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Il Cammino di Nestore: 950 km in bicicletta in cerca di storie
Scritto da Romeo Boscolo
“Vado a fare un viaggio da solo”.
“Se hai bisogno di un assistente vengo con te… se non disturba”-
“Veramente avevo programmato di andare in solitaria, ma se vuoi seguirmi va bene. Sappi che un giorno voglio fermarmi al mare e passeggiare senza tempo. Questa è la condizione che metto”.
“Accetto la condizione, tu vai a passeggiare e io eventualmente faccio un giro in bici”.
Cambiano i progetti, i programmi, tutto quello che la mente fino a questo momento ha elaborato va rivisto e organizzato diversamente, non mi dispiace avere un compagno di viaggio che oltretutto si aggrega spontaneamente e genera nuovo entusiasmo...
L'età è avanzata ma il bambino che è in me ha voglia di giocare, di scherzare, la fantasia stimola l'idea di inventare. Ai tanti cammini e vie aggiungo “Il cammino di Nestore”, il mio cammino, con tanto di credenziale e segnavia a scomparsa. Un pieghevole per ciascuno dove apporre i timbri a testimonianza del passaggio nei luoghi di culto… per la sete, la fame e il riposo. Mi sento un Don Chisciotte moderno con il fido scudiero...
1° tappa | Bologna - Lavoria
Km 180 media km/h 18,3 tempo 9h 46' disliv. 1490 mt.
Partiamo da Bologna, giunti in treno da Mestre, in direzione di Casalecchio Di Reno. Seguendo la ciclabile cittadina che dal centro si inoltra nel bel Parco della Chiusa, troviamo il primo segnavia del cammino, che in questo primo tratto si sovrappone alla Via della Lana e della Seta. Attraversiamo la passerella ciclopedonale sul fiume, superiamo i laghi del Maglio, Palazzo Rossi, il bel tratto collinare e giungiamo a Sasso Marconi. Ci immettiamo sulla Porrettana, che pur essendo una strada statale, non presenta una quantità di traffico esagerata e la carreggiata generosa di spazio permette a noi ciclisti di viaggiare in tranquillità, godendoci la natura circostante, il verde delle alture che la costringono in una piacevole e ampia sinuosità. Comincia a far caldo! Un'osteria con pergolato, uno sguardo d'intesa e siamo seduti al tavolo per una birra e un panino. Il simpatico Angelo, del bar ristorante pizzeria Scannabecco in località Palazzina Calvezzano a Pioppe di Salvaro, ci propone di attendere qualche minuto:
“Ho il pane in forno”.
Quattro ragazzotti a petto nudo stanno sistemando la legna, due sono figli di Angelo: “Volevano andare in palestra... qui hanno modo di fare esercizio fisico quanto vogliono”.
“Tu vai in bici?” chiedo a uno di loro. “Si, da cosa l'hai capito?".
“Dalla pancia! I ciclisti, come vedi, hanno la pancia causa la posizione, stando chini in avanti la forza di gravità fa si che il corpo prenda la forma che mantiene anche in posizione eretta”.
Continua il dialogo con il racconto di quello che stiamo facendo. Qualche risata, il primo timbro e si va dopo la divertente sosta, ma non prima di una foto con Angelo.
Porretta Terme, Ponte della Venturina e deviazione sulla SP 632 Traversa di Pracchia, la strada, priva di traffico, risale sulla sponda sinistra il fluire del Reno, incanalato nella profonda gola tra le rocce. Non mi soffermo in ulteriori descrizioni, l'ho già fatto in altri racconti, è la quarta volta che percorro questo tratto; da quando l'amico Giovanni me l'ha fatto conoscere me ne sono innamorato e lo trovo un'alternativa molto suggestiva. Il tempo fugge ed è ora di ristoro. Attraversiamo il confine Emilia Romagna-Toscana a Pracchia, segue a poche centinaia di metri, il ponte sul fiume, oltre il quale la terrazza del ristorante Melini, arroccata sulla sponda rocciosa, si presta alla sosta per il pranzo. Risaliamo sui nostri destrieri alle 14:00, e non siamo ancora a metà tappa, ci mancano un centinaio di chilometri. Fiducioso delle mie parole, il fido scudiero parte sollevato, ma i miei ricordi sono confusi. Salita fino a Pontepreti, discesa a Piastre, gli ultimi cinque chilometri di ascesa a Prunetta, falsopiano in mezzo al fitto bosco e finalmente perdiamo quota verso Montecatini Terme. Incredibilmente i chilometri si sommano velocemente tanto velocemente che a Bientina ci permettiamo una sosta birra in piazza che purtroppo non possiamo ammirare a causa dell'allestimento della pista per il palio. La fatica quotidiana termina alle 20:30 all'albergo da Ivo a Lavoria. Sembrava irraggiungibile con il tempo, ma come sempre l'impossibile, non si sa come, diventa possibile… è il bello della bicicletta. La sensazione che si prova all'arrivo è entusiasmante, il pensiero del rilassamento, il piacere della doccia, della cena, del riposo da gioia e soddisfazione, soprattutto se al fianco c'è un valido assistente.
2° tappa | Lavoria - Donoratico
Km 63 media km/h 18,7 tempo 3h 20' disliv. 480 mt
Fugace colazione, caffè e cornetto per incontrare le sorprese quotidiane del CAMMINO DI NESTORE. Le gambe spingono energicamente, gli occhi spaziano e, dopo la bellissima immagine colorata dei girasoli, il nastro d'asfalto si perde all'orizzonte scomparendo e ricomparendo oltre il dolce declivio delle colline. Che emozioni, che sensazioni impareggiabili, attimi e momenti in cui mi sento un tutt'uno con il creato, immerso in un fluido magico, lontano da ogni malvagità. Osservo la terra bruna, il grano mietuto, il cielo, i monti laggiù, la strada che si snoda ondeggiando in questo spazio deserto, respiro il profumo della bellezza... che trovo riflessa negli azzurri occhi di Giada quando sostiamo all'osteria “Le Badie” a Malandrone per la prima birra della giornata. Una bella ragazza che gentilmente posa per una foto con molta disinvoltura con un sorriso che esprime vitalità... è un gran piacere incontrare persone serene. Mi rimetto a pedalare ristorato anche nello spirito. Trattoria Aurelia prima di concludere la tappa odierna di mezza giornata. Da ricordare che fa sempre caldo e che la sete è in agguato come pure l'appetito quindi ci vuole ancora birra, pane e, perché no, chiacchiere; in questo caso con un giovane carabiniere. Di che si parla? Come sempre del “CAMMINO DI NESTORE” suscitando tutto ciò che ne consegue. Donoratico! Raggiunta la meta, si fa per dire, perché non mi smentisco mai e mi invento sempre un diversivo. Dal sottopasso della ferrovia una ciclabile conduce alla zona balneare, ma nei pressi della pineta un segnavia ci propone di deviare attraversando la stessa. Non è cosa facile: dune, sabbia, folta vegetazione, grossi rami spezzati, spingere le bici a mano… insomma! Si poteva evitare. Dai ci siamo: Hotel Villa Tirreno, rapida sistemazione e via al mare, Che bello! Allo stabilimento balneare La Zattera pranziamo e affittiamo l'ombrellone. Sono emozionato ed eccitato per essere arrivato qui in bicicletta, da parecchi anni, non so perché, sono attratto da questo luogo. Più volte sono stato in vacanza a Donoratico e il pensiero di arrivare qui da casa in bici è stato ricorrente. Chiudo la parentesi, lascio Claudio sdraiato sotto l'ombrellone con il suo elegante costume appena acquistato e parto per la mia passeggiata lungo la spiaggia. Cammino per quattro ore, osservo il mare il suo continuo movimento, la linea dell'orizzonte che divide l'acqua dal cielo, concentrato sui miei passi attingo energia… evado. Nel rientro ho sete, berrei una birra, resisto perchè desidero berla in compagnia, voglio brindare al paziente scudiero che ho lasciato in solitudine a subire le mie stravaganze. Cena e passeggiata lungomare tra luci negozi e vacanzieri… consuetudine di luoghi balneari. Lasciamo tutto come sta e andiamo a riposare.
3° tappa | Donoratico - Siena
Km 109 media Km/h 14,5 tempo 7h 31'
Un saluto al mare prima di partire verso la costa Adriatica attraversando il bel paese e la fertile zona collinare… forza e coraggio che il caldo anche oggi ci fa compagnia. La spiaggia è deserta, i primi raggi solari dorano la sabbia, la brezza accarezza il mare calmo e mitiga la temperatura… fosse così tutto il giorno. Pedaliamo qualche chilometro sulla Aurelia vecchia, fiancheggiata dai caratteristici pini marittimi, prima di dirigere a est verso le colline. Saliamo dolcemente senza particolare sforzo nonostante il peso del bagaglio; la strada è bellissima e offre panorami incantevoli, quel che vedo mi penetra, mi immergo in un intenso sentimento di benessere, un'energia incontenibile spinge. Altri ciclisti volano con le loro super leggere superando i vari dislivelli. Raggiunta Bibbona si scende, ciò ci rallegra e invita a festeggiare con un brindisi alla gioia. Locanda le Giunche proprio sulla strada, ma che bello! Ci voleva.
Carmen Russo è il nome della gentilissima ragazza che si prende cura di noi... oltre alla buonissima birra artigianale ci serve degli stuzzichini e per finire, salutandoci, ci omaggia di due dolcetti siciliani a base di mandorle: “Tenete questi vi danno energia”. No! Non abbiamo ancora finito di far bella vita, abbiamo appena iniziato. Già ci siamo dimenticati la brezza mattutina e la facilità con cui abbiamo superato i primi colli, ora che stiamo arrancando agonizzanti disidratati sulla salita da oltre sette chilometri. Abbiamo bisogno di bere! E dov'è il problema? Il deposito di bibite con vendita diretta è al nostro servizio, desideravamo tanto l'acqua, ma ora in mezzo a sto ben di Dio optiamo per la birra, due Morettone da 66 non ce le toglie nessuno. L'acqua? Nelle borracce e in testa grazie a una canna attaccata al rubinetto. Si abbiamo fatto un po' di confusione in preda alla sete, ma abbiamo ravvivato e rallegrato l'ambiente di lavoro. Rallegrati anche noi posiamo con entusiasmo sotto il cartello della conquistata Volterra. Placata la sete subentra la fame, lasciamo Volterra al suo colle e iniziamo a scendere. Il grande cerchio di Mauro Staccioli ( lo scultore dei grandi cerchi spentosi il primo giorno del 2018 nel suo studio di Milano ) attira la mia attenzione e ispira la fotografia. L'Anello di San Martino incornicia il panorama e il compagno d'avventura… la fame può attendere, incontrare l'arte per caso sulla via è un ottimo antipasto. Ottime sono pure le pappardelle al cinghiale presso l'agriturismo “Osteria Villa Felice” in località Monteterzino (Volterra SR 68 km 44). Situata sulla sommità del colle, appaga la fame e la vista per il panorama suggestivo. La SR 68 scivola sotto le ruote perdendo leggermente quota, si snoda nella vallata, si allunga in rettilinei a perdita d'occhio, all'orizzonte sempre il paesaggio collinare caratteristico di questa zona. Sostiamo a San Gimignano in un piccolo bar in curva per un gelato e una coca, il corpo richiede zuccheri e liquidi. E la birra?A Colle Val D'Elsa in piazza Santa Caterina all'omonimo bar dove siamo allietati dalla presenza di giovani dame elegantemente vestite per una cerimonia nuziale… gran belle figliole, non da meno la ragazza del bar. Deliziati dalla pausa, gaudenti risaliamo sui destrieri sempre pronti ai nostri comandi. Monteriggioni dalla sua posizione dominante osserva il transito dei due cavalieri prossimi alla conquista della giornata. Che caldo, che sete, rifornimento d'acqua ad un distributore pubblico alle porte della città. Siena! Anche oggi è fatta, entriamo trionfanti in città. La via del centro pullula di turisti che la invadono totalmente, con difficoltà raggiungiamo l'albergo Cannon D'Oro a poche centinaia di metri da Piazza Del Campo. Memorabile cena da Papei: fiorentina e Chianti, non aggiungo altro se non una panoramica notturna dal belvedere sulla valle brulicante di luci e gli ultimi passi verso il riposo.
4° tappa | Siena - Gubbio
Km 124 media km/h 15,3 tempo 8h 06' disliv. 1450 mt.
Foto in piazza, giro turistico alla ricerca di Porta Pispini per uscire dalla città e imboccare la via Aretina. Pochi chilometri, si fa per dire, per immergerci nella pace del territorio agricolo: larga è la via che si lancia retta seguendo ferrovia e superstrada, panorama brullo e verde, girasoli, cirri in cielo, dritta la strada punta le colline, bella e deserta e si arrampica delicatamente sul colle. Bello, bellissimo, immagini stupende come pure le sensazioni. Siamo sul percorso dell'Eroica tra Castelnuovo Berardenga e Rapolano Terme, precisamente a Colonna del Grillo. Chilometro dopo chilometro, il tempo passa, la temperatura aumenta e la trattoria pizzeria “Il Bivacco”, con gli ombrelloni rossi e la tenda gialla, è un invito cromatico irresistibile. “Claudio beviamo una birra!” e così sia. Attimi di smarrimento tra sassi, polvere e viuzze varie nei pressi del castello di Modanella, fortunatamente due fate compaiono dal nulla e ci indicano la direzione. C'è da sudare per arrivare a Lucignano, parecchia salita, prima su terra e poi su asfalto, rampe micidiali tant'è che l'ultima prima di varcare la porta S. Giusto la facciamo a piedi. Oltre la porta, nel vicolo lastricato del centro storico, l'Osteria le Botti con i tavoli all'aperto ci ispira. Senza la minima esitazione e proferir parola appoggiamo le bici sul muro al lato opposto, indossiamo una maglia asciutta, stendiamo quella bagnata e finalmente ci sediamo al tavolo per il rito del pranzo. Rilassati e compiaciuti godiamo di questo momento, tanto bramato durante l'ascesa, il cui pensiero ci ha permesso di vincere lo sconforto della fatica e del caldo. Foiano della Chiana: picchiata in discesa e nuovamente salita, colline e colli si susseguono, come i pensieri e le emozioni, dall'ebbrezza della perdita di quota allo sforzo della riconquista dell'altitudine, alla ricerca di un equilibrio interiore per raccogliere energia e voglia di spingere sui pedali. Mentre scrivo queste parole rivivo il piacere dell'andare, rivivo la bellezza della terra, della vegetazione, che a volte si riduce a estese erbose, del cielo, degli odori, del fruscio dell'aria, della sete che ora soddisfo con una Coca Cola a Camucia. A casa ho studiato chilometro per chilometro il percorso, ho creato un road book cartaceo, ma quando, oltre la piazza, mi infilo tra le case su una via sterrata che si restringe e al centro da vita a fili d'erba temo di aver sbagliato. No! Con soddisfazione sbuchiamo sulla strada della Val di Pierle. Agognata conquista dell'ennesimo colle, strada infinita, curva dopo curva, dosso dopo dosso, come sempre, si immagina di scollinare: “Guarda Romeo mancheranno cento metri alla fine” “Di dislivello” dico io continuando: “finché vedi i tralicci della linea elettrica salire significa che non siamo in cima”. Tra una sosta e un sorso d'acqua, che ormai scarseggia, finalmente scolliniamo lasciando a sinistra Pierle e i ruderi di Borgo Vagli arroccati sul monte. C...o se è stata dura! Alla fine della discesa ci consoliamo con una birra a Mercatale, gli avventori son tutti dentro al bar a seguire la partita dei mondiali in TV, noi fuori su un tavolino sotto l'ombrellone estasiati dall'ennesimo momento in cui si apprezza esageratamente il relax sorseggiando la bibita dal sapore ineguagliabile in questo frangente: “Alla salute mio fedele scudiero che partecipa così intensamente” Segue un'altra sosta a Niccone per una Coca Cola, dove brindiamo allo sconfinamento in terra Umbra. La partita è terminata e l'allegra brigata che sta commentando il risultato si interessa a noi: esauriamo le loro curiosità e i vari commenti. Sono le 19:30, siamo a Umbertide e ci mancano poco meno di trenta chilometri collinari, con un ritardo di quattro ore sul teorico, aiuto, si ci vuole un aiutino. Ci pensa l'albergatore in attesa del nostro arrivo, su mia richiesta ci invia Marco, un tassista che gentilmente si presta al trasporto. Carichiamo bici e bagagli e in una mezz'ora raggiungiamo il ricovero: “Locanda Del Duca”. Che bello! Meno bella è la notizia di Marco, la strada che intendo fare all'indomani è interrotta per la costruzione delle gallerie nei pressi di Cancelli, non è possibile nemmeno imboccare la vecchia arteria, è necessario aggirare il monte che, oltre all'arrampicata, incrementa notevolmente il chilometraggio. Non pensiamoci ora che siamo stanchi, ristoriamoci e godiamoci la serata. Dopo cena passeggiando ci vien voglia di un rosso, ma quando è il momento, seduti a un tavolino nella piazzetta fuori da un piccolo bar, la sete accumulata durante il giorno suggerisce birra. Siamo contenti della soluzione adottata per recuperare il ritardo e di come la giornata si conclude. In camera sopra il letto una scritta quasi ad esprimere il senso del Cammino di Nestore.
5° tappa | Gubbio - Porto Recanati
Km 59 media km/h 18 tempo 3h 18' disliv. 450 mt.
Una simpatica sorpresa appena fuori città: un monumento con i l leone di San Marco al centro della rotonda San Marco nel comune di San Marco e beh! Ci vuole la foto… i Veneziani sono ovunque, oggi come allora.
Siamo allegri, Claudio dice: “Siamo in orario!” abbiamo deciso di superare l'ostacolo dell'interruzione a Cancelli usando il treno da Fossato di Vico a Macerata. Un po' mi dispiace perché il tratto era bello con stradine in mezzo alle colline, ma d'altra parte fa piacere risparmiare fatica e concludere la tappa a un'ora decente. La stazione è a Osteria del Gatto (Fossato di Vico) dove casualmente incontriamo Marco il tassista, gli offriamo il caffè, scambiamo due chiacchiere e poi lo salutiamo lasciandolo al suo servizio, mentre noi sediamo a un tavolino del bar a sorseggiare la prima birra. Tempo ne abbiamo: sono le 10: 30 e il treno parte alle 12:10 con cambio a Fabriano, destinazione Macerata. Tra l'attesa a Fossato di Vico e quella della coincidenza se ne vanno quattro ore. Se calcolo che seguendo il percorso previsto sono 60 km, il vantaggio sta unicamente sul risparmio di energia. Risaliti a cavallo, guardandoci intorno, vediamo colline e Macerata in quota a un livello superiore al nostro. Armiamoci di buona volontà e andiamo, prima su dopo giù e ancora su. Distanziandoci aggiriamo il grande avvallamento in costa in un continuo saliscendi anche piacevole per il panorama che offre. Macerata compare con la sua imponenza in lontananza ultimo sguardo di ammirazione e davanti a noi si presenta un salitone che dirige a Montelupone. Non ce la facciamo più e l'acqua è finita! Senza indugio imbocco il vialetto fiancheggiato da rigogliosi alberi da frutta che conduce sull'aia della cascina: “Buongiorno!” all'omaccione a torso nudo intento alle sua faccende “Buongiorno a voi” risponde. Cipriano, gentilmente sopperisce al nostro fabbisogno idrico, cordialmente e calorosamente ci intrattiene, ammirato per la nostra avventura ci consiglia il punto di ristoro. Adesso si che ce la facciamo! Ancora qualche centinaio di metri e siamo in vetta. Bar tabaccheria “Vizio e Sfizio”: Roberta ci delizia con panini, birra e caffè. È finita! Scendiamo dal monte e planiamo verso il mare: alcuni chilometri di statale e finalmente in spiaggia. Ricordo al Bagno “La Rotonda” per la birra più buona del mondo alla periferia di Porto Recanati all'ora del tè. L'alloggio, storico “Hotel Bianchi”, è in piazza sul lungomare come del resto le abitazioni, caratteristica che mi ha colpito. Dal balcone ammiriamo il belvedere, l'occhio spazia, da un lato le colline dall'altro il mare e la spiaggia molto invitante. Accettiamo l'invito: un tuffo al tramonto e poi distesi sull'asciugamano, sensazione sublime di rilassamento che penetra in profondità, tonifica corpo e anima. Sto bene, penso alle faticose salite, alle inebrianti discese che il più delle volte mi lanciano oltre i 50 km orari, al mio scudiero che premurosamente si adopera per ordinare al bar, mentre io penso solo ad accomodarmi, inoltre si incarica di far apporre i timbri e pagare. Succulenta cena di pesce, al ristorante sulla spiaggia “Il Faro”, disturbata da un furioso e spaventoso temporale che fortunatamente non ha conseguenze e si esaurisce in breve tempo, permettendoci la passeggiata serale.
6° tappa | Porto Recanati - Bellaria
Km 155 media Km/h 18,5 tempo 8h 20' disliv. 600 mt.
Dall'ampia terrazza della sala colazione dell'Hotel osservo... indugio... ammiro… c'è una bella luce, il temporale di ieri ha ripulito il cielo. Alcune nubi bianche contrastano con l'azzurro limpido, il mare calmo lambisce la spiaggia con lieve sciabordio, il lungomare è deserto con le palme da un lato e dall'altro le case una attaccata all'altra, con le porte d'ingresso messe in risalto dai colori vivaci che le incorniciano e alla fine lo sguardo si posa sul promontorio del Conero.
Sirolo è un incanto, una meraviglia, come la sua posizione alle pendici del monte Conero ad un altitudine di 125 mt. s.l.m. È fantastica, la piazza con un ampio belvedere domina sull'Adriatico che visto dall'alto, grazie al fondale roccioso, è azzurro come non mai. Sostiamo per il caffè, incontriamo due giovani fidanzati, miei compaesani, in viaggio per una vacanza in Puglia, meravigliati e sorpresi della bellezza del luogo a loro sconosciuto. Oltre a loro una coppia di Alto Atesini ci intrattengono per uno scambio di notizie inerenti all'uso della due ruote a pedali per viaggiare. La SP 1 del Conero lascia il mare e si addentra nel monte, sale e scende rimanendo più o meno in quota, segue il profilo ondeggiante. Dopo la frazione di Poggio due ampie curvature ci riportano in vista del mare e che vista! Stupendo. Questa ventina di chilometri per raggiungere Ancona divertono, è un piacere pedalare, è un piacere guardare, è un piacere volare, si sembra di volare, dimentichi anche del bagaglio, ormai ci siamo abituati ed è come non averlo. Rione Passetto prende nome dall'omonima spiaggia rocciosa sottostante all'ampio poggio. Un'area aperta che sovrasta il mare con il monumento ai caduti e il parco dotato di punto ristoro per allietare la sosta... Anche la coppia di francesi, in viaggio da quattro mesi, diretta a Roma, non esita a sostare per ammirare il panorama. I due cicloviaggiatori sono predisposti al dialogo, ma la barriera linguistica crea difficoltà nella comunicazione ed in breve ci congediamo. Anche perché oltre allo spuntino ci aspettano ben oltre un centinaio di chilometri, mentre i ragazzi, si fa per dire, viaggiano sui cinquanta/sessanta giornalieri. Riprendiamo la costa: tra noi e il mare la strada ferrata, un mare ancora agitato, azzurro in lontananza, sotto riva nero, un po' più in là color fango, questo perchè la burrasca di ieri ha ben sconvolto i fondali. Il cielo è limpido e il nostro andare inghiotte chilometri, anche troppi, perché pure il tempo inghiotte minuti, le ore passano e Claudio si preoccupa per il pranzo: “Quanto manca? Che non chiudano le cucine!”.
“Ci siamo, mancherà una manciata di chilometri” rispondo io, ma la memoria mi inganna e la manciata di chilometri si moltiplica. A Falconara era già ora di pranzo, dopo abbiamo passato Senigallia e adesso a Marotta stop! Non posso continuare e insistere sull'accondiscendenza del compagno. Il chiosco in riva al mare, dell'adiacente ristorante “Oasi” con gli ombrelloni di canna palustre al centro dei tavoli triangolari ci rende felici. La felicità non esiste, come tutte le cose assolute, ma la grande gioia sta nelle piccole cose, come un piatto di pasta, una birra fresca, il venticello, la spiaggia, la simpatia di Eraldo, grande chef, e questo momento di gaudio. Di tanto in tanto siamo costretti a lasciare il lungomare, imboccato poco dopo Falconara, per attraversare il fiume, prima il Cesano e ora il Metauro. Le quattro colonne in pietra, con aquile e bracieri in bronzo e le iscrizioni che ricordano la storica battaglia tra Romani e Cartaginesi, sono scampate ai bombardamenti della Seconda Guerra costituendo una caratteristica di questo ponte che mantiene la tipologia del precedente. Detto ciò, attraversato il corso d'acqua, ci riportiamo sul lungomare, sulla bellissima ciclabile ai margini della spiaggia (Ciclopolitana) che collega Fano a Pesaro. Per non esagerare con le birre, al “Bagni Paradiso” un gelatino… fresco e dolce contrasta la calura e integra gli zuccheri. Oltre Pesaro la statale sale dolcemente rimanendo alle pendici del monte San Bartolo che si interpone tra noi e il mare estendendosi fino a Gabicce. Pur essendo pomeriggio inoltrato la sosta a La Siligata è d'obbligo: panino e birra sul colmo del colle, al bar che funge da centro commerciale per la piccola frazione. Inebriante discesa prima di immergerci nel traffico di Cattolica: tra turisti e pendolari è difficoltoso procedere, ma l'incontro con Lorenzo, attratto dai colori della divisa del Pedale Veneziano, è provvidenziale, ci guida nelle vie più tranquille fino al traguardo giornaliero. Lui cavalca una super leggera, di tanto in tanto controlla se teniamo il passo … ci siamo ci siamo, tant'è che aumenta l'andatura e noi con il nostro bagaglio non molliamo la ruota, in certi tratti oltre i trenta chilometri orari. Mi diverto, mi emoziono per la disponibilità dell'amico ciclista che allarga il giro per assisterci, mi sorprende il centro storico di Rimini, nonostante abbia attraversato la città più volte non l'ho mai notato. Lorenzo conosce il Pedale Veneziano perché Maurizio Capra, suo compagno d'avventura, è un ex appartenente alla società, ora trasferitosi in loco. Ci congediamo alle porte di Bellaria dove il nostro ricovero ci attende: Hotel Villa Zavatta... è tardi la cena è già stata servita, stanno riordinando la sala, ma qualcosa per noi, che sappiamo accontentarci, c'è. La giornata non finisce qui e visto che siamo in cerca di storie e che la località pullula di vacanzieri ci mescoliamo tra la bella gente che passeggia. Indugiamo al tavolo del bar pasticceria “Dolce Amaro” dove gustiamo un gelato ammirando due belle signore sedute al tavolo accanto e altri passanti. Ma andiamo a dormire senza una birra in riva al mare? Non sia mai! Ci pensa Chiara del bar Picchio a soddisfare quest'ultimo desiderio. Dina, l'anziana signora parcheggiata sulla panchina in attesa della figlia, ha voglia di chiacchiere e noi ci siamo, mi accomodo e i nostri racconti hanno inizio. Ora basta, andiamo a dormire.
7° tappa | Bellaria - Adria
Km 147 media 21 km/h tempo 7h
Ci si muove bene per le vie della spiaggia, i bagnanti mattinieri stanno camminando sulla battigia, gli altri stanno ancora a riposare, cosicché le strade sono sgombre… tutte per noi pronti a respirare quest'ultimo giorno di cammino. Cesenatico, ambizioso, con le sue vele colorate spiegate al vento, posa per esser ritratto. Quanti ricordi: 1966 per la prima volta su questo mare, 1990 e 1995 la mitica Nove Colli e negli anni successivi, prima tappa nei viaggi verso sud. A metà mattina è di rito una sosta, un caffettino a Lido di Classe al bar Gelateria Calipsho. Uno di quei momenti gioviali, simpatici, conviviali, sia con i gestori che con gli avventori, sempre curiosi e noi contenti di raccontare… sentir dire: “Che bello! Che bravi! Complimenti!” Fa sempre piacere. Il segnavia del Cammino di Nestore ci conduce per via Barbona, una strada poderale in terra battuta che rettilinea taglia la campagna tra via dei Lombardi e il torrente Bevano, per oltrepassarlo siamo costretti in statale, ma soltanto per un breve tratto perché a Classe una ciclabile si allunga fino a Ravenna. Attraversato il centro, il lungo rettilineo della SP1 si conclude per noi al bivio per Sant'Alberto dove approfittiamo del circolo ARCI per ristorarci. Acqua, birra e già che ci siamo cediamo all'invito di Patrizia che ci consiglia un piatto di tortelli caserecci al sugo, in alternativa al panino... ottima scelta. Il nostro indugiare ci fa incontrare Luciano; nemmeno il tempo del saluto e ci informa che dall'età di dieci anni va in bicicletta, ora ne ha settantasei e non è ancora stufo anzi ci esorta a continuare ad usare questo mezzo: “ Mi mantengo in salute pedalando, continuate anche voi che vi fa star bene”. Naturalmente il suo dire non si esaurisce, il circolo è frequentato dai soliti abitanti del piccolo paese, noi siamo nuovi, quindi fiato alle trombe e in breve la sua storia e quella della sua famiglia è parte di noi. Mi congedo con gratitudine da Patrizia con un abbraccio, mentre Claudio raccoglie le ultime parole dell'amico. A pochi passi il traghetto sul Reno oltre al quale la strada, suggestivamente contenuta tra il fiume e la laguna, regala immagini magiche: fenicotteri rosa in gran numero, mucche immerse nell'acqua per contrastare la calura, le nostre ombre che ci accompagnano inoltrandoci nella campagna. Dalla terra all'acqua lungo l'argine Agusta, ai margini della laguna di Comacchio.
Tiriamo dritto a Volania, preferisco sostare a Marozzo per la birra, ad Ariano gli orari non coincidono e, a malincuore, salto l'incontro con Pasquina. C'è voglia di rientro e i duecento chilometri abbondanti dell'ultima tappa, che tanto preoccupavano Claudio, si riducono: prendiamo il treno ad Adria! Ok può bastare, con un'ora di treno ne risparmiamo tre di pedalata, ma perché concludere così facilmente?
“Claudio è inutile andare in stazione a Mestre per tornare a Catene, scendiamo a Porta Ovest e attraverso i campi raggiungiamo casa mia!”.
Ma una volta a casa mi rendo conto che le energie consumate per scavalcare i binari e affrontare il fondo campestre non sono valse ad accorciare la distanza e tanto meno il tempo… cosa ci posso fare se sono così? Antonella ci accoglie con esultanza esternando il suo entusiasmo e coccolandoci con un semplice, ma appetitoso, piatto casalingo.
Concludo il racconto del viaggio a mesi di distanza, raccogliendo e riordinando appunti, aiutato dalle foto… è straordinario varcare la soglia del tempo per rivivere al presente questi meravigliosi giorni di luglio, rivivo la gioia, il piacere della libertà, dell'evasione, dei sorrisi incontrati... la gioia della bellezza. Un gran desiderio di ripartire per una nuova avventura, pronto a condividerla con il mio scudiero preferito che meglio di così non poteva essere.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico