Quando la strada supera il passo a 4300 metri di altitudine e si perde nell’altipiano Tagiko in mezzo ai monti del Pamir, lì ho capito che ho trovato quello che andavo cercando. Un viaggio fuori dai cliché, fuori dagli schemi del turismo di massa, o forse proprio fuori dal mondo. Ci passò Marco Polo circa 800 anni fa, e da allora lassù pare essere cambiato ben poco.
Si può stare fermi per ore sulla strada senza incontrare un mezzo a motore. La strisciolina d’asfalto pare abbandonata a se stessa. Incontriamo qualche camion solitario, qualche auto che procede arrancando sullo sterrato, o in panne in mezzo alla polvere. La chiamano Pamir Highway, ma dell’autostrada non ha alcuna sembianza. Murghab è il villaggio principale della regione. Ci si arriva con un giorno intero di viaggio dall’ultima città sul confine afgano. C’è un po’ di elettricità, un bazar con le bancarelle ricavate da vecchie cabine di camion e autobus, o cisterne della benzina appoggiate a terra e con dei buchi che fanno da finestre. In vendita però ci sono solo patate, cipolle e poco altro. Ci sono addirittura alcune guest house, e un paio di locande affollate da vecchi Kirghisi con lunghe barbe bianche e il cappello bianco in testa. Il villaggio non è altro che un gruppo di case adagiato in mezzo all’altopiano. Appena fuori i campi con vacche e pecore al pascolo, poi dell’uomo non c’è più traccia, se non quella piccola e lunghissima strisciolina d’asfalto che corre verso il Kirghizistan. I bambini giocano con quello che trovano; pezzi di automobili smantellate che diventano slittini o altri rudimentali giocattoli. D’estate si può stare in maniche corte, ma non appena una nuvola copre il sole può improvvisamente nevicare o grandinare. Non oso immaginare l’inverno. Non ci sono alberi, non c’è quindi legna, ne tantomeno il gas. L’unica cosa che cresce è un piccolo arbusto, che può essere bruciato, insieme allo sterco degli animali essiccato e compresso, per scaldare le case e cucinare. Clima rigido, vita difficile, compensato dal calore di un popolo estremamente ospitale. Non hanno molto da offrire al viandante, ma non appena ne capita l’occasione mi ritrovo in una casa ospite dalle famiglie locali. Una tazza di tè e qualche pezzo di pane sbrindellato e sparpagliato sul tavolo e il banchetto tipico per uno spuntino pomeridiano. Se si è fortunati compare anche un po’ di burro e una tazza di caramelle, portate dalla Cina dai camion di passaggio. Le case sono basse, quadrate, prive di ogni elemento di abbellimento esterno. All’interno non esiste quasi arredamento, ma sono interamente rivestite di tappeti, che oltre ad aiutare a tenere fuori il freddo creano anche una piacevole atmosfera calda. Una stanza è dotata di stufa e di una lampadina, dove la famiglia si riunisce per la cena. Murghab non è certo la località con “qualcosa da vedere”, se con quel “qualcosa” s’intendono costruzioni particolari, musei, eventi culturali. Eppure me ne sto lì alcuni giorni, semplicemente a passeggiare, bere il tè con i locali, ammirare gli struggenti tramonti sulle vette del Pamir, e a continuare a guardarmi in giro attonito, non ancora abituato alla sensazione di essere finito su un altro pianeta. Al contrario del resto del mondo, il mercato non apre la mattina presto. Le prime bancarelle aprono non prima delle 10, le altre con calma a seguire. Appena il tempo cambia e inizia a grandinare la gente si rintana nelle case e fuori resta il deserto. Poi torna il sole, e con la stessa calma con cui è iniziata la giornata la gente torna fuori a continuare la propria attività. Specie la mattina presto, nelle vie aleggiano i fumi dello sterco e gli arbusti che bruciano nelle stufe. Un odore particolare, un gusto che resterà per sempre associato a quel luogo, fuori dal tempo e dal mondo. E insieme a questo resteranno le immagini dei visi scuri scavati dalle rughe dei vecchi, delle loro lunghe barbe mostrate con fierezza, dei visi rotondissimi dei bambini e delle ragazze. Ricordi unici, che non possono fare altro che farmi suggerire a qualunque viaggiatore di fare un giro da quelle parti.
L'autore (scritto da Veronica): Marco è uno dei pochi veri viaggiatori mai incontrati. Le nostre strade si sono incrociate per caso l'anno scorso al festival dei viaggiatori di Lecco, Immagimondo! Viaggiatore con la V maiuscola, non nasconde un amore spassionato per l'Asia centrale. Per scoprire tutti i paesi che ha visitato, leggere le sue avventure per il mondo e farvi ammaliare dai suoi scatti fotografici (anche del Tagikistan!!!) potete fare un salto sul suo sito personale www.marcoeclettico.com e non mancate di dare un'occhiata anche alla biografia... è da sbellicarsi!!!
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