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Con il VTTE verso il West | 1° tappa Pedalando la Via Francigena
Scritto da Girumin
È tutto pronto, mi sembra tutto pronto. La bici è pronta, il carrello è pronto, l’equipaggiamento è pronto.
Una doccia prima di partire, giusto per sembrare meno disumano agli occhi di chi mi vedrà ansimare a cavallo di un ferrovecchio trainando dei pezzi più o meno variopinti con una bandiera arancione per non farli calpestare.
Ora devo partire, ora devo andare, non sono convinto, non sono certo che tutto andrà bene. Ma neppure Colombo, Nobile o Shackleton avevano la certezza assoluta che tutto fosse perfetto. Posso dunque partire...
In bici verso la Via Francigena
Faccio l’ultimo giro di prova in cortile, il muratore che sta sistemando i balconi mi dice: «Scusa perché ieri tutto diritto oggi tutto di qua e di là?» Questa è disperazione, non è possibile, ce l’avevo fatta, ero tutto calibrato, avevo trovato il punto di equilibrio, quella cosa che si deve sempre trovare per far andare bene le cose…
Guardo il marocchino con aria disperata, facendogli segno con le dita di tacere, come se niente fosse successo, come se ripartendo tutto si possa sistemare, ma sono che non accadrà. Riparto per il secondo giro, niente da fare, il carrello balla. Sposto il carico, nei film lo fanno quando stanno per andare a picco le navi e cadono gli aerei, ci provo anch’io.
Ora le cose vanno meglio, una vocina dentro di me mi dice che non è vero, ma io non le credo. Temo per la barra filettata, so che potrebbe sostenere un camion, ma io temo lo stesso, metto in borsa una barra di scorta con altri dadi, aggiungo anche le chiavi del 22 che pensavo di non portare. In tutto avrò aggiunto almeno un chilo e mezzo… Parto, pochi metri e il carrello balla.
Calmo, stai calmo, dopo tutto il lavoro fatto questo maledetto carrello non ti può pugnalare alla schiena proprio adesso, non può essere così vile. Deve andare diritto!!! Ce l’avevi fatta, era tutto in ordine, perché ora non va??? Deve andare. Dai, non tutto è perduto, forse quel mezzo millimetro può fare la differenza.
Riprova! Le chiavi del 22, una ferma, l’altra fa mezzo giro, metti l’antisvitamento.
Riprova. È stabile, sta in linea, mi segue senza ballare, fa il suo dovere. Non sono tranquillo, sono ancora teso e preoccupato, ma voglio partire, ora devo partire e partirò! Una pedalata, un’altra. Occhi aperti e orecchie diritte. Mani sul manubrio e nervi a fior di pelle. Dai, ce la stai facendo, tutto regge, oggi sono poco più di venti chilometri, cerca solo di arrivare prima del buio.
La pista ciclabile è finita, ora c’è lo sterrato, solo qualche chilometro, ma se passi questo è fatta. Alcune foto di rito, non ho tempo di piazzare il cavalletto, così riprendo solo la bici. Tengo una velocità tranquilla e costante, non vorrei sollecitare troppo il mezzo, passo dall’asfalto allo sterrato un paio di volte. Arrivo al cavalcavia, ogni volta che passo su questa strada questo cavalcavia è un punto di non ritorno, è un punto che mi dice se posso affrontare le salite, e quindi le discese.
Ce la faccio, il mezzo risponde bene, faccio meno fatica di quando sono passato con la Goat, ma questo lo immaginavo. Arrivo a Orio Litta, Pierluigi Cappelletti, Sindaco e responsabile dell’ostello della Via Francigena mi accoglie ancora una volta. Ormai è abituato a vedermi arrivare all’ora di cena, ma è sempre molto disponibile. L’ostello è in ristrutturazione, vengo quindi ospitato nell’ostello provvisorio nei locali del Municipio.
Ci sarebbero altre cose da dire, ma per oggi credo possa bastare.
Il viaggio in bici di Girumin viene raccontato in diretta: se vi siete persi la prima parte dell'avventura dove il cicloviaggiatore ci racconta dei suoi problemi con il freno della sua bicicletta anni '50, correte a leggerlo qui!
Per maggiore chiarezza nella lettura del testo, qui di seguito la "traduzione" dei due mezzi di trasporto usati in vari viaggi da Girumin: VTTE ossia Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e GOAT ossia Graziella Operativa Alternativa Tattica!
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico