La storia di Enrico Toti non è una storia qualsiasi, è il racconto di un uomo sfortunato e coraggioso, di un cicloviaggiatore con grande forza di volontà, di un bersagliere ciclista.
Enrico Toti, classe 1882, romano del quartiere San Giovanni, eroe della prima guerra mondiale...
Ricordo la prima volta che sentii nominare Enrico Toti, si parlava di un sommergibile immenso che doveva essere trasferito al museo della scienza e della tecnica di Milano. Era il 2005 o il 2006, non ricordo bene, e quella notte, venne trasportato durante le ore più improbabili per non intralciare il traffico già congestionato della città lombarda; mi trovai ad attendere l'arrivo del mostro del mare insieme a migliaia di altri curiosi. L'Enrico Toti è arrivato a Milano titolavano i giornali riferendosi al sommergibile, ma chi era veramente Enrico Toti?
Non è facile raccontare la storia di un personaggio vissuto a cavallo del XIX e del XX secolo, le notizie sono spesso confuse e travisate, i fatti non corrispondono sempre alla verità, le informazioni sono poche. Ho provato a documentarmi, a fare ricerche, a scoprire qualche particolare in più della straordinaria, seppur breve, vita di Enrico Toti, l'articolo che ne segue è un riassunto che spero possa aiutarvi a conoscere meglio un cicloviaggiatore come pochi altri.
Enrico Toti e la bicicletta
Enrico visse gran parte della vita con una sola gamba, un brutto incidente infatti costrinse i medici ad amputarla fino al bacino.
Ma facciamo un passo indietro... Fin da molto piccolo Enrico manifestò un carattere irrequieto ed una gran voglia di libertà che lo spinse a scappare di casa più volte. A 14 anni, grazie ad un concorso, i genitori lo convinsero ad imbarcarsi sulla nave scuola Fieramosca convinti che la disciplina della Marina lo avrebbe raddrizzato una volta per tutte, ma quattro mura possono intrappolare il vento? Qualche tempo dopo aver iniziato a lavorare come mozzo, fuggì insieme ad un compagno con l'intenzione di raggiungere la Patagonia e poter così aiutare le popolazioni che l'abitavano... una gran bella avventura che finì quasi per farlo rinchiudere nel carcere militare. Nel 1905, salvato dalla giovane età, tornò a casa per lavorare come fuochista nelle Ferrovie dello Stato (il padre era stato ferroviere!) ma la sfortuna bussa sempre alla porta quando tutto sembra andare bene: un grave incidente sul lavoro gli causò l'amputazione della gamba sinistra e la conseguente perdita del lavoro.
Enrico, spirito libero e carattere forte, non si piegò: lo studio, il nuoto e la bicicletta divennero le grandi passioni a cui dedicarsi e gli portarono tutte piacevoli soddisfazioni. In una gara di nuoto nel Tevere vinse addirittura la medaglia d'argento nuotando con una sola gamba. La prima bicicletta Enrico se l'era costruita da solo e con la piccola pensione avuta in seguito all'incidente decise di aprire una piccola industria di giocattoli diventando sempre più popolare e conosciuto nel quartiere. Aiutava tutti ed era benvoluto.
Nel 1911, in occasione dei 50 anni dell'Unità Italia decise di compiere un'impresa: dall'arco monumentale dell'esposizione universale, ospitata a Roma quell'anno, tra il clamore dei giornali di tutta Europa, iniziò il viaggio in bicicletta per l'Europa con una gamba sola.
Nella sua autobiografia scriveva così:
"Attraversai tutta la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Arrivai al Circolo Polare Artico, e convissi, a causa del ghiaccio, qualche tempo con gli esquimesi in Lapponia. Di là in Finlandia, poi in Russia e da Pietrogrado, attraverso le innumerevoli steppe, giunsi a Mosca. Attraversai la regione dei Turcomanni, la Polonia, l'Austria fino a che giunsi a Roma, in famiglia. Dopo qualche mese di riposo andai in Alessandria e percorsi lungo il Nilo, tutto l'Egitto, la Nubia arrivando fin sotto l'Equatore nel Sudan, poco lungi dal Congo. Percorsi nel mio giro di esplorazione circa ventimila chilometri". (E. Toti)
Un viaggio in bicicletta della portata di quello di Enrico Toti all'inizio del Novecento, sarebbe impegnativo da organizzare anche ai giorni nostri... pensate a quante difficoltà oltre 100 anni fa, in solitaria e con una gamba sola!
In una lettera diretta alla famiglia scriveva così: "..sono giunto a Steinstrass cadendo lungo la via più di venti volte. Ma sono cadute leggere e sulla neve non mi faccio male; mi rialzo e via di nuovo"
Tornato dall'incredibile avventura in bicicletta, durante la quale per le condizioni meteo si era dovuto fermare un mese a Stoccolma mantenendosi con lezioni di italiano, Enrico venne invitato ed acclamato, spesso come fenomeno da baraccone, nei salotti d'Europa.
La consapevolezza di aver compiuto una grande impresa ma la tristezza di essere giudicato come un clown da molti lo spinse, all'alba della Grande Guerra, a cercare di arruolarsi. La domanda non fu accolta per ben tre volte, ma non si diede per vinto.
Inforcò la sua amata bicicletta e raggiunse il fronte a Cervignano del Friuli.
Si dice che il maggiore del 3° bersaglieri ciclisti, al quale il Duca d'Aosta aveva scritto di conferire un incarico a Toti dopo molte pressioni, si rivolse ad Enrico dicendogli che i suoi bersaglieri avevano tutti due gambe e che non sapeva come lui potesse rendersi utile. Enrico Toti rispose con caparbietà di metterlo alla prova, così fu deciso di fargli saltare un fosso. Enrico, ancora prima di vedere l'ostacolo, chiese se potesse bastare un fosso di tre metri sbalordendo il generale per coraggio. Enrico fu arruolato per portare messaggi dalla prima linea a quelle arretrate.
Finalmente bersagliere ciclista, morì nel 1916 scagliando la sua gruccia contro i nemici, forse sorridendo al cielo...
Ulderico Piferi, suo amico, lo ha ricordato così:
"L'incontrai con la sua bicicletta borghese che pedalava come un fulmine, cucita sopra la canottiera aveva la bandiera tricolore deciso ad entrare per primo a Trieste e ad alzarla a S. Giusto: sempre possibilmente per primo".
Di Enrico Toti cosa rimane?
Enrico Toti morì a Monfalcone ma fu poi seppellito a Roma dove venne eretto un monumento a lui dedicato che oggi è possibile visitare.
Nei boschi di Sablici invece, nei dintorni di Quota 85 dove fu ucciso, a memoria del cicloviaggiatore è stato piantato un cippo tra ciò che restava delle vecchie trincee della Prima Guerra Mondiale. Dal cippo si riesce a vedere anche il mare.
Nel 1955 uscì Bella non piangere di David Carbonari, una pellicola dedicata alla vita di Enrico Toti: dall'infanzia alla morte in guerra. Diversi libri lo citano e cercano di raccontare la sua storia. Quel che resta di Enrico Toti non è poi molto dopotutto... così a me piace immaginarlo come un giovane sorridente ed avventuroso, un ragazzo amante della vita e della bicicletta, un vero cicloviaggiatore che, nell'ultimo istante, scagliando la stampella verso il cielo pensò forse alle bellissime avventure vissute per il mondo.
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