fbpx

Unisciti alla LiT Family



Ladakh in bici | L'Himalayan Highway Road in 900 km e 11 tappe

Scritto da
Vota questo articolo
(4 Voti)
“Prima volta in India? Hai fatto dei buoni esercizi spirituali?”
Il distinto ma scafato signore che vola di fianco a me, oltre alle raccomandazioni di rito, così mi introduce al nuovo mondo. “Yes, first time in India!” Arrivare direttamente a Srinagar, punto di partenza del nostro viaggio in bici in Ladakh, senza aver messo il naso fuori dall'aeroporto di Delhi, si rivela subito un'esperienza per palati forti. Non bastano gli occhi per osservare il mai visto prima, non basta il naso per cogliere tutti gli odori acri e pungenti che arrivano dalle botteghe o le orecchie per recepire l'ordalia di suoni dei clacson, delle urla nelle strade, oltre alle cantilene dei muezzin che a quattro megafoni salmodiano dai minareti. Vogliamo parlare delle no rules nel traffico delle doppie corsie? Da pazzi. Non sai se ridere o rimanere scioccato. Insieme al ragazzo che col Tuc Tuc (taxi biposto su Ape Piaggio) ci accompagna a comprare beni di prima necessità, ne prendiamo con buonumore l'aspetto più leggero e allegro...
Life in Travel Diaries
Sono disponibili i Life in Travel diaries, libri fotografici con tanti racconti di viaggio scritti dai cicloviaggiatori per i cicloviaggiatori. Puoi acquistarli singolarmente, in bundle o abbonandoti al piano Esploratore della LiT Family. Che aspetti? Salta in sella con noi!
 

Benvenuti nel Kashmir! Il primo alloggio è programmato in una tipica e piacevole houseboat ancorata nel lago Dal, i cui gestori si rivelano subito degli abili cacciatori di punteggi Booking. Peccato che provino a venderti di tutto: anche il giro in gondola, vagamente somigliante a quella veneziana, lungo la città galleggiante, si palesa un tentativo per vendere pashmine (prodotti tessili a base di pregiatissima lana cashmere), con tanto di pantomima del ragazzo dagli occhi tristi e la testa china che si mette al lavoro con ago e filo, giusto un attimo prima del nostro ingresso, si rialza indifferente e se ne va quando gli spieghiamo che non siamo interessati.

Introduzione 1 ladakh in bici
Sul molo si riassemblano le bici e si aspetta il nuovo giorno con un po' di trepidazione per la partenza. Notte calda al ronzio del ventilatore.

Tappa 1 | Srinagar - Ganger, Gagangir

Lunghezza 75 km |Dislivello 977 m |Tempo di tappa 5h 42 min |Notte a quota 2300 m

La mattina si caricano le bici sulla gondola e ci si trasferisce sulla terraferma. Tra gli occhi increduli dei curiosi si parte. Una superstrada costeggia il lago e non vediamo l'ora che finisca per ritrovarci su una strada comune. Ci abituiamo alla presenza dei militari, una specie di catena umana che non si interromperà fino al confine col Ladakh. Sotto gli elmetti si intravedono ragazzi dai lineamenti etnici più diversi, alcuni sono bellissimi. Quando finalmente giungiamo al bivio per Sonamarg, invece di una strada più tranquilla, ci ritroviamo nel traffico congestionato, in mezzo a camion e jeep militari, autobus con le griglie di raffreddamento aperte, auto impazzite pronte a buttarsi nell'unico metro disponibile per il sorpasso. No rules! Velocità di marcia delle nostre bici bassissima! E massima attenzione a non farci travolgere da questi scatenati che non si capisce dove siano diretti. In compenso le persone e i soldati incuriositi, lungo la strada ci regalano sorrisi rincuoranti che ricambiamo con gioia. Abbiamo perso l’abitudine alla cordialità della gente che saluta per strada!
T1 a Sonamarg v2 ladakh in bici
La strada a poco a poco inizia a salire, le pendenze sono dolci, ma il traffico non cessa e procediamo lentamente, fermandoci spesso per lasciar spazio alle auto o per superare i numerosi ingorghi. Purtroppo il singolare benvenuto himalayano non termina qui, si aggiungono acquazzoni che ci costringono a trovar riparo sotto le tettoie. Così facciamo i nostri primi incontri con le persone della vallata, con le loro abitudini e curiosità alimentari. Sembra non abbiano mai visto bici come le nostre, chiedono, toccano e selfano. La mania del selfie non è solo nostra! Ormai la pioggia non ha intenzione di smettere, ci infiliamo gli abiti waterproof alla ricerca veloce del primo hotel. Raggiungeremo Sonamarg all'indomani, la tappa prevista risulta più corta di tredici chilometri. Notte in un hotel di infima categoria a Ganger Gagangair; di doccia non se ne parla e nemmeno si guarda il cuscino sotto le coperte. Da quanto tempo non dormivo nel mio sacco a pelo. Una gioia!T1

Tappa 2 | Ganger, Gagangir - Drass

Lunghezza76 km |Dislivello1402 m |Tempo di tappa 6h 33 min |Notte a quota 3086 m

Il tempo nuvoloso pare non promettere pioggia, ci si tuffa nel traffico in direzione Sonamarg. Pendenze abbordabili e una buona strada, anche se con diverse interruzioni per lavori: stanno costruendo un traforo che faciliterà il raggiungimento del Ladakh. Si pedala in compagnia dei soliti militari, in piedi ai bordi della strada o appostati di vedetta fra le rocce. Che strani questi kashmiri: in un mondo sempre più globalizzato cercano l'indipendenza di uno stato con una popolazione già così povera! Ma forse è meglio, per un occidentale, non esprimere valutazioni sulla base di storia e cultura così diverse. Sonamarg è una città turistica affollatissima con proposte di intrattenimento più disparate. Arriviamo a comprendere dove erano diretti i bus stracolmi di turisti. E non avevamo ancora visto Baltal: un’intera e spaziosa vallata ricoperta di alberghi e soprattutto di campi tendati.T2 passo Jiojila ladakh in bici Per fortuna la pioggia ci ha costretti ad una sosta forzata il giorno precedente, altrimenti avremmo faticato a trovar posto in hotel. Nei pressi di Baltal iniziamo ad intravedere la strada che dovremo affrontare per arrivare al passo Zojila che si trova a 3529 metri, per noi il primo test in altura con duemila metri di dislivello rispetto alla partenza. Non ci piacciono le cose facili. No, proprio no. Perché per il primo test non proponiamo un percorso che ricordi vagamente una strada che con la pioggia si trasforma in un letto di fango? Ma sì, mettiamoci anche un po' di frane per ridurre la carreggiata e una teoria interminabile di camion militari e di pittoreschi Tata (gli automezzi pesanti di produzione indiana) bloccati o che procedono a passo d'uomo. Ora provate ad iniziare ad ansimare per la non abitudine alľaltura e per la fatica di far girare le ruote appiccicate al fango, fate un bel respiro a pieni polmoni mentre un Tata (cat. Euro sottozero) sorpassa e vi avvolge in una nuvola di fumo nero. Ho reso l'idea? In una giornata soleggiata le sensazioni sarebbero risultate più piacevoli, in fondo abbiamo scelto noi di affrontare questo percorso. Chissà se invece, quella di trovarsi nel posto in cui è, sia una libera scelta per la bimba appena uscita dalla tenda di un accampamento di pastori “nomadi”? Lungo la valle che discende dopo il passo si incontrano numerose tende multicolori, appoggiate a cordoli costruiti con pietre: l'idea di vivere in quelle condizioni e a quelle quote mi lascia un po' perplesso. A quella bimba provo a sorridere, ma rimane avvolta nello stesso sguardo assente. Ho scritto nomadi tra virgolette nel dubbio che più che di nomadi si tratti di pastori stagionali che portano i greggi ai pascoli d'altura. Molti di loro hanno lo smartphone e da alcune tende spuntano dei piccoli pannelli solari. Discendendo dal passo, la strada pur in pessime condizioni si lascia percorrere grazie alle pendenze più dolci e poco prima del confine con il Ladakh diventa asfaltata. La polizia di frontiera invita i viaggiatori a fermarsi e a compilare due moduli con una miriade di informazioni. La stranezza è che i moduli sono quasi identici. La strada continua a scendere e il primo villaggio utile per la sosta notte è Drass. Stessa tipologia di hotel, con Dhaba annessa (una sorta di tavola calda con accesso diretto alla strada, tipica di queste zone) per un ottimo riso basmati accompagnato da zuppe di fagioli e di ceci, e identica modalità di riposo: nel proprio sacco a pelo. Il Wi-Fi non è disponibile, usiamo ľhot-spot di un gentile avventore per inviare notizie a casa. Ah, la doccia? Come per la notte precedente, non se ne parla e non ho tanta voglia di chiedere come si usano i due contenitori di diversa grandezza, agganciati l’uno all’altro e igienicamente poco rassicuranti, preposti alle abluzioni.T2

Tappa 3 | Drass - Mulbekh

Lunghezza96 km |Dislivello1258 m |Tempo di tappa 6h 00 min |Notte a quota 3300 m

La tappa odierna non si presenta difficile sulla carta e di fatto evolve così durante il giorno. Kargil, la cittadina più importante della zona, è a una sessantina di chilometri, ad una quota di m. 2700 s.l.m., per cui la strada idealmente discende, tranne che nei frequenti promontori superabili con fatica. La velocità di percorrenza rimane bassa. La strada inizia a salire invece in direzione di Mulbekh, la località prescelta per la sosta notturna, che ci porterà di nuovo a m. 3300 s.l.m.. Gli scenari in quest'ultima parte del percorso diventano magnifici: vallate verdi e montagne imponenti dalle forme più strane. Il sole, come si sa, rende tutto più gradevole, e finalmente è arrivato. Iniziamo a renderci conto che siamo sull'Himalaya. Lungo la strada, e più lontano nelle valli, iniziamo ad osservare la presenza dei Gompa, le costruzioni sacre del Buddismo, che si integrano con la presenza delle moschee. Il traffico si è ormai regolarizzato, i pittoreschi Tata e le colonne dell'esercito si sono diradati. Sono diventati numerosissimi i bikers: pare si siano dati appuntamento da tutta l'India! T3 d ladakh in biciCi salutano e sorpassandoci sollevano la mano col pollice alto. Qualcuno ci affianca e ci fa domande. Quando siamo in sosta a far foto, si fermano e ci tengono compagnia. Sono stupiti nel vedere cicloviaggiatori in quelle lande desolate e riconoscono la fatica che, sebbene diversa, è anche loro. Tra le tante domande, al "Ue'duiucamf'om?" - "aicamfromit'li", l'indiano di Delhi blocca la sua moto e pretende un selfie con il casco in mano mostrando il 46 e "Io sto con Vale". All'aggiunta di particolari sulla vicinanza geografica del nostro comune di residenza con la città di Valentino Rossi, letteralmente impazzisce. Notte in una guesthouse all'ingresso di Mulbekh, della stessa tipologia delle precedenti, la camera si affaccia su una parete rocciosa su cui è scolpita la figura di un grande Buddha. Ogni passante fa girare la ruota della preghiera sottostante e la campana annessa ci fa compagnia durante il meritato relax.T3

Tappa 4 | Mulbekh - Lamayuru

Lunghezza66 km |Dislivello1261 m |Tempo di tappa 5h 15 min |Notte a quota 3560 m

Si parte presto, ci aspettano due passi Hors Catégorie: il Namikala a 3700 m e il Fatula a 4100 m. Mattinata assolata: chissà che il sole sempre agognato non si trasformi in problema oggi! Percorriamo i primi chilometri nella valle, ricevendo i saluti dei bambini che vanno a scuola, vestiti con la stessa uniforme. Qui le scuole aprono a marzo e chiudono a novembre. Poi credo vadano tutti in letargo fino al disgelo. Sono numerose le ruote di preghiera, così come i Gompa, che si incontrano lungo la strada e si uniscono alla vista dei minareti delle moschee. Può capitare, e fa anche piacere per la sensazione di grande rispetto che comunicano, sentire il suono contemporaneo della campana e il canto dei muezzin. La strada inizia a salire, ma non spaventa: le pendenze rimangono intorno al 5/7% e l'aumento di quota, partendo da 3300, non è poi proibitivo. Si ansima un po' all'inizio, poi pare che il respiro si assesti e si salga con relativa facilità. T4 d ladakh in biciIn fondo ľincognita del percorso ad alte quote unitamente all'incertezza dei posti in cui dormire ci ha costretti a diverse tipologie di vestiario e a portarci dietro, anche per emergenze legate a bufere, tenda e sacco a pelo. Insomma, siamo belli carichi. In cima al passo Namikala una breve sosta per la foto di rito e giù in discesa pronti per il falsopiano di collegamento alla salita successiva. Con l’alternanza di discese e ripide salite, le gambe soffrono e non vedi l'ora che arrivi la salita vera e continua. In prossimità di una curva, mentre pedalo con tranquillità, scorgo un gruppo di persone a qualche decina di metri. Sono bambini che insieme alle loro mamme stanno facendo colazione all’ombra degli alberi. Mi incuriosisco, mi fermo e li raggiungo nel momento in cui l’interesse diventa reciproco e mi chiamano. Ancora mi viene da sorridere per l’imbarazzo di trovarmi in mezzo a loro a scambiarci saluti e ad appagarne la curiosità; tra sorrisi di cortesia riesco ad accettare solo biscotti: la zuppa vegetale che mi offrono in una scodella metallica mi genera una grande acquolina in bocca, ma preferisco non avventurarmi nell’assaggio.

Si torna a pedalare per la seconda fatica, con la soddisfazione di controllare ad ogni metro la quota in avvicinamento sul nostro ciclocomputer fino ai 13479 feet, ovvero a quota m. 4100 s.l.m.

La discesa è in strada leggermente dissestata, ma Lamayuru è ormai vicina. Decidiamo per la sosta notte piuttosto che raggiungere il fondovalle. Il monastero, incastonato nello spuntone roccioso, merita la visita. Nelle sue sale interne, così riccamente agghindate con tappeti e pareti colorate, assistiamo alle salmodizzazione dei mantra da parte dei monaci. La sequenza melodica, così densa di basse frequenze, trasporta in una dimensione quasi irreale. Qualche bambino in tunica serve il tè, qualche novizio, forse non riuscendo a leggere bene il testo della preghiera sui piccoli libretti rettangolari, estrae dalla tasca dell’abito lo smartphone e inizia a smanettare: potenza della modernità! L'albergo annesso al monastero, gestito dai monaci, ha la doccia e le lenzuola profumate(!) ed è dotato di Wi-Fi. Solito meritato relax accompagnato dal rintocco della campana della ruota della preghiera, che si ripeterà come d’incanto anche durante la notte, e dalla vista delle gialle e imponenti montagne che si stagliano davanti alla nostra camera.T4

Tappa 5 | Lamayuru - Leh

Lunghezza117 km |Dislivello1720 m |Tempo di tappa 7h 13 min |Notte a quota 3580 m

Per descrivere questa tappa partirò dalla fine. Sapevamo che sarebbe stata piuttosto dura, dati i chilometri previsti, ma non ci aspettavamo che si rivelasse così estenuante. Oltre alle alte quote, si unisce nella tappa odierna la combinazione di deserto, sole e assenza di vento. L’arrivo a Leh, con gli ultimi chilometri in salita, quasi un calvario. T5 b ladakh in biciEppure è iniziata, dai 3600 di Lamayuru, con una bella discesa, lunga quasi una ventina di chilometri fino ai 3000 del fondovalle. Gli scenari mozzafiato e le formazioni rocciose continuamente diverse e strane hanno entusiasmato la nostra passeggiata mattutina. Poi il fondovalle inizia lentamente a salire con i soliti strappi spezzagambe fino a che la salita non diventa vera. Le pendenze, generalmente non elevate, permettono di trovare un buon ritmo di pedalata, alla fine è una vera montagna quella che viene scalata fino ai 3600 metri di questo passo senza nome e, con il passare delle ore, il sole senza alcun contrasto di nuvole o vento inizia a farsi sentire. T5 a ladakh in biciUn ragazzo indiano, conosciuto per strada e unico ciclista incontrato finora, con una MTB troppo carica e una scarsa esperienza ciclistica regge il nostro passo fino a che lo aspettiamo, poi sulle pendenze sempre più ripide delľultimo tratto decide di aggrapparsi ad un vecchio Tata che, sbuffando più di lui per il grosso carico che trasporta, procede così lentamente da permettergli di agguantare un pezzo di lamiera sporgente. Ma di lì a poco cederà e ci abbandonerà, preferendo una sosta obbligata. Scendiamo quindi brevemente per poi trovarci di nuovo a scalare, con i suoi 3500, la montagna che ci congiunge alla vallata del fiume Indo, in cui si trova Leh, la capitale del Ladakh. T5 c ladakh in biciSi rivela una salita vera e lunga, con gli ultimi chilometri sempre più ripidi e il sole del pomeriggio ancora più implacabile. Per fortuna qualche sorriso ce lo strappano le magnetic hills, la cui invenzione del fenomeno abbiamo deciso di attribuirla al gestore di un bar. Il locale fronteggia lo spazio in cui le auto, attratte dal presunto suolo magnetico, dovrebbero se lasciate sfrenate, muoversi da sole (anche se su una ipotetica pianura). La cosa buffa è che anche le nostre bici in alluminio, grazie al vento a favore e alla pendenza del suolo che rileviamo, si muovono nella stessa direzione delle auto! Giunti sulla sommità, si inizia a scorgere, come una vera e propria oasi nel deserto, la verde vallata in cui si estende Leh. E dopo la discesa, ormai stremati, affrontiamo l'ultima salita che ci porta ai 3500 della città. Notte in un’accogliente guesthouse, lontana dai rumori e dai clacson delle auto, ma anche dalla compagnia dei rintocchi delle campane delle ruote di preghiera a cui avevamo fatto ormai l’abitudine.T5

Tappa 5a | Leh - Khardun La - Leh

Lunghezza74 km |Dislivello1720 m |Tempo di tappa 6h 41 min |Notte a quota 3580 m

All’agenzia viaggi: “See you tomorrow here at 9am. At 10.30 you will get your permission to go to Kardun La”. Questo l'accordo di ieri sera con il gestore dell'agenzia. La mattina alle 9 siamo già lì con i passaporti per ottenere i permessi senza i quali i militari al check point, posto al chilometro 24, non permettono di continuare la salita. E’ quindi nostra premura essere puntuali per avviare le pratiche e partire il prima possibile. Il titolare arriva alle 9.45 e vedendomi inquieto mi ricorda che "we are in India", e da buon italiano capisco bene e non protesto. T5 Leh Kardun la d ladakh in biciCi dà appuntamento alle 10.45 per ritirare i permessi, ma aspettiamo fino a mezzogiorno per averli in mano. E intanto il cielo è di un azzurro intenso, terso e senza nuvole! Il Khardun La, il passo che collega la Val Nubra alla vallata di Leh, si trova a 5600 metri sul livello del mare, viene orgogliosamente indicato dai locali come il passo stradale più alto del mondo, lo si raggiunge dalla capitale del Ladakh dopo 38 chilometri di salita. T5 Leh Kardun la a ladakh in biciPartire a mezzogiorno ci rende non poco inquieti, ma si confida sul vento in quota che dovrebbe almeno mitigare l'assolamento delle ore centrali. Di fatto si soffre il caldo per i primi dieci chilometri, poi si procede con temperature più fresche. La passeggiata odierna è un test fondamentale per capire se la preparazione fisica e ľacclimatamento sono adeguati per affrontare la seconda parte del viaggio, quando una volta superato il passo Taglang a m. 5358 non si potrà discendere al di sotto dei 4600 dell'altopiano che ci riporterà ad un altro passo, il Lachung, posto a m. 5064.
Per cui si pedala prestando un'attenzione particolare all'equilibrio tra controllo del respiro e frequenza di pedalata, cercando di capire quando e se arriveranno problemi di ipossia. Con grande sorpresa e un po' d'orgoglio devo dire che, tranne per i primi chilometri di assestamento, fino alla cima non abbiamo avuto alcuna manifestazione di affaticamento. T5 Leh Kardun la bCerto, 38 chilometri rappresentano una distanza enorme se percorsa in salita, ma grazie alle pendenze piuttosto dolci (5/7%) si riesce a salire senza grosse difficoltà con la bici priva di borse, lasciate alla guesthouse di Leh.
I problemi arrivano invece qualche chilometro dopo il controllo dei permessi, esattamente al 28°, dove la strada non è più asfaltata e, a mano a mano che si sale, si restringe, diventa sconnessa, ha rivoli d'acqua che ľattraversano fino a divenire simile al greto di un torrente, per cui mantenere l'equilibrio risulta l'esercizio più difficile. La durata effettiva della nostra ascesa è infine di 4 ore e 50 minuti, ma tra qualche sosta tecnica, controllo permessi e l'infinita discesa, risultano otto le ore passate in sella. Siamo di ritorno a Leh, insomma, già oltre il tramonto. Ma che soddisfazione!
PS: se salendo vedi tanti ciclisti che scendono in MTB con selle mal regolate, in ciabatte o scarpe tipo running e vestiario strano, non devi temere che la vostra impresa venga sminuita: la maggior parte di loro è stata trasportata in auto sulla cima e si diverte a ridiscendere.T5 Khardun LaTappa 6 | Leh - Rumtse

Lunghezza80 km |Dislivello1113 m |Tempo di tappa 5h 13 min |Notte a quota 4200 m

Inizia la seconda parte del viaggio in bici , il tratto che ci porterà a Manali, un tratto che si inoltra in lande desolate e solitarie, in cui gli appoggi per la notte saranno in campi tendati con improbabili possibilità di comunicare attraverso il web. A tutt’oggi, agli stranieri non può essere venduta una sim card indiana (che permetterebbe di usufruire di 2 Gb di dati al giorno), inoltre i gestori italiani offrono il roaming a tariffe proibitive. Le zone non sono coperte da segnale e solo per le emergenze si può ricorrere alle connessioni satellitari dei militari. L’uso del telefono privato satellitare, come diversi cartelli in strada lo rammentano, è proibito, pena la reclusione. T6 a ladakh in bici Il percorso si presenta impegnativo dal punto di vista fisico, data la presenza di passi ad alte quote, ma siamo ormai rodati e non ci spaventa. Partiamo da Leh verso mezzogiorno dopo le visite ai luoghi che hanno suscitato la nostra curiosità e, districandoci tra il traffico, iniziamo a discendere gradualmente fino ai 3200 metri del fondovalle. La sensazione di essere in un'oasi nel deserto è ancora più netta osservando l'assenza di qualsiasi tipo di vegetazione nel paesaggio sabbioso circostante. È curioso che Leh, nonostante l’altitudine in cui è ubicata, venga raramente coperta di neve in inverno, grazie alle barriere montuose che la circondano, sebbene rimanga isolata per la impercorribilità della "Highway Road" Srinagar - Manali. L'aeroporto della base militare ne garantisce i rifornimenti.T6 g ladakh in bici
Come tutti i deserti sono notevoli le escursioni termiche tra notte e giorno e anche oggi non fa eccezione: il nostro ciclocomputer rileva punte di calore prossime ai 40 gradi. Nei consueti saliscendi, dove la velocità si riduce notevolmente, si soffre. Superiamo il monastero di Thiksey che si staglia altissimo in cima ad una montagna, quasi a dominare la valle, e poco più avanti in lontananza scorgiamo il monastero di Stakna. Qualche decina di chilometri dopo, la valle accoglie anche Hemis, il più grande dei monasteri del Ladakh, ma non riusciamo a scorgerlo. E non è oggi la giornata ideale per salire a vederlo.
Ci accontentiamo di aver visitato e dormito a Lamayuru. Nei pressi di Hemis e, più avanti ad Upshi, ci sono deviazioni per il lago Pangong che sappiamo essere magnifico, ma per raggiungerlo in bici occorrerebbero tre giorni di viaggio. T6 f ladakh in biciDecidiamo di rimanere nel progetto originario in direzione del passo Tanglang, inoltrandoci in una gola che ci accompagnerà fino a Lato per circa 30 chilometri. Gli scenari sono ora cambiati, le montagne dalla roccia color marrone intenso, seppur prive di vegetazione, danno la sensazione di aver abbandonato il deserto. La strada sale con le consuete pendenze e, grazie alle temperature più fresche, ci si ritrova ai 4200 di Rumtse, l’ultimo villaggio in cui sappiamo trovare un riparo coperto per la notte prima dei campi tendati. Nessun Wi-Fi ovviamente nella "Homestay" che offre "room with attached bathroom" (con doccia!) perché la zona non è coperta da segnale e anche stanotte, sebbene la stanza sia carina, con tende colorate, materassi a terra ricoperti da morbidi tappeti e con la disponibilità di pesanti coperte, in assenza di lenzuola e di federe pulite, preferiamo il nostro caro saccoletto.T6

Tappa 7 | Rumtse - Pang

Lunghezza97 km |Dislivello1320 m |Tempo di tappa 7h 14 min |Notte a quota 4544 m

La ragazza della Homestay che ieri sera ci ha servito la cena ha i lineamenti molto aggraziati, i capelli lunghi e castani ed è più alta della media delle donne del luogo. Questa mattina indossa una uniforme di colore verde e rosso bordeaux, pronta per andare a scuola, la High School. Ieri sera ci ha raccontato che da ottobre a marzo la zona, coperta da un metro di neve, poco permette oltre all’attesa del disgelo. Mi sono chiesto come le cambierà la vita quando a Leh frequenterà l'università e scoprirà internet e i social. T7 l ladakh in biciMa veniamo a noi. La tappa di oggi prevede il superamento del passo Tanglang a m. 5358. Nonostante la scelta di Rumtse sia stata fatta per essere più vicini al passo, la vetta dista 31 chilometri. T7 g ladakh in biciIl cielo è parzialmente nuvoloso e i landscapes non brillano in bellezza. Non resta che pedalare dosando le forze, dato il carico che trasportiamo. La vista delle ali maestose di un’aquila che ci sorvola ci attenua per un’attimo la fatica. Quattro ore di concentrazione per controllare il respiro e tanta tenacia: questo il segreto per arrivare in cima. Va detto che la preparazione fisica è iniziata diversi mesi fa, personalmente mi sono allenato sui monti casalinghi quasi ad ogni uscitaPer tutta la traversata himalayana assumiamo quotidianamente Diamox, il diuretico consigliato in forma preventiva per attenuare gli effetti del mal di montagna che, nella fase acuta, può rivelarsi molto pericoloso. Per saperne di più, ti rimando ad una pagina web di Sergio Borroni, cicloviaggiatore e medico, che spiega scientificamente il processo.T7 Kiang ladakh in bici
Arrivare in vetta al passo è una soddisfazione, grazie alla calorosa accoglienza da “Giro d'Italia” dei presenti che esultano al nostro passaggio con battiti di mano, foto e “Bravo!”. Una piacevole sorpresa ci attende per la discesa: invece dello sterrato ci troviamo la strada appena asfaltata. Una gioia grande! Dopo la discesa inizia ľaltopiano che ci accompagnerà per tutto il resto del percorso. Ad ogni pedalata, una meraviglia: la vallata che si trova a 4700 m mette a dura prova le nostre capacità fisiche, ma la sua bellezza illuminata dal sole è straordinaria. La valle è pressoché desertica, sabbiosa al centro, costellata di ciuffi d’erba ai lati e contornata da montagne imponenti. Così si procede per una quarantina di chilometri tra accampamenti di pastori indaffarati con le loro greggi e animali selvatici in lontananza. Straordinario è l'incontro con un Kiang, una specie di piccolo cavallo selvatico che vive in branchi in questa vallata: attraversando la strada proprio davanti a noi, ci permette di fotografarlo. Gli ultimi chilometri diventano faticosi, oltre alla distanza tutta percorsa in quota, alla stanchezza per il passo si aggiunge un forte vento contrario che ci fa rallentare. Ormai siamo in vista della discesa che ci porterà a Pang, nel cui campo tendato passeremo la notte. Non prima di rimanere meravigliati ancora una volta alla vista di un canyon che si para davanti e sotto di noi, le cui pareti alte e scoscese danno vita a formazioni spettacolari.T7

Tappa 8 | Pang - Sarchu

Lunghezza76 km |Dislivello1082 m |Tempo di tappa 6h 23 min |Notte a quota 4346 m

Pang è un agglomerato di tendoni e di strutture murarie coi tetti in lamiera che ospitano dormitori e ristoranti. Ovviamente per definirli tali va usata una scala di valutazione non europea e se non si è capaci di adattarsi è proprio meglio evitare di visitare simili zone. Pang e tutti gli altri villaggi della zona sono stagionali, fioriscono a marzo e vengono abbandonati a settembre, seguono il flusso dei turisti e dei commerci.T8 m ladakh in bici A ottobre la prima neve costringe tutti a tornare nelle città, pastori compresi. La Highway Road che parte da Sarchu in direzione Manali, pur essendo l'unica via di collegamento, assomiglia vagamente ad una strada e probabilmente è stata asfaltata fino a qualche anno fa, ma ora si è costretti a pedalare per 32 chilometri sul fondo sassoso al limite dell'impraticabile, richiedendo tanta pazienza ed equilibrio. Per i primi sette chilometri ci si muove in uno scenario particolare, con pareti sabbiose scoscese, da cui spuntano rocce verticali che ricordano i comignoli delle fiabe. T8 b ladakh in biciPoi inizia la salita che per un breve tratto si snoda tra tornanti e curve cieche sul dirupo sottostante. La strada entra nella valle che si allarga seguendo il corso del fiume Tsarap per 14 chilometri. Oggi sembra che si siano dati appuntamento bikers, camion militari e i soliti "Tata" per riversarci addosso così tanta polvere da ridurci due macchie bianche semoventi. Il passo Lachung è posto a m. 5064, il cui superamento non fa più notizia, considerato il buon adattamento del nostro fisico. La discesa di 6 chilometri termina con un rigenerante milk tea bevuto durante una breve sosta nel piccolo accampamento di tende. Si risale immediatamente per altri 4 chilometri fino al passo successivo, il Nakeela a m. 4738, dove finalmente inizia l'asfalto e si ridiscende per ben 22 chilometri. In tutta questa zona non sono presenti pastori né ci è capitato di vedere animali selvatici. Anche le foto sono diradate, sembriamo quasi assuefatti alla vista di rocce e montagne. O forse la nostra preoccupazione è più rivolta a dei neri nuvoloni che sembrano minacciarci sempre più vicini. T8 h ladakh in biciNon faccio in tempo ad osservare che il profumo umido e terroso della pioggia imminente si svela identico a quello delle nostre parti. In men che non si dica, ci troviamo nel bel mezzo del temporale e sotto la grandine. Siamo ormai nella pianura del fiume Tsarap, a una ventina di chilometri da Sarchu, luogo prescelto per la notte, ma la pioggia mette sempre a disagio chi si muove in bicicletta, le temperature scendono molto rapidamente (di colpo a 6°) e nella fretta di proteggersi dalla pioggia con gli abiti adeguati, non riusciamo ad indossare indumenti intimi più caldi. Se un acquazzone come quello descritto si abbattesse in cima a un passo da 5000 metri, la discesa sarebbe a dir poco... congelante. T8 l ladakh in biciLe previsioni promettevano bel tempo qualche giorno fa, per questo motivo e quasi a prevenire brutti incontri metereologici alle alte quote, ci siamo messi in marcia anzitempo, quasi scappando da Leh. A Sarchu tutti i fabbricati sono in lamiera, pareti, tetto e toilette esterna. Preferisco non descriverne i particolari, ti lascio con la curiosità culinaria se il riso che mangeremo stasera sarà accompagnato da fagioli, ceci o lenticchie. Scherzi a parte, devo ammettere che ho sempre mangiato volentieri queste pietanze, così come i momos (ravioloni di origine tibetana) e i chapati (simili alle nostre piadine). Rifiuto solo le zuppe vegetali di colore biancastro: sono generalmente preparati Knorr!T8

Tappa 9 | Sarchu - Jispa

Lunghezza85 km |Dislivello830 m |Tempo di tappa 6h 28 min |Notte a quota 3400 m

Il riso basmati della cena, oltre a uova strapazzate con verdure e chapati, è accompagnato da lenticchie e dall'immancabile black tea. Se il temporale al nostro arrivo a Sarchu ci ha messi in difficoltà, la stellata spettacolare, senza alcuna fonte di luce inquinante, si rivela appagante. Il proprietario del locale, un ventiduenne di nome Chamba, ci tiene compagnia. Vive a Chumikgyalsa, un paese al di là del fiume Bhaga, a pochi chilometri da Sarchu. Durante l'estate affitta le camere e prepara il cibo per i clienti. Si lamenta che i turisti indiani stanno diminuendo perché iniziano a viaggiare all'estero. Spera che fra un paio di anni arrivi la connessione per poter usare lo smartphone che già possiede. L'elettricità è assente, nel suo villaggio è attivo un impianto solare. C'è anche un dottore che cura con la medicina naturale. La sua famiglia alleva una mandria di 300 yak e cavalli, produce latte, formaggio e tappeti tessuti a mano. Ha studiato fino a 13 anni a Leh, dove ha alloggiato in ostello per tutto il tempo scolastico. È loquace e spiritoso.T9 d ladakh in bici
La mattina seguente, prima di partire, ci regala del formaggio secco di yak che gli ha portato la mamma da casa. Sarchu è l'ultimo villaggio del Ladakh e, dopo il controllo passaporti, entriamo nel Himachal Pradesh. Iniziamo a pedalare in un’accogliente vallata, contornata dalle solite e imponenti montagne, la strada risulta asfaltata eccetto le frequenti interruzioni per lavori. Tutto cambia appena inizia la salita, quando si fa disastrata, come già accaduto in altri passi. Lungo l’ascesa non abbiamo tempo di contemplare il panorama tanta è la concentrazione a rimanere in equilibrio. Dopo circa dieci chilometri troviamo le tende ristoro e poco dopo inizia finalmente l'asfalto che ci porterà al passo Baralachala, a m 4850. A volte non procediamo a sinistra come da regola di circolazione, ma ci teniamo prudentemente a destra, dalla parte più sicura della montagna. I dirupi sono impressionanti e sono diversi i camion rotolati qualche centinaio di metri sotto. Del resto, corrono tutti sempre come pazzi e credo che preferiscano attaccarsi al clacson pur di non rallentare, anche se stanno percorrendo una strada di montagna monocorsia. È la prima volta dall'inizio del viaggio in bici che ci troviamo in mezzo a montagne con ghiacciai e cime innevate, segno che sono più alte e che probabilmente la zona risente di maggiori precipitazioni nevose. Siamo insomma usciti definitivamente dal deserto. Arrivati al passo, iniziamo una discesa interminabile, a parte qualche piccolo promontorio da superare, che ci porterà a Jispa, dove passeremo la notte. Non si rivela una discesa rilassante. Il sole scompare e lascia il posto ad un forte vento contrario che ci costringe a pedalare spesso. Sono anche numerose le interruzioni per i fiumi che si riversano sull'asfalto, costringendoci a scendere e a trovare il punto migliore per non bagnarci le scarpe. Uno di questi si presenta come un vero e proprio guado che superiamo indossando le ciabatte per proteggerci dai sassi. Inoltre nell'ultima parte della discesa troviamo un'interruzione per un gigantesco masso franato sulla strada, la circolazione è bloccata per almeno due ore e una pala meccanica lavora per ripristinarla. Sono frequenti le frane in questa zona, dove enormi massi in bilico, avvolti da un terreno sabbioso e friabile, si distaccano provocando incidenti mortali. Le due piccole biciclette, dopo una piccola contrattazione con i Policemen, hanno il permesso di superare i lavori di ripristino. Proseguiamo raddoppiando le attenzioni, non più solo al dirupo, ma anche in direzione della montagna, sperando che nulla rotoli verso di noi. Siamo quasi alla fine del nostro viaggio, a poche tappe da Manali. Ce lo rivela la vegetazione, siamo scesi così tanto di quota che l’erba è tornata a proteggere le montagne, insieme ad arbusti sempreverdi simili a Thuje, sempre più alte a mano a mano che si discende. Sono ricomparsi alberi a foglia caduca e iniziano le coltivazioni a terrazzamento. I pali dell'energia elettrica annunciano il ritorno alla civiltà. Notte a Jispa, villaggio stagionale vocato al turismo, che offre numerose soluzioni tra hotel, guesthouse e camping.T9

Tappa 10 | Jispa - Khoksar

Lunghezza66 km |Dislivello940 m |Tempo di tappa 4h 51 min |Notte a quota 3200 m

Partenza in relax, la tappa odierna è breve e deve portarci al di sotto del Rohtang pass, ľultimo sforzo prima della lunga discesa per Manali. La giornata nuvolosa e con poca luce non rende giustizia alla bellezza delle montagne, ormai sempre più verdi. Lentamente discendiamo la valle del fiume Bhaga, anche se spesso la strada, seguendo il profilo della montagna, si inerpica in tratti brevi piuttosto ripidi, offrendoci la vista vertiginosa sugli strapiombi. Di parapetti, ovviamente, non se ne parla, come del resto in tutto il percorso compiuto sinora; al posto della normale segnaletica stradale che avvisa delle interruzioni per lavori o per frane sulla carreggiata, vengono semplicemente posti cumuli di pietre a segnalare il pericolo. Dopo una trentina di chilometri, in località Tandi, quando termina la valle, svoltiamo risalendo il corso del fiume Chandra. T10 e ladakh in biciI primi chilometri sono un po' inquietanti per la presenza di numerose zone della strada ricoperte da sassi precipitati dal monte. Non si vede alcuna messa in sicurezza con reti o altre protezioni e si procede cautamente, nonostante la presenza di enormi massi instabili, in bilico lungo la parete rocciosa, a malapena sorretti da altri più piccoli. Un occhio al dirupo e uno al monte. A mano a mano che si risale il fiume si ha l'impressione di pedalare lungo una vallata alpina, circondata da montagne erbose con formazioni rocciose più in alto, cascate e ghiacciai sulle cime. A pochi chilometri da Khoksar, al di là del fiume, osserviamo l'ingresso del tunnel in costruzione per Manali. Con il traforo, il Rohtang pass perderà il fascino romantico del “percorso per duri" per raggiungere il Ladakh, tanto amato dai bikers, ma la vita delle valli più interne si arricchirà durante l'isolamento invernale. Chissà se i locali saranno tutti entusiasti dell’avvento della modernità! Siamo ormai a Khoksar. Nulla di interessante da segnalare se non la presenza di alcune homestay prima del ponte, che ci permetteranno di passare la notte di vigilia dell'ultima tappa.T10

Tappa 11 | Khoksar - Manali

Lunghezza70 km |Dislivello852 m |Tempo di tappa 5h 07 min

Ultima tappa, fine del viaggio. C'è da scalare l'ultimo passo, il Rohtang. Facciamo colazione da Dolma, la signora che gestisce la Dhaba presso cui anche ieri sera abbiamo cenato. È curiosa e ha voglia di comunicare. Ci racconta, in un inglese stentato, le sue peripezie per giungere al villaggio insieme al marito: tre giorni di pullman da Kathmandu. Non c'è lavoro in Nepal ed è venuta a trovarne in India durante la good season, lasciando a casa il figlio di dieci anni. Nei suoi racconti emerge la nostalgia della sua terra: Kathmandu è bella e grande, ha ricchi negozi, supermercati e un clima delizioso.T11 c ladakh in bici Abituato all'idea che gli indiani si spostassero a cercare lavoro in Europa, prendo atto dell'esistenza di questo movimento migratorio interno. C'è un po' di sole ed è un piacere pedalare. Siamo in compagnia, oltre che di tre cani randagi che ci hanno adottati come loro nuova famiglia, dei soliti Tata, bus e pulmini turistici. Abbiamo sicuramente le gambe provate da innumerevoli fatiche consumate in altura, ma questa salita, fra tutte quelle percorse, sembra essere la più dura, con pendenze che toccano spesso il 9%. Dopo circa 6 chilometri la strada diventa impraticabile e per 5 lottiamo tra fango, terreno sabbioso misto a sassi, in un inusuale "sobbalza sopra la pietra e poi affonda nella sabbia". Tutto ormai si supera con la solita caparba tenacia. Salendo, è impossibile non notare il moto veloce delle nubi che giungono dalla vallata di Manali: sono basse, all'altezza del terreno e, spinte da un vento importante, prendono velocità e salgono in verticale. In cima al passo, a quota m. 3978, ci immergiamo nella nebbia. I tre cagnoni ci seguono in salita ormai da venti chilometri e il più dotato tra loro potrebbe stare tranquillamente al seguito di un cicloviaggiatore. Non possiamo far altro che salutarli prima di imboccare la discesa. C'è bisogno del fanale per aumentare la nostra visibilità e fino a che non usciamo dalle nubi non ci rendiamo conto della bellezza della nuova valle. Gli strapiombi sono sempre i soliti, ma gli scenari cambiano e ci offrono nuove emozioni.
Domina il verde e a mano a mano che scendiamo la vegetazione è sempre più rigogliosa e offre la vista di innumerevoli essenze arboree. Sembra di attraversare un lussureggiante giardino botanico.
La catena himalayana inizia a declinare e si apre all’effetto dei monsoni, portando frequenti piogge. Incontriamo le aquile: mai viste così tante volare insieme! Non sembrano disturbate e planano anche molto in basso permettendoci di filmarle. Una si posa su un masso a pochi metri da noi ed è un piacere guardarla appollaiata e poi mentre si libra in volo. Si scende per circa 2000 metri di quota e per cinquanta chilometri: è la prima volta che percorro una discesa così lunga. Ci vorrà proprio un controllo dei freni una volta finita, ma credo che avverrà con più facilità al rientro in Italia. Siamo a Manali e il nostro compito, oltre all'attesa del trasferimento a Delhi, sarà quello di rilassarci visitando la cittadina, impacchettare le bici e godere della soddisfazione di aver portato a termine un viaggio che ha il sapore di un'impresa audace.T11

Informazioni utili

Abbiamo pedalato per circa 900 chilometri in 11 tappe, a cui abbiamo aggiunto i 74 chilometri dell'ascesa al passo Kardun La a quota m 5600 s.l.m. Il guadagno di quota complessivo, comprendendo la digressione appena citata, è di m 14.474. Sono dati importanti se li si colloca alle altitudini himalayane con un peso notevole della bicicletta.
Del resto l'incertezza su come vestirsi per proteggersi in caso di maltempo ad alte quote e la potenziale conseguenza di non riuscire a raggiungere un villaggio in cui rifugiarsi, costringe a portarsi una tenda e, insieme al resto occorrente, a sovraccaricarsi di peso. Alla fine di un tour come questo si è spossati. Va citata anche la capacità di adattamento all'India stessa. “Prima volta in India? Hai fatto dei buoni esercizi spirituali?” Bene, a questo punto riesco a comprendere l'essenza delle domande, anche se non sono certo di aver compreso l'India. Un viaggio in bici in mezzo a questo popolo non è un viaggio facile e non è sufficiente percorrere un migliaio di chilometri nello Jammu and Kashmir e nell’Himachal Pradesh per poterlo apprezzare. Il rischio è che vengano esaltati solo i difetti, così appariscenti agli occhi di un occidentale. Se durante questo viaggio si ricercano anche le comodità, allora è meglio non iniziarlo, perché tranne che a Srinagar, Leh e Manali, in cui si possono trovare standard di buon livello, nei villaggi che si incontrano durante il percorso è proprio impossibile ottenerne, soprattutto nella seconda parte dove spariscono elettricità e acqua corrente e dove viene consigliata una lista di medicinali di base da portarsi per le emergenze. Anche il cibo richiede una buona dose di adattamento ed evitando le pietanze più speziate si finisce lungo il percorso per mangiare monotonamente più o meno gli stessi piatti su base riso, vegetali e chapati. Nelle città, tra ristoranti che propongono cucine tipiche di altre regioni e street food, le offerte diventano numerose e con varianti appetitose, anche se il livello di attenzione elevato ne limita la scelta. Personalmente mi ritengo soddisfatto dal punto di vista alimentare, anche per non essere incappato nella fastidiosa dissenteria del viaggiatore, le precauzioni sono state sempre alte bevendo solo acqua in bottiglia ed evitando verdure fresche e tutto ciò che poteva aver avuto un contatto con acqua non bollita.
Purtroppo le minime norme igieniche non vengono rispettate e alla "prima volta in India" occorre adattarsi velocemente. Così come per i letti di certi "hotel" in cui coperte e cuscini non risultano rassicuranti da garantire un effettivo e meritato riposo alla fine di una faticosa giornata a pedali, se non ricorrendo al sacco letto personale. Insomma, o la odi dal primo istante o ti riservi di scoprire con calma le diverse e più profonde ragioni culturali, religiose e sociali, al fine di apprezzarne la vera essenza che agli occhi di un occidentale può sfuggire.
C'è una fotografia, scattata a Leh dall'amico di viaggio Emanuele, che mi ritrae mentre passeggio per una via con al fianco una piccola mucca, come fosse un cane da compagnia. Credo riassuma l'esperienza vissuta in questo cicloviaggio e traduca l'incontro dal punto di vista umano con situazioni culturali insolite e lontane dal nostro vissuto. Situazioni dense di grande dignità, di sorrisi sinceri e rispettosi, di incontro con pacifiche convivenze multireligiose. Un'immersione in un nuovo universo sensoriale costellato di immagini, odori, sapori, suoni e percezioni forti, capaci di produrre stimoli per future esperienze di viaggio e di generare il bisogno di non accontentarsi di un primo contatto superficiale, ma di creare le basi per una comprensione più intensa e approfondita della cultura del popolo indiano.

Ringraziamenti

La preparazione del viaggio con le tante incognite legate a luoghi, clima, cultura e logistica ha richiesto la ricerca infaticabile di informazioni. Un grazie pertanto a Sergio Borroni per gli indispensabili suggerimenti da medico e cicloviaggiatore esperto; ad Antonio Santinello per le preziose indicazioni logistiche; ad Urvashi Srivastara, che dall’India nei mesi precedenti mi ha guidato alla conoscenza della cultura del suo paese; ai medici del Centro Vaccinazioni dell’Ospedale di Fano per la disponibilità e professionalità; al Green Bike di Fossombrone per la preparazione delle bici e la fornitura di materiali tecnici; ad Emanuele Battistelli, amico e cicloviaggiatore insostituibile.

Col senno di poi

Alla luce del viaggio effettuato (3/15 luglio) e delle tante incertezze che avevamo prima della partenza legate soprattutto al clima e alle location, mi sento di indicare i materiali che oggi porterei con me se dovessi ripartire, ai quali aggiungo alcune info sintetiche che spero risultino utili:
  • Completo estivo + ricambio di pantaloncino, maglietta intima e calzini.
  • Antivento, manicotti, gambali, guanti invernali, maglia termica intima più calda
  • Completo antipioggia
  • Scarpe da bici leggere e copriscarpa
  • Tenda. da valutare in caso di emergenze o difficoltà a raggiungere posti notte
  • Saccoletto leggero, da valutare per maggior igiene personale nei campi tendati
  • Medicinali: Antibiotico/Antidiarroico/Antinfiammatorio/Diuretico (Diamox)/Crema protezione solare
  • Vaccinazioni: epatite A/B. Antitifica. Anticolerica. Antitetanica.
  • Passaporto con 6 mesi di validità e visto online da produrre stampato in aeroporto di partenza e arrivo ( https://indianvisaonline.gov.in/evisa/tvoa.html )
  • Bici con gomme tipo Schwalbe Marathon plus 32. Pacco pignoni: 28 anteriore, 36 posteriore
  • Powerbank, caricabatterie e adattatore spine indiane
  • Kit riparazione e multiattrezzo
 
 
Scrivi qui quel che pensi...
Log in con ( Registrati ? )
o pubblica come ospite
Carico i commenti... Il commento viene aggiornato dopo 00:00.

Commenta per primo.

francescosantox

Cicloviggiatore. Ciclista antipancia, viaggiatore da sempre. Dal connubio nasce un cicloviaggiatore per passione che dopo aver esplorato con famiglia al seguito l'Europa in camper minimal invidiando le ciclo family dei popoli del nord, sogna e finalmente realizza il "viaggio" su due ruote e due borse. Il fascino di altre terre e di altri popoli da conquistare non solo a pedali, ma anche attraverso la conoscenza di storia, cultura, musica, arte, eleva il "viaggio" e tutta la sua preparazione allo stadio di "trip" mentale che spinge verso una sempre nuova meta da raggiungere.