L'Appennino settentrionale è un territorio molto particolare: non esiste un metro di pianura! È un continuo saliscendi tra boschi, vallette e conche solitarie e incontaminate, dove la presenza degli animali selvatici forse è più forte rispetto a quella umana. Le strade secondarie sono poco o per nulla trafficate e consentono di raggiungere borghi non visibili dai fondovalle e dalla parvenza inaccessibili. In questo contesto si inserisce molto bene l'anello in bici di 2 giorni tra Bettola e Bardi, quasi totalmente asfaltato e direi più adatto a una bici da cicloturismo che a una da strada, sia per la presenza di una parte – seppur breve – sterrata, sia perché il manto delle stradine secondarie asfaltate non è sempre ottimale.
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La val Nure e il passo di Linguadà
Il luogo di inizio di questo giro ad anello nell'Appennino settentrionale in bici è Bettola, paese piacentino posto nella media val Nure a una quota relativamente bassa, 329 m. I due rioni S. Giovanni e S. Bernardino di cui è costituito il comune sono collegati da un ponte stradale che permette l'attraversamento del fiume Nure, un'esile striscia di acqua che scorre in un alveo molto ampio e che lascia intuire quanto essa possa gonfiarsi durante gli eventi eccezionali di piena. Durante l'attraversamento del ponte si rimane colpiti dai colori sgargianti delle abitazioni del rione S. Giovanni posto sulla sinistra orografica.
Bettola può essere considerata a tutti gli effetti la porta della valle in quanto separa la fascia collinare da quella montuosa più stretta e impervia. La strada si sviluppa da subito con diversi saliscendi in un ambiente rilassante e molto gradevole agli occhi, versanti prativi costellati da edifici rurali e borghi sparsi qua e là. Il primo paese che si incontra è Farini, dove ci si può fermare per la colazione. Proseguendo lungo la valle si raggiungerebbe il parco naturale delll'Aveto attraverso il passo del Tomarlo, dove con Leo e Vero ho fatto il giro del monte Penna. Invece qui decido di svoltare a sinistra, lasciandomi attrarre dalla deviazione per il passo di Linguadà.
La strada si inerpica su un versante boschivo e la pendenza non troppo accentuata permette di godersi questo primo angolo di solitudine appenninica. Dopo molteplici tornanti si giunge a Groppallo (992 m), il cui campanile della chiesa parrocchiale era già ben visibile dal fondovalle.
Qui si apre uno scenario inaspettato – lasciatemelo dire, l'Appennino settentrionale è così, a ogni angolo c'è un panorama sempre diverso e affascinante – in quanto mi trovo davanti a una sorta di altopiano, racchiuso dai monti S. Franca, Lama e Menegosa. Procedendo in falsopiano con un andamento a semicerchio tra boschi e terreni lavorati raggiungo agevolmente il passo di Linguadà (930 m), valico di confine provinciale che permette la comunicazione con la parmense valle del Ceno e il paese di Bardi, distante poco più di 15 km.
Questi sono i luoghi di passaggio della Via degli Abati e della Via Romea Montana, come indicato dai cartelli esplicativi che espongono tra l'altro le varie tematiche ambientali come la geologia e la flora e fauna locali.
L'anima silenziosa dell'Appennino
Ma perché scendere subito a Bardi?! Quasi quasi faccio una variante per allungare il percorso...voglio sfruttare questo mio stato d'animo, sono gasatissimo e pronto a scoprire altri angoli nascosti, selvaggi e quasi per nulla trafficati di questo territorio che fino ad ora mi sta regalando tantissimo!
Decido di procedere lungo una variante sterrata che permette il collegamento diretto con il passo Pianazze (975 m): superato il piccolo nucleo di Taverna lo sterrato entra nel bosco riducendosi a una larga traccia fangosa, retaggio delle piogge dei giorni precedenti. Superato a piedi questo tratto ostico si torna sull'asciutto costeggiando la Roccia Cinque Dita, guglia rocciosa inserita in un sito di importanza comunitaria esteso 21 ettari al cui interno sono segnalati diversi habitat floro-faunistici.
Dal passo Pianazze la strada, sul lato parmense, permette di raggiungere senza troppi problemi il paese di Bardi, ma una volta arrivato a Ponteceno di Sopra resto incuriosito da una valletta molto selvaggia che si insinua verso sud.
Quindi la percorro: onestamente mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca rispetto a quello percorso sino ad ora in quanto, a parte il traffico inesistente, non c'è alcun punto di interesse, una salita di poco meno di dieci chilometri su versanti boschivi soggetti in più tratti a dissesti e frane.
Lasciata alle spalle questa strada affronto gli ultimi due chilometri fino a raggiungere il passo di Montevaccà (805 m), dove una stele ricorda come questi luoghi siano stati interessati dai rastrellamenti durante il periodo della Resistenza. Il panorama si apre verso il crinale di confine con la Liguria, dove svettano le enormi pale eoliche poste nei pressi del passo di Cento Croci.
Non resta che scendere velocemente a Bedonia (500 m), paese crocevia di percorsi mototuristici tra Ligura ed Emilia – Romagna. Questi cinque chilometri di discesa saranno i più trafficati dell'intero percorso ad anello tra Bettola e Bardi, ma comunque con un volume di traffico molto inferiore rispetto ai passi alpini più famosi. Ci troviamo sulla “strada del fungo porcino di Borgotaro”, una delle tre strade dei vini e dei sapori della provincia di Parma.
Bardi e il suo castello
Dopo una visita al santuario della Madonna di S. Marco affronto l'ultimo valico di giornata, il passo Colla, otto chilometri di salita tra gioie e rimpianti. Infatti la fatica sta emergendo ma cerco di mitigarla valorizzando ogni singola sosta, ascoltando il cinguettio degli uccelli e il suono del vento che agita le punte degli alberi, segni inequivocabili di assenza di traffico!
Giunto in cima, a quota 1000 m, mi posso riposare prima di scendere sul versante opposto per raggiungere la meta di giornata.
In fondo alla discesa si erge maestoso sopra la mia testa il secolare castello di Bardi, fortificazione che domina la sottostante valle del Ceno e che ha permesso, nei secoli passati, di controllare anche le provenienze dalla dirimpettaia val Noveglia, comunicante con la val di Taro. Una visita al complesso fortificato e la passeggiata attorno alle sue mura potrebbero essere la ciliegina sulla torta di questa prima giornata.
Con un ulteriore sforzo raggiungo il paese situato a circa 600 m di quota, molto grazioso con i suoi stretti vicoli e la pregevole facciata della chiesa parrocchiale.
Dopo ancora qualche chilometro di fatica mi ritrovo alla struttura che mi ospiterà stanotte, il B&B Casa del Ghiro situato alla Piana di Gazzo. La cena con Mike e Linda, due coniugi inglesi in pensione trasferitesi permanentemente in questa località tranquilla da anni, è stato un momento conviviale di scambio culturale e di assaggio dei prodotti locali cucinati con ricette anglosassoni.
Il risveglio tra foschie e castagne
Mike mi avvisa che nel vicino paese di Bore c'è la festa delle castagne! Facendo due conti, considerando che il tempo è peggiorato rispetto alla giornata precedente, decido di ripianificare il percorso odierno in funzione di questa bella notizia! Dopo un'abbondante colazione e un saluto caloroso inforco la mia bicicletta, opportunamente custodita durante la notte in un luogo sicuro, e mi dirigo nuovamente in salita. Dopo una manciata di chilometri con pendenze non sostenute raggiungo il passo del Pelizzone (1029 m), luogo di passaggio della Via Francigena, via dei Romei come indicato dal cartello posto sul valico.
Entro in val d'Arda - area di passaggio del tour dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza e valle molto conosciuta per il borgo storico di Castell'Arquato - e approccio una divertente discesa tra la province di Piacenza e di Parma, raggiungendo finalmente il luogo della festa. Turisti e locali riempiono le strade del paese e lungo la via principale sono stati allestiti tavoli e panche per il pranzo e per la degustazione delle castagne raccolte qualche giorno prima nei boschi vicini.
C'è un gran trambusto ma è piacevole riscoprire – anche inconsapevolmente – queste feste tradizionali e il chiasso e lo stupore suscitato dai bambini nel momento dell'esibizione del mangiafuoco rappresentano un valore aggiunto al folklore. Dopo aver acquistato una porzione di caldarroste mi dirigo verso Morfasso per il pranzo al sacco, notando un via vai di auto fuoristrada pronte all'apertura ufficiale della stagione della caccia al cinghiale.
Una volta rifocillato svolto bruscamente per il passo dei Guselli e il valico di Prato Barbieri (929 m), dove l'autunno è al suo massimo splendore e i colori vivaci ne sono una prova tangibile!
Nonostante il clima sia più fresco e la foschia tenda ad appiattire il paesaggio, il divertimento continua, soprattutto perché le salite sono ufficialmente terminate! E quindi non resta che lanciarsi, con la dovuta prudenza, sulla strada a tratti ripida e stretta che permette di raggiungere in discesa il punto di partenza di questo magnifico giro ad anello di due giorni tra Bettola e Bardi.
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