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Viaggio in bici vtte
Girumin
 
 
Assieme a Luigi e altri amici scout siamo alla festa della Base scout di Cantalupa, non pedalo per cui non ho nulla da raccontare su due ruote.
La cosa più interessante della giornata è l’incontro con Massimiliano, appassionato di epoca medioevale (la festa è in stile medioevale).
Con Massimiliano e Luigi si parla di forgiature, di tecniche di lavorazione dell’acciaio, di realizzazione di coltelli e di spade, dalla tradizione giapponese a quella mediorientale. Di lavorazione del legno e costruzione degli archi in maggiociondolo o in sambuco, di realizzazione di una “cotta” in acciaio, di corsi di avviamento alla falconeria… Sono le solite cose per cui non vi sto ad annoiare.


 

Lezione di topografia a Torino!

 
Fra le poche cose che ricordo delle scuole elementari c’è forse la prima nozione di topografia che io mi sia fissato nella mente.
Che Torino è una città “quadrata”, ovvero che le strade sono perpendicolari fra loro perché sono nate con gli accampamenti romani. Magari questa cosa non è vera… ma a me sembra sensato pensarlo e anche crederci, per cui dire che è vera. Forse ho sempre pensato che prima o poi avrei dovuto attraversare Torino a piedi o in bici per vedere se questa cosa era vera veramente. Una città a base quadrata è facile da attraversare anche per uno come me che ha con sé solo una carta in bianco e nero in scala 1:200.000 ovvero un centimetro sulla carta corrisponde a due chilometri nella realtà. Questo vuol dire che sulla carta hai praticamente una sola e grande macchia scura, sufficiente però per capire che se entri nella macchia da una parte ne devi uscire dall’altra. Facciamo così: vado verso Est finché sono sul Po, appena prima di cadere nel fiume vado verso Nord, il primo ponte lo attraverso e sono sulla strada giusta. Detto e fatto!
Una città con una rete di strade a 90° fra loro e un fiume quasi in mezzo, meglio di così?!? Mi sono fatto l’idea di come arrivare a destinazione e posso farcela. Parto verso le otto e mezza senza fretta, posso scegliere se seguire Corso Francia oppure Corso Allamano. Per ora esco da Rivoli, poi stabilirò cosa fare in funzione di dove mi troverò. La mattina è uggiosa, non piove, ma il cielo è grigio, la mia speranza di orientarmi con il sole puntando verso Est è già andata a farsi friggere. Ne farò a meno.
 
Prima di partire ho cambiato i pattini dei freni, manco nella Formula 1e cambiano le gomme come io cambio i pattini dei freni… Il problema è che i pattini sono rettangolari mentre le ruote sono tonde, quindi finché non si consumano un pochettino non sono molto compatibili fra loro. Quando sono nuovi sono difficili da regolare perché sono troppo vicini ai cerchioni, quando si arrotondano non frenano più…
Ecco il cartello che indica Via Allamano, spero di trovare la pista ciclabile. Vado avanti e mi appare sulla destra… Perché non riesco mai a imbroccare una pista ciclabile dall’inizio? Forse perché non si capisce da dove iniziano? Torno indietro e mi inserisco nella pista, ma dopo poco davanti a me appare il cavalcavia… nooooo… ho appena beccato la pista ciclabile e già scompare? La mia striscia di asfalto si fa sempre più stretta fra il paracarro e l’erba che invade la pista, non sembra finire, non so dove porti, ma se il cavalcavia attraversa la ferrovia, o un corso d’acqua, dovrò andare sul cavalcavia, vado avanti curioso. Piano piano vedo che la pista non finisce, arrivo in fondo e scopro che c’è una grande rotonda. Sono stato fortunato, non devo salire sul cavalcavia. Chiedo indicazioni a un signore che mi conferma la strada. La mattina è fresca, ma non credo sia necessario vestimi di più, prendo atto però del fatto che la temperatura sta calando.
In viaggio il doversi coprire e scoprire continuamente al cambiare del tempo è una cosa fastidiosa e io cerco di evitare finché posso. Devo entrare nel vialone giusto, cercando di orientarmi a occhio; chiedo a un paio di persone, una mi dice il nome del viale sul quale c’è la pista ciclabile, ma quel viale non porta dove voglio andare io… Incroci, semafori e marciapiedi. Richieste di informazioni e controlli sulla carta striminzita. Scrutamenti di cartelli in ogni direzione. Prima di mezzogiorno sono in vista di Superga, per me è un riferimento importante. So che devo tenerla alla mia destra per puntare verso San Mauro Torinese. Costeggio la collina e punto verso Chivasso e Crescentino, spero di arrivare fino a Vercelli per riuscire ad arrivare oltre Pavia domani pomeriggio. Fino a Crescentino starò sulla riva destra del Po.
Ogni tanto mi fermo e controllo il bagaglio, voglio evitare che scarponi e ferraglia finiscano contro la gomma. Piove e la temperatura scende, devo proprio indossare un giubbotto, la giacca vento non serve, ma un giubbotto lo devo indossare altrimenti fra un po’ comincerò a sentire veramente freddo. Arrivo al ponte di Crescentino attorno all’una, se vado così veloce forse posso andare oltre Vercelli, ma valuterò più avanti, per ora pedalo.
Le due torri della centrale danno un tono particolare al panorama, la strada corre drittissima e passa in fianco alla centrale. Piano piano i freni si vanno assestando, ovvero si stanno consumando e io mi accorgo che più continuo a usarli meno loro frenano le ruote. Se mi durano pochi giorni forse conviene che trovi il sistema di farmeli per mio conto invece di continuare a comprarli. Arrivo a Vercelli verso le cinque del pomeriggio, supero il ponte sul Sesia e imbocco il sentiero della Via Francigena, provo a chiamare l’ostello di Nicorvo, spero solo di non arrivare troppo tardi, in un paio d’ore ce la dovrei fare, non voglio arrivare più tardi per non abusare del servizio degli ospitalieri. Chiamo e mi dicono che oggi non è possibile cenare in trattoria perché è chiusa, manco ci avevo pensato. Devo quindi fare acquisti a Robbio. La strada prosegue tranquilla in mezzo alla campagna, un ponte in legno accoglie i pellegrini in arrivo a Palestro. A Robbio entro nel supermercato, compro il necessario e lo metto nello zainetto. Per pochi chilometri fuori città posso tenerlo sulle spalle. C’è già dentro il giubbotto tolto quando ha smesso di piovere e altro cibo rimasto, non ho tempo di sistemare tutto per bene. Spingo il tutto per farcelo stare e chiudere bene la cerniera. Gli zainetti che si chiudono con la cerniera sono rischiosi perché hanno il brutto vizio di aprirsi. Bisogna chiuderla da un lato perché se si lasciano le due slitte, o come si chiamano, al centro si rischia che si aprano. Mi è già successo e non vorrei ripetere l’esperienza. Una volta stavo comprando un biglietto per l’Isola d’Elba, il bigliettaio mi disse che stava partendo una nave e che se mi fossi messo a correre l’avrei presa in tempo, così feci. Stavano sganciando la scaletta dalla nave, ma vedendomi arrivare si erano fermati, io mi stavo lanciando in una corsa disperata, non mi andava certo di ritardare la partenza di una nave
Dalla nave vedevo che gesticolavano nella mia direzione, mi stavano dicendo qualcosa, mi girai e vidi che il contenuto del mio zainetto, lo stesso zainetto di oggi, era disseminato lungo l’asfalto. Corsi indietro a recuperare il tutto abbracciandolo stretto per non perderlo perché non avevo certo tempo di rimetterlo nello zaino. Arrivai in cima alla scaletta con l’ultimo filo di fiato disponibile.
Arrivo a Nicorvo dove mi viene mostrato l’ostello, anche oggi sono il solo ospite. Nicorvo non è un posto tappa di quelli che coincidono con il chilometraggio medio di percorrenza, per cui non si fermano in molti. Il servizio che offre questo ostello è comunque importante e lo sarà di più se aumenta l’interesse verso la Via Francigena.
Girumin prosegue il suo viaggio in bici verso casa e la Via degli Abati ed in questa tappa ha oltrepassato Torino giungendo fino a Nicorvo! Se vi siete persi le altre tappe tornate indietro alla sesta o andate avanti all'ottava!
Per maggiore chiarezza nella lettura del testo, qui di seguito la "traduzione" dei due mezzi di trasporto usati in vari viaggi da Girumin: VTTE ossia Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e GOAT ossia Graziella Operativa Alternativa Tattica!
 
 
Ultima modifica: 03 Giugno 2024
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.

Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.

Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.

Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.

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