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Translagorai... traversata a piedi nel Trentino orientale
Il "dream-team"
- colei che ha dato inizio a questa avventura invitandomi a parteciparvi è una milanese bergamasca un po' particolare. Veronica ama viaggiare, adora la montagna, si trova profondamente a disagio nel caos cittadino dove vive ed è stata l'animatrice del gruppo. Sportiva ed entusiasta ha dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, come le donne non siano affatto da meno dei colleghi maschietti in quanto a tenacia e spirito di adattamento.
- l'ultimo arrivato del gruppo è in realtà una presenza costante e insostituibile nella mia vita. Il mio migliore amico Alessandro, una persona con cui ho condiviso gran parte dei momenti più felici della mia vita e molti dei miei viaggi. E' un esteta dello sport, sempre elegante e preciso nelle discipline che affronta, anche se a volte il fisico lo tradisce costringendolo ad amare rinunce.
- il sottoscritto, Leonardo, di cui faccio fatica a dare una definizione. Mi reputo un viaggiatore amante della bicicletta, della montagna e dell'aria aperta. Nonostante non sia un grande sportivo so stringere i denti e difficilmente mi tiro indietro di fronte alle difficoltà, consapevole del fatto che ognuna di esse, una volta superata, conduce ad una soddisfazione più grande.
- dopo un po' di titubanza ho deciso di prendere con me anche la più fidata compagna delle mie escursioni in montagna: Farah, una samoiedo dolcissima di ormai 12 anni che spero regga (probabilmente per l'ultima volta) le fatiche prolungate di più giorni in montagna.
1° tappa
Dal rifugio Panarotta al rifugio Sette Selle
Partiamo di buon'ora martedì mattino dal parcheggio antistante il rifugio Panarotta (1780 m), all'estremità sud-occidentale della catena del Lagorai. La giornata non è delle migliori. Ha piovuto per gran parte della notte e il terreno pesante è ancora saturo d'acqua. Imbocchiamo il sentiero 325 verso località La Bassa (1834 m). Il morale è alto e le battute tra noi si sprecano. Farah detta il ritmo ma la lasciamo sfogare certi che anche lei tra poco rientrerà nei ranghi. La carovana prosegue spedita e con una ripida ascesa ideale per scaldare il motore, raggiungiamo la vetta del Fravort (2347 m) dopo aver passato quella del Fravort sud. Durante una breve sosta per sgranocchiare un pò di cioccolata un agnello spaesato si affaccia all'orizzonte e scambiando Farah per la propria madre si attacca alle nostre calcagna senza più lasciarci, diventando la mascotte di questa prima giornata nel Lagorai occidentale. Un bivio mancato ci fa proseguire sul fianco meridionale del Gronlait (2384 m) senza raggiungerne la vetta attraverso il sentiero E5 (sempre 325). Poco sotto il passo La Portella (2158 m) notiamo un gregge che potrebbe essere quello del nostro amico e così, non senza difficoltà, lo conduciamo al ricongiungimento. Proseguiamo su un tratto un pò esposto (cordino) ma comodo e quindi sempre in quota sulle pendici del Pizzo Alto fino al passo del Lago (2225 m) dove ci fermiamo per pranzo. Poco sotto si trova il lago di Erdemolo e l'omonimo rifugio ma noi ignoriamo il suo rilassante e caldo richiamo per proseguire lungo il sentiero 343 ed il rifugio Sette Selle. I continui saliscendi ora si fanno sentire ed il ritmo che Ale impone alla comitiva è, per usare un eufemismo, piuttosto allegro. Veronica ed io, con la scusa di immortalare il paesaggio, riusciamo a rallentare l'avanzata consapevoli anche delle giornate che ci attendono. Nel frattempo il sole ha fatto capolino tra le nuvole ed il paesaggio silenzioso e selvaggio ha cambiato immediatamente aspetto, accendendosi di colori più vivi. Migliaia di fiori sconosciuti sorgono tra erba ed arbusti mentre le rocce rosse infiammano il panorama fiabesco. Oltrepassati i pendii del Sasso Rotto e della cima Sette Selle, ai piedi dell'anfiteatro su cui stiamo camminando intravvediamo la sagoma del rifugio. Rinvigoriti dalla visione, aumentiamo il ritmo illudendoci di dover soltanto scendere ma il sentiero ci tradisce svoltando a destra e risalendo il versante. Un breve strappo e scolliniamo. Di qui la discesa è una dolce agonia prima del meritato riposo. Il rifugio è tranquillo e soltanto una coppia sta sorseggiando una birra quandi sopraggiungiamo io e Veronica... Ale, non appena visto l'edificio in lontananza, ha inserito il pilota automatico ed è sceso praticamente di corsa lungo la val Làner arrivando a destinazione un bel pò prima di noi. Ci sediamo sotto il sole finalmente caldo a sorseggiare un pò di acqua per poi sistemarci in camera. Dal balcone antistante il rifugio Ale nota un movimento sul costone di fronte e aguzzando la vista scopriamo due camosci, una femmina con il piccolo, che stanno risalendo verso sud. Il tempo di fare un paio di scatti e gli animali si rifugiano dietro un arbusto. Facendo due chiacchiere con Lorenzo, gestore del rifugio Sette Selle (2014 m) da quest'anno, scopriamo che nel locale dove tiene le bombole del gas sono ospiti tre ermellini molto curiosi e...golosi. La tranquillità della giornata permette al nostro oste di dedicarsi completamente a noi e quando vede la nostra attrezzatura fotografica ci propone una sessione ai simpatici animaletti. Entra in cucina ed esce poco dopo con in mano qualche fetta di lucanica che sistema su alcune travi dell'edificio di fronte a noi. Ci sediamo ad aspettare e non molto tempo dopo un furbissimo musetto esce da una piccola fessura. Prima titubante e poi sempre più baldanzosi, gli ermellini si alternano nelle loro incursioni ad acchiappare le fette di salume via via sistemate da Lorenzo. Ad un certo punto, probabimente sazi, escono sulle rocce vicine per quattro salti ed una passeggiata digestiva. Appena il sole tramonta la temperatura si abbassa repentina e decidiamo di rientrare per gustare una meritata cena e scaldare le ossa un pò infreddolite.
A tavola è tempo di un breve bilancio della prima giornata e tutti tre siamo concordi nel definire positivo l'inizio di questa breve ma intensa avventura. L'avvistamento di camosci ed ermellini (mai avevo visto questi simpatici mustelidi prima d'ora) sono la classica ciliegina sulla torta. Facciamo quattro chiacchiere e siamo già in branda a riposare: domani ci aspetta un'altra giornata lunga e faticosa!
2° tappa
Dal rifugio Sette Selle al lago delle Buse
Salutiamo Lorenzo con la promessa di ritornare a trovare lui e i suoi simpatici amici al più presto e ci incamminiamo, subito in salita sul sentiero 340 verso il passo dei Garofani (2150 m), la Translagorai continua! L'aria frizzante viene presto scaldata dal sole che si rinforza man mano che la giornata prosegue. Superato il passo il sentiero scende al passo di Palù o di Calamento (2072 m) e risale fin sotto la cima del monte Conca (2299 m). Lasciamo gli zaini al lato del sentiero e ci incamminiamo per qualche metro per raggiungere la croce in vetta. Di qui il panorama spazia su tutto il Brenta e gran parte del Lagorai. Più vicino domina l'orizzonte il monte Croce sotto al quale possiamo vedere tutto il percorso che ci attende fino al passo Cadin. In basso una strada sterrata sale a zig zag lungo l'alta val Calamento fino a raggiungere la malga Cagnon di sotto dove si sentono i campanacci delle vacche al pascolo. Qualche scatto, un pò di riposo e scendiamo a riprendere gli zaini che stanno diventando la maledizione delle nostre spalle! Il sentiero prosegue ora in costa fino al passo Cagnon di Sopra (2124 m) dove svoltiamo decisamente a destra mantenedoci alti sul sentiero 461 evitando invece il 314 che scende alla malga Cagnon di Sopra. Tra distese di mirtilli (Veronica si ferma per raccoglierne qua e là) e prati ricoperti di arnica ed altri mille fiori colorati, camminiamo in piano fino a raggiungere il passo Cadin (2113 m) dove sostiamo per pranzo. Farah inizia a manifestare parecchia stanchezza e ogni volta che le è possibile si sdraia nell'erba fresca, facendo poi fatica a rialzarsi. Anche Ale non ha il ritmo del giorno precedente a causa di un forte giramento di testa che lo affligge da ieri sera. Comunque dopo lo spuntino a base di speck e grana, riprendiamo la marcia sul sentiero 310 che sale sul versante sud della cima Bolenga. Il paesaggio qui è imponente. Le aguzze sporgenze rocciose che sovrastano il tracciato appaiono come imponenti gargoyle su cui l'acqua scorre da millenni. A fatica ci spostiamo su e giù per gli interminabili avvallamenti in quota, sotto un solleone che non ci aspettavamo e quando il passaggio si fa più difficoltoso poco prima del bivacco A.N.A. di Telve (2060 m), siamo costretti a fermarci ed aiutare Farah ad oltrepassare alcuni gradini rocciosi particolarmente alti. Giunti al bivacco ci sediamo stanchi sulle panche all'ombra sorseggiando l'acqua ormai calda nelle borracce. La strada che sale al passo Manghen è visibile già da un pò e non dista molto in linea d'aria ma ancora una volta si dovrà scendere al passo Cadino (1950 m) per poi risalire e giungere al rifugio passo Manghen (2013 m) dall'alto. Per noi questo passaggio è una sorta di ritorno alla civiltà dopo due giorni di quiete. Le auto, le moto e le biciclette salgono e scendono lungo la strada ed il bar è assalito da turisti e escursionisti. Ci sediamo all'aperto nei pressi del lago di Cadinello e ci gustiamo una fetta di strudel con una bibita fresca. Manca ormai poco per giungere alla meta di giornata e dopo aver riempito le borracce proseguiamo sul sentiero 322/a che tra lago e rifugio si distacca verso est. I lievi dislivelli che siamo costretti ancora una volta a superare sembrano montagne enormi al termine della tappa e così l'andatura rallenta notevolmente. Un albero centenario ci preannuncia l'arrivo al lago delle Buse (2065 m) dove abbiamo deciso di piazzare l'accampamento. Una rapida ricerca e troviamo una piccola radura in piano vicino alla sponda settentrionale del lago, montiamo la tenda e inizamo i preparativi per cena. Il cuscus con ragù in latta non è il massimo ma lo divoriamo voraci dato l'appetito. Nel frattempo il sole è calato all'orizzonte e i suoi ultimi raggi colorano di rosso le cime dell'anfiteatro naturale costituito dal monte Ziolera, dalla cima di Valsolero e dal monte Manghen. Stanchissimi ci rintaniamo nella tenda per sfuggire il freddo della notte a 2000 m ma lo spazio limitato renderà il sonno una chimera lontana per i due terzi del gruppo. Veronica dorme come una bambina infagottata come una crisalide di farfalla nel suo sacco a pelo mentre Ale ed io, invidiosi, ci alziamo per uscire a fare due passi sotto le stelle. Farah ci lancia un'occhiata indagatrice ma non ha la forza o la volontà di alzarsi e ci segue soltanto con lo sguardo. La nottata, benchè fresca, è magnifica e la luce della luna piena rischiara l'orizzonte riflettendosi sulle rocce del Lagorai di fronte a noi.
3° tappa
Dal lago delle Buse ad una malga indefinita nei pressi del passo Val Cion
4° tappa
Dalla malga al bivacco dei cacciatori sopra il rifugio Cauriol
5° tappa
Dal rifugio Cauriol a Ziano di Fiemme
Non resta che trarre le conclusioni di questi cinque giorni ad alta quota.
Nonostante le difficoltà, la "perdita" lungo la strada di Ale e Farah e la rinuncia alla attraversata completa, la bilancia delle emozioni pende senza ombra di dubbio dalla parte positiva. L'ottima compagnia, i panorami stupendi, i silenzi maestosi, la natura selvaggia, gli animali eleganti e le insolite esperienze vissute resteranno scolpite nella mia mente per lungo tempo, nella speranza che sia un'altra avventura come questa a sovrascrivere emozioni simili nel mio cuore e ricordi analoghi nel mio cervello.
Grazie Ale, Veronica e Farah, ma soprattutto grazie Lagorai!
Punti di ristoro: il primo giorno si può dormire e mangiare presso il Rifugio Sette Selle. A partire dal secondo giorno fino all'arrivo della quarta tappa, al termine della quale si può raggiungere il Rifugio Cauriol (da cui è possibile anche raggiungere il monte Cauriol, tra le trincee della Grande Guerra) non ci sono veri e propri punti d'appoggio se non capanni, malghe ed edifici montani per il bestiame. Ci vuole sicuramente spirito d'adattamento, ma anche questo è il bello! Portate nello zaino cibo necessario per almeno tre giorni e starete tranquilli. L'acqua invece si trova in numerosi torrenti montani quindi non ve ne dovete preoccupare più di tanto!
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Leo
ITA - Cicloviaggiatore lento con il pallino per la scrittura e la fotografia. Se non è in viaggio ama perdersi lungo i mille sentieri che solcano le splendide montagne del suo Trentino e dei dintorni del lago d'Iseo dove abita. Sia a piedi che in mountain bike. Eterno Peter Pan che ama realizzare i propri sogni senza lasciarli per troppo tempo nel cassetto, ha dedicato e dedica gran parte della vita al cicloturismo viaggiando in Europa, Asia, Sud America e Africa con Vero, compagna di viaggio e di vita e Nala.
EN - Slow cycle traveler with a passion for writing and photography. If he is not traveling, he loves to get lost along the thousands of paths that cross the splendid mountains of his Trentino and the surroundings of Lake Iseo where he lives. Both on foot and by mountain bike. Eternal Peter Pan who loves realizing his dreams without leaving them in the drawer for too long, has dedicated and dedicates a large part of his life to bicycle touring in Europe, Asia, South America and Africa with Vero, travel and life partner and Nala.
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico