno è affollata e non vediamo l'ora di riguadagnarci le strade secondarie e dimenticate tra la Natura delle montagne che abbiamo lasciato ieri.
Pedaliamo sotto un cielo minaccioso, togliendoci e rimettendoci il kway ogni pochi minuti e sperando di veder comparire ancora il soleprima di sera.
Castel Trosino, frazione di Ascoli Piceno, sembra già un altro mondo: abbarbicato su una rupe in travertino a picco sul torrente Castellano, appare come un miraggio disabitato nella gola che diventa sempre più stretta.
La vegetazione si infittisce e la mia mente vola sulle alte vette dei Monti della Laga, i primi che incontreremo sulla nostra strada, le montagne che ci daranno il benvenuto in Abruzzo. Castel Trosino con la sua necropoli longobarda e le acque termali diventa presto un ricordo mentre ricominciamo a salire in direzione di Cesano e la diga del lago di Talvacchia. In autunno questo bacino artificiale ha un livello di acqua molto bassa e permette il riaffioramente degli edifici sommersi durante la sua creazione nel 1960: ponti, case, stalle, tutto riappare come un prezioso tesoro riscoperto.
Ai piedi del Monti della Laga
Saliamo con costanza, sappiamo che è questione di minuti, presto valicheremo quel confine invisibile tra Marche e Abruzzo, quella barriera geografica oltre la quale comincia il parco nazionale dei Monti della Laga e Gran Sasso. Un cartello in legno e, poche pedalate dopo, l'arrivo a Valle Castellana, sono il migliore benvenuto in terra abruzzese.
Poca acqua, poco cibo e qualche castagna raccolta sulla strada non basteranno a saziare la nostra fame così decidiamo di fermarci a Valle Castellana, il primo paese del Parco Nazionale, il primo avamposto abitato dopo aver superato il torrente Castellano.
Il market del paese è più caro dei soliti negozietti di città ma chi può biasimare il proprietario? Valle Castellana è piuttosto isolata: in quindici anni ha perso un terzo dei suoi abitanti, in vent'anni la metà esatta. Il signor Livio vive qui fin dalla nascita e manifesta una certa preoccupazione per le sorti del suo paese. Come tanti altri borghi dell'Appennino che nel corso degli ultimi decenni si sono spopolati quasi completamente, Valle Castellana non fa eccezione.
"I giovani si spostano a Teramo o Ascoli Piceno in cerca di lavoro e in paese non tornano più! Vivere sulle montagne è diventato difficile: ci vogliono concessioni per tagliare la legna, per cacciare, per fare qualsiasi cosa. Il parco dovrebbe essere una risorsa importante per tutti, ma invece in certe occasioni risulta vincolante abitare tra queste montagne".
La tristezza nella sua voce mi ricorda quella degli altri abitanti di questo straordinario Appennino, della gente che resiste... ma ancora per quanto?
Valle Castellana, il primo paese del Parco nazionale Monti della Laga e Gran Sasso decreta l'inizio dell'ascesa più impegnativa: uno dopo l'altro appaiono tanti piccoli agglomerati di case, qualche gregge candido sorvegliato dai cani pastore (mentre i veri pastori riposano all'ombra di una quercia), qualche strappo impegnativo da superare con la bicicletta carica. Con un'ultima pedalata decisa raggiungiamo lo scollinamento... giusto in tempo per un caffè. Il bar - rifugio - ristorante sembra aperto così appoggiamo le biciclette ad un albero e ci avviciniamo all'ingresso: scopriamo che il locale è chiuso mentre una folata di vento improvvisa e dispettosa scaglia la bici di Leo giù da un pendio. Urla (inutili), parole al vento e una corsa folle per recuperare tutto prima di vederlo sparire tra i rovi.
Nella bufera
La strada verso Rocca Santa Maria svolta a sinistra raggiungendo i 1070 metri del paese: il massiccio del Gran Sasso si cela dietro nubi scure quasi avesse timore di mostrarsi a due cicloviaggiatori.
Pochi metri e, a Belvedere, appaiono come miraggi due ciclisti stranieri che sorridono incitandoci: siamo increduli. In questa tappa ai piedi dei Monti della Laga non abbiamo scorto alcuna bicicletta appoggiata ai muri di casa o parcheggiata fuori dai market e poi, quando meno te lo aspetti, quando ti sembra impossibile possa accadere, il destino lo fa succedere!
Tina e Derek sono olandesi e sono in vacanza: hanno portato da casa la loro bici da corsa sperando di poter pedalare su strade ben tenute, speranza delusa dopo la prima uscita. Ad ogni modo sono soddisfatti: amano l'Italia e gli italiani, sono ospitali dicono, e forse rimedieranno qualche foratura in più ma alle due ruote proprio non rinunciano. Condividiamo la stessa grande passione per la bicicletta e non possiamo che capirli!
Una breve discesa tra castagni (e castagne), cani ululanti e montagne che toccano il cielo ci conduce sulle rive del fiume Tordino.
La strada riprende subito a guadagnare metri verso Fiume, tre case e tutte disabitate, superandolo. La stanchezza inizia a farsi sentire e la salita, che sembra non finire mai, è faticosa. Caiano, Agnova, un altro gregge, due piccoli cani minacciosi, le prime gocce di pioggia, il vento, il cielo sempre più scuro, l'ostello da prenotare...
Inizia a nevicare, i fiocchi si trasformano in minuscoli proiettili sparati dal forte vento sui nostri volti rossi e infreddoliti.
A Pagliaroli cerchiamo riparo nascondendoci sotto una tettoia. La temperatura è scesa bruscamente e tremiamo come due foglie. Le provviste recuperate a Valle Castellana (pasta cruda a parte) sono un ottimo ricostituente ma con questo tempo non riusciremo a raggiungere l'ostello di Cortino, a 7 km.
Provo a chiamare, forse possono venire a prenderci... Una voce maschile mi risponde gentile: chiedo se sono aperti (lo avevo dato per scontato) e se dispongono di una stanza libera, va bene anche dormitorio, per la notte specificando la nostra posizione, a pochi chilometri dalla destinazione.
Il giovane dispiaciuto replica con rammarico che la struttura ricettiva è chiusa da mesi. Siamo fregati!
La bufera aumenta e l'idea di dormire in tenda non mi entusiasma molto ma almeno saremo al coperto.
"Potete provare dalla Tecla ragazzi", una voce flebile di donna ci sorprende nel bel mezzo delle nostre supposizioni sconnesse. La proprietaria della tettoia è apparsa sull'uscio di casa e osserva il cielo scuotendo la testa.
"Ci scusi signora per aver usato la sua tettoia", cerchiamo di giustificarci " dove possiamo trovare la signora Tecla?"
Temo che la folta barba di Leo spaventi la donna, ma i miei pensieri sono pura fantasia!
"Scendete lungo questa strada e in fondo, dopo la chiesa, svoltate a destra. La trattoria è chiusa ma magari possono ospitarvi ugualmente".
Leo si tuffa nel vento scomparendo in pochi secondi. Raggruppo le ultime cose, mi volto per ringraziare la signora della tettoia per la sua gentilezza ma è già scomparsa.
La immagino davanti al camino di casa mentre legge un libro sulla fauna degli Appennini.
Il calore del focolare
Quando raggiungo Leo è già intento a spingere la bici oltre il cancelletto aperto. Due figure indefinite lo invitano ad entrare in un edificio basso e tozzo. Il profumo di pasta fatta in casa, di storie del passato e di legna scoppiettante mi investono come una tempesta di sabbia.
Fiorella ha i capelli avvolti in una fascia scura, il volto sorridente segnato dal tempo e dal sole.
Mario ha una voce intensa, una giacca grigia elegante che copre una camicia a quadretti e due bicchieri di amaro Averna in mano. L'alcool scende in corpo bruciandomi, per recuperare la temperatura corporea è proprio quello che ci vuole.
Fiorella e Mario non sono i proprietari della Trattoria il Pagliaio, sono... due collaboratori, diciamo così.
Fiorella è rumena ma vive ai piedi dei Monti della Laga per nove mesi l'anno accudendo Tecla e il Signor Segretario ed aiutandoli nella preparazione delle specialità caserecce della trattoria. Mario è in pensione: è nato qualche casa più in là oltre 60 anni fa, ma per mancanza di lavoro, è emigrato prima in Svizzera e poi a Roma dove vive attualmente. Il
richiamo dell'Appennino e delle sue tradizioni però è forte e Mario non può fare a meno di
tornare a casa ogni anno, per mesi e mesi.
Ricorda quando il padre e lo zio erano pastori: avevano più di 1200 pecore e seguivano i tratturi della transumanza fino al Tavoliere delle Puglie, poi tutto è finito. Gli occhi di Mario fissano qualcosa che non c'è nel camino, è commosso e condivide con noi la sua nostalgia per un mondo che sta scomparendo, quello della pastorizia e della transumanza.
Quando il Segretario ci raggiunge nella grande cucina, decidiamo di mangiare tutti insieme. Sono trascorse solo un paio d'ore dal nostro arrivo ma ci sembra di abitare sull'Appennino da una vita perchè tutto è davvero familiare...
Storie del passato si susseguono veloci rubando l'attenzione ma anche il cuore. Nessuno ha voglia di andare a dormire nonostante la stanchezza si senta in ogni muscolo del corpo, l'Appennino deve essere raccontato perchè l'Appennino deve continuare a vivere...
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