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Ciclovia del Po: viaggio in bici a ritroso | ottava tappa

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Il viaggio è finito, oggi si torna a casa. Sono a pochi passi dalla ferrovia, ma preferisco partire con un certo anticipo. Conto di salire sul treno con tutto il mio armamentario, viaggiare con la Goat pone un bel problema: salire sul treno. Fino ad ora sono stato fortunato, ma mi sono anche organizzato per partire da casa o partire da dove potevo portare la Goat in auto, per i viaggi in bici di ritorno ho sempre trovato dei passaggi fino a casa o fino a una stazione che mi facesse arrivare a casa con un solo tratto in treno.
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Treno e bici... quando è possibile!

 
Ho scelto di salire in treno in orari lontani da quelli dei pendolari per evitare il linciaggio… So bene che tutta la mia ferraglia è molto ingombrante e non mi va certo di creare troppo disturbo agli altri utenti del treno.
Qualche dubbio ce l’ho, non sono così convinto di poter salire sul treno con la bici, ma penso che serva un po’ di ottimismo. Ormai la bici è accettata in treno, ormai è normale portare la bici in treno, non è il caso di preoccuparsi per niente, in treno ci salirò senza problemi.
Chiaramente però devo evitare di partire nell’orario dei pendolari, scelgo quindi un treno attorno alle 9.40.
Sistemo il bagaglio, mi vesto comunque pesante, ma metto molte più cose nel bagaglio sul carrello. Vado in tabaccheria a comprare i biglietti, uno per me, uno per la bici: «Prima di timbrarli chiedi al capotreno se ti fa salire.». Codigoro è il capolinea, il treno che arriva è lo stesso che ripartirà poco dopo. Appoggio la Goat al muro, penso che potrei cominciare a sganciare il carrello, ma per scaramanzia non lo faccio.
Arriva il treno, parlo con il capotreno: «No, non può caricare la bici, io non mi posso assumere la responsabilità.». Certo, io non ero sicuro di poter caricare la bici, ma… siamo nel delta del Po, siamo in un territorio pieno di piste ciclabili, siamo in un territorio pieni di fiumi e fiumiciattoli lungo i quali andare in bici.
 
Un territorio che invita i turisti a muoversi in bici, a girare di qua e di là. Un territorio che punta sul turismo ed i viaggi in bicicletta…ma non si può portare la bici in treno. Non so cosa dire, non ho altro da fare. Torno in tabaccheria, mi riprendono i biglietti e mi danno i soldi, perlomeno non c’ho rimesso i soldi dei biglietti. Anche il tabaccaio è sconcertato, dice che lui si occupa dello sviluppo delle piste ciclabili e questa limitazione non favorisce certo chi vuole fare del cicloturismo nella zona.
 

Nuovamente in sella

 
Sono le nove e mezza, non posso far altro che pedalare fino a Ferrara, sono più di 40 km, in cinque ore ce la posso fare, da lì non dovrei avere problemi con i treni. In viaggio ci sono momenti di stanchezza, ci sono momenti di fatica, ci sono momenti di sconforto…
C’è anche il momento in cui cala la tensione, il momento in cui sei arrivato e lo sforzo è già passato, la fatica è finita. Non puoi ancora riposarti, ma pensi solo al viaggio di ritorno, ormai l’impegno è passato.
Capita però che, all’improvviso, devi ricominciare, devi ripartire e metterci tutto l’impegno. «In fondo alla strada gira a destra!»
Salto in sella e parto, ritorna il freddo, ritorna la nebbia, per un attimo avevo finto di essermeli dimenticati, ma loro sono lì, che mi aspettano. Dovrei mettere il secondo strato di guanti, ma pedalo. Dovrei mettere il terzo strato di calzettoni, ma pedalo. Dovrei mettere la cuffia sotto il casco, ma pedalo. Ho messo più peso sul carrello e me ne rendo conto perché il mezzo è più difficile da manovrare, ma si può fare e non ci sono problemi o pericoli. Pedalo e pedalo finché mi rendo conto che non ho indossato il gilet ad alta visibilità. No! Almeno quello lo devo indossare, è vero che la giacca è arancione e sono molto visibile, ma il gilet ci vuole. So che l’ho lasciato in una tasca esterna delle borse sul portapacchi, sarà facile trovarlo. Mi fermo e lo indosso, ma so che devo indossare anche il resto, vado avanti fino al primo posto comodo, smonto il borsone dal carrello e indosso tutto il resto, visto che sono su una strada molto trafficata indosso anche i pantaloni arancioni, sono di taglia XXL, così li indosso sopra i pantaloni invernali, legano un po' le cosce, ma aumentano la visibilità. Sono rivestito a dovere e sono visibile, non ho più scuse per fermarmi, continuo a pedalare, ma spesso mi metto a camminare perché si fa sentire la fatica e si fa sentire il mal di sella…
 
La strada è calibrata, non troppo larga, non troppo stretta, ma se s’incrociano un'auto e un camion proprio dove sono io devono rallentare così come farebbero per qualunque ciclista. Spesso mi fermo per evitare i rallentamenti e mi fermo in prossimità d’incroci e uscite per controllare che non si stiano formando code dietro di me. I cartelli sulla sinistra mi danno il conto alla rovescia, la numerazione dei chilometri parte da Ferrara e quando scompariranno i cartelli sarò al confine del Comune. Al confine del Comune o in centro città? Oppure in un punto non meglio precisato?
Non lo so, questa cosa non l’ho mai studiata, non credo però che si tratti del confine del comune perché quando arrivo al cartello che indica l’inizio del Comune manca ancora qualche chilometro. Più mi avvicino alla città più si avvicina l’orario del traffico di mezzogiorno e quindi il numero di mezzi circolanti. Entro in città e cerco di capire dove passare, dove sono le piste ciclabili. Piano piano mi trovo fra le auto in coda agli incroci e gli studenti che aspettano l’autobus. Non ho una carta della città, ma seguo qualche cartello che indica la stazione, a occhio ci posso arrivare, ho imparato che davanti alla stazione ci sono i due grattacieli, se li vedo da lontano punto verso quelli.
 

Puntuale come un orologio svizzero

 
M'immetto in un rettilineo e li vedo in fondo: la direzione è giusta. Arrivo in stazione, sono le 13.29, la tabella di marcia è corretta, avevo previsto circa quattro ore e sono arrivato nei tempi previsti. Stavolta non mi possono lasciare giù dal treno, piazzo la bici e mi metto in coda alla biglietteria.
È venerdì e molti studenti tornano a casa, c’è coda per prendere i biglietti, io ho lasciato la Goat incustodita, ma non credo che qualcuno ci salti sopra e fugga. Chiedo dove si trova la carrozza per le bici, ma non me lo sanno dire: è normale.
Io ci provo tutte le volte a chiedere, ma so bene che nessuno mi saprà mai rispondere. C’è un treno poco dopo le due, potrei prendere quello, ma vedo che ci sono molti studenti sulla banchina, vorrei evitare di creare problemi salendo con tutta la ferraglia. Non è un problema, prenderò il treno dopo. Entro nel sottopassaggio, porto la bici e poi porto il carrello. Avanti un pezzo per volta. Forse però… La banchina si è svuotata, forse non ci sarà molta gente sul treno, forse ci posso salire senza problemi, ci provo. Salgo sulla banchina, non so dove sarà lo scompartimento per le bici, sempre che ci sia… Faccio così, mi piazzo a metà, aggancio bici e carrello con il solo bullone di aggancio senza avvitarlo, così lo posso estrarre velocemente. Appena arriva il treno guardo se vedo il simbolo della bici, se non lo vedo sulla prima carrozza corro verso l’ultima. La prima volta che ho cercato di salire su un treno con la bici il simbolo non c’era. Per evitare problemi non ero salito sul treno. Sono poi andato in biglietteria a chiedere, mi han detto che avrei dovuto salire lo stesso sul treno. «Fra quant’è il prossimo treno?» «Fra due ore.» «Bhè, sono meno di quaranta chilometri, tanto vale che ci vada direttamente in bici.»
 
Mi piazzo pronto a partire con i nervi tesi, devo essere pronto a scattare, non posso perdere neppure un istante. Devo guardami intorno, devo controllare che la bici non vada all’indietro e finisca fra le ruote dei treni in arrivo sul binario alle mie spalle. Le mani sono impostate sulle corna e gli occhi puntati verso l’orizzonte. Eccolo, arriva! Punto verso la prima carrozza, sulla prima porta, in alto a destra: devo vedere il logo della bici. Eccolo, lo vedo! Giro la bici e comincio a rincorrere il treno, ma senza esagerare, non devo investire nessuno e neppure perdere pezzi di qua e di là.
Arrivo alla carrozza, porto su prima il carrello e poi la bici, metto tutto al posto giusto: stavolta è fatta, arriverò perlomeno fino a Bologna. Riuscirò ad arrivare a casa in giornata, spero di essere così fortunato anche a Bologna. Se arrivo a casa per sera domani avrò tempo per sistemare la bici e prepararla per la Bike Cargo Race del Bike Film Festival di Milano. Non sono molto convinto, non credo che la Goat sia la bici adatta e non mi va tanto di gettarmi in una competizione, ma ho anticipato il mio rientro nella speranza di avere il tempo di prepararmi per l’occasione, sarà un’altra prova per la Goat.
 

Di viaggatore in viaggiatore...

 
Il treno arriva a Bologna, dallo scompartimento di fronte al mio esce un ragazzo con lo zaino e abbigliamento da viaggiatore. Senza dirci nulla entrambi capiamo che l’altro arriva da qualche posto o da qualche esperienza interessante. O è in arrivo, o è in partenza. Entro nello scompartimento per la bici e mentre entro vedo che mi sta tenendo la porta aperta per aiutarmi a uscire con il carrello in mano. Mi da poi un amano a scaricare tutto.
«Da dove vieni?». Gli racconto del viaggio, lui è appena tornato da alcuni mesi di collaborazione con le aziende agricole. Non conosco il programma, ma ho già incontrato altri che vivono questo tipo di esperienza. Funziona che uno va a lavorare per qualche mese in aziende agricole che fanno parte di una rete organizzata in tal senso. Si lavora in cambio di ospitalità e cibo e forse una retribuzione minima. Ammetto che detto così è un po’ banalizzante e mi scuso per questo, non ne so di più, ma mi sembra una cosa interessante. Il prossimo treno partirà direttamente da Bologna, questo vuol dire che posso salire sulla carrozza porta biciclette senza problemi. Mi avvio. La carrozza è proprio all’inizio del treno, sono molto contento, mi piazzo per bene.
Le ultime prove di questo viaggio sono superate, non mi resta altro che lasciarmi portare a destinazione, all’arrivo dovrò solo riagganciare bici e carrello per pedalare l’ultimo chilometro. Qualche minuto prima che parta il treno sale un ragazzo che appende la bici al gancio, parliamo della bici. Parliamo di bici per quasi due ore senza soste, mi racconta dell’esperienza degli Urban Bike Messenger. L’esperienza è già avviata a Milano e sta nascendo anche a Bologna. È una delle tante idee che si sviluppano grazie al recente rinnovato interesse verso la bicicletta.
Sarà per la crisi economica, sarà perché le città sono intasate dalle auto, sarà perché c’è una maggiore coscienza ambientale… si potrebbero scrivere interi volumi sull’argomento. La cosa che più conta è che per un paio d’ore senza neppur presentarci se non alla fine parliamo di una cosa che interessa tutti e due, che appassiona tutti e due, che entrambi consideriamo ben più importante di un solo mezzo per deambulare con meno fatica che camminando. Mi parla delle sue esperienze in bici, mi mostra la sua bici a scatto fisso invitandomi a provare lo scatto fisso, dice che ne vale veramente la pena: è un modo completamente diverso di muoversi, prima o poi ci proverò.
Il treno arriva a destinazione, ci salutiamo presentandoci: «Francesco» - «Giancarlo».
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Girumin ha fatto innumerevoli viaggi in bici e, tra di essi, ultimamente ci ha raccontato il suo viaggio con il Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e quello con la Goat sulla via Francigena.
 
 
 
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Girumin

La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.

Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.

Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.

Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.