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Trekking al Colbricon dal passo Rolle
Scritto da tirapacchi
Un’altra escursione sui monti teatro di aspre battaglie durante la Grande Guerra, il Lagorai: quest’anno ci abbiamo preso gusto! Giunti da Trento a Predazzo, in val di Fiemme, si imbocca la strada che porta a Passo Rolle, all’interno del Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino. In prossimità del passo, lasciamo l’auto in un pratico parcheggio allestito su uno spiazzo sterrato per iniziare il trekking odierno verso i laghi di Colbricon ed il monte Colbricon proprio sopra agli stessi. Volendo, si potrebbe allungare il giro lasciando l’auto qualche tornante più sotto, dove è possibile imboccare un sentiero che attraverso il bosco porta alla nostra destinazione. Visto che però tra noi c’è chi preferisce limitare al massimo la fatica, preferiamo assecondare questi desideri (anche se non si ripeterà!).
Dal parcheggio imbocchiamo un sentiero molto largo e battuto, che in circa mezz’ora ci conduce al rifugio Monte Colbricon, costruzione in pietra che sorge in riva a due laghetti alpini.
Dai laghetti si inerpica sulle pendici del monte il sentiero che porta alla vetta. Seppure la lunghezza sia complessivamente contenuta, le pendenze in gioco sono importanti: Leo e Vero gettano la spugna praticamente subito, utilizzando Farah come risibile scusa (ma se l'avete portata dietro apposta!).
Noi, per nulla spaventati, iniziamo l'ascesa: in circa due ore giungiamo ad un'ampia sella, posta tra il Colbricon ed il Piccolo Colbricon. L'ambiente è quello tipico alpino, disseminato di pascoli d'alta quota e rododendri. In questo ambiente non è difficile osservare la fauna tipica di queste altitudini: di tanto in tanto, infatti, sentiamo i fischi d'allarme delle marmotte e scorgiamo qualche gruppo di camosci. Proviamo a scattare qualche foto agli animali, ma purtroppo abbiamo lasciato i tele a casa, preferendo grandangolari più leggeri adatti ad immortalare i paesaggi.
Dalla piana alla vetta ci vogliono ancora 30 minuti di arrampicata, più che di cammino, ma ne vale la pena. Non tutti fra noi la pensano così: ancora una volta a raggiungere la meta saremo solo in tre, gli highlander nic the dick, hood ed il tirapacchi! Il sentiero, ben segnalato, è disseminato di resti bellici (filo spinato, pezzi di granata, ecc…), a conferma delle aspre battaglie che qui si sono combattute. Anche questa volta un velo di tristezza ci accompagna negli ultimi metri di salita: dedicheremo a tutti i caduti una umile preghiera.
Arrivati in vetta lo spettacolo è di quelli entusiasmanti: sotto di noi l’abitato di San Martino di Castrozza, di fronte il teatro di un altro nostro trekking, le Pale di S. Martino (peccato che siano rimaste coperte a lungo da una antipatica e minacciosa nuvola scura), a lato si scorge la croce di Monte Castellazzo, ai piedi di cui sorge la statua del Cristo pensante, dall’altra parte si intravede Cima d’Asta. Restiamo in ammirazione a lungo, finché giunge il tempo di rientrare. Potremmo aggirare il monte e scendere dall’altro lato, completando un anello, ma visto che al rifugio c’è chi ci aspetta, ripercorriamo la strada dell’andata, che riteniamo più veloce.
Dai laghetti si inerpica sulle pendici del monte il sentiero che porta alla vetta. Seppure la lunghezza sia complessivamente contenuta, le pendenze in gioco sono importanti: Leo e Vero gettano la spugna praticamente subito, utilizzando Farah come risibile scusa (ma se l'avete portata dietro apposta!).
Noi, per nulla spaventati, iniziamo l'ascesa: in circa due ore giungiamo ad un'ampia sella, posta tra il Colbricon ed il Piccolo Colbricon. L'ambiente è quello tipico alpino, disseminato di pascoli d'alta quota e rododendri. In questo ambiente non è difficile osservare la fauna tipica di queste altitudini: di tanto in tanto, infatti, sentiamo i fischi d'allarme delle marmotte e scorgiamo qualche gruppo di camosci. Proviamo a scattare qualche foto agli animali, ma purtroppo abbiamo lasciato i tele a casa, preferendo grandangolari più leggeri adatti ad immortalare i paesaggi.
Dalla piana alla vetta ci vogliono ancora 30 minuti di arrampicata, più che di cammino, ma ne vale la pena. Non tutti fra noi la pensano così: ancora una volta a raggiungere la meta saremo solo in tre, gli highlander nic the dick, hood ed il tirapacchi! Il sentiero, ben segnalato, è disseminato di resti bellici (filo spinato, pezzi di granata, ecc…), a conferma delle aspre battaglie che qui si sono combattute. Anche questa volta un velo di tristezza ci accompagna negli ultimi metri di salita: dedicheremo a tutti i caduti una umile preghiera.
Arrivati in vetta lo spettacolo è di quelli entusiasmanti: sotto di noi l’abitato di San Martino di Castrozza, di fronte il teatro di un altro nostro trekking, le Pale di S. Martino (peccato che siano rimaste coperte a lungo da una antipatica e minacciosa nuvola scura), a lato si scorge la croce di Monte Castellazzo, ai piedi di cui sorge la statua del Cristo pensante, dall’altra parte si intravede Cima d’Asta. Restiamo in ammirazione a lungo, finché giunge il tempo di rientrare. Potremmo aggirare il monte e scendere dall’altro lato, completando un anello, ma visto che al rifugio c’è chi ci aspetta, ripercorriamo la strada dell’andata, che riteniamo più veloce.
Potete trovare altri percorsi interessanti in zona e su tutte le Alpi sulla mappa dei trekking
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Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico